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Birre con luppolo fresco: caratteristiche e consigli per wet e fresh hop (parte I)

Le harvest beer (cioè le birre prodotte con luppolo fresco) sono sempre più popolari, eppure il loro processo produttivo è ancora sconosciuto ai più. Dal nostro ruolo di coltivatori ma anche di beer lover vorremmo pertanto puntare la lente di ingrandimento proprio su questa categoria, andandone a definire meglio tratti caratteristici, contorni e magari suggerendo qualche consiglio sull’utilizzo. Chiariamo subito un punto: le espressioni “wet hop” e “fresh hop” non possono essere usate in maniera intercambiabile. Con wet hop, o luppolo verde, si indica generalmente il luppolo appena raccolto dalla pianta e destinato all’utilizzo immediato; con fresh hop, invece, ci si riferisce al luppolo raccolto, essiccato e utilizzato entro pochi giorni dall’essiccazione.

Cenni storici

È piuttosto probabile – anche se non documentato – che le birre con luppolo fresco venissero prodotte fin dall’inizio dell’era del luppolo, ma questa pratica finì per essere abbandonata con l’avvento dell’epoca industriale. Tale è rimasta fino ai primi anni Novanta quando, sotto la spinta della Renaissance birraria, negli Stati Uniti furono compiuti alcuni esperimenti. È tuttavia in Inghilterra che, in quel periodo, la prima birra wet hop venne prodotta in maniera ufficiale da parte della Wadworth Brewery (sito web). Alcuni anni dopo questa abitudine si diffuse anche negli USA attraverso Sierra Nevada ed altri produttori molto noti. In questo modo un numero sempre maggiore di birrifici cominciò a confrontarsi e a sviluppare profonde relazioni con i coltivatori di luppolo, permettendo a queste birre di acquisire lentamente una dimensione più popolare. Proprio un simile fenomeno ha contribuito allo sviluppo da parte dei birrifici di un crescente interesse per le coltivazioni di luppolo, negli Stati Uniti prima e nel resto del mondo poi. Si è così assistito a un forte incremento della produzione di luppolo – fresco ed essiccato – regionale e locale. Oggi campi di luppolo si stanno rapidamente sviluppando in tutte le nazioni in modo proporzionale allo sviluppo della cultura e del mercato della birra craft.

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Valutazione del cono prima della raccolta

Il fiore di luppolo subisce sviluppo e maturazione esattamente come la frutta e verso la fine di agosto i coni sono pronti per la raccolta. La maturazione del luppolo viene determinata da molti parametri fisici e oggettivi, ma è in primo luogo l’esperienza del coltivatore ciò che determina l’inizio della raccolta. Frequentemente, soprattutto i più inesperti in coltivazioni casalinghe, presi dall’eccitazione e dalla magia che il luppolo fresco suscita, iniziano la raccolta piuttosto in anticipo, quando il fiore è ancora acerbo. Questa pratica si rivela spesso controproducente in quanto la miglior espressione dell’aroma emerge solo in un momento successivo nella curva di accrescimento, quando gli oli sono già accumulati in grande quantità e non hanno ancora subito eccessiva ossidazione, spesso dopo il climax di maturazione. Per piccoli produttori o homebrewer è sempre consigliabile pertanto evitare quanto più possibile una raccolta
troppo precoce, fuori dalle reali ottimali tempistiche, ritardando l’inizio delle operazioni e cercando di trovare il giusto equilibrio tra l’accumulo degli oli e la loro degradazione. Dal punto di vista dell’aroma comunque, ogni varietà di luppolo ha una propria maturazione ben definita che dura un breve lasso di tempo entro cui il luppolo deve essere raccolto.

Sono diversi gli strumenti elettronici che si possono utilizzare nella determinazione dell’umidità del cono e dunque del giusto momento di raccolta, ma un agricoltore esperto è in grado di valutare in autonomia alcuni parametri molto significativi e certi:

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  • il colore della luppolina, che muterà da un iniziale giallo brillante ad un successivo giallo carico dorato;
  • una tattilità simile alla cartapesta, poiché la struttura del cono passa da una più precoce elasticità a una forma meno flessibile, che una volta stretta tra le dita rimane deformata e non riacquista la posizione iniziale;
  • l’accumulo della luppolina lungo le brattee, poiché i granelli tendono a essere spinti sempre più giù fino a metà della pagina delle bratteole;
  • il colore del cono, poiché nella maggior parte delle varietà il colore verde tende a scurirsi con il passare dei giorni;
  • la dimensione del cono;
  • ed ultima, ma certo non per importanza, la valutazione dell’aroma, analizzabile mediante un energico strofinamento di un pugno di luppoli freschi per favorire il pieno sviluppo dei profumi e degli odori e poterli degustare e verificare al meglio.

Diverse strade per wet e fresh hop

Fresh hop

La normale pratica di processazione del luppolo vuole che, non appena raccolti e separati dal resto della pianta, i coni entrino in essiccazione. Questa fase si protrae dalle 4 alle 8 ore in funzione di diversi fattori, quali varietà e struttura del cono di luppolo in raccolta, temperature di essiccazione, sistema di essiccazione, momento della giornata in cui si raccoglie, condizioni meteo e umidità dell’ambiente esterno. Al termine di questo passaggio l’umidità nel fiore, che al momento della raccolta aveva un contenuto di acqua intorno all’80%, sarà scesa all’8%. Il luppolo arriva poi in una camera chiamata conditioning dove sosta dalle 8 alle 24 ore durante le quali viene rimestato diverse volte. Questa operazione serve a riequilibrare e rendere omogenea l’umidità residua e a ridistribuirla all’interno dei singoli coni. È in questo momento che il fresh hop destinato al birrificio prende la sua strada. Il luppolo in coni fresco di essiccazione viene pressato in un apposito sacco standard e consegnato al birrificio che lo utilizzerà in pochissimi giorni.

Wet hop

Nella preparazione di birre wet hop, invece, i birrifici vengono direttamente in campo la mattina a ritirare il luppolo non appena è stato staccato dalla pianta e quando le temperature sono ancora abbastanza fresche. Il luppolo verde è la forma più sconosciuta, selvaggia ed emozionante del luppolo. Si tratta di una celebrazione delle radici e della sinergia tra la produzione agricola e la birra artigianale. È la magia dell’essere coltivatore, lavorare spalla a spalla con i birrifici e condividere con loro il nostro prodotto più prezioso nella sua forma più vergine e inalterata da qualsiasi trattamento esattamente come appena colto dalla liana. Questo tipo di prodotto, tanto puro quanto delicato, crea una serie di problemi logistici ma dona quel gusto seducente che si può godere solo una volta l’anno. Per birrai, homebrewer, publican, consumatori, e non ultimi coltivatori, il vivace gusto che si trova in queste birre è un promemoria ed un tributo alle radici della birra. Si può inoltre costruire un’aromaticità che vanta un profilo unico, ben distinto di anno in anno, non replicabile altrove. Un terroir della birra, testimonianza della creatività di un birraio. Un’idea nuova che incoraggia tutta la filiera a pensare diversamente la birra che beviamo.

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Il luppolo viene fornito così tal quale in sacchetti di rete in modo che possa traspirare e non surriscaldarsi. Il prezzo viene definito in base all’andamento dell’annata e della raccolta, si valuta e si fanno previsioni sulla fine della stagione e sul volume totale della produzione. Tempi di raccolta e fornitura devono essere pianificati con precisione e in anticipo tra coltivatore e birrificio. La distanza, il tempo di trasporto della merce e la posizione del birrificio giocano un ruolo importante e la pianificazione è certamente uno degli aspetti cruciali per un buon risultato della birra. Le wet hop sono prima di tutto una sfida logistica. Di anno in anno infatti le date di raccolta possono cambiare anche sensibilmente in funzione dell’andamento della stagione climatica e di molte altri fattori e i birrifici devono riuscire ad adattarsi ad eventuali repentini mutamenti di tempistiche rispetto alla maturazione. Varietà come Columbus o Fuggle, ad esempio, nel 2020 qui in Italia hanno avuto un andamento a dir poco atipico e avviati ad una precocissima fioritura che ne ha determinato una raccolta molto anticipata, addirittura più di un mese. Questo non ha influito sulla qualità del luppolo, che al contrario è stata molto alta in termini di aromi e contenuto di oli, ha però purtroppo determinato una produzione molto inferiore in quantità, anche 2/3 in meno. Dicono i coltivatori di luppolo americani che sulla raccolta è solo Madre Natura ad avere l’ultima parola.

Note di fornitura e caratteristiche di wet hop e fresh hop wet

Wet hop

Quando si maneggia wet hop le parole d’ordine sono: tempo, velocità e urgenza. Il luppolo verde deve appunto essere utilizzato nel più breve tempo possibile. Non appena il luppolo viene staccato dalla pianta e accumulato in grosse quantità, l’altissimo contenuto di acqua fa sì che, causa pressione e temperatura, degradi e si avvii a quasi immediata fermentazione. Questo fenomeno scalda il luppolo deteriorandolo in brevissimo tempo e rendendolo putrescente e ammuffito. Per evitare che ciò accada il primo luppolo della mattina viene rapidamente inserito in confezioni a maglia traspirante alimentare da circa 5/7 chilogrammi, ritirato ed utilizzato tempestivamente dai birrifici. È fondamentale che il prodotto non subisca sbalzi di temperatura o “scalorate” durante il trasporto o prima dell’utilizzo. A temperatura ambiente, l’attesa prima dell’incontro con il tino di bollitura non dovrebbe oltrepassare le dieci ore. Per i birrifici più vicini al campo di luppolo è facile pianificare ritiro e cotta immediata, ma in alcuni casi, può avvenire che per motivi di tempo e logistica il luppolo venga utilizzato soltanto il giorno seguente.

Il luppolo verde è in grado, se gestito in maniera ottimale e rispettando una certa logica di catena del freddo, di durare fino a cinque giorni. Alcuni anni fa Alexander Feiner, responsabile R&D HopSteiner Europa, raccontava che Boston Beer – aka Samuel Adams – ordinava ogni anno luppolo verde dall’Hallertau per la propria harvest beer. Il luppolo veniva stoccato a basse temperature non appena raccolto e spedito negli Stati Uniti via aerea, ovviamente refrigerata. Il viaggio durava circa quattro o cinque giorni ed il luppolo all’arrivo era ancora in ottime condizioni. Sempre di più, anche in Italia, ci si appoggia a spedizioni espresse refrigerate che rendono disponibile il luppolo verde praticamente in tutto lo Stivale. Alcuni birrai hanno provato a conservare il wet hop congelando il luppolo appena raccolto ed utilizzandolo al momento opportuno, ma è una soluzione che sconsigliamo perché, se congelato all’interno di sacchi – quindi con ricircolo d’aria nullo e con ristagno d’umidità – e senza l’impiego di un abbattitore di temperatura professionale, il luppolo subirà la rottura delle pareti cellulari con la conseguente perdita di liquidi allo scongelamento che portano con sé clorofilla e altri aromi vegetali indesiderabili in alte percentuali.

Fresh hop

La forma fresh hop è di più facile gestione rispetto a quella wet. Il luppolo viene stabilizzato a bassi livelli di umidità (9-14%) e imballato nei sacchi da balle tradizionali dunque ci si può permettere un tipo di lavorazione più rilassata. Caratteristica saliente del fresh hop è la vividezza e l’intensità inalterata di aroma e gusto rintracciabile solo nel luppolo appena essiccato. Avete mai immaginato di poter utilizzare il luppolo più fresco possibile? È proprio quello, ed è ciò che emoziona tutti noi quando rompiamo, sfreghiamo ed annusiamo un luppolo fresco – fresco di
essiccazione. Si dice che l’anima del luppolo sia ancora lì e reca in dote un bouquet molto più ampio e profondo.

Eugenio Pellicciari
Eugenio Pellicciari
Fondatore di Italian Hops Company, prima realtà italiana impegnata dal 2014 nella coltivazione del luppolo. Dal 2013 promotore e organizzatore della Festa del Luppolo Autoctono - Marano Wild-Hopfest e del relativo convegno nazionale. Già content editor de Il Gastronauta. Relatore in diversi corsi di formazione e giudice in concorsi birrari.

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12 Commenti

  1. Grazie Eugenio per questa prima lezione. Ammetto che per me non c’erano sostanziali differenze tra una wet hop e una freh hop. Ma se ho ben capito, entrambe rientrano nella più ampia categoria delle harvest beer.
    Non ho trovato “ammuto” sul dizionario, è forse un termine adoperato da voi addetti ai lavori?

  2. Ciao Stefano, colgo con piacere il commento e la tua considerazione.
    E’ un tema interessante e che trovo interessante approfondire…
    Come credo abbia avuto modo di sperimentare anche tu, tante varietà di origine americana coltivate in Europa offrono un risultato talvolta anche completamente diverso.
    Tuttavia queste varietà, adattandosi al cambiamento, acquisiscono un loro preciso profilo che è intimamente legato al terreno, al clima ed al metodo di coltivazione…
    Credo dunque che questo doni loro uno specifico terroir – così come una loro dignità – che non sarà certo quello originale ma non sarà neppure una sua parodia.
    Ad esempio, il Merlot californiano ha un suo terroir?
    A parer mio è un po’ un concetto analogo.

    • Hanno sicuramente una loro dignità e un profilo diverso dall’originale, pertanto chiamarli allo stesso modo, può trarre in inganno l’ignaro utilizzatore. Era questo il punto della mia osservazione. Quanto fatto con i vini californiani, mi sembra essere diverso come approccio, rispetto a quanto si stia facendo coi luppoli in Italia.

      • Non credo che lo sviluppo delle coltivazioni di vitigni in California differisca di molto dalla logica che si sta applicando oggi in Italia sul luppolo.
        I tratti caratteristici e peculiari sono ovviamente molto diversi e separati da oceanici distinguo ma si basano entrambe su prove di adattamento e di coltivazione di genetiche allogene unite all’utilizzo di tecnologie e tecniche talvolta innovative e migliorative rispetto a quelle tradizionali e storicizzate.
        Detto questo, come te, sono estremamente convinto che non sia corretto che un Cascade coltivato negli Stati Uniti abbia medesima denominazione di un Cascade coltivato in Italia. Ma questo per me è scontato.
        Anzi, dal mio punto di vista differenti tratti caratteristici sono addirittura un plusvalore da rimarcare.
        Proprio per questi motivi non credo che la comunicazione del prodotto si presti ad essere fuorviante o che l’utilizzatore possa essere ignaro.

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