Sebbene possa sembrare strano, birra e bicicletta vanno a braccetto da tempo immemore. In Italia questo legame affonda le sue radici nella storia del paese, intrecciando due mondi apparentemente distanti ma uniti da una continua interazione. Sin dalla nascita del velocipede, la birra ha accompagnato lo sviluppo del ciclismo, sia come fonte di finanziamento per le prime società di velocipedisti, sia come bevanda consumata dagli stessi atleti. Un esempio emblematico è la figura di Carlo Michel, pioniere della birra in Italia e appassionato di ciclismo, che con il suo birrificio contribuì alla crescita della cultura ciclistica nel nostro paese. La sua storia si intreccia con quella delle prime competizioni su due ruote, con la nascita dei velodromi e con la diffusione della birra come bevanda legata al mondo del ciclismo.
Tutto comincia nel 1867, quando l’allora venticinquenne Carlo Michel è in visita all’esposizione internazionale di Parigi, dove scopre il velocipede Michaux e se ne innamora. Ne acquista uno e decide di prolungare la permanenza in città così da imparare a usarlo, prima di rientrare ad Alessandria in treno con il suo nuovo acquisto. Lo strano mezzo crea interesse e scalpore ed in breve tempo diventa il desiderio della classe borghese: nascono officine di assemblaggio e costruzione dei nuovi mezzi a due ruote a propulsione umana. L’antenato della bicicletta è così in voga che nel giro di poco più di una decade apparirà la prima legge destinata a regolamentarne l’uso: il Regio Decreto n. 540 del 16 dicembre 1897. Ma cosa c’entra la birra in tutto questo?
Michel è nato a San Salvatore Monferrato e il padre è un commerciante di vini che, volendo ampliare il business, aprirà anche una distilleria. Nessuna delle attività di famiglia tuttavia incontra il proprio interesse, poiché la sua vera passione è la birra. Si capisce allora perché rivolga attenzione alle vicende della vicina Vigevano, dove Francesco Peroni ha trovato successo prima di aprire una nuova sede della sua azienda brassicola a Roma. Affascinato da quel percorso, Carlo Michel decide di vendere le sue quote della distilleria e di aprire un birrificio per dare vita al marchio Birra Michel. È così convinto del progetto che nel giro di qualche anno apre il primo distretto della birra.
Siamo alla fine del 1800, il periodo d’oro delle aziende italiane di produzione birraria. Sono anni in cui nascono i grandi birrifici che sono giunti fino a noi. Il suo successo continua e Alessandria diventa la terza città d’Italia per la produzione di birra, gettando le basi nel 1891 per la formazione di quella che, nei primi anni del secolo seguente, diventerà l’Unione Italiana Fabbricanti Birra, la nonna dell’attuale Assobirra.
Ma ecco che torna la bicicletta. I guadagni derivanti dalla produzione di birra vengono usati per fondare le prime società di velocipedisti e, grazie all’impulso economico, nel 1869 si iniziano ad organizzare le prime gare di velocipedi a Pavia e Alessandria. Negli anni seguenti Carlo finanzia il circolo ciclistico locale e ad Alessandria apre il primo velodromo della città, battezzato “La Pista”. Nel luglio del 1897 è sempre la città piemontese a ospitare i campionati italiani professionisti e nel 1898 diventa sede dell’Unione Velocipedistica Internazionale.
La storia della Birra Michel termina nel 1919, dopo un tentativo di rilancio con la fondazione del marchio Birra Alessandria, che successivamente verrà però venduta a un altro industriale, fino alla dismissione del marchio e alla cessazione della produzione (1930). È proprio nel 1919 che Costante Girardengo vincerà il Giro d’Italia correndo per la Maino, una società che era cresciuta partendo dal circolo velocipedisti alessandrino di cui Carlo Michel era stato fondatore e finanziatore. Recentemente il Birrificio Civale ha voluto omaggiare la tradizione brassicola alessandrina di Michel creando la Birra Alessandria, una Pale Ale realizzata con orzo del Monferrato e luppolo Cascade italiano.
Il rapporto tra birra e ciclismo professionista è continuato negli anni. Nel decennio 1950-1960 sia al Giro d’Italia che al Tour de France erano comuni i Bar Raids. Consistevano in momenti di sosta in cui gli atleti si infilavano nei bar che trovavano lungo il percorso, ingurgitando qualsiasi sostanza alcolica che gli capitasse sotto tiro. Come raccontato da “Vive le Tour” del 1962, il “raid alcolico” era “uno dei momenti più importanti del Tour” e la birra era il drink preferito dai ciclisti, sia per la temperatura di servizio sia per il ridotto grado alcolico. La prassi venne poi vietata non per motivi di salute, ma a causa dei conti decisamente salati che arrivavano agli organizzatori.