Il birrificio CRAK vende fusti in acciaio, con attacco a baionetta, da 20 e da 25 litri, impilabili.
Se siete interessate scrivete a info@crakbrewery.com o chiamate il numero 3481516871.
Il birrificio CRAK vende fusti in acciaio, con attacco a baionetta, da 20 e da 25 litri, impilabili.
Se siete interessate scrivete a info@crakbrewery.com o chiamate il numero 3481516871.
A distanza di un mese e mezzo torniamo a occuparci delle nuove aperture italiane tra birrifici e beer firm, che come sempre non mancano. Partiamo proprio da una “contract brewery” che risponde al nome di Acrobat e che è stata fondata da Pellegrino Piano alcuni mesi or sono. Il suo percorso è simile a quello di molti altri “colleghi”: diversi anni di homebrewing, la perfezione delle ricette casalinghe nel tempo, fino alla decisione di compiere il grande salto e lanciare il proprio marchio brassicolo. Nella sua crescita Rino deve molto a due persone in particolare: Gianluca Polini, titolare dell’Ottavonano di Atripalda, e Vincenzo Cillo, birraio del Birrificio Borrillo di Molinara. Le birre Acrobat sono realizzate proprio presso l’impianto del produttore campano e in generale puntano alla secchezza e alla facilità di bevuta.
Quando si programma un viaggio birrario è facile fissare come destinazione qualche grande città mondiale: pensiamo a Londra, Praga, Bruxelles, Monaco di Baviera, Colonia, New York, San Diego e altre ancora. Talvolta la meta è rappresentata da centri più piccoli, ma comunque di modesta grandezza e sicuro interesse turistico, come Bamberga, Bruges, Dusseldorf, Vilnius o Dublino. In entrambi i casi parliamo di luoghi che nell’arco della nostra vita probabilmente finiremmo per visitare anche se non avessero legami con la birra. Ma capita a volte che la nostra amata bevanda ci catapulti in posti assurdi, fuori da qualsiasi rotta turistica sensata, dove finiamo con l’unico intento di vivere di persona delle esperienze birrarie uniche al mondo. Sono località sconosciute anche ai tour operator, piazzate nel bel mezzo del nulla e dove non esiste alcuna ragione di visita che sia diversa dalla birra. Ma è proprio per questo motivo che risultano imperdibili.
For those who are interested in sensory training, studying the cognitive processes that regulate it, is (or rather should be) always a source of great curiosity. So, being able to get in touch with those “in the know”, interpreting and measuring what happens in our brain is a bit like enjoying the concert of your favorite group with an all area access pass. Not everyone is allowed backstage. That’s why I’m grateful for the time spent with Thimus, and – even more so- to present the results of a live test we carried out at Vinitaly in collaboration with Unione Degustatori Birre. I had mentioned it in this interview a while ago.
Agosto è alle porte e di conseguenza gli appuntamenti birrai cominciano a scemare prima della ripresa che si avrà a settembre. Tuttavia gli eventi non mancheranno neppure nelle prossime settimane, dunque ecco una corposa selezione di quelli che animeranno il periodo a cavallo tra questo mese e il prossimo. Ieri è iniziata la manifestazione Birralguer ad Alghero, che continuerà fino a domenica, mentre oggi prende il via a Crema I Giorni della Sete, anch’esso in programma per tutto il week end. A inizio agosto tornerà l’appuntamento con il Festival delle Birre di Castellalto che durerà un’intera settimana, mentre in Calabria andrà in scena l’edizione 2017 di BeerLocri. Infine ancora Sardegna protagonista con Parco Birre 2017, atteso a Domusnovas sabato 5 agosto. Per quanto mi riguarda questo fine settimana sarò in Molise per il compleanno de La Fucina. Ci vediamo lì.
Il Birrificio Valsusa di Avigliana (TO) cerca titolari di partita IVA in possesso dei requisiti per somministrazione che siano interessati alla autonoma gestione di fiere ed eventi di settore per loro conto.
Per info: 011.934.29.22 – amministrazione@birralaval.it
Che le multinazionali della birra stiano puntando il mercato artigianale è ormai un fenomeno assodato da anni, ma probabilmente in Italia abbiamo cominciato a comprenderne l’urgenza solo negli ultimi tempi, con le cessioni (totali o parziali) di Birra del Borgo, Ducato e Birradamare. Operazioni che hanno sconvolto il nostro panorama nazionale, ma che – come ben saprete – si accompagnano a quanto sta avvenendo di simile in altri paesi: negli Stati Uniti in primis, ma anche in Belgio, Regno Unito, Olanda, Spagna, Brasile, Svizzera e persino Cina. Il punto, però, è che le acquisizioni di microbirrifici non sono che la punta dell’iceberg, uno dei tanti elementi che compongono una strategia di più ampio respiro con cui l’industria sta cercando di ottenere il controllo della cultura craft internazionale. I fronti della battaglia infatti sono diversi, spesso strategici e talvolta decisamente subdoli. Per avere una visione completa di ciò che sta accadendo è allora opportuno analizzare le mosse delle multinazionali in tutti i segmenti, non solo in quello produttivo.
Il nostro viaggio verso la Cornovaglia birraria inizia a Londra, nella stazione di Paddington, da dove, sin dal 1854, partono i treni diretti verso il sud ovest dell’Inghilterra. La meta è proprio la famosa penisola, ovvero l’ultima delle contee britanniche che si getta nell’oceano Atlantico. Giunti a destinazione, la prima tappa è la vivace e colorata Bristol. Per affrontare un’inaspettata temperatura di 29° C ci rechiamo subito ad esplorare quello che viene definito il “Triangolo delle Beermuda”, cioè quella porzione di King Street compresa tra tre locali rinomati per servire birra craft: Small Bar, The Beer Emporium e The Famous Royal Navy Volunteer.
È comune affermare che gran parte del successo della birra artigianale italiana risiede nella creatività dei nostri birrai. E se quella creatività, da sempre segno distintivo del popolo italico, non si esprimesse nel mondo birrario solo al momento di ideare una nuova ricetta? È ciò su cui sto riflettendo in questi giorni, in un periodo dell’anno nel quale la concentrazione di festival a tema raggiunge il suo apice. È vero, tali eventi spesso ripropongono la stessa formula, pur con piccole variazioni: una selezione di birrifici (italiani o anche stranieri) più o meno ampia, street food, musica dal vivo e, nei casi migliori, incontri di approfondimento e laboratori di degustazione. Ci sono però alcune manifestazioni italiane che si sono specializzate su “temi” precisi, acquistando un’identità tale da spingere gli organizzatori a riproporle anche fuori dai confini nazionali. I casi in tutto il mondo sono rari, ma l’Italia appare in prima fila in questo fortunato fenomeno. Segno che anche quando dobbiamo organizzare un evento, riusciamo sempre a metterci del nostro.
Come forse saprete, qualche giorno fa ho avuto l’onore di moderare il convegno “Luppolo italiano: il futuro è già qui”, tenutosi a Marano sul Panaro (MO) e organizzato nell’ambito dell’edizione 2017 del Wild Hopfest. L’incontro ha avuto come obiettivo la presentazione delle prime tre varietà di luppolo italiano, un traguardo straordinario raggiunto dal progetto promosso dal comune di Marano, l’Università di Parma e l’azienda Italian Hops Company. L’annuncio di cultivar autoctone ha alimentato grandi aspettative nell’ambiente e questo mi ha spinto ad approfondire il discorso intervistando Eugenio Pellicciari di Italian Hops Company, per saperne di più in merito e per capire quali sono le potenzialità di questi tre luppoli. Perché le attese sono giuste, ma devono essere correttamente instradate per non creare confusione tra operatori e consumatori.