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Non solo zucca e castagne: benvenuti nel club delle birre controverse

Ammettiamolo, Halloween è una ricorrenza amata dai più piccoli, ma vista con diffidenza dal resto della popolazione italiana. Il motivo risiede probabilmente nella sua origine, lontana dalle nostre consuetudini, e dall’adozione forzata cui ci siamo stati sottoposti da pubblicità e marketing. Riferendoci al nostro mondo, per molti appassionati la situazione è aggravata da una consuetudine brassicola di questo periodo: le birre alla zucca. Attenzione però, non intendo dire che i prodotti realizzati con il buffo vegetale sono pessimi a priori, anzi. Ciò che mi preme evidenziare è l’ampia percentuale di amanti della birra che esprime una vera e propria avversione per queste creazioni, tale da relegarle nei loro giudizi a un supplizio che si ripete ogni anno. Le bistrattate birre alla zucca però non rappresentano l’unica tipologia che incontra l’osteggiamento di una grande fetta di pubblico: sono in buona compagnia, accanto a stili fallimentari o semplicemente non compresi dai bevitori. Quando passare in rassegna queste “mostruosità” brassicole se non nel giorno dedicato al macabro e all’orrore?

Birre alla zucca

Potreste essere tentati di pensare che le birre alla zucca siano un’invenzione moderna, legata alla volontà di cavalcare il grande ritorno commerciale garantito da Halloween. In realtà le Pumpkin Ale comparvero negli Stati Uniti nel XVIII secolo e per questa ragione rappresentano uno dei pochi stili autoctoni americani. All’epoca l’impiego del suddetto frutto aveva una funzione pratica e risolveva un grave problema per i birrai: la scarsa disponibilità di malto d’orzo. Le zucche infatti sono ricche di amidi e quindi furono utilizzate per ottenere materiale fermentabile in alternativa ai normali cereali. L’usanza si perse con l’evoluzione del settore, ma è con la rivoluzione della birra artigianale che le Pumpkin Ale sono tornate d’attualità, offrendo ai birrifici un ottimo strumento di marketing durante una delle ricorrenze più sentite negli USA. Esistono decine di modi diversi di usare la zucca durante il processo produttivo e molte ricette americane sono modellate sulle caratteristiche delle tipiche pumpkin pie, prevedendo non solo l’aggiunta del vegetale, ma anche di spezie come cannella, noce moscata e zenzero. La moda delle Pumpkin Ale si è diffusa anche tra i birrifici italiani, ma l’impressione è che negli ultimissimi anni gli esperimenti in questo senso siano calati visibilmente. Con grande sollievo di tutti i detrattori delle birre alla zucca.

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Birre alle castagne

La storia delle birre alla castagne in Italia è molto curiosa e può essere considerata la cartina di tornasole delle rapidi evoluzioni in atto nel nostro mondo. Le birre alle castagne condividono molti punti in comune con le birre alla zucca: sono realizzate con frutti della stagione, sono brassate con ricette molto diverse tra loro e, soprattutto, sono odiate da una vasta fetta di bevitori. Eppure ai primordi nel movimento brassicolo nazionale rappresentarono una costante per tantissimi birrifici, al punto che Kuaska le identificò come il primo vero stile birrario italiano. Gli appassionati sono sempre apparsi tiepidi nei confronti di questi prodotti, ma ciò non impedì il lancio di una moltitudine di Chestnut Beer in pochissimi anni. Senza il supporto dei consumatori, tuttavia, la tipologia era destinata a fallire: il crollo fu inevitabile e in tempi relativamente brevi le birre alle castagne scomparvero quasi totalmente dal mercato. Oggi queste produzioni sono una rarità, ma a quanto pare in pochi ne sentono la mancanza. Quello che doveva essere il primo stile autoctono italiano è caduto nell’oblio nel giro di una manciata di primavere.

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Weizen

Si può sapere cosa vi hanno fatto di male le tipiche birre di frumento tedesche? Non c’è niente da fare: è un enigma di cui non troverò mai la soluzione. Chissà per quale motivo le Weizen sono lo stile più trascurato dagli appassionati e probabilmente quello che incontra il maggior numero di detrattori. Eppure non sono create con ingredienti strani, né rappresentano delle mode imposte dall’hype del momento. Sono opalescenti, è vero, e quella banana matura è tra gli aromi più intensi e caratteristici dell’intero universo brassicolo. Ma sono pur sempre birre dissetanti, appaganti e dal gusto decisamente peculiare. E personalmente… personalmente… no, è inutile bluffare: anche io non ne bevo una da tempo immemore. Sarà per questo che ora i birrifici hanno iniziato a creare Weizen aromatizzate, come l’ultima nata dalla collaborazione tra Lambrate e Birrificio Italiano. Per fortuna, tuttavia, rimangono fisse nella gamma di molti produttori, non solo tedeschi.

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Cascadian Dark Ale

Unire la durezza dei malti scuri a un amaro pronunciato e ad aromi agrumati può non essere una buona idea, eppure alcuni anni fa emerse negli Stati Uniti un nuovo stile battezzato Cascadian Dark Ale e contraddistinto proprio da queste caratteristiche. Leggenda vuole che le origini della tipologia siano da ricercare nella comunità di homebrewer della West Coast (e più precisamente della regione immaginaria della Cascadia), dove si diffusero sperimentazioni che prevedevano l’innesto di generose luppolature di tipo americano su una base di malti scuri. In breve queste eccentriche produzioni valicarono i confini dell’hobby casalingo per entrare all’interno dei microbirrifici locali, che iniziarono a sfornare le loro Cascadian Dark Ale incontrando un discreto successo. Inutile specificare che la moda rapidamente oltrepassò l’oceano e attecchì anche in Europa, sebbene non senza qualche incertezza. Anche in Italia alcuni birrifici decisero di cimentarsi con questo nuovo stile, ma non riuscirono mai a fare breccia nei cuori degli appassionati. L’interesse per le Cascadian Dark Ale durò il tempo di una stagione, ma sarebbe stato interessante provare qualche incarnazione americana prima di mettere definitivamente la parola “fine” a queste produzioni.

New England IPA

D’accordo, questa è una piccola provocazione. Tuttavia nonostante le NE IPA rappresentino la tipologia più trendy del momento, esiste un’ampia fetta di pubblico che semplicemente inorridisce all’idea di portare alla bocca una birra del genere. Il problema chiaramente risiede nel loro aspetto, a dir poco opalescente: per definizione le birre del New England devono essere torbide, quasi ai limiti di un succo di frutta, esaltando un aspetto che generalmente è considerato un difetto. Nell’ostilità verso questa famiglia di birre percepisco poi la tipica avversione nei confronti della moda del momento, soprattutto perché proveniente dal mondo dei geek e quindi lontana dalla maggior parte dei consumatori. Al momento sono ancora piuttosto in voga in Italia, ma è naturale chiedersi quanto dureranno ancora. E non è un caso che Bruno Carilli di Toccalmatto abbia citato la sua “juicy” come la birra che si è pentito di aver prodotto.

Ci sono altri stili “mostruosi” che inserireste in questo elenco? Per festeggiare degnamente Halloween ora non dovete far altro che brindare con qualcuna di queste tipologie.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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11 Commenti

  1. ciao andrea,
    per quanto riguarda la birra di castagne, sicuramente i numeri ti danno ragione, non è uno stile che ha sfondato..ma sul fatto che ai consumatori questo stile non piaccia o interessi poco, non sono d’accordo.
    Secondo il mio modestissimo parere, la birra di castagne non ha avuto il suo corso solo perché snobbata dai grandi birrifici a causa della sua difficile realizzazione. Non c’è molta voglia di sbattersi e metterci la faccia perché, oltre al fatto che al birraio possa non piacere quindi zero interesse a farla, ci sono da mettere in conto molte variabili, come lo stato delle farine o castagne che ne determinano la oscillabilità nella costanza, ma se vista come birra stagionale, ci possono stare..basta con questa ricerca della perfezione su tutto, alla fine davvero diventeremo industrie se non concediamo a queste birre anche un po’ di manica larga..non che debbano essere infette ovviamente, ma se non sono proprio sempre costanti io non ne farei un dramma.
    Per quel che riguarda la birra di castagne, posso dire che ad esempio il bastarda rossa day, il festival al suo 4 anno dedicato a questo stile che cerchiamo di non far seppellire come molti si augurano a quanto pare, quest’anno ha toccato i 75 pub di cui 3 o 4 all’ estero, per cui l’ interesse c’è, basta lavorarci. Rispetto allo scorso anno abbiamo raddoppiato il numero e cercheremo di mantenerlo finchè resisteremo. Non avevamo più birra altrimenti potevamo anche arrivare ai 100. La riflessione da fare alla luce di questo piccolo miracolo è se davvero non c’è interesse perché snobbato dai birrai o se invece dal popolo. Quindi rivaluterei anche l’ intento di kuaska..
    Scusate se mi sono dilungato un pochino.

    • Ciao Gennaro, premesso che a me le birre alle castagne piacciono (quando ben fatte, chiaramente), per mia esperienza non tutti le amano. Lo so che voi ne producete diverse e questo discorso ti piace poco 🙂 d’altra parte non mi sono affidato a dati empirici, ma solo su percezioni personali. Sull’aspetto produttivo hai pienamente ragione. Diciamo che per molti produttori il gioco ha smesso di valere la candela…

    • Ciao Gennaro, condivido il tuo “Essere un pò più di manica larga”, ma dovrebbe essere bilaterale. Se ad una sagra/evento di paese mi si propina una birra alla castagna a 6 euro su bicchiere di plastica da 0,3l o è ottima o dammi una IPA. La tendenza, almeno qui nel nord-est, è di metterci castagne, zucche ecc per risparmiare sui fermentabili e fare la birra folkloristica … la maggior parte hanno poco corpo, benissimo, 3 euro massimo al bicchiere o dammi una IPA.

  2. il problema della birra artigianale è proprio questo… è troppo soggetto a mode. Ogni anno va di moda uno stile ed ecco tutti a buttarsi sulla birra del momento. Penso invece che la birra alla castagna sia un modo molto valido di valorizzare un frutto tipico dei nostri boschi. Magari attraverso una birra stagionale…
    saluti

  3. Oltre alla già citata birra alle castagne, piuttosto diffusa e presente nelle sagre di paese del pordenonese/trevigiano, segnalo la birra al figo moro (birrificio Valscura) e la birra al radicchio (birrificio San Gabriel), anch’esse ormai non più una novità in queste zone. Quest’ultima, a differenza delle altre, si è rivelata una piacevole sorpresa. Un’ottima ambrata resa particolare dall’amaro del radicchio bilanciato e persistente.

  4. “Senza il supporto dei consumatori, tuttavia, la tipologia era destinata a fallire…”. Inviterei tutti gli appassionati a riflettere su questa frase e a capire che possono influenzare il mercato a loro favore quando boicottano prodotti strani, discutibili o costosi.

  5. Alle Weizen (comprendendo Dunkelweizen E Weizenbock) non rinuncerei mai. non credo siano snobbate come dici ma certo nei + fa piu’ figo andare su birre senza senso come quelle di Omnipollo… o mezze zozzerie brassate con eucalipto che ricordano il colluttorio piu’ che un fermentato di malto d’orzo. Ne approfitto per chiedere di osservare un minuto di silenzio in memoria della birra al basilico (brividi…)

  6. Galois
    hai ragione, anche io credo che il prezzo pagato sia troppo alto, ma è vero che la castagna è aumentata tanto, la farina costa 7€/kg e io alla sagra del mio paese, Arcidosso davo lo 0.20 a 2€. Logicamente se dovessi spostarmi e pernottare il prezzo salirebbe, non dico a quel livello, ma sale.
    Andrea
    purtroppo i numeri ti danno ragione, la tua sensazione è vera e so che ti piace la birra di castagne se ben fatta. Resta il dubbio che il fatto che non sia decollata è colpa dei birrai che appunto non hanno voglia di sbattersi o se non c’è richiesta. Penso che la dimensione giusta sia considerarla come birra stagionale, anche se per fortuna..si vende bene anche d’ estate…:-)
    Penso anche che l’ idiosincrasia verso questo stile sia data dai beergeek che non amano lo stile e giudicano un birrificio negativamente se la produce perché non rispecchia le loro aspettative, ma ormai ci siamo adeguati agli standard nord europei e se non fai la juicy o la neipa non sei più nessuno..ma passerà..

  7. @Gennaro
    In parte è come dici tu, in parte semplicemente non piace e credo che in parte sia anche quel fastidio (almeno per me è così) che ti sale quando vedi un birraio italiano che per fare l’originale deve sempre aggiungere cose in più … o barricare in legni di enologico prestigio. Migliaia di microbirrifici in Italia e non abbiamo ancora una birra inconfondibilmente italiana senza per forza aggiungerci castagne, rosmarino o parmigiana di melanzane in dry hop. Non mi risulta che in Belgio ci sia mai stato tutto stò astio per gli ingredienti aggiunti in più alle varie birre, ma sono convinto che il motivo sia proprio che di base, la birra era comunque la loro. Nel loro stile e con le loro materie prime. Qui in Italia siamo ancora al: faccio la birra in uno stile non italiano, con materie prime non italiane e … ci aggiungo un pò di ragù.

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