Nella sua più che ventennale attività il Birrificio Lambrate è rimasto sempre fedele alla sua filosofia, costruendo fama e successi intorno a un’identità forte e molto peculiare. La gamma base del produttore, rimasta pressoché identica nei primi anni, si è col tempo arricchita: oggi si contano decine di birre, suddivise nelle linee Classiche, Stagionali, Collaborazioni e Occasionali. Seppur numerosa, nel suo complesso l’offerta del Lambrate non ha mai presentato evidenti segni di discontinuità rispetto alla sua proposta classica. Almeno fino al recente annuncio della nuovissima Lambrate Barrel Series, che lancia l’azienda meneghina nell’affascinante mondo degli affinamenti in legno.
Ovviamente le birre maturate in botte rappresentano uno dei fenomeni brassicoli più interessanti del momento, se non addirittura una vera e propria moda. Così, accanto a progetti seri e ben strutturati, non è raro imbattersi in esperimenti ampiamente censurabili, frutto di operazioni commerciali meramente speculative. È inutile specificare che nel caso del Lambrate c’è alla base uno studio approfondito della materia e una lunga gestazione, iniziata già nel 2016. Al progetto è stata destinata un’intera sala interrata del nuovo spazio produttivo, dove si possono ammirare botti di diversa provenienza e destinate, in passato, a ospitare vini, distillati e altri prodotti alcolici.
Attualmente la Barrel Series di Lambrate si compone di tre birre. La prima è la #1 Imperial Stout Bourbon 2016 (10%), prodotta in poco più di 1.000 esemplari. Al mix di malti (Pale, Crystal, Carafa) è aggiunta una percentuale di avena che dona morbidezza tattile, mentre i luppoli utilizzati sono di origine americana (Centennial e Simcoe). Come il nome suggerisce, la birra ha riposato in botti di quercia bianca americana che hanno precedentemente ospitato del Bourbon. Delle tre è probabilmente la creazione più “finita”, con il Bourbon che arricchisce il ventaglio aromatico senza sconfinare in quell’arroganza spesso riscontrabile in ricette del genere, mentre la chiusura amara snellisce la bevuta. La birra ostenta un deciso carattere di stampo americano, aspetto che si ritrova anche nelle altre etichette della linea.
La seconda creazione si chiama #2 Barley Wine Cognac 2016 (12%) ed è disponibile in sole 570 bottiglie. In questo caso l’affinamento in legno è avvenuto tramite botti di rovere francese precedentemente utilizzate per la produzione di Cognac. La base è davvero intrigante, con un bel profilo “british” valorizzato da uno splendido tessuto maltato (Pale, Crystal e malto caramellato). Il contributo del Cognac è molto gentile, perché riesce a fornire profondità aromatica senza prevalere sulle altre sensazioni. Nonostante l’elevato contenuto alcolico, la birra vanta una bevibilità sorprendente, anche grazie a un amaro deciso (luppoli Cascade, Willamette ed Ella). Si avverte ancora un po’ di zucchero residuo, che ovviamente non compromette la bevuta, ma che magari suggerisce qualche mese di attesa prima dell’apertura della bottiglia.
La terza birra della gamma, infine, si chiama #3 Choco Cherry Imperial Stout Red Wine (10,5%) ed è probabilmente la più complessa del lotto. La base è esattamente la stessa della prima, ma in questo caso è prevista una rifermentazione in acciaio con fave di cacao e amarene e un lievito belga, diverso da quello usato per la fermentazione primaria. Le botti utilizzate sono di rovere francese, impiegate in passato per produrre vino Valtellina Superiore. Delle tre birre è forse quella in cui la caratterizzazione del precedente contenuto delle botti è più evidente, ma nel complesso si apprezza un ottimo equilibrio del bouquet aromatico, che dimostra come anche il cacao e le amarene siano stati calibrati con grande sapienza. È disponibile in poco meno di 1.000 bottiglie.
In generale la Barrel Series di Lambrate è davvero di altissimo livello e ci sono almeno un paio di elementi che ne confermano il valore. Come ha sottolineato Kuaska nella presentazione di mercoledì pomeriggio, ad esempio, in nessuna delle tre birre si avvertono note provenienti dal legno, inteso come materiale “grezzo”. Gli affinamenti davvero validi, infatti, lasciano emergere le sfumature del prodotto precedentemente contenuto nelle botti e non attributi legnosi che, se proprio presenti, dovrebbero apparire in maniera quasi impercettibile. Un altro punto in comune è l’evidente ispirazione americana delle ricette di partenza: tutte le birre si contraddistinguono per l’impiego di luppoli statunitensi e per un amaro deciso e di grande qualità.
Ma probabilmente la peculiarità più importante di queste birre è la loro straordinaria bevibilità, che raggiunge vette incredibili se paragonate al contenuto alcolico. Si è detto che dopo anni di produzioni facilissime da bere il Birrificio Lambrate voleva proporre sul mercato qualcosa di diverso: possiamo affermare che non c’è riuscito, perché anche queste creazioni vanno giù con una facilità disarmante. Scherzi a parte, è inutile sottolineare che un aspetto del genere è fondamentale per birre di questo tipo e spesso traccia il divario tra un prodotto ben riuscito e uno che stanca dopo due sorsi.
In conclusione la Barrel Series di Lambrate rappresenta una bella novità da parte dello storico produttore italiano. L’offerta base, già ben conosciuta per il suo livello qualitativo, si impreziosisce quindi di una nuova linea che va a completare il lavoro svolto dal birrificio in questi venti e più anni di attività.