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La birra polacca tra sfide e opportunità: intervista a Marcin Malecki di Browar Maryensztadt

Nel panorama europeo della birra artigianale, la Polonia rappresenta una realtà in forte evoluzione, capace di coniugare slancio creativo, attenzione alla qualità e una crescente apertura ai mercati internazionali. Per comprendere meglio lo stato dell’arte e le prospettive del comparto, abbiamo intervistato Marcin Malecki di Browar Maryensztadt (sito web), uno dei birrifici più importanti del movimento craft polacco. Il risultato è una chiacchierata davvero interessante, che tocca diversi aspetti: le caratteristiche passate e presenti del settore della birra artigianale in Polonia, le opportunità di sviluppo, le sfide normative (non dissimili da quelle italiane). E in generale una visione della birra craft radicata in un mercato che garantisce volumi ben diversi da quelli dell’Italia, con i suoi pregi e i suoi difetti.

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Ciao Marcin e benvenuto. Per iniziare puoi raccontarci la storia di Browar Maryensztadt? Cosa ha ispirato la sua fondazione e come si è evoluto il birrificio nel corso degli anni?

Prima di tutto, grazie per l’invito a questa intervista. Partiamo dall’inizio. L’ispirazione è nata dalla variegata cultura birraria belga e dalle caratteristiche del mercato polacco tra il 2013 e il 2014, con una scarsa offerta di birre interessanti e i primi segnali di quel movimento che oggi chiamiamo “rivoluzione della birra artigianale”. Ma si sa, l’ispirazione è una cosa, l’implementazione è tutt’altra.

Se guardo agli ultimi dieci anni (e quest’anno festeggiamo il decimo anniversario), il birrificio Maryensztadt per me è una storia di persone, di forza di volontà e desiderio di creare e sviluppare costantemente il nostro progetto. Siamo partiti con pochi soldi ma tante idee, come spesso accade all’inizio. A metà degli anni ’10 in Polonia erano poche le buone birre artigianali e i primi clienti facevano la fila nei negozi per accaparrarsi le novità. Abbiamo cominciato a fare birra proprio nel momento in cui il mercato stava cambiando. L’interesse per la birra artigianale stava crescendo e negli anni successivi nacquero molti nuovi birrifici, anche se la maggior parte erano “gipsy brewery” (senza un proprio impianto). Maryensztadt invece è nato fin da subito con l’idea di avere un proprio stabilimento.

Il nome Maryensztadt deriva da un piccolo quartiere di Varsavia dove volevamo inizialmente costruire il birrificio. Dopo due anni persi tra burocrazia e ostacoli con le autorità locali, abbiamo deciso di fondarlo fuori dalla città. È stata una buona decisione: Zwoleń, dove siamo ora, è una cittadina piccola ma con persone aperte agli investimenti e un’ottima disponibilità da parte delle istituzioni. Tra l’altro, ancora oggi nessun birrificio artigianale è riuscito ad aprire nel centro di Varsavia: è praticamente impossibile affrontare le procedure. Abbiamo iniziato a produrre nel 2015 con un impianto a due tini da 10 HL e dodici fermentatori da 20 HL. L’intero birrificio con magazzino aveva meno di 300 m² e ogni fase era manuale: riempitrice per bottiglie restaurata, etichettatura a mano, ecc. Il tutto gestito da quattro persone. È stato un periodo duro ma divertente.

Negli anni successivi siamo cresciuti e ci siamo sviluppati. Abbiamo investito molto in nuove attrezzature e nella capacità produttiva, e abbiamo imparato tantissimo. Durante il Covid stavamo proprio completando un investimento per l’ampliamento del birrificio, ma in quel periodo il mercato è stato chiuso per mesi. È stato durissimo. Tuttavia quell’investimento ci ha dato una spinta quando la pandemia è finita: avevamo un nuovo impianto a quattro tini da 24 HL e una capacità produttiva di 12.000 HL. Nel 2023 abbiamo raggiunto quella cifra con oltre 20 persone nel team.

Ma come dicevo, questa è soprattutto una storia di persone: chi lavora con noi fin dall’inizio e oggi gestisce il birrificio, chi ci ha aiutato negli investimenti e nei finanziamenti, chi affronta ogni giorno le sfide quotidiane e, soprattutto, chi sceglie di bere regolarmente le nostre birre.

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Quali sono i principi guida del vostro processo produttivo? C’è uno stile o un approccio che definisce Browar Maryensztadt?

Nel mondo della birra artigianale, il lavoro che si fa in sala cottura non è quello che determina maggiormente il gusto e l’aspetto del prodotto finale. I processi più importanti arrivano dopo: fermentazione, dry-hopping, maturazione e infine centrifugazione, eventualmente pastorizzazione e confezionamento. Secondo me, l’intero processo produttivo consiste nel prendersi cura della birra in ogni fase, sapendo che ogni minimo dettaglio ha un impatto e ogni piccolo errore può compromettere l’intera cotta.
Ecco perché le persone sono fondamentali, ma lo sono anche le macchine.

Fin dall’inizio abbiamo avuto la ferma convinzione di investire in attrezzature moderne, cercando i partner giusti in tutta Europa. Abbiamo trovato fornitori affidabili con cui collaboriamo da anni, come l’italiana Cime Careddu, le cui macchine per imbottigliamento e inlattinamento usiamo dalla nostra prima fase di ammodernamento. Mi rende felice lavorare con gli stessi fornitori da anni e vederli crescere insieme a noi. Con partner così possiamo trovare soluzioni e fare miglioramenti continui, necessari in un settore in continua evoluzione.

In questi dieci anni i clienti sono cambiati, sono cambiati i loro gusti, le loro aspettative e il loro modo di vedere la birra artigianale. Dobbiamo seguirli, proporre nuove tipologie, cercare nuove tendenze ma anche soddisfare le aspettative. Molti consumatori vedono la birra artigianale semplicemente come uno dei tanti prodotti da bere, senza ideologie contro le multinazionali o l’ossessione dei check-in sulle app. Vogliono qualità, design, gusto e una storia interessante. Per questo Maryensztadt non è definito da uno stile in particolare. Vogliamo creare grandi birre per tutti. C’è chi dirà che i nostri migliori prodotti sono le sour, altri diranno le wild o gli stili classici, altri ancora le barrel aged. E tutti hanno ragione, perché produciamo per consumatori diversi che bevono birre diverse.

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Sappiamo che state costruendo un nuovo birrificio ecologico a Sycyna. Puoi raccontarci di più su questo progetto e sulle tecnologie sostenibili che intendete implementare?

Sì, esatto. Qualche anno fa abbiamo raggiunto il limite di sviluppo nello spazio dove siamo partiti. Abbiamo cominciato a cercare una nuova sede nei dintorni e l’abbiamo trovata dall’altra parte della città. Si tratta di un’antica tenuta appartenuta al celebre poeta polacco Jan Kochanowski, che era stata abbandonata dai tempi del comunismo. Abbiamo iniziato a ristrutturarla quattro anni fa. Non è stato facile portare avanti i lavori mentre continuavamo a produrre altrove, ma ce l’abbiamo fatta!

Abbiamo deciso di progettare il nuovo spazio seguendo il più possibile criteri ecologici – come un eco-birrificio. Non si tratta di ideologia, ma di economia e sostenibilità aziendale. Vogliamo essere totalmente eco-compatibili: riutilizzare quanto più possibile, produrre energia e acqua autonomamente, trattare i nostri reflui e ridurre al minimo i rifiuti. Le trebbie esauste non sono solo destinate al bestiame, ma le trasformiamo anche in farina. Al momento il 50% dell’energia che usiamo proviene dal sole, e l’obiettivo per i prossimi anni è arrivare quasi al 100% da fonti rinnovabili. Stiamo anche costruendo un impianto di depurazione accanto al birrificio con recupero delle acque.

Parliamo di collaborazioni internazionali. Avete realizzato diverse partnership con birrifici stranieri. Come nascono e cosa apportano all’identità di Maryensztadt?

Le collaborazioni internazionali sono un’opportunità fantastica per conoscere persone nuove. Il lavoro quotidiano in birrificio non è sempre divertente come sembra su Instagram! È un lavoro duro, fatto di tante ore e problemi da risolvere. Le collaborazioni sono occasioni per parlare con persone che capiscono bene questo mondo ma hanno esperienze, punti di vista e metodi diversi. Lavorano anche su mercati stranieri diversi da quello polacco. Secondo me, offrono sempre una nuova prospettiva anche sulle cose più comuni e aiutano a vedere il mondo della birra in modo diverso. Naturalmente è sempre un piacere assaggiare le creazioni degli altri birrai, ma i contributi più importanti sono sempre le idee e le esperienze.

Come vedi l’evoluzione del movimento craft in Polonia negli ultimi anni? Quali sono le sfide e le opportunità per i birrifici artigianali oggi?

Come accennato prima, il cambiamento costante è nel DNA della birra artigianale. Le persone vogliono sempre qualcosa di nuovo: nuove birre, nuovi luppoli, nuovi stili, nuovi ingredienti. A volte cerchiamo di creare, altre volte di seguire. Quando abbiamo iniziato, le IPA amare erano la moda del momento. Poi sono arrivate le sour fruttate, poi le hazy beer, che ancora resistono. Negli ultimi anni, le pastry beer sono diventate molto popolari, ogni anno più dolci. Negli ultimi due anni ho notato un ritorno alle Lager e agli stili classici. Ma nel craft ogni stile può essere reinterpretato in chiave moderna, e questa è la parte più divertente e interessante per me.

Ogni anno e ogni stagione porta sfide e opportunità. Il mercato si è evoluto: dopo il boom iniziale con nuove realtà (soprattutto contract brewery), ora i birrifici polacchi sono più professionali e attenti alla qualità. Questo ci apre opportunità come vendere alla grande distribuzione, esportare e raggiungere un pubblico più vasto. Ma comporta anche nuove sfide: mantenere la costanza qualitativa, gestire volumi più grandi, rivedere le strategie commerciali. Abbiamo imparato come funziona nel “mondo adulto”, dove non si produce solo per gli amici, ma per consumatori che vogliono un prodotto buono e facilmente reperibile vicino a casa.

Quali sono le prospettive future per Browar Maryensztadt e, più in generale, per la scena craft polacca nei prossimi anni?

Questa è la domanda più difficile. Per quanto riguarda il birrificio, è più facile rispondere: abbiamo obiettivi chiari a medio e lungo termine. Vogliamo concludere l’investimento a Sycyna, aumentare la nostra quota di mercato, aprire un nuovo mercato estero ogni anno. Vorremmo anche convincere più consumatori in Polonia che vale la pena scegliere i nostri prodotti, anche se costano di più rispetto a quelli a cui sono abituati. Continueremo a sviluppare i nostri programmi di barrel aging per birre wild e strong, che stanno ricevendo ottimi riscontri. E vogliamo continuare a crescere…

Parlare della scena della birra artigianale polacca è più complicato. Dipende da molti fattori esterni sui quali noi birrifici purtroppo abbiamo poca influenza. Si tratta, ad esempio, delle accise, dei cambiamenti normativi relativi alla vendita di bevande alcoliche e alle possibilità di marketing. Ma anche di aspetti più generali, come la crescita dei salari e il senso generale di sicurezza, che spinge le persone a spendere di più per godersi la vita invece che risparmiare per i cosiddetti “tempi difficili”. Penso che la scena craft polacca stia crescendo molto bene. Molti birrifici oggi sono professionali e producono birre di buona qualità. Le birre artigianali polacche sono ogni anno più apprezzate, non solo sul mercato locale, ma anche su quelli esteri. Come movimento dei birrifici artigianali polacchi, abbiamo costruito un capitale iniziale interessante su cui puntare per lo sviluppo futuro e spero che tutti sapremo cogliere questa opportunità.

Ringraziamo Marcin per la disponibilità e per le risposte ricche di spunti interessanti. Le birre di Browar Maryensztadt non sono (ancora) distribuite con regolarità in Italia, ma saltuariamente sono disponibili soprattutto in Piemonte e in Liguria.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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