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La mia estate: Londra

Con Leo al Gunmakers
Con Leo al Gunmakers

Se mi seguite con assiduità ormai lo saprete: la meta di una parte delle mie vacanze estive (ormai belle che concluse) è stata Londra. Una parte non molto ampia, per la verità, visto che mi ha preso in totale solo cinque giorni, voli di andata e ritorno compresi. Con la mia ragazza sono stato ospite dagli amici Anna e Alessio (grazie ragazzi!), che si sono trasferiti nella capitale inglese ormai da più di un anno. Se frequentate l’ambiente della birra probabilmente li conoscerete: Anna ha lavorato per diversi anni in Carlsberg, mentre Alessio (Leo) ha seguito il sogno di un suo birrificio (OM), ha lavorato dietro le spine del Birrificio Italiano e fino al 2012 ha curato un blog molto interessante (Hoppy Hour). Oggi a Londra è pub manager del The Gunmakers, uno dei locali che ho visitato durante il mio viaggio. E che chiaramente non è stato l’unico.

Oltre al desiderio di rivedere una metropoli che amo, il mio interesse era quello di aggiornarmi sui pub della città. Inutile dire che la birra a Londra (come nel resto del paese) è un’istituzione sociale, basata su tradizioni che si perdono nei secoli. Tuttavia negli ultimi anni la capitale è stata protagonista di una vera e propria rivoluzione birraria, guidata ovviamente dalla riscoperta internazionale delle birre artigianali. Accanto ai pub classici sono infatti nati una serie di locali birrari di impostazione più moderna, nella quale non è difficile trovare una fusione tra tradizione e innovazione. Allo stesso tempo hanno aperto i battenti diversi nuovi birrifici, dopo che per anni la situazione dei produttori a Londra era rimasta pressoché immutata. Con queste premesse non potevo non dedicarmi a questo “corso di aggiornamento” in loco.

Diciamolo subito però: questa onda modernista – o come preferite chiamarla – mi ha lasciato abbastanza interdetto. Se devo suddividere i miei giri tra locali di nuova impostazione e pub classici, devo ammettere che solo questi ultimi sono stati in grado di scaldarmi il cuore. Gli altri non mi hanno impressionato particolarmente, vuoi per atmosfere poco coinvolgenti (talvolta derivanti anche da interni freddini), vuoi per un’offerta birraria che tende a puntare sempre sugli stessi nomi (nonostante il numero crescente di spine), vuoi per una clientela più di passaggio che composta di locals e regulars.

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Non è un caso ad esempio che uno dei pub che mi è piaciuto di più sia stato proprio The Gunmakers, situato in zona Clerkenwell (13 Eyre Street Hill). È facile tessere le lodi di un locale in cui lavora un amico, obietterete voi, eppure al netto dell’affetto personale, credo che sia davvero un bel pub. È piccolo ed esteticamente non molto attraente, eppure al suo interno di respira la vera atmosfera di pub di quartiere. Il suo proprietario è un certo Stonch, anche lui ex blogger: il suo sito è stato per anni uno delle letture birrarie con più visitatori in assoluto. The Gunmakers è un po’ l’estensione della sua anima, vulcanica e amichevole, capace di farti sentire a casa anche a migliaia di chilometri da… casa.

Vi consiglio una visita anche per l’altissimo livello qualitativo del lavoro che viene svolto nei confronti della birre. I classici prodotti in cask (le Real Ale) necessitano di molta “manutenzione” anche dopo aver lasciato il birrificio, quindi il publican gioca quasi un ruolo da chioccia: deve prendersi cura dei cask, gestirli e seguire in modo attento e professionale. Al Gunmakers questo avviene grazie alla passione di Stonch e Leo: avere persone competenti e appassionati ad occuparsi di questo aspetto è fondamentale. I risultati poi si riflettono sulla qualità delle birre e non è una coincidenza se è lì che si sono concentrate molte delle mie migliori bevute durante il viaggio. In particolare vi segnalo una classica quanto splendida Best Bitter di Harvey’s, quanto due ottime birre del giovane Portobello Brewing (Wheat e Porter). Nonostante le spine non siano tantissime, l’offerta è tarata alla perfezione, giocando sull’equilibrio tra nuovo e vecchio e puntando su nomi di grandissimo spessore.

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A un tiro di schioppo dal Gunmakers troviamo il Craft Beer & Co., un “marchio” che ha altri locali in città. Quello di Clerkenwell (82 Leather Lane) è ospitato all’interno di un edificio storico e arredato cercando una commistione tra elementi moderni e dettagli antichi. Ciò che colpisce è però il grande bancone, che occupa quasi un intero lato del locale e che propone una marea di birre, tra spine e handpump. Molti dei nomi presenti non sono difficili da trovare anche alle nostre latitudini, come ad esempio Thornbridge, Dark Star, The Kernel, Magic Rock. Ad essi si aggiungono birrifici stranieri che vanno per la maggiore anche da noi, come Mikkeller, De La Senne, Struise, Evil Twin, ecc. In quel trionfo di birra si trovano anche prodotti che non raggiungono i nostri confini, certo però che fa uno strano effetto trovarsi al cospetto di un’offerta birraria per lunghi tratti simile a quella di alcuni locali italiani. Mi sembra quasi che in nome della modernità si rinneghino ottimi produttori classici, sebbene siano quelli capaci di garantire la migliore incarnazione di birra anglosassone.

Di impostazione ben più tradizionale è invece il centralissimo The Harp, già National Pub of the Year nel 2010 per il Camra. Si trova a pochi passi da Covent Garden (Chandos Place 47) e in zona è una vera istituzione. L’ingresso è piccolo ma facilmente distinguibile per gli opulenti vasi di fiori che lo contraddistinguono, gli interni ricalcano invece la classica impostazione di pub inglese. Purtroppo ho avuto modo di visitarlo solo in tarda serata, in un orario in cui viene letteralmente preso d’assalto dagli avventori. Questo tuttavia non mi ha impedito di spararmi un’eccezionale Hophead di Dark Star, che nelle sue condizioni migliori – cioè quelle in cui l’ho trovata – rimane a mio parere una delle migliori birre anglosassoni. Visto che probabilmente vi troverete a girare da quelle parti a Londra, una sosta non si può mancare.

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Se devo però eleggere il pub migliore del mio viaggio, non ho problemi a fare il nome del Southampton Arms. È un locale di medie dimensioni, situato in una zona non certo turistica (139 Highgate Road) e nel quale non vi capiterà di incappare per sbaglio. Ma questo è a mio parere un punto di forza, perché all’interno vi troverete un’atmosfera verace e rilassata. Gli interni sono scarni ma confortevoli e, cosa più importante, il pub ha un suo carattere ben definito. L’offerta secondo me è ben strutturata, tra handpump, spine e rubinetti. Questi ultimi si trovano alle spalle del bancone e ospitano solo sidri, mentre l’impianto di spillatura propone molti produttori anglosassoni (con un buon assortimento tra nomi più o meno noti) e alcune “ospitate” straniere. Ci sono stato insieme ad Anna, Alessio e il Maso e abbiamo passato un bel pomeriggio, tra pinte a gogo, pickled eggs e due vecchietti addetti alla musica dal vivo. È uno di quei posti in cui il tempo si ferma e potresti rimanere lì per sempre, cosa che avrei fatto davvero volentieri. Vi ho bevuto ottimamente: piacevolissima la Big Chief di Redemption, così come la Bitter di St. Michael; interessante la Revelation di Dark Star, così come la Wit di Camden Town Brewery.

Torniamo invece alla corrente modernista con il Cask Pub and Kitchen (6 Charlwood Street), dove mi sono a recato a cena una sera. Gli interni non sono certo il fiore all’occhiello del posto, che tuttavia è molto frequentato. Anche qui il numero delle spine è elevato e diviso tra cask e keg, sebbene l’offerta mi sia sembrata ricalcare per certi versi quella del Craft Beer Co. Ho assaggiato una non indimenticabile The Inflatable Cowboy Hat di Siren, prodotta in collaborazione con l’americana Pizza Port. Siren è un birrificio del Berkshire che ha aperto i battenti nel 2012 e che rappresenta uno dei più evidenti protagonisti della new wave brassicola inglese. Io, da vecchiaccio quale sono, continuo a preferire i grandi classici. Una curiosità: la pinta di questa birra mi è costata parecchio a causa del suo elevato grado alcolico (10,5%). In molti pub inglesi infatti i prezzi delle birre sono a scalare in base al contenuto alcolico.

Anche The Euston Tap, situato appena fuori la stazione di Euston, si può far rientrare nella famiglia dei nuovi locali. L’impostazione è in effetti decisamente moderna, visto che la concezione classica di pub inglese è stravolta a favore di un consumo più rapido e meno sedentario. Sicuramente questo aspetto è favorito dalla location fuori di testa: lo Euston Tap si trova infatti all’interno di un edificio che definirei archeologico, resto di una delle porte storiche della città. Gli spazi sono quindi angusti e si sviluppano in verticale, tuttavia questo non ha impedito di proporre una marea di birre (spillate da rubinetti o in bottiglia nei frigoriferi), con una proposta di stampo moderno. L’offerta è fin troppo simile a quella di tanti altri locali internazionali (sebbene di livello), ma la particolarità del locale lo rende un indirizzo con un suo preciso carattere.

Una zona che pullula di pub interessanti è quella attorno a Borough Market, dove ho passato una mezza mattinata a zonzo per il mercato alimentare. Con l’occasione ho fatto un salto al vicino Market Porter (9 Stoney Street), che è un locale abbastanza interessante. L’atmosfera è vivace ma non certo coinvolgente (ci sono molti turisti di passaggio), mentre l’impostazione è di quelle classiche, ma con un’offerta birraria diversa dal solito. Lo sforzo è di proporre cose nuove accanto a nomi consolidati, permettendo quindi di spaziare molto. Scordatevi però passione autentica dietro al bancone: sarà anche per questo che la birra che ho bevuto (Amber Dolphin del giovane Sunny Republic) è stata parecchio deludente.

L’unico birrificio che sono riuscito a visitare è stato Camden Town, situato nella zona omonima (55-59 Wilkin Street Mews), in una location quasi “berlinese”. L’impianto è al coperto solo in parte, mentre la tap room è praticamente situata tra pellets e fusti. Si può bere all’interno, ma anche fuori su un alcuni tavoli che sembrano improvvisati sul momento. La clientela è giovane e le birre di buon livello, con un’offerta che passa da alte a basse fermentazioni senza colpo ferire. Ho assaggiato la Camden Pale e l’India Summer Lager, entrambi facili da bere e gradevoli. Nel tardo pomeriggio l’area si arricchisce con street food internazionale.

Infine ho anche fatto un salto di passaggio al Ye Olde Cheshire Cheese (145 Fleet Street), che si dice essere uno dei pub più antichi di Londra. All’interno è strutturato in sale con diversi punti spina, ricordando in questo più una taverna bavarese che una public house inglese. Molto bello è il giardino esterno, dove sorseggiare la propria birra in tranquillità. Ci sono andato giusto per curiosità di stampo “turistico”, anche se in fin dei conti la Samuel Smith Bitter che ho bevuto era tutt’altro che da disprezzare.

Beh direi che ho scritto tutto. Alla fine sono riuscito a visitare gran parte degli indirizzi che avevo segnato in partenza, con il rammarico di aver saltato The Kernel – è aperto solo il sabato, giorno in cui sono ripartito per Roma. In definitiva Londra è al momento la singola meta birraria migliore in assoluto, con una tale offerta da disorientare qualsiasi appassionato (confermo ciò che Indastria avevo scritto in un recente commento). Accanto alla tradizione del pub e delle birre in cask si sta sviluppando questa nuova ondata di locali e birrifici che, al netto dei gusti personali, sta amplificando enormemente la proposta brassicola della città. Forse non mi sarebbe bastato un mese intero per visitare tutti i posti degni di attenzione e questo la dice lunga su cosa rappresenti al momento Londra per tutti gli appassionati.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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21 Commenti

  1. eheheheh sono contento che hai ascoltato il consiglio e sei andato al Market Porter: effettivamente anche io ho notato un cambio tra il 2008 e il 2012, prima soutwark era quasi appena sfiorata dai flussi turistici, ora è una meta sempre più apprezzata da un po tutti, anche se trovi ancora sprazzi autentici di real britain. Col senno di poi forse apprezzo di più la vicinissima southwark tavern meno subissata da orde di persone ma con un’offerta birraia di livello pari se non superiore ( e oltretutto cosa che non guasta si mangia, e pure non male) poi non mi stuferò mai di ripeterlo ma il mio pub londinese preferito rimane e penso rimarrà sempre il Wenlock con la sua atmosfera calda e familiare 🙂

    p.s. Lo Ye Olde ceshire lo visitai pure io ( mi pare te l’avessi pure segnalato infatti), locale più turistico che altro ma comunque innegabilmente caratteristico ma se hai voglia di spendere qualche soldino l’offerta cibaria ti permette di assaggiare qualche piatto di cucina retrò british ( e si, concordo….le samuel smith sono birre dignitose)

  2. Ho letto il posto con profonda e sincera invidia per il tuo soggiorno londinese. Non riesco ad organizzarmi per tornarci, ma prima o poi ci torno, sicuro. E mi stampo pure il tuo post guarda un po’! Così ho qualche buon indirizzo…
    Non ricordo bene, Clerkenwell è dove c’è anche il Jerusalem Tavern di St.Peter’s?

  3. Lo scorso dicembre sono stato al The Harp…mi ero dato appuntamento lì alle 18:30 circa, con un’amica che vive a Londra…
    Beh, mi sono spaventato! non si riusciva ad entrare, arrivato sulla porta ho visto la mia amica dietro il vetro, schiacciata in un angolo che mi salutava ahah

    Comunque l’atmosfera è tipica, molto calorosa, e ricordo di aver bevuto un’ottima Dark Star American Pale Ale tra le altre.
    Inoltre hanno molti sidri e perries artigianali, che la mia ragazza gradisce.

    Sicuramente uno dei locali più tipici e rappresentativi.

  4. …” Londra è al momento la singola meta birraria migliore in assoluto”…

    Confermo in pieno!! io RIparto martedì prossimo…mi sono già segnato un paio di tuoi suggerimenti da aggiungere alla lista delle visite…
    A proposito…che clima (metereologico) hai trovato?

    • Nuvole continue, con diversi sprazzi di sole e mai pioggia. Freschetto in generale, ma la mattina ero comunque in t-shirt e la sera al massimo con un maglione leggero. Consulenza meteorologica conclusa 🙂

  5. Mi fa molto piacere che tu abbia avuto le mie stesse impressioni =D
    Riguardo la disputa “moderno vs classico”, penso che londra abbia tanti posti tradizionali eccezionali, se altri prendono una direzione opposta, aggiungono qualcosa senza togliere nulla.
    Poi a me Cask e Craft sono piaciti proprio per quello che sono. Ma dipende anche dai gusti ovviamente.

  6. Tornerò a Londra, dopo la bella gita con un po’ di birrai lo scorso febbraio, i primi di ottobre, con pargolo preadolescente al seguito. Oltre alla partita del sabato non voglio comunque rinunciare ai pub, ovviamente. Leo mi ha già assicurato che al Gunmakers il problema di accesso ai minori non sussiste. Nei prossimi giorni cercherò informazioni in merito, magari fanno comodo anche a altri: nel frattempo se qualcuno sa..parli!

    • Quando sono stato a Londra l’anno scorso con mia moglie e i ragazzi, avevo fatto un giro di mail per chiedere informazioni sull’accesso di minori nei pub.
      Queste sono le risposte che sono riuscito ad avere all’epoca:
      The Southampton Arms, The White Horse e Bree Luise: nessuna restrizione all’accesso di ragazzi.
      BrewDog Camden: ragazzi ammessi dalle 12 alle 21 Dom-Gio e dalle 12 alle 17 Ven-Sab (ma poi hanno aggiunto, un po’ all’italiana :-), che anche se mi presentavo al di fuori di quegli orari se non c’era troppa confusione li facevano entrare).
      The Porterhouse: minori di 21 anni non ammessi.
      Spero di esserti stato utile.

  7. Difficile smentire Andrea vista l’impressionante offerta londinese. Basti girare per un qualsiasi pub di venerdì pomeriggio per saggiare cosa significa per gli inglesi “bere birra”. Il The harp offre sicuramente una delle rappresentazioni più significative.
    Detto questo condivido il mio ritorno a Roma (dopo due anni di assenza) a fine agosto.
    Oltre alle nuove aperture su cui Cronache ci tiene constantemente aggiornati, ho dovuto notare (con enorme gioia) che i punti di reperibilità della birra di qualità si sono moltiplicati come funghi o conigli. Ogni quartiere sembra avere il suo beer shop o pub di riferimento. Quello che mi ha lasciato letteralmente sbalordito è stato trovare un offerta pazzesca in almeno 2 banchi di frutta e verdura e camminare per strada e trovare una bottiglia di BdB a terra. Se in Lombardia non si hanno problemi a trovare un birrificio, a Roma di sicuro non si rimane con la gola secca. Moda o cultura che sia….Chapeau per la capitale! (Non pensavo avrei mai detto queste parole!)

    • Dipende dai posti e dalle birre. Una pinta di birra importata arriva a costare anche un bel po’, per il resto sotto la media italiana

    • si in centro i prezzi sono altini, Non citato ad Hackney c’è la london fields brewery con relativa tapping room warburton road 366

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