Pessime notizie per i lavoratori di Birradamare, il birrificio di Fiumicino (RM) che nel 2017 fu acquistato dalla multinazionale Molson Coors. Negli scorsi giorni, infatti, il colosso americano ha deciso di licenziare praticamente tutta la forza lavoro dell’azienda, per un totale di 9 dipendenti impiegati tra produzione, confezionamento e amministrazione. A fine 2021 Birradamare aveva già perso tutta la parte logistica e distributiva, passata in mano a Royal Unibrew in base a un più ampio accordo per l’affidamento dell’intera organizzazione commerciale italiana dei marchi di Molson Coors. Alla base dei licenziamenti ci sarebbe l’intenzione da parte del gigante americano di chiudere l’impianto di Fiumicino e probabilmente dismettere il marchio Birradamare.
La notizia è stata accolta come un fulmine a ciel sereno dagli ormai ex dipendenti di Birradamare, poiché nonostante le vicende occorse dopo l’acquisizione, la produzione in birrificio era continuata in maniera regolare. Anzi Molson Coors aveva continuato a investire nell’azienda, ampliando la cantina e acquistando un nuovo (e costoso) sistema di trattamento dell’acqua. Questo elemento – in particolare l’ultimo investimento risale a poco tempo fa – e la fretta con cui la multinazionale ha voluto chiudere il rapporto professionale con i suoi dipendenti lascia aperta una porta per la sopravvivenza del marchio Birradamare, che potrebbe essere ceduto a qualche interlocutore del settore.
La situazione dunque è ancora in divenire, ma resta la situazione problematica per gli ex dipendenti di Birradamare che ora si ritrovano senza lavoro. La vicenda conferma la tendenza delle multinazionali di abbandonare i marchi craft italiani acquistati in passato, come già accaduto con Hibu e in parte con Birra del Borgo.
Si concentrano sui ghiaccioli….
A me pare che si tratti di una vicenda culturalmente inaccettabile, che tende nuovamente ad affermare con superbia la supremazia della produzione birraria industriale sulle (talvolta illusorie) velleità creative della produzione artigianale, a dispetto della indiscutibile differenza qualitativa.
Grazie all’allarme lanciato da Andrea Turco e dalla sempre attenta “Cronachedibirra”.
Credo che bisognerebbe provare a ridare continuità all’esperienza della birra artigianale “Birradamare”, magari semplicemente rilanciando un po’ di messaggi. Poi …
Non dovrebbe finire così, non possiamo lasciare che finisca così.
Una vicenda in linea con quanto fanno le multinazionali in molti campi.
Non si può pensare di modificare la loro natura ne il loro modo di fare business.
L’unica vera arma è culturale … in questo il movimento artigianale era sulla buona strada ma si è perduto per seguire il prodotto piu’ trendy senza pensare al grande pubblico che può sostenere le produzioni .
COVID E COSTI (si paga tutto troppo ma veramente troppo approfittando della frammentazione degli acquisti) hanno fatto il resto.
Per i PREZZI il mercato si è appropriato di quello delle artigianali ma lo propone per le tedescotte a bassissimo costo.
È necessaria una piena consapevolezza ed un lavoro tuttim8nsieme mentre ogni giorno nascono nuovi mini produttori per la gioa di chi gli venderà impianti, inlattinatrici, fermentatori , malto , bottiglie … fino a quando stramazzano .
Grazie Andrea per il tuo lavoro che va invece nella direzione giusta !
Grazie a te Erasmo