Non smetterò mai di ripeterlo: studiare gli stili birrari non è solo un esercizio mnemonico, ma il modo migliore per conoscere a fondo la birra e il suo legame con le evoluzioni e le abitudine di tante culture diverse. Volenti o nolenti il soggetto di riferimento per gli stili birrari è il BJCP (Beer Judge Certification Program), che con le sue Style Guidelines detta i criteri e le caratteristiche di ogni tipologia brassicola. Questo lavoro di classificazione è certamente influenzato da quell’approccio etnografico introdotto da Michael Jackson, tanto che gran parte degli stili birrari sono riconducibili a specifici paesi o determinate regione geografiche. Nel post di oggi ho proprio suddiviso gli stili birrari nelle rispettive nazioni di appartenenza, creando uno schema che spero sia utile a molti. La mia fonte è stata la revisione del 2015 del documento del BJCP (qui in pdf), ma anche l’integrazione ufficiosa del 2018. Ho chiaramente lasciato fuori i (pochissimi) stili non riconducibili a nazioni specifiche.
Germania – 23 stili
La Germania è la singola nazione a cui fa capo il maggior numero di stili birrari. Questo semplice dato rappresenta una risposta definitiva a chi ancora pensa che la cultura brassicola tedesca sia monocorde e noiosa. Al contrario, nonostante i vincoli imposti dal Reinheitsgebot prima in Baviera e poi nel resto della nazione, i birrai della Germania sono riusciti a inventare tante tipologie differenti utilizzando solo quattro ingredienti. Ciò non impedisce di ricordare che oggi gran parte di quella ricchezza è circoscritta a piccole zone che hanno resistito all’omologazione del mercato, come la Franconia o le città di Colonia, Dusseldorf e Lipsia. Così se gli stili più diffusi sono senza ombra di dubbio Helles, Weizen, Pils e Marzen, è ancora possibile assaggiare Keller, Kölsch, Altbier, Gose, Rauchbier e Berliner Weisse, a patto di recarsi nei luoghi dove sono nate.
Tra le tantissime tipologie tedesche elencate dal BJCP, tre rientrano nella classificazione “Historical”: sono le Lichtenhainer (tipiche della Turingia), le Roggenbier (prodotte con segale) e le già citate birre salate di Lipsia. Curiosamente non rientrano in questa tipologia le Leichtbier, sebbene raramente diffuse al giorno d’oggi.
Regno Unito – 22 stili
Appena sotto la Germania troviamo il Regno Unito con 22 stili, ma solo se uniamo in un singolo gruppo quelli originari dell’Inghilterra (19) e della Scozia (4). Tra i primi si segnalano le diverse variazioni di Bitter (Ordinary, Best, Strong) e di Stout (Sweet, Oatmeal, Tropical, Foreing Extra, Imperial), oltre ovviamente alle tradizionali India Pale Ale, alle Porter, alle Golden Ale, alle Mild e ai Barley Wine. I quattro stili scozzesi sono invece tutte variazioni delle classiche Scotch Ale, sulla falsariga della suddivisione per scellini che veniva compiuta in passato – e che se non ricordo male era ancora utilizzata dalla precedente revisione delle Style Guidelines. Per quanto riguarda l’Inghilterra abbiamo due stili storici: uno presente nella stesura ufficiale del documento (London Brown Ale), uno previsto tra gli stili aggiuntivi del 2018 (Burton Ale).
Stati Uniti – 21 stili
Le Style Guidelines del BJCP hanno sempre avuto un’impostazione molto americana, come dimostrano i tanti stili associati agli Stati Uniti. Chiaramente molti sono rivisitazioni di tradizionali stili anglosassoni (American Pale Ale, American IPA, Double IPA, American Porter, American Barley Wine, ecc.), ma ne esistono altri nati effettivamente negli USA e recuperati in tempi recenti. Tra questi ultimi vanno segnalate ad esempio le Cream Ale, le California Common, le Wheat Beer e i Wheat Wine. A loro vanno aggiunte tre tipologie classificate come “Historical”: le Kentucky Common (sviluppatesi nell’area di Louisville), le Pre-Prohibition Lager e le Pre-Prohibition Porter. Infine bisogna considerare le immancabili New England IPA, considerate tra gli stili aggiuntivi del 2018.
Belgio – 14 stili
Il Belgio è una nazione dalla ricchezza brassicola straordinaria, perché dunque è così lontana delle altre superpotenze birrarie in termini di stili autoctoni? La risposta è semplice: molte birre sono di così difficile catalogazione da essere riunite in definizioni molto vaghe, e dunque ampie. È il caso delle Belgian Strong Ale (nelle declinazioni Golden e Dark), dove credo rientri la stragrande maggioranza dei prodotti del Belgio. Ciononostante sono diversi gli stili che possiamo citare, come quelli rappresentati da Blanche, Saison, Dubbel, Tripel, Oud Bruin, Flanders Red Ale, Belgian Pale Ale, ecc. Il BJCP cita due stili a fermentazione spontanea: Gueuze e un più vago Fruit Lambic, nel quale rientrano Kriek, Framboise e in generale qualsiasi Lambic con frutta.
Repubblica Ceca – 4 stili
La Repubblica Ceca è sempre stata un po’ snobbata dal BJCP, anche perché la sua cultura brassicola è stata storicamente influenzata dalla vicina Baviera. Comunque nella revisione del 2015 delle Style Guidelines sono stati previsti quattro stili originari di questa nazione. Poco condivisibile la scelta di “tradurre” i nomi in inglese, con la conseguenza di aver perso il riferimento a denominazioni tradizionali come Výčepní, Ležák e soprattutto – folli! – Bohemian Pilsner. Queste ultime nell’ultima versione del documento del BJCP vengono identificate come Czech (Premium) Pale Lager. Josef Groll si sta ancora rigirando nella tomba.
Irlanda – 3 stili
All’Irlanda il BJCP associa tre stili. Due sono ben conosciuti e corrispondono alle Irish Red Ale e alle Irish Stout (meglio conosciute come Dry Stout). In più troviamo anche le versioni più forti di quest’ultime, battezzate con il nome di Irish Extra Stout.
Scandinavia – 2 stili
Il BJCP fa riferimento in generale alla Scandinavia per raggruppare geograficamente le Baltic Porter e il Sahti. Quest’ultimo stile, ai confini col concetto stesso di birra, rientra nella classificazione “Historical”.
Austria – 1 stile
L’Austria possiede un solo stile autoctono, ormai poco diffuso ma fondamentale per la storia della bevanda. Le Vienna Lager furono inventate da Anthon Dreher negli anni ’30 del XIX secolo, utilizzando l’omonimo malto da lui stesso codificato. Oggi le autentiche Vienna sono poco diffuse, sebbene ve ne sia una curiosa concentrazione in Messico.
Francia – 1 stile
Nonostante la sua vicinanza col Belgio e la posizione predominante a lungo tenuta in Europa, la Francia vanta un solo stile birrario di origine locale: parliamo ovviamente delle Bière de Garde, riscoperte in una veste probabilmente poco attinente al modello di partenza solo negli anni ’70.
Australia – 1 stile
L’Australia vanta un suo stile autoctono, denominato Australian Sparkling Ale, una tipologia che all’inizio del XX secolo soppiantò le Pale Ale d’importazione provenienti dalla Gran Bretagna. A quanto riporta il BJCP, oggi è rimasto un solo birrificio australiano a produrle in maniera autentica: Coopers di Adelaide, in Australia meridionale.
Polonia – 1 stile
Uno stile anche per la Polonia, grazie alle Piwo Grodziskie (classificazione “Historical”): antiche birre realizzate esclusivamente con frumento affumicato, tipiche della città di Grodzisk e poi diffusesi anche altrove a cavallo tra il XIX e il XX secolo.
Argentina – 2 stili
L’Argentina è stata citata dal BJCP solo nel 2015, comparendo nell’appendice finale delle tipologie candidate a diventare stili ufficiali. Tuttavia l’ha fatto con ben due fattispecie: le Dorarda Pampeana (una variante di Blond Ale realizzata solitamente con malto Pils e luppolo Cascade) e le IPA Argenta (reinterpretazione di English IPA con una percentuale di frumento e luppoli argentini).
Italia – 1 stile
Dovreste tutti sapere che anche l’Italia dal 2015 ha un suo stile, o meglio una tipologia candidata a diventare stile ufficiale. Dell’Italian Grape Ale abbiamo scritto così tante volte che è inutile tornare su questa sorta di anello di congiunzione tra il mondo della birra e quello del vino.
Brasile – 1 stile
Tra gli stili aggiuntivi previsti nel 2018 dal BJCP si segnalano anche le ormai diffusissime Catharina Sour, che possiamo definire – non senza semplificare un po’ il discorso – delle Berliner Weisse alla frutta, soprattutto di tipo tropicale.
Nuova Zelanda – 1 stile
E concludiamo con un altro stile aggiuntivo, quello delle New Zealand Pilsner, grazie alle quali anche questo paese è entrato nel novero delle nazioni che posseggono una tipologia autoctona. Sono Pils molto particolari, in primis perché possono essere prodotte anche ad alta fermentazione!
Davvero ridicoli gli stili sudamericani e quello neozelandese.
Beh sì diciamo che sollevano qualche perplessità
Anche quello Italiano è abbastanza ridicolo.
Per alcuni aspetti sì, ma nel complesso non sono d’accordo. Tra l’altro per andare più nel dettaglio riguardo all’affermazione di Michele, le Catharina Sour mi sembrano piuttosto sensate.
Ridicolo è il fatto che non si riesca a descriverne le caratteristiche organolettiche, che è poi il senso di uno stile.
Ma la Nuova Zelanda non è in Oceania?
Eh sì, lapsus. Correggo.