Ricercate leccornie sempre più rare, i formaggi di capra sembrano un po’ i brutti anatroccoli del panorama caseario. Questi animali, infatti, per via delle loro caratteristiche, delle necessità di allevamento (estensivo) e della sua scarsa resa in formaggio, sono imprenditorialmente poco considerati e dunque diventa sempre più rara la disponibilità di questo latte. Eppure il suo “bianco liquido” è presente negli antichi racconti arabi e nei miti greci e fino a non molte decadi fa era considerato il migliore per nutrire i neonati trovatelli. Oggi proveremo a restituire dignità a queste specialità raccontando cinque formaggi a latte di capra Presidi Slow Food e accompagnandoli con birre artigianali della regione di provenienza.
Nonostante le difficoltà citate, oggi per fortuna si è quanto meno fermata l’emorragia degli allevamenti di capre e ci si è accorti della qualità delle pur piccole produzioni di questi straordinari ruminanti, che fanno dell’indipendenza, della grande intelligenza, della caparbietà, delle capacità di arrampicata uniche e spettacolari alcune delle loro più note peculiarità. Proprio a causa della scarsezza di prodotti in commercio siamo stati costretti a una “ripetizione regionale” e il Piemonte è presente con due formaggi: speriamo sia un invito per giovani allevatori e nuovi imprenditori per riscoprire questo splendido animale.
Marzolina
Da non confondere col più noto marzolino toscano, è un piccolo formaggio delle aree appenniniche meridionali del Lazio, di forma cilindrica o tronco-conica, che un tempo si produceva solo nel primo periodo di lattazione della capra (a marzo, appunto, da cui il nome). Pressata a mano e salata a secco, la Marzolina si può con soddisfazione consumare fresca oppure, come da tradizione, far asciugare per qualche giorno su graticci di legno in ambiente ventilato, rivoltata quotidianamente, e poi lasciata stagionare per qualche mese sotto olio d’oliva all’interno di damigiane. Ha buccia dura, asciutta, così come la pasta che, dopo qualche mese di permanenza sottolio, diventa bianco avorio e si ammorbidisce. Al naso ostenta decise le note ircine e di fiori di montagna, mentre in bocca si offre con tendenze dolci, risultando ampia e untuosa; se stagionata a lungo, il finale si caratterizza per un’evidente piccantezza.
Per gli esemplari più giovani molto intrigante può risultare l’incontro la Forest Walk di Vento Forte, blend di due Farmhouse maturate in botte due anni e poi rifermentate con aggiunta di mirtilli e lamponi, che taglia la parte grassa e aggiunge l’aromaticità fruttata alle note lattiche. Nel caso di maturazioni prolungate, invece, proponiamo la Loch di Birrificio Sabino, scura Wee Heavy che attrae con le sue note di caramello, frutta secca, cacao: in bocca vi soddisferà con il protagonismo del malto, che smorza la piccantezza del formaggio, e con la sua asciuttezza, che aiuterà a spegnere il boccone e a generare la volontà di ripetere l’operazione.
Robiola di Roccaverano
È un caprino di secolare tradizione, ottenuto dal latte di capre dell’omonima razza che pascolano sulle severe colline delle Langhe astigiane, apprezzato anche dai maestri francesi del genere. Il Presidio è nato perché i produttori storici non si volevano arrendere al disciplinare della DOP che consente irragionevoli aggiunte (fino al 50%) di latte vaccino, fino a pregiudicarne le peculiarità. Se consumata fresca (10-15 giorni di maturazione) offre un quadro organolettico caratterizzato da note di yogurt, erba, nocciola, risultando suadente e sapida. Se invece stagiona qualche mese, sviluppa leggeri sentori ircini che esaltano le note aromatiche delle erbe selvatiche del pascolo, mentre in bocca compaiono sfumature piccanti e muschiate, acquisendo lunghezza e risultando avvolgente.
Se la robiola è fresca, per l’abbinamento consigliamo la Nucis, Strong Brown Ale di Kamun (Predosa, AL): sfruttiamo l’ingresso abboccato, la moderata esilità del corpo e la parte tostata/nocciolata. Per gli amanti delle scure, con la Motor Oil, splendida Schwarz di Beba (Villar P., TO), si può favorire un incontro tra le note lattiche e quelle tostate, mantenendo un’opportuna capacità asciugante. In presenza di una robiola maggiormente stagionata consigliamo la Bock di Edit (Torino), dove corpo e tendenze dolci tipiche dello stile ben si sposano con sapidità, piccantezza e maggiore presenza del formaggio.
Mascarplin (o Mascarpel)
Ottenuto direttamente in malga dal latte di razze tipiche (Camosciata delle Alpi, Grigia, Colomba e Striata grigionese) condotte nel meraviglioso alpeggio di Cavlocc, a quasi 2.000 metri di altitudine, è un cacio-ricotta del Canton Ticino che vanta evidente contiguità e continuità culturali e geografiche con la (pur diversa) mascherpa della Valtellina, realizzata anch’essa non come lavorazione principale del latte a disposizione, ma in via residuale. Il procedimento è scandito da tecniche e ritmi antichi. Le piccole forme, la stagionatura breve (2/3 settimane), il gusto unico e compìto caratterizzato da note lattiche, sapide, muffe gentili, con attacco dolce e chiusura acidula, ne fanno un formaggio gentile, un piccolo capolavoro della cultura di montagna. Ma la produzione è così esigua che il mercato è essenzialmente locale.
Per l’abbinamento, per cui abbiamo ovviamente usato birre lombarde, scegliamo stili con protagonismo di malti e tendenze dolci, che sappiano chiudere con decisione, ma senza volontà di dominio. Ecco allora l’ottima Marzen di Darf (Darfo Boario Terme, BS) e due opzioni per chi “beve nero”: la Scura di Dulac (Galbiate, LC) e l’Ambranera di Otus (Seriate, BG), entrambe Oatmeal Stout perfette per questo formaggio apprezzabile anche in una colazione salata.
Taleggio di capra girgentana
Da Girgenti, antico nome di Agrigento, prende il nome questa magnifica razza in passato addirittura a rischio di estinzione. La particolare bellezza, con le caratteristiche corna a cavaturacciolo e la lunga barba, e soprattutto il gran pregio del latte, di superba qualità e ottimo equilibrio tra grasso e proteine, l’hanno fortunatamente riportata in auge. Un animale che vive esclusivamente di pascolo e, solo se e quando necessario, beneficia di integrazioni di fave, orzo, avena e carrube. Il formaggio in questione, che per tipologia non appartiene alla tradizione casearia locale, prodotto dall’ottima azienda agricola Montalbo (Licata, AG), è di forma quadrata, a crosta lavata, con presenza di muffe e/o dal colore aranciato. A pasta morbida, esorta ai profumi freschi ed eleganti di macchia mediterranea assieme a quelli più complessi, di cantina e ammoniaca; possiede intensità e persistenza che, assieme alla cremificazione, aumentano sensibilmente con la stagionatura.
Un formaggio del genere ha bisogno di abbinamenti con birre dalla buona base maltata, ma anche personalità gustativa e capacità sgrassanti. Ecco perché consigliamo la Avant Garde, notevole interpretazione di Bière de Garde del brewpub palermitano Ballarak, contraddistinta anche da buona alcolicità. Nel caso di formaggelle poco stagionate e di un debole gustativo per l’amaro, si potrebbero osare l’American Pale Ale di Alveria (Canicattini Bagni, SR), molto equilibrata e di gradazione accettabile, che aggiunge all’incontro note fruttate e resinose, o la Grazie Mille, Belgian Golden Strong Ale da 8% alc. del Cantirrificio Vittoria (RG).
Cevrin di Coazze
Indispensabili per la sua produzione sono le capre della razza Camosciata delle Alpi: di taglia medio-piccola, agili e snelle, con mantello rossastro e magnifiche corna rivolte all’indietro, somigliano agli stambecchi, cugini selvatici con i quali condividono l’amore per le condizioni estreme e i pascoli disagevoli, l’intraprendenza e l’attitudine frugale. Il Cevrin si ottiene con la tradizionale aggiunta di latte vaccino e richiede un’impegnativa gestione della maturazione, che dura almeno tre mesi (in alpeggio, in grotte naturali). Ha profumi intensi e persistenti, che vanno dallo sfalcio di prato al vello animale fino al legno secco. In bocca lascia avvertire note di nocciola, burro e qualche sensazione piccante.
Se il formaggio non è troppo stagionato, consigliamo o la Marte, rotonda e dinamica Dubbel del Birrificio Alba (Guarene, CN), oppure la Patela, storica alta fermentazione dorata, potente, complessa, di straordinaria beva del sempre affidabile Troll (Vernante, CN). In caso di stagionature prolungate, con relativo aumento di sapidità, piccantezza e persistenza gustativa, consideriamo più indicata la “calda” Sir Alestrong di Birra 100venti (Borgomanero, NO), ispirata alle Scotch Ale e di grande eleganza, oppure la Granata di Diciottozerouno (Oleggio C., NO), Belgian Dark Strong Ale fruttata e di pregevole equilibrio.
Bell’ articolo…però la Motor Oil di Beba non è una schwarz 😉
Beh è una bassa fermentazione. Come la definiresti?
Ciao Andrea… per definizione dei 2 “Beba’s” è una fuori stile, ed effettivamente una schwarz da 6,8 è un po’ inusuale; personalmente l ho sempre considerata tra una schwarz e una baltic porter con la pulizia di una dark lager ceca (però se mi sente Enrico di Beba si incazza uguale)
Infatti l’unica alternativa a cui ho pensato sono le Baltic Porter. Definiamola Schwarz sui generis allora, di sicuro non è una Stout insomma.