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Consorzi di birrifici: un nuovo fenomeno nel panorama italiano?

Un momento della presentazione del consorzio altoatesino

Si sa, una rondine non fa primavera. Ma è anche vero che tre indizi fanno una prova. Così visto che il conto in questo caso si ferma a due, possiamo ritenerci al cospetto di un probabile nuovo trend nel settore artigianale italiano. Di cosa sto parlando? Della propensione di diversi microbirrifici italiani a unirsi in consorzi regionali, con l’obiettivo di ottenere specifici risultati. A distanza di pochi mesi abbiamo infatti registrato due casi eclatanti: a inizio ottobre sono state gettate le basi per il consorzio campano della birra artigianale, ieri invece è stato presentato il network dei birrifici altoatesini. Semplici casi isolati o il sintomo di un fenomeno destinato ad ampliarsi?

L’idea di creare consorzi di birrifici non è una novità. L’esempio più clamoroso nella breve storia del settore in Italia è quello di Consobir, fondato a inizio 2008 (gli dedicai il primo post di Cronache!) e finalizzato a perseguire diversi obiettivi, come la definizione di un marchio di garanzia di qualità e la coltivazione di luppolo autoctono. Un progetto che ha faticato a decollare, prima di essere dato praticamente per scomparso. Non so se il consorzio esista ancora o sia defunto, fatto sta che non è stato più nominato, se non in alcune “retrospettive” sul settore.

Un consorzio come Consobir nasce dall’esigenza dei birrifici di unire le forze in un organismo unico, che si proponga come strumento capace di sostenere e assecondare le necessità aziendali. Necessità che possono essere diverse e che piccole realtà imprenditoriali hanno difficoltà a sostenere: comunicazione organica del prodotto birra, agevolazioni sugli acquisti delle materie prima, tutela del concetto di birra di qualità, ecc. In altri settori i consorzi non solo pullulano, ma sono indispensabili per la sopravvivenza di tante aziende. Uno dei problemi di Consobir è stato forse quello di proporsi a livello nazionale, mentre in un paese come l’Italia difficilmente si riescono a portare avanti progetti unitari che vadano oltre i confini regionali. I due consorzi nati recentemente possono dunque essere visti come una risposta a questo problema.

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I motivi della nascita del consorzio campano sono espressi da Francesco Galano e Giuseppe Schisano del Birrificio Sorrento in un video pubblicato sul sito di Slow Sud. A detta di Giuseppe, l’organismo nasce da una duplice esigenza: da un lato offrire visibilità e potere d’acquisto ai tanti piccoli birrifici campani nati ultimamente, dall’altro tutelare il prodotto con la redazione di un disciplinare e con la vigilanza sul rispetto dello stesso. In generale c’è poi il desiderio di promuovere la cultura della birra artigianale in tutto il territorio.

Come riportato sul sito Alto Adige, ieri invece è stato presentato il consorzio altoatesino che riunisce i birrifici Ca’ de Bezzi e Hopfen di Bolzano, Martinerhof di San Martino in Passiria, Gasslbräu di Chiusa, Brückenwirt di San Leonardo in Passiria, Pfefferlechner di Lana, Rienzbräu di Brunico e Sachsenklemme di Fortezza. Un bel numero di produttori, uniti in questa nuova realtà per perseguire due obiettivi principali: collaborare nella promozione di nuove soluzioni gastronomiche e accorciare al massimo la filiera produttiva.

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Oltre a i casi elencati, esistono inoltre una serie di accordi tra microbirrifici, che pur non creando consorzi veri e propri operano collettivamente sul mercato, soprattutto per l’acquisto di materie prime. Insomma, in molte situazioni l’attività di gruppo è molto importante e va a pesare sensibilmente sui bilanci aziendali, soprattutto se consideriamo produttori di piccole dimensioni.

Come considerare il fenomeno? In generale può essere considerato positivo per diversi motivi: è l’ennesima conferma della crescita del settore in Italia, è il sintomo dell’apertura di molti produttori a comunicare e collaborare tra loro, potrebbe avere ripercussioni positive per i consumatori, come l’abbassamento dei prezzi al dettaglio (in teoria, molto in teoria…).

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D’altro canto, è evidente che il nascere di consorzi di dimensione regionale ancora una volta rappresenta una condanna a politiche condivise su scala nazionale. Piuttosto che puntare a uno strumento capace di coinvolgere tutte le realtà italiane, si creano tanti piccoli consorzi, ognuno operante sul territorio di competenza in autonomia. In parole povere ancora una volta si crea frammentazione, quando forse il settore avrebbe bisogno di un sostegno di tipo organico. Ma come accennato, in Italia certi discorsi sembrano utopistici, e non solo per quanto riguarda la birra artigianale.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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20 Commenti

  1. Non mi sembra una cosa negativa.
    Questi consorzi regionali potrebbero essere le basi di partenza per una federazione nazionale a struttura verticale che coprirebbe tutto il territorio.

  2. sembra di essere rimasti a 5 anni fa.
    siamo ancora alle beghe di cortile.
    altro che movimento che cresce.
    sono i primi segnali della fine.
    ha ragione Colonna la mazzafionda contro i titani.

  3. Certo, è molto più facile dividere e crearsi il proprio orticello che lavorare insieme ad altri per coltivare una grande idea. Il continuo disperdere energie, idee e obiettivi porta solo vantaggio al più forte. Lavorando insieme si possono ottenere grandi risultati comuni e vincere guerre (accisa? semplificazione burocratica?, immagine e tutela della birra artigianale?) a piccoli gruppi “indipendenti” si possono solo vincere battaglie fini a se stesse. Il grande successo, anche economico, dei micro negli USA è “in massima parte dovuto” alla loro coesione. Chissà se mai saremo capaci di seguire il loro esempio.

  4. Mettendo un attimo da parte consobir, che se non ci fossero stati 4-5 siti web che ne hanno parlato nessuno se ne sarebbe accorto della sua esistenza,
    questi Consorzi Regionali non potrebbero essere dei baluardi di UB?
    A UB non farebbe comodo avere delle basi d’appoggio regionali o interregionali?
    Consorzi Regionali:UB=Associazioni Locali:MoBI

  5. Parlando per mio conto, non credo di esprimere le opinioni di altri, credo che le iniziative nazionali create al Nord, in primis UB, nascano per i birrifici del Nord e poi cerchino di allargare le proprie entrate dichiarandosi nazionali.
    E’ molto facile sentirsi isolati a Sud, semplicemente perchè le distanze da tutte le iniziative importanti in ambito birrario sono molto grandi. In genere tali iniziative sono palesemente studiate per il territorio.
    Si può parlare quanto si vuole ma se non si danno dei vantaggi concreti ad aderire ad una associazione, saremo sempre al punto di partenza.
    A ben vedere, le iniziative locali in tal senso potrebbero essere la soluzione. Intanto si crea associativismo tra varie realtà del Sud e poi si può pensare di unire tutto sotto un unico nome.

  6. Lelio, proprio tu ancora parli in questi termini. Ma insomma chi ha iniziato prima ed aveva immagine e forza per iniziare un certo cammino dove è finito? A coltivare il proprio orticello (o meglio coltivazione estensiva) in associazioni che con la birra artigianale centrano poco. Loro ne traggono di sicuro i frutti.
    Devo ammettere che non mi informo, poco mi importa di quello che sta succedendo in questo ambito in Italia. Il fatto è che mi sembra di sentir parlare di cose che centrano poco con la nostra realtà.

  7. Assolutamente d’accordo sul fatto che UB debba essere un’associazione nazionale, ma servirebbe che gli amici del Sud (e non solo) si proponessero, dessero disponibilità e partecipassero attivamente. Le porte, per quanto mi riguarda, sono aperte a tutti.

    Personalmente credo di essere tra i fautori dei due unici concorsi HB a Gragnano (NA) e di aver dato un piccolo contribuito al corso UB che si sta avviando in Puglia. Si stanno valutando altre iniziative e spero proprio che almeno una vada in porto.

    @Nabirra, (ciao Eraldo) guarda che io ho sempre parlato in questi termini, anche in tempi “non sospetti”.Forse ti sfugge, (ma ti dichiari in anticipo “poco informato”), che è da febbraio 2008 che la birra non è più il mio lavoro, anche per il fatto di non condividere certe scelte che si stavano prendendo e che portavano lontano dalle idee iniziali e soprattutto dalle persone che avevano contribuito alla loro realizzazione.

    Trovo interessante la possibilità di avere entità che operino a livello interregionale e mi auguro che chi ha competenze ed energie per sviluppare la cosa si faccia avanti. Anche dal punto di vista commerciale e di interfaccia verso il mercato (distributori, GDO e canali specializzati) si potrebbero aprire spiragli interessanti.

    Resto dell’idea che le continue divisioni siano solo a vantaggio di chi ha gia posizioni predominanti e che è molto più saggio andare avanti salvaguardando il patrimonio e le posizioni acquisite, dopodichè… massimo rispetto per le idee e le iniziative altrui a cui auguro ogni possibile bene e possibilità di riuscita.

  8. Federalismo birrario, ma stavolta non è il Nord a volerlo….
    Condivido la posizione di Lelio, almeno in teoria, poi è solo ciò che si fa realmente a
    riempire di contenuti una cosa che altrimenti è solo vaga politica birraria.

  9. @Lelio, scusa il tono provocatorio non avevo dubbi sul Leliopensiero 🙂

    In ogni caso considero molto positivo il fatto che ci stiamo muovendo. E potrebbero esserci sorprese nell’immediato futuro.

    Intanto beeremotion, attivissima ed agguerrita, soprattutto a Reggio Calabria. Faremo un concorso a febbraio per la settimana della birra (grande idea, chi è il genio che l’ha concepita?) oltre al corso annuale di avviamento all’homebrewing.

    Inoltre stiamo studiando altre iniziative sempre per la settimana in questione.

    Mi sto rendendo conto solo ora di quanto sia faticoso razzolare bene, nel senso che tra commentare/criticare e darsi da fare a realizzare qualcosa c’è una grande differenza.

    Chi berrà vedrà.

  10. @Paolo – Parlare di federalismo birrario mi sembra un pò esagerato, il gap di risorse tra nord e sud (parlo a livello quantitativo) è abbastanza evidente e trovo indispensabile, nonchè un’ottima strada da intraprendere sia l’iniziativa campana sia il lavoro svolto da tante realtà come la nostra (Beer Emotion) che nel loro piccolo stanno cercando di dare una piccola spinta al movimento, partendo dallo sfruttare le risorse locali.

  11. @Francesco. Entrare nel merito sarebbe pretestuoso se non si conoscono a fondo i fatti e io li conosco marginalmente. Penso che l’ideale è una organizzazione centrale come Unionbirrai forte, cosa che non è oggi.
    E’ molto difficile affrontare bene argomenti tecnici e di qualità, sia per le competenze sia per gli interessi divergenti dei soci, centralmente forse ci sono più possibilità. Per non parlare di argomenti distributivi o più prettamente commerciali. Poi le iniziative che sta portando avanti il futuro consorzio campano sono tutte interessanti ci mancherebbe, le cose possono anche non essere in contrasto

  12. @nabbirra
    “Intanto beeremotion, attivissima ed agguerrita, soprattutto a Reggio Calabria. Faremo un concorso a febbraio per la settimana della birra (grande idea, chi è il genio che l’ha concepita?) oltre al corso annuale di avviamento all’homebrewing.”

    Mi prendo ‘sto merito va 🙂 … idea mia. Contento che sia apprezzata

  13. Io non capisco nemmeno perchè si debba continuare a parlare di UB.
    Per me quindici anni di letargo sono un po’ troppi.
    O si aspetta ancora il principe azzurro che la porti verso splendori difficili oggi da immaginare?

    UB non esiste.
    I consorzi sono l’ennesima dimostrazione.
    Smettiamola di perder tempo e passiamo oltre.

  14. Quello che veramente mi fa incazzare è la continua provocazione di chi dice che Unionbirrai non ha mai cavato un ragno dal buco perchè non c’è partecipazione.

    Ma pensate che Agnelli andasse a far fotocopie alla sede della Confindustria???

    Chi si offre per una carica all’interno di una associazione DEVE RENDER CONTO DEL PROPRIO OPERATO AGLI ASSOCIATI E DEVE PORTARE RISULTATI (che non sono l’organizzazione di un corso HB).

    Che in UB succeda l’opposto e gli occupanti le poltrone siano costantemente a chieder conto agli associati della loro non partecipazione è ridicolo e forse anche un po’ disonesto.

    Ma devo seguire il mio consiglio.
    Basta parlare di UB.
    E non parlatemi di divisioni.
    Lo zero non si può dividere.

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