Cosa amiamo della birra? Il rito, la condivisione, il gusto? Senza dubbio. Ma spesso il primo contatto avviene attraverso il contenitore che la racchiude. Il packaging gioca un ruolo fondamentale nel modo in cui percepiamo una birra, influenzando le nostre scelte esattamente come accade con i libri e le loro copertine. Certo, sarebbe bello riuscire a ignorare l’aspetto visivo e concentrarsi solo sul contenuto, ma è altrettanto affascinante lasciarsi trasportare dall’immaginario che una grafica ben studiata sa evocare. Quando ho iniziato a ordinare birre provenienti dalla Scandinavia, esteticamente ho ritrovato un pizzico del “classico” design nordico stile Ikea, ma proprio un pizzico: perché nei birrifici del Nord i protagonisti non sono il minimalismo e la pulizia, bensì è il design che fa da contenitore alla creatività nell’accezione più artistica e folle. La accompagna verso la sua concretizzazione, e lo fa decisamente bene.
Himo (Finlandia)
Il primo birrificio che voglio condividere con voi è finlandese e si chiama Himo. Si contraddistingue per una fusione di stili differenti, che crea un’armonia e un equilibrio unico nel suo genere, mai troppo sbilanciato. Partiamo dal brand: il logo, il suono della parola, il bianco su nero, crystal clear. È tagliente e affilato al punto giusto, con un font creato su misura. Il sito è pulito e minimale e diventa il contenitore ideale per le vere protagoniste: le grafiche delle lattine. Come dimostra lo stile della loro graphic designer – nella foto qui sopra è la seconda da sinistra – ogni lattina è un pezzo di pelle da tatuare e ognuna ha la sua storia da raccontare.
Come per altre realtà artigianali, anche per Himo la lattina diventa un vero e proprio canva, una tela su cui esprimersi liberamente al di là dei vecchi canoni commerciali, che spesso caratterizzano i prodotti del settore food&beverage e della grande distribuzione. La lattina è libera – almeno per ora – di esprimersi senza essere ingabbiata in vincoli creativi. È diventata una forma d’arte a basso prezzo che tutti ci possiamo permettere – e poi vuoi mettere? C’è pure la birra da bere, dentro. Due piccioni con una fava.
Mikkeller (Danimarca)
Ci spostiamo in Danimarca per andare a visitare due autentiche chicche. La prima è il celebre birrificio Mikkeller, fondato dall’insegnante di fisica e matematica Mikkel Borg Bjergsø e Kristian Keller a Copenaghen nel 2006. I due iniziarono facendo esperimenti nella cucina di casa di Mikkel e oggi l’azienda guidata da Mikkel – Kristian è uscito dalla collaborazione per dedicarsi al suo lavoro come editor – distribuisce in più di 40 nazioni in tutto il mondo, ha aperto diversi locali, organizza festival internazionali della birra e ha creato un running-club che vanta 250 associazioni in 37 paesi.
La collaborazione con l’artista americano Keith Shore ha fornito un boost decisivo al brand, con le sue illustrazioni uniche che creano una coerenza lineare e iconica, dalle etichette al sito web fino all’arredo dei locali. Se vi piace il genere, il loro shop è dedicato interamente alle stampe e – vista la loro collaborazione con il Giappone – se fossi in voi ci farei sicuramente un giro.
To Øl (Danimarca)
La seconda chicca danese è la prima birra nordica che ho assaggiato e forse anche uno dei primi birrifici con uno stile di comunicazione diverso e originale che mi sia capitato tra le mani. To Øl (sito web) fu fondato nel 2010 da Tobias Emil Jensen e Tore Gynther, compagni di liceo e – guarda caso – allievi del sopra citato professore Mikkel Bjergsø, con cui spesso conversavano di birra. Dopo una lunga esperienza come beer firm, nel 2019 acquistarono una vecchia fabbrica di ketchup a Svinninge, in cui stabilirono la produzione. Oggi esportano in 31 paesi del mondo. Fun fact: agli esordi Tore e Tobias “hackerarono” la cucina della scuola nelle ore di chiusura per poter fare i loro esperimenti con la birra.
Il visual design di To Øl è uno stile unico, disruptive e parecchio interessante. È un’evoluzione continua che non arriva mai ad identificarsi in qualcosa di preciso, rimanendo in costante movimento. Spesso nel mondo visuale il prodotto è la somma “finale” di tutto ciò che compone il brand, il figlio o la figlia di determinate scelte stilistiche. Qui si ha l’impressione che quel momento non arrivi mai – oppure che sia già passato. Se siete creativi in cerca d’ispirazione, ordinate un box di To Øl e, dopo aver bevuto le birre, contemplate le etichette per qualche giorno.
Stigbergets (Svezia)
Ancora due menzioni, andiamo in Svezia. La prima è per Stigbergets, birrificio che nasce nel 2013 come una piccola produzione per il ristorante di uno dei due fondatori, per poi allargare la produzione nel 2015. Illustrazioni tattili e materiche avvolgono ogni birra (e il sito web), con uno studiato accostamento di colori. Lo stile mi ricorda una serie di libri illustrati per bambini che aveva un approccio molto simile. Meritano una menzione, oltre al design del sito, le locandine degli eventi pubblicate sul loro account Instagram e – sempre sul sito – l’effetto speciale quando andate in hover con il mouse su una birra nella sezione beers. Bravi.
Omnipollo (Svezia)
Chiudiamo il viaggio di oggi con Omnipollo (sito web), progetto figlio di Henok Fentie e Karl Grandin, quest’ultimo ideatore del marchio d’abbigliamento scandinavo Cheap Monday – ed effettivamente lo stile c’è. Con Omnipollo torniamo allo street style, ai graffiti, agli anni ’90, al pop. Che sia confezionato in lattina o in vetro, ogni birra si caratterizza visivamente per un tocco eccentrico che non stona mai, né accanto a una pizza da asporto, né in un ristorante stellato.