L’emergenza Coronavirus ha già cambiato le abitudini di tutti gli italiani, soprattutto in questo periodo di lockdown più o meno totale. I disagi che stiamo vivendo a livello personale sono però risibili in confronto a quelli che stanno affrontando molte aziende: le ripercussioni economiche della situazione saranno molto dure e avranno strascichi pesanti nei mesi a venire. Per diverse ragioni uno dei settori in più grosso affanno è quello della birra artigianale, perché se sono chiusi pub e ristoranti (ormai non solo in Italia) è bloccata tutta la filiera, risalendo fino agli stessi produttori. Tutti i birrifici italiani sono fermi e lo stesso discorso vale per fornitori e distributori. L’unica soluzione per mitigare vagamente le perdite è offrire servizi di delivery, ma chiaramente si tratta di un palliativo peraltro soggetto a enormi variabilità. Con molto realismo cerchiamo di fornire un quadro della situazione per quanto riguarda il nostro comparto.
Partiamo da una premessa: tutto questo probabilmente durerà molto a lungo, dunque prepariamoci adeguatamente ed evitiamo di cullare illusioni fuorvianti. Al momento c’è un orizzonte temporale fissato al 3 aprile, che è il termine previsto dalle limitazioni imposte dal decreto del governo. Ma francamente è difficile immaginare che le nostre vite torneranno completamente alla normalità a partire da quella data. Innanzitutto perché è una scadenza fissata sulla base di una stima effettuata diversi giorni fa, che andrà verificata sul campo e che non esclude un prolungamento dei provvedimenti. In secondo luogo perché un calo dei contagi non significa che potremo tornare improvvisamente ad affollare locali o luoghi di ritrovo. In altre parole è plausibile che tutte le attività che creano aggregazione e che sono state le prime a chiudere, saranno anche le ultime a riaprire. E se non ripartono pub, birrerie e ristoranti, cioè la parte finale della filiera, rimane bloccato tutto il comparto con le conseguenze che si possono facilmente immaginare. Ovviamente la speranza è che questa ipotesi sia particolarmente pessimistica – e potete fare tutti gli scongiuri del caso se lo ritenete opportuno – ma vi suggerisco di leggere questo articolo di Francesco Costa che spiega bene cosa dobbiamo attenderci in futuro.
Nelle migliori delle ipotesi il 2020 sarà un anno in cui bisognerà limitare le perdite, ma gli effetti di questa situazione probabilmente si riverbereranno almeno per tutto il 2021. Al momento dunque si naviga a vista e bisogna solo sperare che la crisi in corso non lasci troppe macerie alle sue spalle. La situazione è stata ben spiegata giovedì scorso da Pietro Di Pilato e Andrea Maiocchi, fondatori del birrificio Brewfist, intervenuti nella trasmissione Piazzapulita di La7 (qui dal minuto 1:56:04). Brewfist è un po’ il birrificio simbolo dell’emergenza Coronavirus, perché ha sede proprio in quella Codogno che è stata il centro di uno dei primi focolai lombardi. Ebbene, i due stimano che nel periodo tra l’8 marzo e il 3 aprile l’azienda mostrerà un calo nel fatturato pari al 95%, che praticamente significa blocco totale di ogni attività. È chiaramente una situazione delicatissima, sia per l’impresa in sé, sia per gli stipendi dei 23 dipendenti di Brewfist.
Per questa ragione Pietro e Andrea chiedono a gran voce interventi di supporto da parte dello Stato, in particolare la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione e la sospensione del pagamento dei mutui. Sul secondo aspetto qualcosa a quanto pare si sta muovendo e segnalo le moratorie sottoscritte da ABI e dalle Associazioni di rappresentanza di impresa, a cui ha aderito il 98% delle banche operanti in Italia. Per maggiori informazioni vi rimando al relativo comunicato stampa, che potete consultare in formato pdf.
Sebbene Brewfist sia il birrificio simbolo del momento, è chiaro che anche tutti gli altri produttori italiani navigano nelle stesse acque. Venerdì Teo Musso di Baladin è intervenuto in diretta Facebook per esprimere il suo pensiero sul periodo che stiamo vivendo e lo ha fatto con l’ottimismo e l’immancabile aplomb che lo contraddistinguono da sempre. Anche tutte le attività dell’azienda piemontese sono ferme: non solo la produzione, chiaramente, ma anche i tanti locali sparsi sul territorio nazionale, la piattaforma di distribuzione e quant’altro. Romantico ma anche pragmatico il suo suggerimento di ripartire dalla filiera puramente italiana, aspetto che caratterizza da anni la visione brassicola di Teo Musso e che in questo momento può acquisire un valore aggiuntivo non irrilevante. Al di là delle parole confortanti di Teo, si avverte la tensione del momento che non è molto diversa da quella di Brewfist. E parliamo di due birrifici con le spalle molto larghe, quindi possiamo solo immaginare cosa stiano passando altri produttori italiani.
Per questa ragione ogni soluzione che possa fornire un minimo di ossigeno a queste aziende è fondamentale. Come accennato, molte stanno trovando nei servizi di delivery una piccola valvola di sfogo per limitare le difficoltà, ma chiaramente non è facile destreggiarsi con questo nuovo canale di distribuzione. Ecco allora l’idea del Birrificio War, subito adottata e rilanciata da Unionbirrai: unire tutte le realtà operanti nella filiera – quindi non solo birrifici, ma anche fornitori e locali – nella cordata We Are Rising Together, così da affidarsi in maniera organica alle piattaforme di delivery già esistenti strappando magari delle condizioni economiche più vantaggiose. Al momento hanno appoggiato l’iniziativa oltre 80 birrerie da 17 regioni italiane – 20 nella sola Lombardia – che in passato non hanno mai utilizzato servizi di consegna a domicilio per la loro attività. Per aderire potete contattare il Birrificio War al suo indirizzo email.
Concludiamo con un’iniziativa più leggera, ma che rispecchia lo spirito del decreto in atto. L’idea del produttore romano Jungle Juice è rivolta agli homebrewer italiani e riassunta dall’hashtag #iobrassoacasa: fornire in privato la ricetta della Montesacro (la Pale Ale ammiraglia del birrificio) con tutti i dettagli del processo produttivo adattato per una cotta casalinga da 23 litri. Jungle Juice invita gli altri birrifici italiani a fare la stessa cosa, così da permettere agli appassionati di continuare a bere le proprie birre preferite senza uscire di casa. Un’alternativa ai tanti flashmob che vanno di moda in questo periodo, che serve per creare compattezza nel settore e scacciare momentaneamente i brutti pensieri. C’è bisogno anche di questo, sicuramente.
ca del brado ha già rilasciato la ricetta della sua piè veloce brux,
per il resto un grande in bocca a lupo a tutti!!!!!!!
Anche Busa dei Briganti ha condiviso la ricetta della sua EVA K 🙂