L’Alto Adige è da sempre una meta gettonatissima per le ferie estive, oltre che per le vacanze invernali, luogo ideale per gli amanti del trekking, delle passeggiate in bicicletta e della buona tavola, vini e distillati inclusi. Ebbene, anche i birrifici artigianali da qualche anno si stanno ritagliando uno spazio importante, e qualcuno una notorietà da non sottovalutare, fondata in primo luogo sul forte legame con il territorio. Sul punto, i birrifici visitati sono accomunati dalle seguenti peculiarità: tutti – ad eccezione di Kostlan che ha una vera e propria taproom – posseggono la loro gasthaus o il proprio ristorante dove in media si mangia piuttosto bene, con cucina prettamente regionale. Le uniche variazioni sono state riscontrate da RienzBrau e Ah Brau, con particolare riferimento alla pizza: cereali, malto e acqua provengono esclusivamente dall’Alto Adige, non sono ammessi estratti di malto o di lievito, additivi alimentari e ovviamente nessuna pastorizzazione o filtrazione che non sia catalogabile come microfiltrazione.
Dal punto di vista logistico, quasi tutti i birrifici sono raggiungibili con l’ottima rete ferroviaria regionale, se non addirittura con la bicicletta. Proprio così: l’Alto Adige è all’avanguardia per quanto concerne la lunghezza e l’ottimo stato delle piste ciclabili, che permettono di arrivare da Bolzano fino al Brennero o oltre Brunico passando per la splendida Val Pusteria, o ancora fino al Passo del Rombo via Lana e Merano senza alcun problema. Personalmente, ho sfruttato molte volte la combinazione treno – bicicletta spostandomi da una valle all’altra senza alcun problema. Tutte le gasthaus-ristoranti dei birrifici visitati, a volte con i fermentatori in bella vista e funzionanti, sono molto accoglienti e curate, con ampio spazio all’aperto per sfruttare la bella stagione. A volte trattasi di veri e propri biergarten con più di cento coperti, in cui si respira un’atmosfera informale, gioviale e festosa. Invero, condividere un tavolo con persone sconosciute, anche di una certa età, è un’abitudine non scritta ma molto radicata da queste parti, non mancando un occhio di riguardo alle famiglie con bambini piccoli: tutte le gasthaus sono munite almeno di seggiolini per i più piccoli, se non di un vero e proprio kindermenu.
Dal punto di vista prettamente birrario, l’Alto Adige è da sempre legato alla tradizione tedesca. Tuttavia, dietro la spinta del pubblico under 30, non ho potuto fare a meno di notare come quasi tutti i birrifici abbiano messo in linea birre luppolate, cercando pertanto di diversificare un’offerta che presenta come tratto comune, anche per via della stagione estiva, Helles (o presunte tali, come vedremo), Weizen, Dunkel, pochissime Pils e ovviamente nessuna Bock. Limitatissima la presenza di Porter, totalmente assenti le Stout e tutte le birre di stampo belga. Scontato rimarcare quanto a mio avviso apparirebbe per lo meno improbabile trovare un’offerta diversa da quella descritta. Con le suddette premesse, è difficile immaginare una folta affluenza di beer geeks, che infatti si è rivelata molto rara, mentre la parte del leone sul piano delle presenze è appannaggio di tedeschi, avventori locali – che conferma il forte radicamento di diversi fra questi birrifici con il territorio e la comunità – e ovviamente turisti di lingua italiana.
Ma veniamo ai birrifici visitati e alle relative bevute, cercando di ordinare i birrifici secondo un ipotetico itinerario in treno con bici al seguito.
Batzen Brau (Bolzano, sito web) si è confermato come il birrificio con la linea più solida fra gli altoatesini visitati. Tra le birre provate, note di merito vanno alla Pils, con la sua generosa luppolatura e un gradevole e abbastanza persistente amaro erbaceo, che comunque non risulta a mio parere eccessivo per lo stile, e alla Viennarillo, una Vienna Lager con luppoli Amarillo e Cascade. Quest’ultima si contraddistingue per una carbonazione un po’ bassa, una maltatura di biscotto e caramello piuttosto leggera che lascia il posto a un mix dove mi sembra di aver rinvenuto mango, melone e albicocca, e un finale è piuttosto asciutto, con un amaro è appena accennato. D’altronde siamo davanti a una Vienna Lager, sebbene sia una libera interpretazione dello stile. Abbastanza convincenti anche la Hell e la Dunkel, con buon corpo e persistenza, leggere note di caramello, cioccolato e frutta secca, sebbene caratterizzata da un finale dove avrei gradito più secco.
Gassl Brau (Chiusa, sito web) si è stagliato come il birrificio con la birra più sorprendente in positivo, nella specie la Hell che in realtà è una Keller, una birra molto pulita con note di cereale e crosta di pane ben presenti e un finale moderatamente amaro. Impressioni positive anche dalla Dunkel, con un corpo meno pronunciato e con un mouthfeel meno ricco di quella di Batzen, ma con un finale che regala maggior secchezza, aiutando la bevuta. La Weizen invece mi è sembrata un po’ monocorde.
Köstlan (Bressanone, sito web) ha anch’esso sorpreso con la Quattro, un’interessante Weiss con farro e segale, in cui i cereali conferiscono una gradevolissima nota rustica alla birra lasciando più sullo sfondo le sfumature di banana e chiodi di garofano. Gradevole la Helles, in realtà una Zwickl, non soddisfacente la Ambris (Amber Lager), eccessivamente luppolata e troppo carica sotto il profilo della maltatura, e tantomeno la Alto Ale, un’India Pale Ale, troppo caratterizzata dai malti caramellati. AH Brau (Fortezza, sito web), per quanto assaggiato, presenta delle birre abbastanza fedeli alla tradizione bavarese, sia la Helles che la Weizen sono apparse sufficientemente pulite e prive di netti off flavor, difetti e spigoli, salvo una punta di diacetile nella Helles, ma comunque entrambe un po’ didascaliche.
RienzBrau (Brunico, sito web), confrontando gli spazi interni ed esterni del relativo ristorante-brewpub con le altre gasthaus e biergarten, è forse il posto che più mi è piaciuto, situato al centro di Brunico, ben fatta la Helles, a metà strada tra la tradizione bavarese e la new wave italiana, lievemente mielosa, maltata, ma con evidenti note di cereale e con un finale secco e moderatamente amaro che aiuta molto a ripulire il palato. Al contrario Dunkel e Dunkel Weizen, non mi sono sembrate degne di nota. In generale, mi aspettavo qualcosa di più da un birrificio che nel 2012 ha vinto due medaglie d’oro a Birra dell’Anno con la Nera (Schwarz) e la Finitor (Bock).
Nel bellissimo bierkeller di Pfefferlechner (Lana, sito web), dove veramente viene voglia di restare fino alla chiusura, ho bevuto Pfeffer Hell, Pfeffer Pale Ale e Pfeffer Schwarz. In particolare quest’ultima, che sarebbe più corretto definire una Dunkel per il colore e per l’assenza di note torrefatte e dell’amaro che caratterizza la Schwarz, è apparsa la più centrata con una piacevole lieve nota di cioccolato che ammorbidisce il corpo e un finale lievemente secco.
In conclusione, la netta impressione è che la birra funga da accompagnamento ad un’atmosfera festosa, gioviale, conviviale, piena di ottimo cibo e adatta a tutte le età, con il plus di poter raggiungere quasi tutte le location facendo a meno dell’automobile. Un contesto all’insegna del relax e lontanissimo dagli isterismi o dalla ricerca spasmodica di quella o quell’altra referenza alla spina o in bottiglia. Dal punto di vista naturalistico, poi, l’Alto Adige non ha bisogno certo del vouching del sottoscritto. Ci sono stati alti e bassi nelle bevute, ma anche gradevoli sorprese e conferme, non potendo tuttavia esimermi dal ritenere la categoria delle birre luppolate quella dove ho riscontrato diverse referenze non all’altezza; categoria che è apparsa per ora lontana dagli standard qualitativi riscontrabili in altri birrifici. Altra nota qualche volta dolente è stato il servizio, con una spillatura non curata e frettolosa specie sulle basse fermentazioni, parzialmente giustificabile dal grande afflusso di persone nelle varie gasthaus e/o biergarten, specie tra le 18 e le 20, e con un uso molto diffuso di bicchieri inappropriati sia per le basse fermentazioni che per IPA e dintorni.