Come capita di tanto in tanto, torno a scrivere di nuove birre italiane. Oggi tocca a tre produzioni, entrambe provenienti da Milano e provincia: due appartengono al birrificio Menaresta di Carate Brianza, una dal brewpub storico del capoluogo lombardo, il Lambrate. La prima birra di Menaresta si chiama 22 – La Verguenza ed è una creatura di Marco Valeriani, amico dello staff del birrificio, homebrewer di vecchia data, nonché tecnologo alimentare impiegato in passato nel settore artigianale presso il Birrificio di Como e il Bi-Du.
La Verguenza è una “90 minutes IPA”, cioè una India Pale Ale che prevede una luppolatura costante per 90 minuti continuativi, sulla falsariga dell’omonimo prodotto che ha reso celebre il birrificio americano Dogfish Head. E’ realizzata con l’impiego di luppoli statunitensi, di cui tre varietà usate in bollitura (Columbus, Chinook e Amarillo) e una per il dry-hopping (Amarillo in fiori). L’idea alla base de La Verguenza era di ottenere un prodotto estremamente luppolato, in cui la forte componente amara fosse bilanciata non tanto da un uso smodato di malto caramello, quanto da un accorto lavoro sull’attenuazione.
Il risultato è una IPA da 8% alc. che è stata presentata ufficialmente durante il laboratorio domenicale del recente Artebirra Pasturana, mentre giusto qualche giorno fa è stata presente tra le spine dell’Orobie Beer Festival. Due curiosità: il nome deriva da una lunga storia di prese in giro con i ragazzi del birrificio Menaresta, mentre l’etichetta sfoggia una simpatica caricatura di Marco Valeriani.
La seconda birra di Menaresta si chiama Birra Madre ed è un prodotto assolutamente particolare: si tratta infatti di una sorta di Lambic fermentato con il lievito madre da panificazione. Ecco come viene presentata dall’azienda:
Birra Madre nasce dall’amore per il pane, simbolo della civiltà contadina, prodotto di fermentazione del cereale come la birra; dall’amicizia con Davide Longoni, grande panificatore in Realdino, località brianzola sul fiume Lambro; e dal fascino che hanno su tutti noi le birre Làmbic, tipologia belga a fermentazione spontanea […]
Noi abbiamo fatto qualcosa di simile: abbiamo preso il lievito madre di Davide e abbiamo fatto “vivere” la nostra birra con il fermento del suo pane, che è in equilibrio microbico con l’ambiente esterno e comprende in sé i lieviti e i batteri autoctoni di tutta quest’area, la valle del nostro amato Lambro.
Il risultato, come per i Làmbic, è una birra particolarissima, secca e sapida, vinosa e sidrosa, con un retrogusto decisamente acidulo e profumi caratteristici di muffe nobili. È il nostro Làmbic sul fiume Lambro (scherzosamente detto Làmbric…), in versione normale (senza schiuma), rifermentata in bottiglia (la Gueuze brianzola: la Gazeuse!…) e barricata.
Passando al Lambrate, qualche settimana fa il birrificio milanese ha presentato la sua ultima creazione: la Mi Su’No. E’ una birra in stile Kölsch, prodotta con l’acqua di sorgente proveniente dalla Val D’Ayas, sotto il Monte Rosa. Quello dell’acqua non è un dettaglio irrilevante, poiché gioca un ruolo fondamentale nel risultato finale di questa elegante tipologia di birra.
Il nome è un’esclamazione dialettale, del quale Alessio Leone ha offerto sul suo blog una precisa spiegazione:
[…] letteralmente traducibile con “io non so”, comunemente usata per esprimere dissenso
Lo stesso Alessio esprime qualche perplessità sul recente trend intrapreso dal Lambrate, che ha iniziato a sfornare nuove birre a un ritmo impressionante. A chi per anni è andato avanti con l’ottima e quasi mai immutata gamma del brewpub meneghino, questa tendenza lascia interdetti. Così se i primi frutti di questa nuova politica sono state birre accolte con entusiasmo (Ligera, Urtiga), mi sembra che per le ultimissime novità il clima si sia inevitabilmente raffreddato (Beccamort, Saltafoss). Per la cronaca, io preferisco la filosofia “poche, ma buone” 🙂 .
Sono completamente d’accordo con la tua ultima frase, per tutti i birrifici. Considerando anche che le “poche” che aveva il Lambrate erano (e rimangono) ad un livello ottimo.
La Mi Su No l’ho trovata una birra molto piacevole e beverina per l’estate, anche se ci sono birre, fra le classiche del Lambrate, che preferisco è comunque bello trovare qualche novità ogni tanto fra le spine. Poi sono inamorato del Lambrate e perciò nego ogni oggettività nel mio giudizio 😉
La Beccamort è una stagionale che esiste più o meno da quando esistono Ligera e Urtiga.
Menaresta ha anche un’altra nuova birra, la stout Pan Negar, che all’Orobie Beer Festival di settimana scorsa ha ottenuto un buon ottavo posto (terzo e quarto per Bockstaele Dirk e Verguenza).
@Alessio
La Beccamort fu presentata ufficialmente lo scorso 11 aprile 2010
La Ligera era disponibile ufficialmente già a luglio 2009
Pur non essendo un esperta, conosco le birre Menaresta e devo dire che mi piacciono molto, per esempio trovo ottima la San Dalmazzo. Mi incuriosisce molto la “birra madre”… lievito madre da panificazione… Andrea, hai sicuramente già capito a cosa sto pensando: Raf potrebbe provare a metterla nel pane al posto della Schlenkerla… o dici che viene troppo acido? 🙂 A proposito, mi dicono che il pane alla Schlenkerla ti è piaciuto, sono contenta 🙂
uh… ho dimenticato un apostrofo…
@Laura
Uhm perché non provare…. anche se secondo me la Schlekerla è perfetta, il pane mi ha davvero conquistato (e non solo me, è andato letteralmente a ruba!). Grazie mille per il pensiero!
@Andrea
Bisognerebbe sentire che ne pensa Raf, visto che poi il pane lo fa lui … 🙂
Ma innanzitutto direi che devo assaggiare la birra!
Mi sa che con le birre italiane non si può fare il pane…costano troppo!!!!!!