Come ormai saprete, negli scorsi giorni il blog ha compiuto 5 anni. Nelle settimane che hanno anticipato la fatidica data ho ripercorso mentalmente questo lasso di tempo, cercando di capire come nel frattempo è evoluto il settore della birra artigianale in Italia. Con il post di lunedì scorso non ho fatto molti passi avanti in tal senso – complice anche l’emozione per il compleanno di Cronache – perciò, al fine di trovare una risposta definitiva, ho deciso di ricorrere ai freddi numeri. Aiutandomi con le statistiche del sito, oggi riporterò i post più letti della storia del blog, che rappresenteranno un’ottima cartina di tornasole per verificare quali argomenti hanno attirato maggiore interesse negli ultimi 5 anni.
L’inaugurazione di Open Baladin Roma (circa 19.214 visite, link)
Questo articolo non solo è il più letto in assoluto, ma anche uno dei più commentati di sempre (174 interventi). A pensarci bene non c’è niente di strano, poiché il locale romano è nato dalla convergenza di personaggi di spicco dell’ambiente brassicolo e non solo, delineando un nuovo modo di pensare il locale di birra in Italia. I nomi dietro al progetto non potevano non attrarre attenzione: stiamo parlando di due dei più importanti birrai artigiani (Teo Musso di Baladin e Leonardo Di Vincenzo di Birra del Borgo), di un mostro dell’imprenditoria italiana (Farinetti) e di un genio della gastronomia “alternativa” (Gabriele Bonci). Se pensiamo che per mesi ad essi era stato affiancato anche un certo Manuele Colonna, è chiaro che l’attesa creata intorno all’Open Baladin non poteva che essere straordinaria.
Ma tra tante cose successe in questi anni, ha senso considerare l’apertura del locale uno degli eventi chiave dell’ultimo quinquennio? Io direi proprio di sì. In primis perché l’Open Baladin ha contribuito pesantemente a sdoganare il concetto di birra all’interno del mondo gastronomico. In secondo luogo perché ha creato una rete di birrifici di qualità, ponendosi come soggetto distributivo capace di offrire ulteriore impulso al settore. Sono stati meccanismi di rottura col passato, al punto che hanno alimentato anche parecchie discussioni nell’ambiente (i commenti sono lì a testimoniarlo). Che vi piacciano o no, dimostrano comunque il successo di un’idea portata avanti con lucidità e ambizione.
La birra diventa un prodotto agricolo (circa 7.541 visite, link)
Non poteva mancare in questa classifica la più importante novità legislativa degli ultimi anni per la birra in Italia. Sto chiaramente parlando del decreto ministeriale 212/2010 che ha istituito la concezione della birra come prodotto agricolo, aprendo quindi le porte all’accesso a una serie di agevolazioni fiscali – almeno prima della legge di stabilità del 2012. La conseguenza diretta è stata la nascita del concetto di “birra agricola”, prodotta cioè almeno con il 51% di malto coltivato “in casa”.
Quello della birra agricola è stato senza dubbio il fenomeno più importante degli ultimissimi anni nel nostro ambiente. Gli sgravi fiscali hanno ovviamente fatto gola a molti, decretando due percorsi convergenti: da una parte i microbirrifici più abili e fortunati si sono operati per diventare aziende agricole, dall’altra aziende agricole preesistenti hanno iniziato una propria produzione di birra, sfruttando la nuova legge. Il risultato è stato un terremoto nel settore artigianale, che ha di fatto creato una situazione a doppia velocità: uno squilibrio fiscale tra i birrifici agricoli e quelli normali, con tutto ciò che ne consegue. Di certo l’argomento è stato rivoluzionario e oggetto di non poche critiche, in questi anni abbiamo cercato di offrirne una panoramica completa ed esauriente. Almeno fino al prossimo aggiornamento.
In verità vi dico: le lattine sconfiggeranno la birra industriale (circa 5.927 visite, link)
Proprio quando partii con Cronache di Birra, stava cominciando a montare negli USA l’interesse per le lattine. Un recipiente che per anni era rimasto associato a birra scadente e da supermercato cominciava ora a vivere una nuova primavera, grazie soprattutto ai miglioramenti tecnici per la salvaguardia delle caratteristiche organolettiche del prodotto. Quando anche gli scozzesi di Brewdog cominciarono a usare le lattine per le loro birre di punta (in particolare Punk IPA), allora tutti pensammo che questa rivoluzione avrebbe attecchito anche in Europa. In realtà i casi analoghi nel nostro continente furono pochi, ma tra questi ci fu quello dello svizzero (ma praticamente italiano) Bad Attitude.
Al tempo la figura più rappresentativa del marchio ticinese era Lorenzo Bottoni, che proprio nel post in questione mosse una crociata nei confronti di Brewdog, incentrata sulla possibilità che una birra in lattina potesse essere non pastorizzata e contemporaneamente riportare una scadenza lunga in etichetta. Queste e altre questioni generarono una quantità industriale di commenti (ben 547), che segnarono il record per un singolo articolo di Cronache. Interventi a parte, è innegabile che la rivoluzione delle lattine e l’ascesa di Brewdog sono stati due dei fenomeni più importanti dell’ultimo quinquennio nel mondo della birra artigianale.
Birra e salute: gli effetti collaterali di un uso consapevole (circa 5.854 visite, link)
Curiosamente al quarto posto degli articoli più letti di sempre si posiziona questo, che non affrontò certo argomenti spinosi o particolarmente importanti. Prendendo spunto da alcune ricerche in materia, riportai alcuni dati più o meno positivi legati al consumo di birra. Il connubio tra birra e salute è una questione che a noi appassionati può apparire secondaria, ma che è molto gettonata per chi non è un “addetto ai lavori”. Questo credo che spieghi il successo di un post al quale non avrei dato mezzo euro di fiducia 🙂 .
Non ammessa la dicitura “birra artigianale”: multato Almond ’22 (circa 5.304 visite, link)
Il quinto articolo più letto di sempre si riferisce alla brutta avventura occorsa da Jurij Ferri del birrificio Almond, al quale nel 2011 fu comminata una salata multa per aver riportato in etichetta la dicitura “birra artigianale”. In realtà i fatti furono un po’ più complessi di quanto si può immaginare a una prima lettura: sull’etichetta infatti mancava il riferimento commerciale, come richiesto dalla legge numero 1354 del 1962. Un dettaglio, tra l’altro imposto da una normativa vecchia di 50 anni, ma comunque fondamentale per definire ciò che deve necessariamente figurare in etichetta.
Mai avrei pensato che la vicenda avrebbe avuto tanto seguito su Cronache, ma questo probabilmente dimostra quanta confusione ancora esiste in un campo così articolato e complesso come quello dell’etichetta alimentare. Se vogliamo trovare un collegamento con gli ultimi 5 anni di birra artigianale italiana, purtroppo ci riusciamo immediatamente: la costante è che i birrifici si trovano ancora a operare in condizioni confuse e scomode, dove le normative sembrano fatte apposta per frenare la voglia di fare imprenditoria. Un problema non solo del nostro ambiente, ma questo non è certo di consolazione.
Questi quindi i 5 post più letti fino a oggi, nei quali si possono ritrovare alcuni dei fenomeni chiave degli ultimi anni nell’ambiente. Se voi doveste sceglierne tre non necessariamente uguali, a quali puntereste?
Nascita dell’Open Baladin, quello sulla birra agricola e quello sull’accordo commerciale tra Eataly e Peroni
Auguri!