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Anche gli homebrewers hanno un cuore

Qualche giorno fa si è tenuta la seconda tappa del concorso per homebrewers Brassare Romano. Quest’anno sono parte dell’organizzazione, quindi ho avuto l’occasione di sedere al tavolo dei giudici durante la valutazione delle birre, mentre nei due anni precedenti ho partecipato come concorrente insieme agli altri ragazzi di Brewing Bad. Questo duplice punto di vista mi ha fatto riflettere su quanto homebrewers e giudici vivano in maniera completamente differente l’atto di valutazione di una birra. Un giudizio negativo fa male, lo sappiamo, anche se rispecchia la realtà delle cose. Questo è vero sempre, in tutti i campi; ma noi homebrewers tendiamo a rimanerci particolarmente male. Molti non hanno nemmeno idea di quanto sia lungo e complesso il processo creativo che implica la realizzazione di una birra; oltre alla fermentazione c’è molto altro. Provo a raccontarlo, giusto per darvi un’idea. Magari la prossima volta sarete più buoni.

Vasta scelta di lieviti

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Una birra nasce prima di tutto nella nostra testa. Definire l’idea a volte porta via dei mesi: passiamo il tempo ad assaggiare birre, viaggiamo, le andiamo a cercare nel luogo di origine (non sempre, ma spesso capita); piano piano si delinea nella nostra testa il profilo della birra che inizialmente era solo un’immagine dai contorni indefiniti. Poi a un certo punto – sbam! – è lì: la vedi, finalmente nelle tue mani, la assaggi, la odori, la vivi come se fosse vera. Bene: si parte!

A questo punto arriva il momento di scrivere la ricetta. Quali ingredienti usare? Forse non tutti se ne rendono conto, ma chi fa birra ha a disposizione centinaia di ingredienti diversi. Le variabili sono tantissime, scegliere è sempre un passaggio critico. Di solito passiamo settimane a spulciare i forum su internet alla ricerca di informazioni sulla birra che vogliamo produrre. I libri a volte aiutano, anche gli amici homebrewer più esperti, ma individuare gli ingredienti resta la parte più difficile. Passano spesso settimane intere prima di riuscire a scrivere una ricetta che ci convinca (almeno in parte). Anche dopo averla messa nero su bianco, capita che ci svegliamo nel cuore della notte con John Belushi che, apparso nei nostri sogni, ci suggerisce di ridurre la percentuale del malto chocolate dal 5% al 4.9%. Non sono rare le volte in cui mia moglie mi becca al pc al mattino presto, prima di andare al lavoro, intento a cambiare un parametro di una ricetta mentre addento un biscotto.

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Vasta scelta di malti

Ok, ricetta consolidata. Bene. Dove acquistare gli ingredienti? I negozi che vendono materiale per homebrewing sono rari in Italia. Quei pochi che lo fanno di solito hanno un inventario estremamente ridotto. In genere si fa prima ad acquistare il tutto su Internet. Basta poco, che ce vo’? Magari. Qui parte un altro balletto: nel 99% dei casi su un solo sito di e-commerce non si riescono mai a trovare tutti gli ingredienti che ci servono. Scatta quindi la navigazione incrociata su diversi siti fino a quando non si trova un compromesso ragionevole riducendo il target di acquisto a un paio di siti al massimo, onde evitare di pagare più per le spese di spedizione che per gli ingredienti.  Ok, parte l’ordine. Se tutto va bene (e non è mai così) il corriere ci trova a casa e ci consegna il tutto in uno stato decente nel giro di qualche giorno. Quello che capita spesso, invece, è che rincorriamo i corrieri per giorni, con l’ansia fino ai capelli perché i lieviti e i luppoli dovrebbero stare in frigo e non in giro sotto al sole nel camion del corriere.

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Una volta arrivati tutti gli ingredienti, si passa alla produzione vera e propria. Qui i tempi sono variabili, ma chi fa birra allgrain (quindi senza l’aiuto di estratti di malto) passa come minimo una giornata intera a “cuocere” (tradotto: a fare birra). Di questa giornata, il 90% del tempo è dedicato a pulire e sanitizzare la strumentazione. A fine giornata, stanchi morti, inoculiamo il lievito e andiamo a dormire. Da qui passano almeno un altro paio di settimane prima che la fermentazione sia ultimata (anche mesi, per alcuni stili). Una volta imbottigliata la birra, poi, devono ancora passare almeno due settimane per la carbonazione: la birra deve rifermentare in bottiglia per diventare frizzante. Ah, quindi ora è pronta? Be’, dipende. Nel migliore dei casi servirà un altro mese di maturazione in bottiglia per far assestare e amalgamare i sapori e gli aromi. Nel caso di una imperial stout, birra molto alcolica e complessa, la maturazione in bottiglia richiede diversi mesi.

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A questo punto, sì: abbiamo finito. Stappiamo la bottiglia. La facciamo assaggiare a un giudice che ci dice: “sta roba è una schifezza, al limite dell’omicidio colposo”, si fa una risata e la sputa nel secchio affibbiandoci un voto di 10 su 50.

E poi dice che uno ci rimane male.

Conclusione: cercate di essere comprensivi con i vostri amici homebrewers. Ora sapete cosa c’è dietro quel singolo sorso. Contenete almeno le smorfie, siate sinceri (sempre) e magari iniziate la recensione dai lati positivi, tipo: be’, il colore è azzeccato e la schiuma non è male, però…

Francesco Antonelli
Francesco Antonellihttp://www.brewingbad.com/
Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. È giudice certificato BJCP (Beer Judge Certification Program).

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2 Commenti

  1. confermo al 100% quanto dici…io per la mia prima imperial stout non ho dormito per giorni perchè ho toppato la % di avena .
    Ma vuoi mettere la soddisfazione se un giudice che non te la sputa davanti agli occhi ?

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