Come ormai dovreste sapere, ieri è stata annunciata la cessione del birrificio Hibu a Dibevit, braccio distributivo del Gruppo Heineken. La notizia rappresenta l’ultimo atto della trasformazione che sta investendo il segmento della birra artigianale italiana da poco meno di un anno e mezzo, cioè da quando si verificò il primo acquisto di un marchio craft da parte dell’industria – mi riferisco chiaramente alla vendita di Birra del Borgo ad AB Inbev. Da allora in pochi mesi abbiamo assistito alla perdita di indipendenza, più o meno eclatante, di altri birrifici: Ducato, Toccalmatto, Birradamare e il già citato Hibu. Ogni volta che si verifica un caso del genere il movimento della birra artigianale subisce un danno importante, che tuttavia non sempre viene percepito come tale anche dalla stessa comunità di appassionati. Spesso tali vicende vengono valutate in modo direttamente proporzionale all’interesse che si ripone nei produttori coinvolti: se le loro birre non mi piacciono, allora “chi se ne frega”. Un approccio che personalmente ritengo dannoso almeno quanto la cessione stessa del birrificio.
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