Nella ventennale storia della birra artigianale italiana è possibile individuare delle birre particolarmente rilevanti, capaci di influenzare l’intero movimento e ricoprire il ruolo di apripista per mode e tendenze? Sicuramente sì, come abbiamo raccontato nella prima parte di questo “reportage” a puntate che ripercorre le produzioni più importanti per l’ambiente birrario nazionale. In quell’occasione parlammo di Tipopils (Birrificio Italiano), Super (Baladin), Malphapana (Soci dea Bira) e Utopia (Troll + Bi-Du). Ora possiamo riprendere il tragitto presentando altre birre fondamentali per l’evoluzione del mercato italiano. Come vi avvisai all’epoca, l’elenco è composto da etichette famose e semi sconosciute, regolarmente disponibili e ritirate da tempo, di riconosciuto valore e qualitativamente trascurabili. L’elemento in comune è solo uno: aver lasciato il segno nell’ambiente della birra artigianale italiana.
Birrai stranieri in Italia: intervista a Carl Fitzpatrick (BBBirra) e Romain Verrecchia (Kashmir)
Tra gli oltre 1.000 produttori di birra artigianale operanti in Italia ce ne sono alcuni dalle caratteristiche molto curiose. Tra questi vanno sicuramente inseriti quei birrifici che sono stati fondati e sono attualmente gestiti da birrai stranieri, i quali hanno scelto il nostro paese per aprire la propria attività. Una decisione insolita e anche un po’ folle, considerando che l’Italia non è certo una nazione dall’anima brassicola e che molti di questi professionisti giungono da realtà dove la birra è molto più radicata. Ma proprio per questo la loro storia è ancora più intrigante e ricca di sfumature romantiche, che ho deciso di raccontarvi attraverso delle interviste doppie. Quella di oggi ha come protagonisti l’inglese Carl Fitzpatrck e il francese Romain Verrecchia: il primo è il birraio del sardo BBBirra (pagina Facebook), situato a Bosa, in provincia di Oristano; il secondo del molisano Kashmir (sito web), con sede a Filignano, in provincia di Isernia. Ecco come sono finiti a fare birra in Italia e qual è il loro rapporto con il nostro movimento.
Nuove birre da Jungle Juice + MC77, ECB, Lambrate + Kees, Lucky Brews + Hilltop e altri
Archiviati per il momento gli episodi tellurici che hanno investito la birra artigianale italiana in questi giorni, cerchiamo di ritrovare un po’ di normalità analizzando le tante produzioni inedite lanciate recentemente dai nostri birrifici. E facciamolo partendo da Roma, dove i suoi protagonisti sono sempre in fermento. Tra questi si segnala Jungle Juice, che dopo aver inaugurato il suo impianto di produzione, ora può concentrarsi nell’ampliamento della propria gamma, anche grazie a ricette collaborative. Come nel caso della recente Toda Joya (4,8%), nata dal lavoro in comune con il marchigiano MC-77 e rientrante nel novero delle birre che impiegano frutta esotica. La Toda Joya è infatti una Sour Ale alla papaya, brassata con malto Pils, frumento e segale e con luppoli Perle e Bramling Cross. Oltre a lievito “standard” (Belgian Saison) sono stati impiegati lattobacilli della specie Plantarum, responsabili della delicata acidità finale. Da notare l’illustrazione della birra, che richiama pensieri sicuramente “gioiosi”.
Dopo i casi Toccalmatto e Ducato è necessaria chiarezza, con l’aiuto di Unionbirrai
E niente, uno non può godersi il ponte festivo di San Pietro e Paolo che nel mondo della birra artigianale italiana succede il finimondo. In effetti le notizie arrivate negli ultimi giorni rischiano di gravare pesantemente sullo sviluppo del movimento nazionale, perché non solo coinvolgono due birrifici importanti del nostro panorama, ma soprattutto perché documentano le difficoltà di espansione che sta vivendo il segmento artigianale, apparentemente incapace di crescere preservando la propria indipendenza. Dei fatti ormai dovreste essere tutti a conoscenza: giovedì scorso Toccalmatto ha annunciato la sua partnership con Caulier, questa mattina invece Ducato ha confermato la cessione del 35% delle sue quote a Duvel. Due avvenimenti indipendenti ma in qualche modo profondamente collegati, che decretano la fine della totale autonomia aziendale – almeno in termini di proprietà – dei due produttori emiliani.
Ufficiale: il Birrificio del Ducato ha venduto a Duvel
Le voci si rincorrevano da mesi, ma ora la notizia può essere considerata ufficiale: il Birrificio del Ducato ha venduto all’industria. Nello specifico ha ceduto il 35% delle sue quote societarie al colosso belga Duvel, terzo produttore del paese dopo i giganti AB Inbev e Alken-Maes. A quanto pare però Duvel avrebbe una sorta di opzione sulle quote rimanenti, che potrebbero passare totalmente sotto il controllo dell’azienda belga.
Eventi di inizio luglio: Wild Hopfest, Robe da Chiodi, Spinalamberto e altri ancora
Anticipiamo a oggi il post sui prossimi eventi birrari visto il silenzio dello scorso venerdì (ero in Belgio) e quello che seguirà nei prossimi giorni: qui a Roma si festeggiano i patroni della città, quindi ci risentiremo direttamente lunedì prossimo. Ma intanto vi lascio con non pochi suggerimenti per la prima parte di luglio. Partiamo da Hoppy Days, in programma a San Benedetto del Tronto da mercoledì 5 a domenica 9 luglio, che giunge alla sua quarta edizione. Il weekend nel quale si protrarrà questo festival sarà pieno di molti altri appuntamenti: in Trentino andrà in scena la seconda edizione di Robe da Chiodi, a Genova la versione estiva del Genova Beer Festival e nel modenese l’immancabile Spinalamberto. A proposito delle provincia di Modena, nel fine settimana successivo si terrà a Marano sul Panaro la quinta edizione del Marano Wild Hopfest, completamente dedicata al luppolo. Come vi ho detto ci vedremo lì, perché modererò un importante convegno a tema che farà il punto dello stato dell’arte in Italia. Buone bevute a tutti!
Luppolo.it: dal Ministero delle politiche agricole un progetto per il luppolo italiano
Cosa vi suggerisce la denominazione “Legge 154/2016”? Se siete attenti conoscitori del mondo birrario, dovreste sapere che è la norma con cui lo scorso anno è stata definita ufficialmente la birra artigianale in Italia. Alcuni di voi ricorderanno che quella legge non è totalmente focalizzata a individuare la fattispecie di “piccolo birrificio indipendente”, ma contiene anche un passaggio di diversa natura, con il quale il Ministero delle politiche agricole si impegnava a finanziare progetti di ricerca e sviluppo riguardanti il luppolo. L’effetto di quella parte di testo si è concretizzato negli scorsi giorni, quando è stato presentato il progetto Luppolo.it, destinato principalmente a “incrementare la sostenibilità e la competitività della filiera brassicola nazionale”. Vediamo di capirne di più.
Un fine settimana in Belgio, tra locali, birrifici e festival birrari
Nel fine settimana appena concluso sono stato di nuovo in terra belga, passando tre giorni piuttosto pieni tra locali, birrifici ed eventi. Il pretesto per tornare in uno dei paradisi internazionali della birra è arrivato da Valerio Bannoni, un ragazzo italiano che da alcuni anni gestisce La Tana a Bruxelles, una classica trattoria con cucina romana in pieno centro città. Il dettaglio interessante è che accanto a carbonara, cacio e pepe e amatriciana trova spazio una vasta selezione di birre artigianali, focalizzata soprattutto sui produttori nostrani. Da questo punto di vista il lavoro di Valerio è encomiabile, perché accompagna l’offerta birraria facendo divulgazione culturale e organizzando diversi eventi. Come quello al quale mi ha proposto di collaborare lo scorso venerdì, incentrato sulle Italian Grape Ale e sulle altre tipologie collegate, più o meno direttamente, al mondo del vino.
Quanto costa farsi la birra in casa?
Mi capita spesso che amici e conoscenti mi chiedano quanto costa produrre birra in casa e se sia conveniente rispetto a quella venduta nei supermercati o nei beershop. Sinceramente non mi sono mai posto più di tanto il problema, dato che questo hobby è per me una passione che porterei avanti a prescindere dal costo della birra per litro. Tra l’altro, non produco birra in casa per sostituire quella acquistata; anzi, semmai è il contrario: ogni volta che mi avventuro nella produzione di un nuovo stile vado alla ricerca di birre rappresentative dello stile, a volte anche rare e costose. La domanda è comunque legittima e merita una riflessione, anche solo per soddisfare la curiosità. Ho pensato quindi di elaborare un ragionamento che tenesse conto delle diverse voci di costo che contribuiscono all’esborso totale che si affronta quando ci si mette a produrre birra in casa. Partiamo con l’ipotesi di produrre birra con tecnica allgrain, ovvero acquistando tutte le materie prime di base. Alla fine del ragionamento confronteremo questi costi con quelli della produzione da estratto di malto.
Nuovi birrifici italiani: Consolare 72, Birrificio d’Ogliastra, Zanza Brew e Triskelia
Pensavamo che in Italia la stagione delle beer firm fosse destinata a tramontare, principalmente a causa di un settore divenuto competitivo come mai in passato. In realtà i “birrifici senza impianto” continuano a spuntare a ritmo serrato, tanto che su quattro nuovi produttori presenti nella carrellata di oggi ben tre appartengono a questa fattispecie. Sintomo che per molti partire con questo approccio è ancora l’unica via percorribile, o quantomeno quella apparentemente più conveniente. Partiamo allora proprio da una beer firm, denominata Consolare 72 per la strada che i tre fondatori erano soliti percorrere per ritrovarsi nelle loro scorribande birrarie. Attiva già da qualche mese, l’azienda brassa presso il birrificio Mazapegul di Civitella di Romagna e punta a creare prodotti che, per quanto possibile, utilizzino materie prime e risorse del territorio.