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Tradizioni e consuetudini dei luoghi brassicoli più insoliti

rochefort460Com’è fatto un birrificio? Beh, a questa domanda credo che ognuno di voi possa rispondere con una certa precisione, almeno a grandi linee. E forse è ancora più facile indicare gli spazi che solitamente accolgono gli impianti di produzione: o sono capannoni (spesso in zone industriali) adibiti all’uopo, oppure locali di mescita costruiti appositamente (nel caso di brewpub). A pensarci bene sembrerebbe che le fattispecie si esauriscano con questi due esempi, eppure nella sterminata cultura brassicola internazionale esistono dei luoghi particolari e insoliti, dove – se si ragiona al netto delle proprie competenze birrarie – è oggettivamente curioso pensare che vi si produce birra. Sono luoghi che in realtà hanno creato tipologie e consuetudini piuttosto precise e che contribuiscono a rendere ancora più ricco il fantastico mondo della birra artigianale.

Monasteri e abbazie

Certo, oggi con sempre maggiore facilità si parla di birre trappiste o d’abbazia, eppure – per usare un eufemismo – non è così scontato immaginare che all’interno di un edificio religioso si porti avanti un’attività brassicola. Questa apparente contraddizione tra vita monastica e consumo di alcolici è un ingrediente che rende il concetto di birra d’abbazia molto affascinante per i neofiti: è un’accoppiata semantica che sbalordisce e diverte. Come forse saprete, in realtà la produzione di birra è un’attività che tante comunità monastiche portano avanti da secoli e che rientra tranquillamente nelle loro occupazioni: creare una birra di qualità significa – al pari di altre mansioni – rendere grazie a Dio valorizzando al massimo i beni naturali che ci offre. La birra ha poi il vantaggio di fornire un’importante fonte di sostentamento nei casi di astinenza dal cibo, in particolare durante la Quaresima.

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Oggi i monasteri più famosi in cui si producono birre sono quelli dell’ordine dei Cistercensi della stretta osservanza, anche detti trappisti. Tuttavia la produzione brassicola non è limitata a questo ordine: il famoso marchio Paulaner, ad esempio, nacque nel convento tedesco di Naudeck ob der Au, dove all’epoca (e forse anche oggi, non ne sono sicuro) viveva una comunità di frati dell’ordine dei Minimi. Oggi in Italia producono birra i monaci del Monastero di Norcia (Nursia) e del Monastero di Cascinazza (Birra Cascinazza), entrambi appartenenti all’ordine benedettino, e i monaci barnabiti (Chierici regolari di San Paolo) del Monastero Carrobiolo (Fermentum).

Fattorie

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ufa_1_2-001Se pensate che nelle fattorie si producano solo generi alimentari o tuttalpiù vino, dovete ricredervi. Certo, è un’usanza diffusa quasi esclusivamente all’estero, eppure non è insolito che all’interno di questi luoghi sia fabbricata anche birra. La consuetudine è tale che sono stati codificate tipologie ben definite: la più conosciuta costituisce un vero e proprio stile, che risponde al nome di Saison. Le Saison nascono infatti all’interno delle fattorie della Vallonia, con le quali i braccianti si ristoravano dopo le calde giornate di lavoro. Oggi la loro interpretazione più conosciuta è la Saison Dupont, considerata modello di riferimento per lo stile. In generale sono birre discretamente alcoliche, piuttosto carbonate, con un profilo fruttato e pepato, ma anche caratterizzato da un finale secco.

Tuttavia il legame tra fattorie e birra è così forte che nel tempo si sono sviluppate altre tipologie in aggiunta alle Saison. Le Bière de Garde (uno dei pochi stili tipici francesi) sono una rara quanto intrigante variazione sul tema, mentre la rivoluzione craft americana ha rivisitato lo stile tanto da arrivare a ribattezzarlo con l’espressione Farmhouse Ale. Ma una delle correnti più interessanti di questo fenomeno arriva dalla Lituania, dove si possono trovare tantissime Kaimiškas, birre prodotte nelle fattorie secondo le usanze locali e spesso con ingredienti autoctoni. Il risultato non è sempre invitante, ma queste produzioni permettono di tuffarsi nelle tradizioni brassicole di una nazione.

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Spazi comun(al)i

ZoiglsternBeh l’espressione che ho usato è un po’ una forzatura, ma vi ho fatto ricorso per spiegare la peculiarità di una tipologia tipica della Baviera orientale: lo Zoigl. Come scrissi in passato, con Zoigl si indicano le birre che, in alcune zone (come il villaggio di Windischeschenbach), vengono brassate utilizzando impianti comunali o comunque collettivi. Chiaramente si tratta di una fattispecie molto diversa dalle precedenti due, ma che permette ancora una volta di capire quanto sterminata sia la cultura birraria internazionale.

In questi piccoli centri – sono pochi e concentrati soprattutto nell’Alto Palatinato – le famiglie producono le loro birre presso il birrificio del paese, che usano a rotazione secondo un calendario predefinito. Quando la birra è pronta viene venduta a prezzi quantomai popolari nei giardini delle rispettive case, che rimangono aperti al pubblico. Il mito di questa bevanda è legata anche ai suoi simboli: il più importante è la stella a sei punte, propria dell’arte alchemica.

Vi vengono in mente altri luoghi insoliti legati alla produzione brassicola?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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15 Commenti

    • Grazie, è che scrivere le cose che già si possono trovare in giro mi stimola poco. Allora devo trovare chiavi di lettura originali o impostazioni particolari… ma non sempre arriva l’ispirazione 🙂

  1. Proporrei i seguenti esempi:
    1) le baite. Ad esempio La Monsteiner (di BierVision Monstein, vicino Davos – Svizzera). Contando che non allevano alcun animale nè coltivano alcunché non credo possa essere considerata una fattoria.
    2) le Gasthaus in Germania (esempio: il Riegele ad Augsburg). Sono alberghi, ristoranti e birrifici tutti in uno !
    3) i Brewpub (da distinguersi dalle gasthaus in quanto non vi si può soggiornare);
    4) Castelli (esempio: Thurn und Taxis a Regensburg. E’ vero che al momento non producono più in loco – è visitabile il castello ed annesso vi è il ristorante ma nessun impianto di produzione – ma durante il tour turistico sono visibili le testimonianze della passata produzione);
    5) i garage (porto il modesto esempio di un paio di amici homebrewer che producono per puro diletto senza velleità commerciali).

    • Qui in Germania ci sono un paio di realtà che producono all’interno del garage, anche se so che stanno per aprire una Brauhaus con tutti i crismi. In particolare qui a Berlino ci sono due birrifici che brassano (e vendono) all’interno di mercati al coperto: Brewbaker e Heidenpeters.

  2. Oggi esistono ditte che propongono impianti pre assemblati in container. Pertanto itineranti, magari non durante il processo e poi ci sono le navi, ricordo un tuo vecchio articolo e so di un tipo in Toscana che voleva farlo in un vagone dismesso di un treno, ma non credo che poi l’abbia realizzato.

  3. Tra i castelli un bell’esempio è quello di Au, in Hallertau; non ci sono stato ma ho visto foto di amici che hanno visitato l’impianto dislocato all’interno.
    Qui a Varese – ma si va sull’industriale (non mangiatemi!) è molto bello il sito produttivo della Poretti, ora Carlsberg: è quello originale voluto da Angelo Poretti in Valganna ed è composto da edifici in stile liberty. All’interno dello spazio c’è anche una splendida villa liberty; non mi ricordo se in origine era l’abitazione di Poretti o era già organica al birrificio (come centro amministrativo)

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