L’invasione delle multinazionali nel mondo della birra artigianale ci ha abituato da alcuni anni al solito balletto: appena un’azienda craft raggiunge una certa dimensione, entra nelle mire dell’industria di turno che finisce, prima o poi, per ottenerne il controllo. Tuttavia ciò a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni ha del clamoroso e rappresenta una vicenda senza precedenti, in cui non mancano dettagli misteriosi e passaggi surreali. La notizia è che Ballast Point, produttore acquistato nel 2015 dalla multinazionale Constallation Brands (quelli della Corona), è stato ceduto interamente a Kings & Convicts, birrificio artigianale della zona di Chicago. A colpire non è solo la straordinarietà dell’operazione – se non sbaglio è la prima volta che assistiamo a un ritorno nella sfera craft di un marchio che era passato in mano all’industria – ma anche l’importanza dei nomi coinvolti (in un senso e nell’altro), le dimensioni complessive dell’affare e l’eccezionalità di un episodio destinato ad avere importanti ripercussioni nell’ambiente.
Ballast Point è un nome che ha scritto la storia del movimento artigianale degli Stati Uniti, soprattutto nell’area californiana di San Diego. Fondato nel 1996, ha cavalcato con successo l’onda lunga della birra craft americana diventando il secondo più grande birrificio della regione. Alcuni suoi prodotti, come la Sculpin IPA, hanno acquisito fama in tutta la nazione, contribuendo all’ascesa di un’azienda che in anni recenti ha ampliato con decisione la sua presenza sul territorio. La cessione all’industria arrivò nel 2015, quando la società fu acquistata da Constellation Brands per una cifra fantasmagorica (almeno secondo gli standard del comparto): un miliardo di dollari, centesimo in più centesimo in meno. L’operazione avvenne nel momento di massima attenzione dell’industria al segmento craft, in un periodo in cui acquisizioni del genere erano all’ordine del giorno o quasi.
All’epoca le cifre dell’operazione lasciarono perplessi diversi osservatori, ma alcuni esperti fecero notare che il prezzo era giusto considerando le prospettive del mercato e le potenzialità del marchio Ballast Point. Già un anno dopo però cominciarono i problemi: qui su Cronache di Birra raccontammo di come, in un colpo solo, l’azienda incassò l’addio del fondatore Jack White e di altri tre top manager. Un evento che suonò come un campanello d’allarme, anche perché figlio della discutibile strategia commerciale adottata da Constallation Brands nei confronti di Ballast Point. Dopo l’acquisizione, la multinazionale decise infatti di entrare a gamba tesa nelle dinamiche interne del birrificio, stravolgendole da molti punti di vista: basti ricordare, ad esempio, che il mercato fu invaso da versioni “fruttizzate” delle birre base, realizzate con estratti artificiali di frutta, e che la qualità delle flagship beer, come la già citata Sculpin IPA, calò drasticamente. Significative furono le politiche sui prezzi: all’inizio Constallation Brands piazzò sul mercato un six pack a 17 dollari – un prezzo parecchio alto rispetto alla concorrenza – poi fu costretta a ridurlo gradualmente fino a raggiungere i 10 dollari.
La scelleratezza della gestione di Ballast Point apparve inconfutabile nel 2017, quando Constellation Brands incassò una super svalutazione del marchio per un totale di 87 milioni di dollari. A quel punto sembrò chiaro non solo che la multinazionale aveva sbagliato tutto con il birrificio californiano, ma che lo stesso era ormai percepito come una pesante zavorra di cui liberarsi al più presto. E la soluzione è arrivata negli scorsi giorni, quando l’azienda è stata ceduta al birrificio craft Kings & Convicts. E qui comincia la seconda parte del racconto, forse ancora più interessante.
Innanzitutto i dettagli dell’accordo non sono stati svelati e quindi non sappiamo quanto il birrificio di Chicago abbia sborsato per accaparrarsi Ballast Point. Abbiamo ragionevole certezza che la cifra sia decisamente più bassa rispetto al miliardo di euro pagato quattro anni fa da Constallation Brands, poiché la svalutazione del marchio ha pesato come un macigno. Ciononostante fino a qualche giorno fa era difficile pensare che un birrificio craft potesse sostenere un investimento di simili proporzioni: nonostante il deprezzamento, è facile immaginare che l’operazione non sia stata conclusa per pochi dollari. Facendo uno sforzo di immaginazione, avremmo potuto ritenere che una scelta simile fosse appannaggio solo di qualche grande marchio craft, come Sierra Nevada o Brooklyn Brewery. E invece no. Ed è qui che entra in gioco un altro elemento sorprendente.
Kings & Convicts non è infatti un produttore storico del movimento statunitense, né uno dei più grandi. Al contrario è stato fondato solo nel 2017 ed è poco conosciuto anche nella stessa area di Chicago. È come se un topolino avesse acquistato un elefante: Kings & Convicts produce appena 760 hl di birra all’anno, contro i 230.000 di Ballast Point. Non so se vi è chiara la proporzione tra le due realtà . Questo però non ha impedito alla piccola azienda dell’Illinois di mettere a segno un’operazione clamorosa, che le permetterà di controllare uno dei marchi di birra più importanti della nazione. Senza dimenticare che, secondo i dettami della Brewers Association, Ballast Point potrà tornare a essere definito un birrificio craft – se infatti il controllo aziendale è in mano a un altro birrificio craft, allora non ci sono problemi.
Chi si nasconde davvero dietro Kings & Convicts? Quanto ha dovuto sborsare per ottenere il controllo di Ballast Point? Com’è riuscita a superare la concorrenza di marchi ben più corazzati, presumibilmente interessati a realizzare la stessa operazione? Al di là di queste domande, l’intera vicenda documenta l’incredibile fallimento di Constellation Brands con Ballast Point. A posteriori tutti i dubbi avanzati all’epoca per l’acquisizione monstre si sono rivelati totalmente fondati, così come le obiezioni sollevate sulle strategie della multinazionale dopo quel fatidico 2015. Il caso Ballast Point conferma le ipotesi di chi crede che molte acquisizioni dell’industria siano state fatte sulla scia dell’entusiasmo, in un momento in cui tutto il settore seguiva certe dinamiche – e potremmo estendere il discorso anche all’Italia.
Dalla vicenda emergono almeno due messaggi. Il primo è che un investimento da un miliardo di dollari per acquistare un birrificio craft è andato quasi totalmente in fumo. Una vicenda che sicuramente farà da monito a qualsiasi industria abbia ancora voglia di fare shopping nel comparto artigianale. Il secondo messaggio, se vogliamo più romantico, è che la comunità craft può andare a riprendersi quei marchi che in passato hanno perso la loro indipendenza, ristabilendo l’ordine delle cose. Non sappiamo se questi messaggi avranno ripercussioni nel concreto, ma sicuramente il caso Ballast Point è destinato a entrare nella storia della nostra bevanda.