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Cronache di una piccola gita birraria in Campania

La foto è pessima, comunque quelli siamo io (a sinistra) e Simone (a destra)
La foto è pessima, comunque quelli siamo io (a sinistra) e Simone (a destra)

Come ormai mi capita da qualche tempo a questa parte, anche quest’anno ho passato la seconda parte delle festività natalizie a Salerno e per la prima volta sono potuto restare nel capoluogo campano qualche giorno in più. Grazie alla splendida disponibilità del mio amico Mauro Maffei, ne ho allora approfittato per dedicare un pomeriggio all’esplorazione brassicola dei dintorni della città. Esplorazione per modo di dire, perché la Campania è una delle regioni italiane più attive sul fronte birrario, offrendo alcune mete di sicuro valore che molti appassionati conoscono bene. Con Mauro abbiamo deciso di puntare un birrificio e un locale che ancora non avevo visitato, ma che conoscevo molto bene di nome: il birrificio Il Chiostro di Nocera Inferiore (SA) e l’Ottavonano di Atripalda (AV).

La prima tappa di questa mini-gita birraria è stata la sede de Il Chiostro. Qui ci ha accolto sorridente Simone Della Porta, un birraio di quelli che piacciono a me: poche parole, tanto lavoro e, soprattutto, una passione sconfinata per la birra. Considerate che quest’anno Il Chiostro festeggerà addirittura i dieci anni di produzione, ma le cose nel birrificio sono rimaste pressoché identiche al giorno dell’apertura: tutto si svolge nello “scantinato” della casa dove Simone abita, con un piccolo impianto da 1,2 ettolitri e spazi assai contenuti, al punto che sembra di essere più in un garage di un homebrewer che nella sede di un birrificio professionale. È facile capire allora la filosofia produttiva di Simone, che si adatta perfettamente al suo carattere: produrre quantità limitate ma con attenzione maniacale, vendere sul territorio (e in parte all’estero) senza necessariamente rincorrere le luci della ribalta.

Come si può anche leggere nel resoconto del nostro Marcello nel suo Viaggio al centro della birra, la formazione di Simone è passata attraverso il corso del Prof. Buiatti all’Università di Udine e diverse esperienze all’estero, a cui bisogna necessariamente aggiungere tanti viaggi nelle destinazioni europee della birra. La sua passione per i canoni brassicoli tradizionali si ritrovano nel suo modo di intendere la birra: mi ha confidato che la sua massima aspirazione professionale sarebbe di riprodurre alla perfezione stili antichi ma difficili (anche da bere) come quelli delle Oud Bruin o delle Flemish Red Ale… insomma, la passione prima di tutto!

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Tra una chiacchiera e l’altra Simone ci ha fatto assaggiare alcune delle sue creazioni. Siamo partiti con la Gold Ale, che corrisponde alla “chiara da battaglia” del birrificio. È una Golden Ale in stile anglosassone, ma leggermente rivisitata, realizzata con lievito inglese e solo luppolo australiano Galaxy. Mi ha davvero colpito: facile da bere ma anche molto decisa, con un bel ventaglio aromatico e una secchezza finale assai intrigante. Il resto della produzione base (che però non ho provato) si compone di una Irish Red Ale e di una Scotch Ale, battezzate rispettivamente… Irish Ale e Scottish Ale 🙂 . Simone ha confessato di non essere particolarmente creativo sui nomi, preferendo concentrarsi sulla birra 🙂 . Scelta più o meno condivisibile, ma perfettamente in linea con il suo personaggio.

Accanto alle birre standard negli ultimi tempi Il Chiostro propone alcuni affinamenti in legno, che stanno avendo un buon successo. La Sorba, ad esempio, è un blend (50% e 50%) tra una Fruit Beer realizzata con sorbe locali e una birra maturata in botte. La rifermentazione avviene non tramite l’impiego di zuccheri o lievito, ma con l’aggiunta di un 30% di birra giovane, che rende questo processo molto più lungo. La Nadir si ispira invece alle Bruin belghe e prevede un lungo affinamento in botti di rovere americana. Ho assaggiato anche la Noel, una natalizia prodotta con lievito belga e lievito di vino (Greco di Tufo), e infine la Once upon a time, una classica Old Ale di stampo anglosassone. In tutti i casi il livello qualitativo era piuttosto alto.

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Foto di gruppo all'Ottavonano. Da sinistra: Simone, Gianluca, Mauro e il sottoscritto
Foto di gruppo all’Ottavonano. Da sinistra: Simone, Gianluca, Mauro e il sottoscritto

Dopo la piacevole sosta a Il Chiostro, con Mauro ci siamo spostati ad Atripalda, dove da anni è presente l’Ottavonano. Qui ci ha accolto Gianluca Polini e successivamente ci ha raggiunto lo stesso Simone Della Porta, che – neanche a farlo apposta – aveva in programma un viaggio al pub in questione. L’Ottavonano è uno dei pochissimi capisaldi storici dell’Italia meridionale, capace di lavorare birra artigianale quando il fenomeno era circoscritto quasi esclusivamente al Nord. È un posto piacevole e attento ai particolari, con un impianto di spillatura non indifferente: negli ultimi tempi la selezione alla spina si è coraggiosamente orientata su una scelta locale, offrendo molto spazio proprio a Il Chiostro.

La meraviglia però dell’Ottavonano è nella selezione in bottiglia, di livello eccezionale. Già le etichette standard testimoniano l’ottimo lavoro del locale, ma è nella sterminata collezione di vintage e rarità che l’Ottavonano raggiunge vette incommensurabili. Probabilmente lo si potrebbe definire il Kulminator d’Italia: Thomas Hardy’s di ogni età (anche provenienti direttamente dagli anni ’60), tutte le annate di Stille Nacht dal 2004 in poi, Oerbier Reserva come se piovesse, Harvest Ale del millennio passato, Prize Old Ale e Westvleteren imbottigliate ben prima che io nascessi, e via di questo passo. La selezione è da spavento: quando Gianluca mi ha chiesto cosa volessi assaggiare, sono rimasto in silenzio in totale imbarazzo per due minuti di fila 😛 .

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7906_10152123557792258_2111316356_nMa alla fine qualcosa l’abbiamo aperta 🙂 . Visto il periodo siamo partiti con una sontuosa Stille Nacht del 2005, come da previsione dal carattere decisamente liquoroso, ma anche molto bilanciato. Quindi abbiamo stappato una delle mie birre del cuore: Imperial Extra Double Stout di Harvey’s, datata addirittura 2003. Infine abbiamo virato di nuovo su Il Chiostro, con il Barley Wine della casa: la Ligneum (anno 2008), maturata per 13 mesi in botti di Taurasi dei Feudi di San Gregorio. Le birre sono state abbinate alla cosa migliore in assoluto: tanto tempo passato a chiacchierare piacevolmente, fino a chiusura.

E poi ci siamo rimessi in macchina e siamo tornati a Salerno, con la serenità che si ha quando si conclude un’ottima giornata di beer hunting. Un grazie di cuore a Simone e Gianluca per la loro ospitalità e a Mauro per avermi accompagnato in questo piccolo viaggio birrario.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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11 Commenti

  1. Grande Andrea girare con te è sempre un piacere.L’importante è bere un bicchiere d’acqua ogni 10 birre e non dare passaggi agli sconosciuti 😉
    Alla prossima!!!

  2. Ciao, se ti ricapita, ti consiglio anche il london tavern a battipaglia. Non segue la stessa filosofia dell’ottavonano per quanto riguarda le birre invecchiate, però oltre a proporre alcune birre di loro produzione, hanno una bella scelta a livello internazionale.

      • no mi piaceva più il lavoro del degusta birra onestamente XD comunque si, lo sapevo che ti occupavi di roba di informatica 🙂

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