L’articolo che ho pubblicato ieri per celebrare la memoria di Pierre Celis e un recente post di Martyn Cornell pubblicato sul suo Zythophile, mi hanno spinto a una riflessione sullo stato di salute degli stili birrari meno diffusi. Come ricordavamo ieri, nel variegato universo della birra esistono tantissime specialità – spesso collegate a una determinata zona di produzione – che dopo anni di grande popolarità, ora subiscono il rischio di scomparire per sempre. Molto spesso questi fenomeni dipendono da cambiamenti socioeconomici e dall’impatto globalizzante dei prodotti industriali sui gusti dei consumatori. Per fortuna molti stili a rischio di estinzione in passato sono stati salvati dall’attività di appassionati e associazioni, sebbene per molti di essi la situazione continui ad essere preoccupante. Oggi cercheremo di capire qual è lo stato di salute di alcune tipologie locali.
Mild : grazie allo splendido lavoro di recupero di questo tradizionale stile anglosassone, il Camra è riuscito non solo a salvare le Mild, ma anche a favorirne una timida ripresa. Come scrive Roger Protz in suo splendido articolo, le Mild erano le birre più popolari in Inghilterra nel XIX secolo, prima che la loro diffusione iniziò a contrarsi in modo irreversibile. Sicuramente lo stile non tornerà più ai fasti di un tempo, ma per fortuna lo spauracchio dell’estinzione è ormai un lontano ricordo e anche all’estero i birrai iniziano a interessarsi a questa tipologia (come la recente Working Class di Toccalmatto), intrigante ma di non facile realizzazione.
Kölsch : la classica birra di Colonia, un’alta fermentazione in una nazione devota delle lager, è indissolubilmente legata alla zona di produzione. Un aspetto che spesso determina il rischio di scomparsa di uno stile, ma che in questo caso non è stato sufficiente a decretarne l’estinzione. Anzi, dopo i problemi patiti a seguito della Seconda Guerra Mondiale, dagli anni ’60 la Kölsch è tornata a crescere in termini numerici, passando in 20 anni da 500.000 a 3,7 milioni di ettolitri prodotti. Successivamente le cifre si sono leggermente abbassate, ma lo stile è vivo e vegeto e con diversi tentativi di imitazione provenienti da birrifici stranieri.
Altbier : l’antagonista della Kölsch è la tipica birra ad alta fermentazione di Düsseldorf, città rivale di Colonia. Nonostante la competizione con la città vicina, è probabile che la Altbier debba molto alla Kölsch, visto che il recupero del secondo stile ha forse decretato la salvaguardia del primo. Sono poche le Altbier prodotte fuori dalla regione di appartenenza (la Jatobà di San Paolo è uno dei pochi esempi italiani), anche perché rappresentano una tipologia di approccio meno immediato rispetto alle beverine Kölsch. Nonostante perciò la loro diffusione sia piuttosto limitata, è uno stile che non rischia di perdersi nell’oblio.
Gose, Berliner Weiss, Dortmunder Export, Roggenbier : gli altri stili “locali” tedeschi non se la passano certo bene. La Gose di Lipsia è ormai prodotta da soli 3 birrifici e sta scomparendo anche per il suo gusto particolare – è prodotta con frumento, coriandolo, sale e lattobacilli – che può risultare ostico ai più. Simile il discorso per la Berliner Weisse, oggi prodotta solo da due aziende (rispetto alle oltre 700 del XIX secolo), dal gusto acido e servita con sciroppo di lampone o asperula. La Export di Dortmund è ridotta a pochissimi esemplari e mi sembra che ci sia sempre meno interessi nei suoi confronti. Della Roggenbier (birra di segale) esiste ancora qualche esempio?
Lambic : le “birre acide” del Belgio stanno vivendo un momento di grande popolarità, affascinando persino gli amanti del vino che si avvicinano al nostro mondo. E se ci riflettiamo è un risultato clamoroso, per un prodotto che è ancora realizzato con le tecniche di secoli ormai passati. Se a questo aggiungiamo che le caratteristiche delle fermentazioni spontanee non sono certo adatte a palati poco allenati, l’attuale successo del Lambic è un mezzo miracolo. E noi appassionati non possiamo che goderne.
Flemish Red Ale, Oud Bruin : questi due stili “aciduli” del Belgio sono realtà poco diffuse, che però difficilmente rischieranno l’estinzione in tempi brevi grazie all’interesse che vi ripone la comunità birraria internazionale. In realtà è un discorso che potrebbe essere esteso a tutti gli stili del Belgio, paese che gode di un’attenzione particolare, forse per aver rappresentato il punto di riferimento di tanti birrai stranieri, americani e italiani in primis.
Blanche : delle birre di frumento belga abbiamo parlato ieri, quindi inutile ripetersi. Dalla loro virtuale estinzione sono passate a una diffusione capillare in ogni angolo del mondo. E tutto questo si deve a un uomo solo: Pierre Celis.
Il bilancio generale degli stili che abbiamo analizzato ci permette di tirare un sospiro di sollievo, eccezion fatta per le tipologie di origine tedesca. Anche da questo punto di vista la Germania dimostra un appiattimento clamoroso, incapace di valorizzare – tranne pochi birrai illuminati – l’incredibile patrimonio brassicolo che il passato gli ha regalato.
Se avete osservazioni da aggiungere, lo spazio dei commenti è qui sotto apposta 🙂 .
La export in verità è relativamente diffusa in germania. però parlando soprattutto di prodotti commerciali dove le doti dello stile non sono certo esaltate
Le berliner weisse e le gose hanno il problema di potersi fregiare del nome solo se sono prodotte in loco.
Credo sia rimasta addirittura la sola kindl a produrre attivamente la weisse a berlino; oltre ai vari brewpub cittadini. Mentre ci sono birrifici nel resto della germania che producono generiche, nel nome, weisse che replicano lo stile.
Però, ed è un discorso valido anche per le roggen (quasi cadute nel dimenticatio definitivamente in patria ma qualcuno ne sta ricominciando la produzione), gli stili tedeschi minori sono ben replicati e tenuti vivi dai birrifici craft americani.
Insomma penso che più che i birrifici, certi stili siano stati dimenticati dagli importatori o dai consumatori.
E’ pur vero che le reinterpretazioni dei birrifici americani sono, appunto, reinterpretazioni, spesso ben lontane dai modelli originali. L’altro giorno ad esempio ho bevuto la Schwarz di Duck Rabbit: buonissima, per carità, ma ben diversa dalla Schwarzla del Klosterbrau di Bamberga, per citarne una. Le reinterpretazioni estere sono importanti per salvaguardare uno stile, ma se iniziano a snobbarlo i produttori locali in primis, penso che la tendenza non possa essere troppo ottimistica.
“gli stili tedeschi minori sono ben replicati e tenuti vivi dai birrifici craft americani.”
Tenuti vivi di sicuro: hanno tremenda sete di novità e di stili e quindi brassano qualsiasi cosa.
Sul “ben replicati” mi permetto di dissentire: c’è chi fa Koelsh con luppoli americani ed è davvero difficile trovare una “bassa” all’europea.
Alcune supervalutate Pils americane non sono per nulla europee.
Ricordo anni fa di aver bevuto una wannabe Gose terribile: il birraio mi chiese com’era e io risposi “hai mai bevuto una Gose?” E lui: “No: ho letto su internet…”
prendiamo “ben replicati” in senso lato; ovvio.
Certo, spesso (ma non sempre) sono delle reinterpretazioni. ma è anche vero che non si può prendere, per dire, una berliner della kindl come modello solo perché genuinamente tedesca.
Però proprio su questo discorso mi è capitato di leggere questo articolo di micheal jackson
http://www.beerhunter.com/documents/19133-001608.htm
Insomma non è proprio l’ultima moda replicare gli stili minori.
Letto questo, è proprio il vento che arriva dal nord america che sta svegliando i birrifici tedeschi. Altrimenti l’oblio sarebbe definitivo di sicuro.
“Letto questo, è proprio il vento che arriva dal nord america che sta svegliando i birrifici tedeschi.”
Cosa ti fa arrivare alla conclusione che i birrifici tedeschi si stiano svegliando?
La mia piccola esperienza
Braustelle (ed entourage) a Colonia produce robe “estreme”. Provate alcune con Manuele e Giorgio… avremmo preferito che avessero evitato;-)
La Brooklyner-Schneider Hopfen Weisse: non mi piace proprio.
Andreas Gaenstaller invece ha “estremizzato” con ottimi risultati.
Io preferirei comunque avere più Keller buone che IPA tedesche…. 😉
la mia piccola esperienza
nel 2008 al GABF mi sono preso la briga di assaggiare tutte le “berliner weisse” presenti. poche in verità, 4 o 5
la migliore sembrava 7UP
la Schultheiss non viene più prodotta così come la burger brau (entrambe buone). Come la kindl fanno tutte parte della oekter (le torte cameo) ormai. Quindi in città si produce e trova solo la kindl che a me piace ma non mi sembra un gran parametro di stile.
Molto meglio quella prodotta (non so se ancora. A giugno controllo) a lipsia dalla Bayerischer Bahnhof la Wöllnitzer o la 1809 IMO
non zo, la Schultheiss non sapevo fosse estinta (peccato), la Kindl resta cmq una birra piacevole, non è cmq quel tipo di boccia che mi vien voglia di stappare. in che senso cmq non lo ritieni un gran parametro di stile? non sarà l’eccellenza ma mi pare che allo stile adertisca eccome. mentre in USA potresti trovare birre dichiarate berliner weisse più interessanti, ma che berliner weisse non lo sono proprio. al di là che erano delle fetecchie, quelle del GABF 2008 erano una completamente diversa dall’altra, sconclusionate, qualcuno per descrivermele mi parlava di lambic… ora, se non hai idea di cosa sia una berliner weisse, cosa ti metti a farla da fare? fosse poi uno stile semplice… fatti una birra lattica come va a te, senza appiopargli uno stile, falla buona, e siam tutti contenti
Bayerischer Bahnhof mi sembra strano che Nino, amante delle berliner weisse, non abbia mai portato a casa altro che Gose…
per curiosità cosa prendereste come riferimento di stile o di qualità per una berliner weisse?
Schultheiss che temo sia pressoché improbabile, forse in loco la si trova, me la ricordo la migliore ma non la assaggio da almeno 5-6 anni. Berliner Kindl (senza sciroppi…) più agevole da trovare. altre marche non perventute sul mio personale cartellino
allora in realtà siamo d’accordo 😀
Schultheiss è stata comprata dal gruppo Radeberger, di cui fa anche parte Berliner Kindl e a quanto ho capito ora producono solo la Kindl.
Se te ne vuoi bere una non industriale, anche se detta “detta Potsdamer Weisse” vai qua:
http://www.braumanufaktur.de/
Fra l’altro hanno in programme anche 2 stili scomparsi come la “Potsdamer Stange” e “Werdersches”
@Indastria
hai preso lezioni di quoting dal Polli? 😀
@Turco
e togli ‘sta struttura ad albero… 🙂
Ah comunque la Berliner va bevuta necessariamente con sciroppo e cannuccia!
Non necessariamente con lo sciroppo, anche con la “Strippe” che è una grappa di cumino
nico in realtà è tutto della oekter che raggruppa vari marchi in germania.
Non che cambi molto.
CMQ sembra molto bello il locale di potsdam che segnali, non lo conoscevo e ci andrò sicuramente presto.
Probabilmente la birra si chiama così perché non prodotta a berlino.
La kindl personalmente la preferisco “liscia”. Da evitare assolutamente i mischioni già imbottigliati.
P.S. ci provo a quotare bene 🙁
La Bayerischer Bahnhof imbottiglia(va?) anche una berliner Weisse ma non so se la servono al locale. L’anno scorso non mi pare.
Come detto, spesso certe cose prendono la via diretta degli shelton bros
La kindl come detto mi piace, ma mi sembra buona e rappresentativa un po’ come le varie diebels e Früh lo sono nei loro rispettivi stili.
non sono molto d’accordo. per me la Kindl è un prodotto più interessante della Früh, fatte le differenze di stile. e cmq, anche se modesta, la Früh è rappresentativa dello stile… per capirci: le caretteristiche di stile sono quelle. che poi non sia un mostro di espressività e di eleganza…
Non mi risulta che ci siano Berliner Weisse prodotte da brewpub di Berlino.
La gose non la inserirei negli stili a rischio. Ok che è prodotta da 3 soli produttori, ma quella di Bayerische Bahnhof si trova sempre di più in giro, e ora hanno pure iniziato a imbottigliarla nelle bottiglie da 33 per il mercato USA…
Anche a me non risultano Berliner Weisse nei brewpub della capitale
In realtà la Banhof non mi sembra proprio reperibilissima. Ma al di là della diffusione del prodotto di un singolo birrificio, la mia impressione è che birrai e consumatori stiano perdendo interesse in questo stile, ipotizzo anche per i problemi burocratici della Gose (che viola l’Editto della Purezza).
Regolarmente no.
Purtroppo i berlinesi (anche birrai) hanno una opinione pessima della loro stessa birra.
Il problema dell’editto esiste ma è puramente piscologico visto che non mi pare sia più obbligo seguirlo. Tanto più che berlino e lipsia persero questo vincolo dai tempi della ddr (dove venne abolito totalmente)
Concordo invece con chiodi sulla Bayerische Bahnhof che lavora molto bene sull’esportazione.
In generale la situazione tedesca, anche se LENTISSIMAMENTE, sta evolvendo: brewpub, stili diversi e birre straniere sugli scaffali, era qualcosa non facilmente immaginabile fino a qualche hanno fa.
Poi è ovvio che non si fa mercato con le gose e le rauch (purtroppo eh!)
Sì beh che ci siano brewpub e locali interessati a stili e birre straniere non è una novità, però questo non garantisce, almeno direttamente, la salvaguardia di stili tradizionali. Anzi…
Sono d’accordo sull’anzi.
Il rischio c’è, ma potrebbe capitare che i “nuovi” mercati creino un po’ di spazio per per le nicchie come è capitato altrove.
Purtroppo l’alternativa nemmeno esiste: certi prodotti sono stati schiacciati proprio dalla birra industriale.
confermo e ri-consiglio (già lo fa EurHop!) il Brewbaker di Berlino, la qualità quest’estate era molto alta e il proprietario è gentilissimo!
le Gose da 33 le ho viste in un beershop nel downtown di San Diego. concordo con mr chiodi, se arrivano negli USA, vuol dire che ce l’hanno fatta. e poi arrivano pure in Italia…
Io in un beershop dietro la stazione di Pavia, quindi sì, vuol dire che ce l’hanno fatta 😉
Anche la Döllnitzer si trova relativamente parlando
Allora presto arriveranno anche a Casale… Finora ho visto solo le 75.
@mr chiodi: Eh, eh, a pranzo me ne stappo un alla tua salute 😉
Scusate la mia ignoranza, ma la Uitzet è (o, visto che è stata data per morta, era) uno stile? Cercando su internet ho trovato una birra, prodotta dal birrificio Paeleman in Belgio, che ha questo nome…se invece il termine Uitzet si riferisce ad uno stile birrario, qualcuno saprebbe gentilmente darmi qualche informazione?
Riguardo alle Roggenbier, mi stavo documentando perchè volevo farmi in casa una sorta di meticcio tra birra e kvas (bevanda russa, fermentato di pane di segale); ho trovato questo articolo dove si dice che le Roggen possono essere anche delle lager, anche se solitamente sono prodotte ad alta con lieviti da weizen: http://www.germanbeerinstitute.com/Roggenbier.html
A dire il vero però, non ho mai visto una roggen a bassa
Kuaska cita le Uytzet (si scrive anche con la y) sul suo sito tra gli stili ad alta http://www.kuaska.it/nuovo/default.asp?a=stili&lan=eng
Si ma il fascino rimane la bellissima bottiglia dal collo allungato…poi lo so che il contenuto è la cosa più importante 🙂
vero la paulaner fa una roggen. Ecco a cosa stavo pensando mentre scrivevo una precedente risposta
Ah, di roggen ok che non se ne trovino tante, però c’è quella industriale di Thurn und Taxis…
Scusate l’ignoranza, ma la Roggen è riconducibile ad uno stile vero e proprio con uno storico ? Io avevo capito che era stata introdotto dall Thurn&Taxis negli anni 90, a parte il periodo pre-Reinheitsgebot dove era ingrediente comune poi vietato perche il grano serviva per fare il pane.
Sì esatto, praticamente l’utilizzo di segale fu impedito dall’Editto della Purezza, quando le Roggen erano molto diffuse. Viene considerata Roggen una birra che utilizza una percentuale di segale e che produttivamente è assimilabile a una Weizen.
Grazie Andrea
A sostegno di prodotti tipici e fortemente legati al territorio esistono certificazioni europee (igp in Italia, Indication Géographique Protégée in Belgio,geschützte geographische Angabe in Germania etc..) che spesso intervengono anche economicamente per evitarne l’estinzione. Secondo voi qualche produttore ci ha pensato? Potrebbe essere una strada percorribile per tutelare un “patrimonio” alimentare ma anche storico e culturale?
Ho proprio una Pecan sotto mano.. proverò!
Grazie a Dio lavorando da Nino un po’ di gose la gusto spesso!
In realtà mi sono confuso, la Alt è la Jatobà, la Pecan è una kolsch
gran bel post!
😉
grazie 🙂
In effetti qualcosa arriva anche in Italia, ma questi stili sono quasi sempre capiti solo dagli appassionati. Mild, Lambic, Gose, Berliner Weisse, Alt, Schwarzla, sono comunque birre che nei loro paesi di origine sono consumate giornalmente. Per parlare delle tedesche da me è facile trovare La Gose di Goedeckes Dollnitzer Ritterguts, la Berliner Kindl, la Klosterbrau, mentre per le Alt sia Schumacher che Uerige data la loro scadenza breve non arrivano; birre che comunque a parte qualche cliente curioso sono comprate da gente che già le conosce oppure da persone che sono state nei loro paesi di origine e lì le hanno assaggiate.
ps: Sempre articoli interessanti, bravo Andrea.
Mild sì, lambic non saprei, ma gli stili tedeschi minori non sarei così convinto che sono bevuti abitualmente
personalmente vorrei + mild, fino ad ora ho trovato solo la StPeters nei negozi
Forse la Gose è un pò in crisi, per il resto direi che a livello locale hanno il loro mercato
Vorre i segnlarvi questo bell’articolo di Giacu sulla Zoigl, che non si può definire propriamente uno stile…
http://www.fermentobirra.com/spillature/dicembre-2007/stili-birra-germania-zoigl
…un altro del Colonna
http://www.ilmagazzinodellabirra.it/index.php?option=com_content&task=view&id=35&Itemid=49
poi basta andare su Google!!!!
ciao
vorrei citare beppe del bidu’ che di stili in via di estinzione ne fa’..jehol(braun ale) la saltainmalto e’ l’unica birra italiana con il sale..una specie di gose…e non dimentichiamoci la rodersch la migliore kolsch al mondo (secondo rate beer). comunque ultimamente i cosidetti BIRRIFICI storici (escludendo il bidu’) stanno steccando di brutto! non vi dico le lavandinate negli ultimi tempi…troppo co2..troppo zucchero maturazione non terminata…DIO denaro??? spero di no’!