Nel settore della birra artigianale, diversificarsi non è solo una scelta strategica, ma spesso una necessità per restare rilevanti in un mercato in continua evoluzione. I tre nuovi marchi brassicoli che presentiamo oggi nascono proprio da un’esigenza di diversificazione, declinata in maniera diversa: può concretizzarsi in un brand parallelo per esplorare stili contemporanei e linguaggi grafici più incisivi; può significare ripartire da zero con un progetto personale, più agile e svincolato dal recente passato; ancora, può coincidere con l’ampliamento dell’attività di un’azienda, per valorizzare le proprie materie prime anche attraverso la birra. Cambiano le modalità, ma l’obiettivo resta comune: distinguersi, rinnovarsi e parlare a pubblici diversi senza perdere coerenza.
Schigibier
Nel frenetico mondo della birra artigianale ci sono evoluzioni che avvengono in tempi particolarmente rapidi. A gennaio arrivò la notizia del “downgrade” del birrificio Extraomnes, con la trasformazione del marchio in una beer firm e lo spostamento della produzione presso il vicino The Wall. Passarono solo due mesi e, in modo tutt’altro che inaspettato, Luigi “Schigi” D’Amelio annunciò la sua uscita dal nuovo corso di Extraomnes. E ora eccoci qui, a distanza di poche settimane, a raccontare la nuova avventura di Luigi: un marchio personale, battezzato semplicemente Schigibier e le cui birre saranno realizzate direttamente da Schigi presso il birrificio brianzolo Hibu. Ricordiamo che Hibu, dopo essere stato ceduto nel 2017 a Dibevit (Heineken), fu riacquistato dai suoi fondatori originali tre anni fa, tornando pienamente artigianale secondo la legge italiana.
Hibu dispone di un impianto all’avanguardia per il settore artigianale italiano, permettendo a Schigi di muoversi con autonomia e comodità nella realizzazione delle sue ricette. Il modello di riferimento sarà come sempre la cultura brassicola del Belgio: in gamma ci sono già Imprimatur, una Belgian Specialty Ale brassata con il raro pepe di Kampot, Anatema, una Saison Rouge fermentata con il classico lievito delle farmhouse vallone, e Karasciò, una Belgian Blond con dry hopping di luppolo Centennial. L’ultima arrivata è la Belfagor, una Tripel che è stata annunciata la scorsa settimana. Per saperne di più potete seguire la pagina Instagram di Schigibier, mentre sabato prossimo si terrà l’evento di presentazione in oltre 30 pub italiani.
Tilt Brewing Lab
Negli ultimi anni abbiamo visto diversi birrifici storici affiancare una linea parallela alla produzione principale, con l’obiettivo di intercettare pubblici diversi o sperimentare con più libertà. Si inserisce in questo contesto il nuovo marchio Tilt Brewing Lab, lanciato recentemente dal birrificio La Villana (sito web). Si tratta dunque di un vero e proprio spin-off, pensato dopo otto anni di attività per allargare i propri orizzonti senza snaturare l’identità originaria del birrificio. Tilt Brewing Lab è un progetto indipendente per grafica, nome e posizionamento: birre moderne, “da hype”, confezionate esclusivamente in lattine sleek da 33 cl e fusti, con naming e artwork sempre diversi, volutamente svincolati da una narrazione coerente.
Il debutto sul mercato avviene proprio oggi con cinque birre d’impostazione moderna: Italian Job (5%) è una Italian Pils con luppoli tedeschi, ma usati ovviamente anche in dry hopping; Monsters & Hops (5,5%) è una India Pale Lager, prodotta con malti Pils e Pale, lievito a bassa fermentazione e luppoli statunitensi e australiani; No Panic (5,1%) è un’American Red Ale basata su un mix di cinque differenti malti, che forniscono una vena caramellata ben contrastata dalle note agrumate dei luppoli; Perfect Glow (2,8%) è una Session IPA leggerissima, ma non sfuggente e di carattere; Sub Sonic (8%), è infine una Double IPA super luppolata, con un corpo pieno. Tra meno di un mese si aggiungeranno alla gamma anche una Hazy IPA con soli luppoli neozelandesi e una Fruit Sour ai mirtilli. Per saperne di più vi consigliamo di seguire la pagina Instagram di Tilt Brewing Lab.
Birrificio agricolo Goritto
La nascita di birrifici all’interno della aziende agricole è un fenomeno relativamente recente nel settore italiano della birra artigianale – come trend ha cominciato a imporsi dal 2010 – ma appare costante nonostante gli alti e bassi del mercato. Nel 2018 l’Azienda agricola Goritto, situata nella suggestiva Valle dell’Oddoene, in Sardegna, installò uno dei primi luppoleti della regione, sperimentando in un segmento piuttosto giovane. Da lì l’idea di aprire un birrificio fu quasi automatica, anche perché i tre ragazzi dietro al progetto sono anche appassionati di homebrewing. Rispondono ai nomi di Emanuele, Luciano e Gian Maria, con quest’ultimo che si occupa delle cotte in prima persona.
Il Birrificio agricolo Goritto produce al momento quattro birre, tutte battezzate con lo stile di appartenenza. La Golden Ale gioca sull’equilibrio tra malto e luppolo, con note di fiori, erba sfalciata e frutta gialla; l’American Amber Ale, invece, ha una base maltata più strutturata (caramello in primis), con un deciso contributo del luppolo; l’American IPA, infine, vira su toni agrumati e di frutta tropicale, chiudendo con un amaro intenso. In concomitanza con la Pasqua si è aggiunta alla famiglia la Irish Stout, contraddistinta dalle immancabili note di caffè, liquirizia e torrefatto. Per saperne di più potete consultare la pagina Instagram di Birrificio agricolo Goritto.