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Un convegno per fare il punto sulla coltivazione del luppolo in Italia

Quello della coltivazione italiana del luppolo รจ un tema che sta tornando con sempre maggiore frequenza e che attira un crescente interesse in tutto l’ambiente della birra artigianale. Qualche giorno fa vi ho raccontato del progetto Luppolo.it promosso dal Ministero delle politiche agricole, ma chiaramente quella gestita dal CREA non รจ l’unica iniziativa del genere nel nostro paese. Una delle piรน importanti in assoluto รจ quella che si sta portando avanti a Marano sul Panaro (MO) da diversi anni e che vede coinvolti diversi soggetti: il comune, l’Universitร  degli Studi di Parma, e l’azienda Italian Hops Company (unica nel suo genere nel panorama nazionale). Lo studio รจ in stato avanzato e si pone, tra gli altri, un obiettivo affascinante e ambizioso: ottenere la prima varietร  di luppolo completamente italiana, con caratteristiche proprie e ben definite. Come vi ho accennato in una delle recenti rassegne sugli eventi birrari, avremo modo di fare il punto della situazione durante il convegno “Luppolo italiano: il futuro รจ giร  qui”, in programma sabato 15 luglio durante il Marano Wild Hopfest.

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Poichรฉ si tratta del piรน importante convegno annuale sull’argomento, mi sembra interessante spendere due righe su questo interessante appuntamento. Il convegno inizierร  alle 10,00 di mattino e sarร  diviso in due parti: una prima parte piรน istituzionale e di presentazione dello stato dell’arte, una seconda impostata piรน come una tavola rotonda, con il coinvolgimento di diversi personalitร  del movimento. Nella fase iniziale interverranno Emilia Muratori, sindaco di Marano sul Panaro, Tommaso Ganino e Margherita Ridolfi dell’Unipr ed Eugenio Pellicciari di Italian Hops Company. La tavola rotonda sarร  invece animata da personalitร  che operano a diversi livelli della filiera: ci sarร  Alessandro Belli dell’Arrogant Pub, il bier sommelier Simonmattia Riva, Massimo Faraggi di MoBI, Bruno Carilli di Toccalmatto, il coltivatore tedesco Johann Heimpel, Andrea Marconi di Coldiretti, Giuseppe Di Rubbo del MIPAAF e infine Andrea Fabbri di Unipr. Come potete capire l’intero seminario si avvarrร  di un parterre di altissimo livello, che permetterร  di affrontare il tema con grande competenza da tutti i punti di vista. Personalmente avrรฒ il compito di moderare il convegno.

Il programma della giornata di sabato non terminerร  qui, perchรฉ alle 14,30 sarร  possibile visitare il luppoleto sperimentale di Marano, mentre dalle 15,30 si terranno due workshop moderati dall’amico Simone Cantoni: uno sui diversi aspetti della coltivazione del luppolo, l’altro sulla trasformazione della pianta dal campo fino al birrificio. Chiaramente tutte queste iniziative saranno contestualizzate all’interno del Marano Wild Hopfest, un vero e proprio festival birrario con la partecipazione dei birrificiย Argo, Bellazzi, Dada, Elvo, Rurale e Toccalmatto. Insomma, se siete interessati all’argomento luppolo a 360ยฐ, il mio consiglio รจ di non mancare.

Possiamo dunque definire Marano sul Panaro la capitale italiana del luppolo? Al momento assolutamente sรฌ. Ed รจ una curiosa coincidenza – o forse no – che documenti storici attestino la coltivazione della pianta in questi territori giร  nel XVII secolo. In quel periodo la zona di Marano era di proprietร  della famiglia Montecuccoli, legata agli Estensi, il cui principale esponente Raimondo ricopriva il ruolo di Gran Maresciallo e Conte dell’Impero d’Austria. La forte influenza asburgica alimentรฒ in Raimondo una passione per la birra al punto che promosse una coltivazione di luppolo importato dall’impero austriaco.ย I risultati furono incoraggianti tanto da essere apprezzati da birrai locali e stranieri e da ottenere riconoscimenti durante l’Esposizione Internazionale tenutasi nel 1876 a Haguenau, in Alsazia.

In effetti, per chi non lo sapesse, il luppolo รจ da sempre presente in Italia in forma selvatica. La pianta cresce spontanea tra il 35ยฐ e il 50ยฐ parallelo a climi temperati, dunque il nostro paese ben si presta ad accoglierla, soprattutto nelle sue regioni centro-settentrionali. Ciononostante nella storia non sono mai esistite che piccole coltivazioni sperimentali, principalmente per l’ereditร  della cultura latina e cristiana, che ha favorito il vino rispetto alla birra.ย Nei secoli medievali, soprattutto in Italia, la birra assunse cosรฌ il ruolo di bevanda barbara associata allo sconosciuto e allo straniero. Proprio queste radici antropologiche hanno determinato le scelte successive di privilegiare il vino piuttosto che la birra durante tutto il Novecento italiano, dunque le rispettive coltivazioni. Nel Ventennio fascista tutto ciรฒ che aveva a che fare con la filiera produttiva della birra veniva in ogni modo osteggiato: le leggi protezionistiche e fiscalmente penalizzanti, la legge Marescalchi che imponeva lโ€™uso del 15% di riso nella produzione, lโ€™aumento di 40 lire sulla tassazione per ettolitro di birra prodotta, le apposite licenze e lโ€™infinita burocratizzazione della vendita, fino ad arrivare alla Battaglia del Grano che portava via vastissime aree di terra alle altre coltivazioni. Inoltre la proclamata autarchia strideva fortemente con ogni produzione agricola non tradizionale. Anche nel dopoguerra, finita la dittatura ed il periodo sciovinistico, questo trend รจ continuato con le lobby del vino sempre piรน potenti in un contesto praticamente monopolistico. Quindi, a differenza di quello che generalmente si pensa, gli ostacoli sono stati piรน di ordine sociale e culturale che climatico.

Finalmente questo pregiudizio sembra essere superato e le sperimentazioni sulla coltivazione del luppolo si trovano in rampa di lancio. Interessanti sono i risultati ottenuti dal progetto di Marano nei primi due anni di test:

  • La risposta delle varietร  selvatiche in campo รจ apparsa buona, confermando la possibilitร  di coltivazione.
  • La risposta delle cultivar commerciali รจ invece apparsa alterna ed estremamente variabile in funzione delle diverse cultivar, a volte particolarmente sensibili a patogeni e malattie.
  • Le caratteristiche organolettiche di alcuni luppoli selvaggi sono risultate molto buone e promettenti, altri si sono invece evidenziati per i sorprendenti volumi prodotti.
  • รˆ stata riscontrata unโ€™elevatissima biodiversitร  tra le piante selvatiche reperite e sistemate in campo, cosa molto importante in una ricerca di questo tipo.

Curioso e interessante รจ che uno dei luppoli selvatici analizzati, reperito nei dintorni di Marano, abbia mostrato una grande affinitร  genetica con il Fuggle, selezionato e diffusosi in Europa durante il diciannovesimo secolo. Si potrebbe ipotizzare che possa essere un lontano discendente del noto luppolo britannico.

Insomma, sull’argomento si puรฒ davvero parlare di ore ed รจ ciรฒ che faremo sabato prossimo a Marano sul Panaro.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, รจ giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. รˆ organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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2 Commenti

  1. Aggiungo, il birrificio Maso Alto in Trentino, fa e comercializza la Selvatica, una English IPA nella quale usano luppolo selvatico, chiamato aspargina.
    Se non sbaglio hanno una piantagione propria.

  2. Ben vengano queste iniziative, vedremo nel futuro cosa succederร .
    Nel frattempo ho scoperto un’azienda agricola in provincia di Venezia che da alcuni anni produce luppolo: l’anno scorso ho preso Cascade, Tradition e Progress freschi, appena raccolti dalle piante, li ho essiccati all’aria aperta e messo sottovuoto quello che non ho utilizzato subito. Ho avuto un risultato eccezionale; anche quest’anno attendo con impazienza che arrivi l’ora del raccolto per sentire il profumo inebriante che emanano questi splendidi coni.
    Inoltre, l’autunno scorso, ho trovato del luppolo selvatico lungo le rive del Piave: aveva un profumo buono e invitante, quest’autunno lo raccoglierรฒ e proverรฒ a fare una cotta utilizzando solo quello.

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