Se mi seguite con costanza, saprete che in questi cinque anni di blog ho fatto sempre tutto da solo. Talvolta i lettori alle prime armi pensano che dietro Cronache di Birra ci sia una vera e propria redazione e l’incomprensione mi rende orgoglioso perché significa che il lavoro che compio quotidianamente è consistente e di buon livello. A questa regola rimasta pressoché invariata per tanto tempo ho ora deciso di concedere un’eccezione: nei prossimi mesi il blog ospiterà una rubrica che non sarà curata dal sottoscritto, ma da un autore esterno. Se vi aspettate un personaggio altisonante, siete però sulla strada sbagliata: chi si occuperà di “Viaggio al centro della birra” sarà Marcello Mallardo, un semplice appassionato che documenterà su Cronache di Birra il tentativo di realizzare il suo sogno di aprire un birrificio e diventare birraio. Un desiderio comune a molti altri amanti della nostra bevanda.
Secondo Marcello l’apertura di un microbirrificio non può prescindere da una profonda conoscenza del settore e in particolare del lavoro del birraio. Per questa ragione ha deciso di imparare i segreti del mestiere seguendo il processo produttivo in diversi birrifici italiani, senza tralasciare anche una preparazione teorica – lo scorso novembre ad esempio Marcello ha seguito il corso di Unionbirrai tenutosi a Roma. La rubrica in questione sarà allora un diario di un viaggio che toccherà diverse tappe brassicole in tutta Italia: a ogni fermata ci saranno storie da raccontare e nozioni da apprendere. La speranza è che l’ultima puntata di “Viaggio al centro della birra” coincida con l’apertura del birrificio tanto agognato dal nostro amico.
Non so con quale frequenza verranno pubblicate le puntate di questa rubrica, ma per il momento possiamo partire con quella pilota, in cui Marcello ci spiega il suo progetto. Altre ne seguiranno a breve. Spero che questa novità del blog sia utile e d’ispirazione ai tanti appassionati che spesso mi contattano esprimendo la voglia di aprire un birrificio.
Un giorno, un’idea. Aprire un microbirrificio. La (de)formazione di stampo economico che ti lascia l’università ti porta immediatamente a buttare giù un business plan fatto di numeri e preventivi, analisi di mercato e fattibilità finanziaria, strategie di penetrazione e posizionamento del prodotto, definizione delle gamme e pricing. Tutto quadra. Il sogno prende forma. Leggendo e rileggendo ti accorgi che quello che ti manca non sono solo i soldi, ma soprattutto l’esperienza. Buttando inoltre un occhio all’analisi di mercato ti ricordi che i consumi di birra in Italia sono ancora troppo lontani da paesi come Germania, Inghilterra o Repubblica Ceca che ti garantirebbero dal punto di vista commerciale una maggiore stabilità.
In Italia si contano ad oggi un numero di birrifici che si aggira attorno alle 500 unità con quasi 1500 marchi prodotti e distribuiti. Tuttavia il consumo pro capite rimane fermo ai 28,6 litri annui contro i 69,9 della media europea con picchi di 134 litri pro capite annui in Repubblica Ceca e 107,4 in Germania.
Ciò ti riconduce all’ulteriore e decisivo ostacolo che passa tra il sogno e la sua realizzazione: la cultura della birra. Intanto partecipi a corsi e serate di degustazione, metti alla prova il tuo palato e la tua schiena con la birra fatta in casa e arrivi ai ferri corti col tuo fegato perché vuoi provare tutte, ma proprio tutte le birre che ti capitano sotto il naso. D’un tratto capisci che, per superare gli ostacoli che hai delineato in una lista del tutto analoga a quella di Uma Thurman in Kill Bill, puoi lavorare contemporaneamente sui diversi fronti in un’esperienza condivisa. Tenerla tutta per te non avrebbe senso.
Da qui l’idea del “Viaggio al centro della birra”, che, strizzando l’occhio a Jules Verne, ha come obiettivo l’apertura di un dialogo con tutti gli operatori di settore entrando nei meandri dei microbirrifici e scavando nelle viscere della birra artigianale italiana.
Le visite ai microbirrifici apriranno una finestra in quel mondo che si fa largo a gomiti alti tra le eccellenze delle produzioni artigianali dello stivale. L’obiettivo è quello di dotare di un “volto” le nostre birre artigianali preferite e fornire un aiuto o un consiglio ulteriore a tutti quegli appassionati e homebrewers che stiano per intraprendere il tuo stesso percorso. Così questo percorso condiviso prende la forma di un viaggio in cui lasciare in ogni sua tappa una firma sul guestbook per le persone a venire.
Per Guy de Maupassant “il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno.” In questo caso però il sogno non è poi così lontano e irraggiungibile.
Avviare un birrificio, proprio ciò che sto facendo ora. Ovviamente sono incuriosito da questo report, speriamo solo che non si tratti del solito birrificio fotocopia. Auguroni.
Cosa intendi con “birrificio fotocopia”?
Prendi 10 siti di 10 birrifici Italiani a caso. Leggi la storia, leggi le tipologie in produzione, guarda i formati proposti e vedrai 10 fotocopie quasi identiche. Dov’è la tanto decantata fantasia dei birrai Italiani? Possibile che quello maggiormente seguito, sia l’unico modello possibile?
Bell’idea.
Complimenti ad entrambi , Andrea e Marcello.
Apprezzo molto questa voglia di condivisione e mi preparo a seguire il tuo viaggio attraverso questo ‘diario’
ciao
Ottima idea, seguiremo sicuramente con interesse. Nel mentre, un grande in bocca al lupo a Marcello!
Gran bella trovata, e ottima l’idea del diario di un viaggio. Raccogli più possibile materiale, sicuramente per questo progetto, ma soprattutto per te stesso: al di fuori di teoria e tecnicismi, tutto stà nella pratica. In bocca al lupo, Marcello! (e a tutti quelli, come te, che cercano di realizzare un sogno…birrario)
Auguri e bella iniziativa.
In effetti per chi vuole aprire un microbirrificio è davvero dura reperire tutte le informazioni. In rete si trova di tutto e il contrario di tutto. Prendi contatti con i vari produttori di impianti e anche lì ognuno ti da una versione diversa su cosa sia meglio o meno…
L’unica cosa sicura che si fa presto ad imparare sono le normative e i permessi che servono e l’eventuale costo dell’impianto.
Ma su quale impianto convenga, di come deve essere fatto, nulla… Ogni produttore consiglia il sui sistema che a volte è molto diverso da quello della concorrenza.
Altra cosa complicatissima è l’esperienza, trovare uno stage… impresa quasi impossibile, se ti va bene ti rispondono che non fanno stage, altrimenti manco rispondono i microbirrifici.
Ci sono dei corsi ma non aiutano molto, ti danno dei consigli utili, dritte su come sbrogliare le pratiche, su come funziona un impianto… ma nessuno che ti faccia un vero corso di formazione come avviene all’estero.
Altro ostacoli gigante per chi vuole intraprendere la carriera di birraio, è il come vendo mo’ la mia birra? Da chi vado, distributori? na non ti calcolano se non hai nome e non vendi un certo quantitativo. Andare a bussare di porta in porta ai vari pub, pizzerie, beershop ? La birra non si vende da sola, potrai fare la birra più buona ma devi anche essere bravo nel venderla 🙂
Davvero un caos… speriamo che questa rubrica aiuti molti a capire meglio come muoversi e magari a creare corsi, incontri ad hoc 🙂
Sono molto d’accordo con te Ivano. Io ho un progetto per aprire un brewpub, sugli impianti ho avuto la stessa sensazione, ovviamente ognuno vuole vendere il proprio prodotto.
Io sono riuscito a fare uno stage di due mesi presso un microbirrificio qui in Italia, ho imparato tanto ed ho chiarito se questo lavoro fà per me (la risposta è si!!). Però ho riscontrato il tuo caso, su 15 email che ho spedito tre mi hanno risposto (di cui due in negativo) e 12 non hanno neppure scritto una frase tipo “non farmi perdere tempo con le tue cose!”
Devo dire che comunque dove ho trovato mi hanno trattato bene e in più ero in un paesino veramente bello!!
Io per la preparazione in ambito tecnico/teorico mi baso principalmente su testi più o meno professionali (tutti in inglese, in italiano ci sarebbe solo “progettare grandi birre”) e blog etc. A proposito se qualcuno ha conoscenza di qualche blog /sito interessante me lo dica!!!
Ciao e auguri con il progetto Marcello, sicuramente seguirò il tuo diario!!
Si può sapere in nome del microbirrificio dove hai fatto lo stage?
Io ho avuto modo di incontrarli alcuni, e sono disponibili a chiacchierare e condividere, gentili alcuni, ma quando gli parli di stage ti dicono che ora non ne fanno.. magari in futuro ci penseranno…ma per ora no.
E’ vero che ci sono produttori di impianti che fanno corsi, ma mi risulta che o sono corsi pubblicitari, nel senso vai da loro ti fanno vedere come funziona il loro impianto, oppure ti fanno corsi e formazione (per breve che sia) solo dopo aver acquistato il loro impianto…
E’ sicuramente un mondo affascinante e un lavoro che molti sognano, ma ci vuole tempo (anche troppo purtroppo) per cercare di capirci qualcosa, come muoversi cercando, informandosi pere capire quello che devi fare per poter fare le cose fatte bene senza il rischio di avere pentimenti in futuro… e non dire ah se lo avessi saputo prima…
In linea generale hai ragione, ma c’è più di un produttore che fa stage e corsi.
Non posso che attendere incuriosito! Complimenti Andrea mi pare una grande idea. T (vi) seguirò con attenzione.
la realtà lavorativa dei birrifici italiani è desolante. quoto in tutto e per tutto Ivano
“Altra cosa complicatissima è l’esperienza, trovare uno stage… impresa quasi impossibile, se ti va bene ti rispondono che non fanno stage, altrimenti manco rispondono i microbirrifici.”
verissimo. non rispondono mai se senza esperienza, cosa sperimentata sulla mia pelle. secondo me sarebbe ora di svecchiare il mondo della birra e cominciare a trapassare nozioni. riflettevo negli scorsi giorni su quanti birrai di “seconda generazione” ci siano in italia. facilissimo dirlo, basta trovare quali birrifici assumano birrai “terzi” che si occupino della produzione interamente. la cosa sorprendente è che queste persone si possono contare sulle dita di due mani. a chi sarà passato il testimone della cultura birraia di qualità quando questi “vecchiacci” andranno via? a nessuno, semplice 🙂 molti ragazzi si offrono di lavorare GRATIS pur di imparare, basterebbe un po’ di buon senso per avere una mano d’aiuto e la coscienza pulita nell’aver trasmesso le proprie conoscenze.