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Cercasi birrificio artigianale in Veneto

Sono alla ricerca di un birrificio artigianale in Veneto...

Vendesi Sala Cotte da 5 hL e attrezzatura specialistica

Birrificio vende sala cotte da 5 hL e attrezzature....

Il Birrificio BIRA vende impianto completo con sala cottura da 2,5/2,7 hL

Il Birrificio BIRA vende, preferibilmente in blocco, impianto completo...
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Vendesi impianto produttivo da 300 litri e attrezzature

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Attenzione: l’annuncio non è più valido.

Vendesi impianto produttivo completo composto da:

  • Impianto di cotta 300 Lt
  • Mulino
  • N° 1 fermentatore da 300 Lt
  • Pentola di priming 300 lt
  • Tappatrice pneumatica
  • N° 2 imbottigliatrici a depressione
  • Etichettatrice semiautomatica
  • Lava bottiglie
  • N° 2 lava fusti

Con possibilità di essere seguito per avviamento impianto e possibili ricette.

Prezzo in blocco 12.000 euro.

Per info e contatti è possibile chiamare il numero 3386429425  o scrivere all’indirizzo [email protected].

Un tour tra le Oud Bruin di Oudenaarde: la città della birra dimenticata

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Oudenaarde è una città di 30.000 abitanti situata nelle Fiandre Orientali sulle rive del fiume Schelda, distante all’incirca un’ora e un quarto di auto da Bruxelles. Da queste parti due cose vanno per la maggiore: il ciclismo (qui arriva il prestigioso Tour des Flandres) e la birra. Oudenaarde è infatti una vera e propria città brassicola con una storia paragonabile a quella di luoghi come Plzen o Burton-on-Trent. Qui infatti sono di casa le Oud Bruin, letteralmente “birre scure invecchiate”, che sono state protagoniste della storia birraria della città. Sono birre uniche, da sempre caratterizzate da una prolungata bollitura del mosto (secondo alcune fonti responsabile del caratteristico colore rosso-bruno, causato dalla caramellizzazione degli zuccheri) e, almeno in passato, dallo stoccaggio in botti di legno. Le Oud Bruin nascono da un assemblaggio tra una porzione giovane e una invecchiata tra i 4 e gli 8 mesi. L’acqua della zona, ricca di ferro e di calcio, gioca ovviamente la sua parte. Oggi rappresentano ancora uno stile di nicchia ma, lentamente, stanno riguadagnando terreno con tanti birrifici in giro per l’Europa che provano a riprodurle, alimentando l’interesse degli appassionati.

Beerspecialist con esperienza si propone per consulenze a locali e aziende

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Vuoi aprire un beershop, un pub o comunque un locale che punta sulla birra artigianale, ma non sai da che parte iniziare per selezionare le birre, i fornitori, stilare un business plan vincente, ecc? Oppure sei un’azienda che ha deciso di investire nel settore, ma ti manca la figura che ti curi la parte birra?

Ecco, sono la figura che potrebbe servirti. Sono un beerspecialist, publican da quasi 10 anni, con partita iva, nel settore birra artigianale da sempre, prima per passione poi per lavoro. Ho organizzato corsi, degustazioni e ho preso parte a varie giurie brassicole a livello nazionale.

Se sei interessato ad una consulenza, o ad un semplice incontro conoscitivo, contattami alla mail [email protected].

I difetti più comuni nelle birre fatte in casa

Sebbene negli ultimi anni molto sia cambiato nelle produzioni casalinghe di birra, portando il livello medio a livelli decisamente più alti rispetto a qualche anno fa, non è raro, anzi, diciamo che è ancora piuttosto comune, imbattersi in birre difettate quando si assaggiano produzioni fatte in casa. Lo dico anzitutto da homebrewer, dopo più di un decennio di onorata carriera, ma anche da giudice. In tempi recenti, grazie al diffondersi delle competizioni per homebrewer targate BJCP anche in Italia (periodo di pandemia a parte), mi è capitato di sedere al tavolo di diverse giurie. In queste occasioni, oltre ad assaggiare diverse birre, ho avuto anche occasione di scambiare opinioni con altri giudici. Spesso si parla di difetti, che nelle birre fatte in casa sono sicuramente più comuni rispetto alle produzioni commerciali. Quali sono i più diffusi, e quali meno? Oggi parliamo del primo gruppo, di cui ho stilato una personale classifica basata non su fonti statistiche, ma sulla mia esperienza come giudice e come homebrewer. Ho provato anche a esplicitare le cause dei difetti, soffermandomi su quelle che sono più probabili quando si produce birra a livello amatoriale.

Nuove birre da Canediguerra + Ballarak, Birrone, Mukkeller, Torre Mozza e altri

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Forse ai più è sfuggito, ma nell’ultima panoramica sulle nuove birre italiane non abbiamo segnalato neanche una collaboration beer. Pura coincidenza, sia chiaro, ma che bilanciamo subito aprendo la carrellata di oggi con una produzione nata da una partnership inedita: quella tra il piemontese Canediguerra (sito web) e il palermitano Ballarak (sito web). Prodotta presso l’impianto dell’azienda di Alessandria, la Brusura (4,4%) è una Session Rye IPA: le caratteristiche tipiche della versione più leggera di American IPA sono dunque ampliate dall’impiego di una percentuale di segale (maltata). In realtà questa non è l’unica peculiarità della ricetta, poiché è previsto anche l’aggiunta di olio essenziale di mandarino tardivo di Ciaculli, una specialità agricola siciliana. Il profilo aromatico è dunque spostato decisamente sui toni agrumati, enfatizzati altresì da una luppolatura che segue le medesime suggestioni. È una IPA chiara, leggera, fresca e dal carattere decisamente estivo: qualcosa che ricerchiamo con bramosia in queste caldissime giornate di fine giugno.

Stone ceduta a Sapporo: la fine del senso di indipendenza e il futuro delle acquisizioni

In questi anni ci siamo abituati a vedere diversi birrifici craft americani passare sotto il controllo delle multinazionali, tanto da esserci presto assuefatti a notizie del genere. Questa crescente indifferenza però è stata spazzata via da quanto accaduto venerdì mattina (in Italia), quando è stato annunciato l’accordo tra il gigante giapponese Sapporo e il produttore californiano Stone. Nonostante le gravi difficoltà economiche del birrificio di Greg Koch, l’operazione ha destato grande clamore rappresentando per alcuni osservatori la fine di un’epoca. Stone ha infatti contribuito in maniera decisiva alla rivoluzione della birra artigianale negli USA, emergendo come una delle aziende brassicole più iconiche della storia del movimento internazionale. Dopo aver cresciuto intere generazioni di bevitori con le sue birre estreme, era diventato uno degli ultimi baluardi dell’idea di indipendenza nel segmento craft. Proprio per questa ragione l’accordo ha un peso simbolico eccezionale e dice molte cose su come sta evolvendo la birra artigianale negli Stati Uniti.

Prossimi eventi: Castelli Beer Festival, Birralguer, Largo Castello e Bolsena BeerRock

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Dopo la pausa della scorsa settimana torniamo a dare un’occhiata all’agenda dei prossimi eventi birrari per un aggiornamento assolutamente doveroso. Ieri infatti è cominciata ad Alghero l’edizione 2022 di Birralguer con la partecipazione di molti birrifici sardi, mentre la settimana prossima andrà in scena il Bolsena BeerRock, che unisce due passioni di molti di noi – rock e birra artigianale, se non si fosse capito. La prima metà di luglio sarà interamente a trazione brassicola, perché poi da lunedì 4 comincerà a Puglianello (BN) l’iniziativa Largo Castello – Historia in Festa!, mentre da giovedì 7 e per tredici giorni di fila andrà in scena a Genzano di Roma il Castelli Beer Festival, dove sarò coinvolto personalmente per un seminario sulle IGA. Ci vediamo lì, intanto buone bevute a tutti.

Clamoroso negli USA: il birrificio Stone ceduto a Sapporo

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Da qualche ora sta rimbalzando nell’ambiente la deflagrante notizia dell’acquisizione di Stone Brewing da parte del gigante giapponese Sapporo. Sebbene la trattativa sia ancora in corso, è praticamente data per definita, tanto che la sua chiusura è prevista per agosto 2022. L’operazione ha un incommensurabile valore simbolico, perché non solo riporta d’attualità le acquisizioni dell’industria nel comparto craft, ma lo fa coinvolgendo uno dei marchi storici della rivoluzione americana della birra artigianale, che proprio in passato era diventato un punto di riferimento per la “resistenza” dei birrifici nei confronti dell’invasione dei colossi del settore.

I Beer Club italiani: gli esempi di Baladin, Ca’ del Brado e Chianti Brew Fighters

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Per un birrificio artigianale creare un forte legame con i suoi consumatori è essenziale. La fidelizzazione si può ottenere in vari modi, ma prevede sempre un rapporto diretto con i propri interlocutori. Il caso più emblematico è incarnato dalle tap room e dai locali a marchio, realtà sulle quali negli ultimi anni i birrifici italiani hanno investito pesantemente. Tuttavia questo rapporto di mutua fiducia può svilupparsi anche in modo più aleatorio, come capita con i progetti di crowfunding dove il bevitore diventa addirittura il finanziatore dell’azienda (o dell’idea). C’è poi un terzo strumento capace di alimentare una fedele comunità di appassionati, che all’estero è utilizzato spesso con risultati talvolta eccezionali, ma che in Italia stenta a decollare. Si tratta dei Beer Club, cioè sistemi di sottoscrizione a pagamento che permettono di ricevere, a scadenza fissa, birre inedite, gadget, promozioni e altri vantaggi esclusivi. All’estero gli esempi sono innumerevoli e alcuni hanno segnato un’epoca, come nel caso dell’americano Rogue e dello scozzese Brewdog; da noi invece iniziative del genere sono ancora pochissime, ma destinate probabilmente a crescere in futuro.

Brewdog vicinissima all’industria: nel 2018 provò a vendere a Heineken

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In queste ore sta rimbalzando su tutte le testate del mondo una spinosa vicenda relativa a Brewdog. Secondo quanto rivelato dalla BBC, infatti, in passato il birrificio scozzese ha cercato di vendere una parte delle sue quote a Heineken, senza tuttavia riuscire a intavolare una vera e propria trattativa. Il caso risale al 2018 ed emerge da alcune email che i giornalisti della BBC sono riusciti a ottenere di recente. Oltre a essere di per sé clamorosa, l’indiscrezione solleva ulteriori pesantissimi dubbi sull’evoluzione di Brewdog e sulla politica aziendale che stanno portando avanti i due fondatori, in particolare James Watt. Si preannuncia un altro periodo complicato per l’azienda scozzese, dopo le accuse mosse nei confronti di Watt per comportamenti inappropriati e abuso di potere verso i suoi dipendenti.

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