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Alla scoperta dell’Abbazia delle Tre Fontane, l’undicesimo birrificio trappista del mondo

Come ormai molti di voi sapranno, nella giornata di ieri si è diffusa la notizia che alla famiglia dei birrifici trappisti si è appena aggiunto un nuovo produttore. E che, cosa più importante, l’ultimo arrivato è italiano: stiamo parlando del nuovo birrificio dell’Abbazia delle Tre Fontane di Roma, situata nel quartiere EUR, unico complesso religioso della Capitale che possa fregiarsi del titolo di abbazia. Ovviamente si tratta del primo birrificio trappista della nostra nazione, che si aggiunge agli altri dieci sparsi tra Belgio, Olanda, Austria e Stati Uniti.

L’Abbazia delle Tre Fontane già commercializzava, da oltre un anno, la birra che essendo  prodotta al di fuori della comunità aveva la denominazione di Birra Dei Monaci; è lei che, grazie all’attivazione del nuovo impianto all’interno dell’Abbazia, e dopo un accurato restyling dell’etichetta, ha ottenuto il prestigioso esagono Authentic Trappist Product. Personalmente ho avuto modo di assaggiarla e vi anticipo che è diversa da tutte le altre trappiste, ma prima di entrare nei dettagli della birra, credo che sia importante contestualizzarla all’interno della storia del monastero e raccontarla così come mi è stata presentata durante la mia recente visita di metà aprile.

L’Abbazia delle Tre Fontane si trova in Via di Acque Salvie, a due passi dal punto in cui via Laurentina incrocia via Cristoforo Colombo. Chi conosce Roma sa bene che si tratta di una zona relativamente centrale, caotica e confusionaria, ma appena si varca il perimetro della struttura il panorama cambia radicalmente. La pace che regna all’interno dei circa 16 ettari del complesso è impressionante e permette di dimenticare in un attimo tutto lo stress metropolitano: è in questo contesto che sono stato accolto da Sergio Daniele, portavoce del nuovo birrificio e già responsabile dell’Antico Liquorificio delle Tre Fontane.

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abbazia-esterno

La presenza di un liquorificio rivela che la birra, oggi brassata nel monastero, non è che l’ultimo di una vasta serie di prodotti che i monaci realizzano da oltre cento anni. Tra i più importanti si segnalano proprio i liquori a base di eucalipto, pianta che cresce in abbondanza all’interno della struttura. L’Eucalittino fu in passato uno degli amari più diffusi a Roma, mentre l’Estratto di Eucalipto, ancora oggi prodotto con la ricetta originale del 1873, è un liquore privo di zucchero, forte, balsamico e corroborante, realizzato mediante infusione a freddo delle foglie di Eucalyptus globulus. Ma cosa c’entrano i liquori con la birra? Entrambi sono caratterizzati dalla presenza dell’eucalipto, che ha da sempre influenzato la vita all’interno dell’abbazia, come possiamo verificare ripercorrendone velocemente la storia.

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I documenti attestano l’esistenza di un complesso nel luogo già nel VI secolo (era presente uno stanziamento greco-armeno), ma i cistercensi della stretta osservanza vi si stabilirono solo nel 1868, quando ottennero un’enfiteusi perpetua in cambio del restauro degli edifici e della bonifica della zona, altamente malarica. La bonifica fu realizzata attraverso canalizzazioni, interramenti e la piantatura di ben 125.000 eucalipti. Facile allora capire perché oggi l’eucalipto è uno dei simboli dell’abbazia e come i monaci abbiano sviluppato una grande conoscenza delle tante varianti di questa pianta (ne esistono 600 specie diverse).

Birra-Tre-Fontane-ATP

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Dopo questa doverosa premessa, arriviamo finalmente alla birra dell’Abbazia. Come accennato, la ricetta prevede l’aggiunta di eucalipto, dettaglio che la rende una delle poche trappiste “aromatizzate” al mondo – se non sbaglio l’unico precedente è da ricercare nel miele usato dall’austriaco Engelszell. Al di là della speziatura, lo stile a cui si ispira è quello originario trappista delle Tripel, con il quale l’elevata gradazione alcolica della birra (8,5%) è perfettamente in linea. Probabilmente saprete quanto io sia spesso scettico nei confronti delle aromatizzazioni inusuali, ma devo ammettere che la Birra Tre Fontane (ex Birra dei Monaci) è davvero ben fatta: a livello aromatico si distingue un gradevolissimo profilo tipicamente belga – non escludo che sia stato fatto ricorso a del lievito gentilmente offerto, come spesso accade, da qualche altro birrificio trappista – mentre a livello di bevibilità risulta davvero scorrevole, grazie a una chiusura secca e decisa e alla capacità di celare in maniera splendida l’alto contenuto alcolico. Il contributo dell’eucalipto emerge in maniera elegante e gentile, al punto che appare distintamente avvertibile solo nel retrolfatto, con piacevoli note vegetali, balsamiche e leggermente amare.

La Birra Tre Fontane  che sfoggia l’esagono trappista è però un’evoluzione di quella da me assaggiata, tuttavia da essa non troppo distante. Per la cotta #4, attualmente in fermentazione presso l’impianto da 10 hl del monastero, sono stati effettuati infatti piccoli accorgimenti alla ricetta: è evidente la volontà di ricercare la perfezione per valorizzare al massimo il marchio esagonale, nonostante la cotta da me provata già raggiunga ottimi livelli qualitativi. D’altra parte la Birra Tre Fontane nasce da un progetto partito almeno tre anni fa: per un lungo periodo è stata prodotta e perfezionata presso l’impianto di un birrificio vicino alla comunità, successivamente si è avvalsa della consulenza e della vasta esperienza dell’AIT (Associazione Internazionale Trappista). Insomma, la prima birra trappista italiana è un prodotto realizzato con grande attenzione e con la volontà di creare qualcosa di qualitativamente rilevante.

Ora non rimane che attendere il lancio delle prime bottiglie marchiate Authentic Trappist Product, che tra l’altro potranno essere gustate nell’esclusivo bicchiere dell’Abbazia Tre Fontane disponibile tra qualche mese presso il negozio dei monaci.

Birrificio-tot

Da appassionato posso affermare che avere un birrificio trappista in Italia è una bella soddisfazione e rappresenta una sorta di ciliegina sulla torta per un movimento in forte crescita. Ritengo poi molto importante la posizione dell’Abbazia delle Tre Fontane, perché spero che possa riaccendere l’attenzione della scena romana nei confronti delle tradizioni brassicole d’Europa: nella Capitale la birra artigianale è vista sempre più spesso esclusivamente in chiave moderna, a discapito delle culture birrarie più antiche. Chissà che la nuova birra trappista non possa contribuire a riequilibrare la situazione in uno dei mercati nazionali più importanti di tutto il settore.

Concludo questo importante articolo con alcuni ringraziamenti. Il primo segno di riconoscenza va al già citato Sergio Daniele, che mi ha accolto nel Liquorificio con estrema cordialità e mi ha permesso di passare uno splendido pomeriggio, che non è consistito solo nella visita al birrificio e nell’assaggio della birra, ma nella possibilità di vivere uno spaccato di quanto accade quotidianamente all’interno di un’abbazia trappista (o almeno nelle parti non deputate alla clausura). Quei ricordi difficilmente svaniranno in tempi brevi. E poi vorrei ringraziare gli amici Enrico Pozza e Rossella Gargiulo, che mi hanno fornito informazioni fondamentali e mi hanno esortato a portare avanti questo articolo. Spero che la sua lettura vi abbia riempito di entusiasmo, così come è accaduto a me dopo la giornata passata all’Abbazia delle Tre Fontane.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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17 Commenti

  1. Sergio Daniele: ”Abbiamo trovato una ricetta dei monaci francesi che giunsero qui da Trappes, in Francia, per bonificare l’area dalla malaria”. Sarà vero???

  2. C’è una qualche data prevista per la commercializzazione? E sarà disponibile solo presso il loro negozio o si apriranno a una distribuzione più ampia?

    • La data di commercializzazione dovrebbe essere imminente. La birra sarà acquistabile presso il monastero ma anche in altri esercizi. Ovviamente all’inizio la reperibilità sarà molto limitata.

  3. Ciao Andrea,
    ho proposto ed assaggiato questa birra ieri nella mia usuale serata di degustazione che tengo al Babette di Napoli.
    Devo dire che le aspettative alte (parliamo sempre di una trappista autentica…) sono state mantenute.
    Hanno secondo me davvero indovinato il prodotto che, a differenza per esempio con quanto possa ricordare delle prime Achel, è già ad un ottimo punto e mostra la sua personalità distintiva.
    Del resto con tutte le altre birre trappiste presenti sul mercato era facile fare una birra che
    “mi ricorda la birra di…” Dicevo quindi birra elegante e di sicura personalità.
    Aspetto caldo, un bel colore aranciato, schiuma abbondante profumata al primo naso di marzapane al liquore e con la nota di eucalipto si percettibile ma sempre in sordina, quasi a non voler rubare la scena ma pur sempre avvertibile.
    In bocca un primo impatto dolce, bel corpo pieno che lascia il campo ad una bella sensazione di calore alcolico che ritorna ancora insieme alle note lievemente balsamiche.
    Maltosità e frutta (melone, pera e albicocca) ad alternarsi. Un bel finale, amaro, non aspro ma lungo e rinfrescante a lasciare la bocca sgrassata e pronta ad accettare la sfida del boccone o del sorso successivo.
    L’abbiamo provata con una pancetta di maialino irpino sottoposta a lenta cottura in forno a vapore e poi rosolata, accompagnata da un fiordilatte grigliato ed una caponatina di verdure saltate con salsa di melanzane.
    Abbinamento azzeccato e soprattutto apprezzato dai partecipanti che sono stati conquistati tutti dalla nuova trappista italiana.
    Nel finale di serata, con una bella fetta di panettone Baladin (quello alla Xyaou), chi ne aveva ancora un dito nel bicchiere ha potuto provare l’abbinamento anche al dolce…promossa anche qui.
    Che dire, veramente una gran bella birra!

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