Negli ultimi giorni si è alzato nuovamente il polverone su un tema a me molto caro: l’eterna diatriba tra giudici e homebrewer. Accuse reciproche vanno ormai avanti da tempo, mentre ogni giorno nascono nuovi concorsi più o meno ben organizzati (spesso meno, a dirla tutta: ma le eccezioni ci sono). Tempo fa provai, sempre in questa rubrica, a evidenziare qualche punto dolente di questi concorsi, senza pretesa di essere esaustivo. Qualcosa è cambiato negli ultimi anni, almeno nei concorsi più importanti, ma dal mio punto di vista c’è ancora molta strada da fare. Oggi però non voglio entrare nuovamente nella discussione con questo articolo, anzi vorrei uscirne con un po’ di cazzeggio. Negli ultimi tempi mi è capitato infatti di partecipare come giudice a qualche concorso. Pochi (devo ancora fare esperienza), ma sufficienti per iniziare a elaborare dei modelli fenomenologici applicabili ai giudici di contest per produttori casalinghi. Mi faceva piacere condividerli, ricordando a chi legge che il tono vuole essere scherzoso e in alcun modo offensivo. Tra l’altro, io stesso mi ritrovo almeno in un paio di queste descrizioni. Il mio riferimento sono unicamente le giurie dei concorsi per birre fatte in casa, le uniche a cui ho preso parte fino ad ora.
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