La birra agricola è sicuramente il fenomeno emergente più in forte crescita nel settore birrario italiano. Comparsa come un fulmine a ciel sereno in seguito alla definizione legislativa che ha reso la birra un prodotto agricolo, in soli nove mesi è diventata un concetto sempre più presente nell’ambiente, al punto che ormai è impossibile da ignorare. Dopo l’interesse dei media generalisti (come il Corriere della Sera), ora sono venuto a sapere che lo scorso week-end è stato addirittura presentato il primo Festival nazionale della birra agricola, che si terrà sabato 22 e domenica 23 ottobre 2011 a Abbadia di Fiastra (MC).
In occasione della ventisettesima Rassegna agricola del Centro Italia (Raci), la Copagri di Macerata, presieduta da Andrea Passacantando, ha presentato un’anticipazione del festival in questione. Cito dal sito del quindicinale Geronimo:
Nelle giornate del 7 ed 8 maggio, alle 16, in collaborazione con il Consorzio produttori orzo e birra (Co.bi) ci sono state degustazioni e corsi di abbinamento della birra agricola con i cibi guidati dal presidente AIS Macerata, Cesare Lapadula.
L’articolo in questione svela anche interessanti dettagli sul modo in cui si è arrivati alla genesi legislativa dell’agribirra e di chi si è fatto promotore del progetto:
[La birra agricola] è il risultato di una grande sfida che la Copagri ha portato avanti dal 2000 quando il progetto non godeva di alcun credito tra gli addetti ai lavori ed a livello istituzionale. La Copagri non ha mai mollato la presa fino ad investire l’ex ministro Luca Zaia della questione, sollecitando l’inserimento della birra nell’elenco delle attività agricole in sede di revisione. Lo scoglio era rappresentato dal mancato riconoscimento dell’attività totalmente agricola dal punto di vista fiscale, cioè pagare le tasse sulla base del solo reddito agrario, così come avviene per il vino o il grano. Il tutto ora è superato e le aziende agricole che ricavano il malto dall’orzo prodotto prevalentemente in azienda possono realizzare birrifici.
Per chi fino a oggi è stato abituato alla dicotomia birra industriale / birra artigianale (o di qualità), l’ingresso di una nuova denominazione può lasciare disorientati. Ma cos’è la birra agricola? Fondamentalmente una birra prodotta da un’azienda agricola che coltiva almeno il 51% dell’orzo impiegato nella produzione. Una definizione dunque che si concentra esclusivamente sugli ingredienti e che non implica altre caratteristiche del prodotto finale. Se le mie conclusioni sono corrette, l’agribirra in teoria potrebbe anche essere pastorizzata, realizzata con una percentuale di surrogati, addizionata con conservanti o additivi chimici. Anche se non esiste una definizione ufficiale, mai penseremmo di chiamare una cosa del genere “birra artigianale”. Potrebbe però tranquillamente essere definita “birra agricola” – sia chiaro che nel concreto le aziende agricole non ricorrerebbero mai (o quasi) a certe pratiche, per tutta una serie di motivi.
L’articolo di cui sopra offre anche una previsione sul futuro dell’agribirra:
Due aspetti fondamentali fanno ben sperare per lo sviluppo della produzione di birra agricola: la qualità data dalla selezione di particolari tipologie di orzo e la possibilità di creare l’intera filiera della birra, dai cereali da maltizzare fino al prodotto finito ed alla somministrazione in agriturismi e spazi di ristorazione in azienda. Un esempio tangibile dell’impegno profuso in questo campo da Copagri Marche è la promozione del Consorzio marchigiano produttori dell’orzo e della birra (Co.bi), che ha un impianto in provincia di Ancona con una capacità produttiva di 1500 quintali di malto l’anno con l’obiettivo di arrivare a quota 12mila vista l’espansione della domanda.
Sul primo punto ci andrei molto cauto, visto che invece è uno degli aspetti più delicati del fenomeno. La coltivazione di orzo non permette necessariamente di ottenere un cereale di alta qualità e soprattutto adatto alla produzione brassicola. Il malto è l’ingrediente primario nella realizzazione di una birra, dunque è chiaro quanto risulta importante la qualità della materia prima per il risultato finale.
Il secondo punto invece offre un’idea degli ampi margini di espansione del fenomeno, di cui, come accennato in passato da qualcuno, già avevamo avuto un’indicazione durante il passato Selezione Birra: a Rimini c’erano già delle piccole micromalterie, segno che l’attività potrebbe rappresentare un interessante business per il futuro.
Che vi piaccia o meno l’idea di birra agricola, è evidente che chi ne sta sostenendo la crescita sta compiendo passi da gigante. Non escludo che tra un paio d’anni magari non ne sentiremo più parlare, però la velocità di crescita del fenomeno è indubbiamente impressionante. E pensare che per la definizione di birra artigianale non si è trovato mezzo punto d’incontro in più di 10 anni…
Ed è così che si passa sopra ad anni di craft italiano come se niente fosse…
Il problema secondo me non è tanto la qualità dei cereali (non penso sia un problema colivarli in maniera decente. maltarli è un altro discorso) ma proprio la birra: Che riferimenti hanno questi sogetti? in che ambito qualitativo si vogliono collocare? che target hanno? quali competenze o cultura birraia?
Insomma la legge invoglia a fare la birra chi di birra nemmeno si interessava prima.
Così come potrebbe anche non essere un fenomeno del momento.
Invece secondo me il problema è proprio nella materia prima. E’ vero che “la legge invoglia a fare la birra chi di birra nemmeno si interessava prima”, ma siamo sicuri che prima era diverso? Quanti microbirrifici sono nati (e morti) perché chi li ha aperti non aveva competenza e non sapeva cosa significa birra di qualità?
Questo son d’accordo. Nessuno di noi ne capiva di birra all’inizio.
Però in questo caso è come dire “contadino fai la birra che ti conviene”.
Ovvio che ci saranno dei crossover anche di chi fa la birra da prima.
Il problema è che si sarebbe dovuto lavorare dal “nostro” lato per essere di riferimento in materia.
Giusta la tua considerazione finale, che si ricollega alla mia del post
Il tutto è stato fatto solo ed unicamente per la gioia di Livingstone, questi sono i veri motivi.
scusa Andrea, ad oggi sai per caso quali birrifici producano birra per così dire “agricola”?
Dai un’occhiata a questo articolo di Simone http://www.beertravels.net/index.php?option=com_content&view=article&id=98:birrificio-o-agribirrificio&catid=38:news&lang=it
Sono almeno sei e sono tutti nelle Marche, Borra Collesi (Apecchio-Pu), Birra La Cotta (Sassocorvaro – Pu) Birra Cereale dell’azienda Moretti (monte giberto – FM) birra dell’agriturismo Il mulino vecchio di Fermignano PU….. Ed altri in quanto alla qualità e professionalità vi assicuro che queste aziende hanno studiato anni prima di realizzarli…. E decine di viaggi in Germania, Belgio e Rep. Ceca per capire come produrre birre di qualità …. In quanto al loro Malto beh nelle marche hanno realizzato un Maltificio consortile che è un piccolo gioiello. E’ vero forse sembro di parte in effetti sono della COPAGRI , l’associazione che per 10 anni si è battuta per questi risultato… E vi assicuro che in questi anni abbiamo studiato.
e Zimella? e Prato Rosso? cito i primi due che mi vengono in mente, nati ancora prima della legge…
Andrea sono d’accordo si molte cose che dici, però c’è da fare una considerazione un impresa agricola se inizia ad attore tecniche produttive tecnologicamente avanzate perde il connotato di “impresa agricola” e di conseguenza anche i benefici fiscali concessi.
@marcos
probabilmente non ti dirò nulla di nuovo, ma i “birrifici agricoli” siano soprattutto nelle Marche Co.Bi. copagri Ancona
Sì hai ragione, il mio era più un paradosso per sottolineare che la definizione non garantisce la qualità del prodotto finale
@velleitario
sicuro che non siano considerate agricole anche le birre prodotte per conto di aziende agricole da parte di altri birrifici? a me risulta di si e che alcuni di questi sono fuori dalle marche
In pratica ci stai dicendo che ci sono alcune imprese agricole (…e agrituristiche) che piantano l’orzo e quando è maturo lo mietono.
L’orzo viene conferito alla malteria consortile e il malto prodotto passa ad un microbirrificio che lo trasforma in birra. Una volta imbottigliato e infustato torna tutto nelle mani dell’impresa agricola che lo vende come prodotto agricolo.
Giusto?
Si con una piccola correzione nel progetto della COPAGRI nelle Marche il birrificio è nell’azienda agricola, non è esterno, in sostanza l’agricoltore produce orzo lo raccoglie lo conferisce al suo maltificio (sì perchè essendo una cooperativa tra gli agricoltori che producono la birra è anche il suo) il maltificio fa la maltazione e restituisce all’agricoltore socio il malto, l’agricoltore socio nel birrificio aziendale lo trasforma in birra.
Sicuro marcos? La birra deve essere prodotta dallo stessa azienda che coltiva l’orzo, nel caso da te citato sono due entità diverse.
Credo che abbia ragione Marcos. Non riesco però a ritrovare il testo dove si specificavano le modalità, trovo solo la tabella delle attività agricole connesse sulla GU da te citata. Probabile che l’abbia letto a suo tempo nella documentazione che mi aveva fornito il CO.BI e che ho usato per riti voodoo.
Tra l’altro mi viene un altro dubbio.
Tutti quelli che si stanno attrezzando per fare un birrificio agricolo sembra che dimensionino tutto in funzione di questo. Ovvero l’attività agricola è unicamente funzionale all’attività connessa. Il che è un paradosso e non sono sicuro sùche sia legale visto che da alcune fonti leggo che il reddito derivante dall’attività connessa non deve superare il reddito dell’attività principale.
Ma tra tante parole possibile che nessuno sia in grado di fare un po’ di chiarezza?
Con il decreto ministeriale del 5 agosto 2010 non è più un’attività connessa, infatti la birra è un prodotto agricolo vero e proprio.
E’ come se ad un viticoltore oggi si andasse a contestare che non può produrre vino e non può dimensionanare l’azianda in funzione alla cantina e alla produzione di vino che vuol fare. Ovviamente questa contestazione non viene fatta in quanto la produzione di vino è ormai assodato da secoli che è prodotta dagli agricoltori.
@ Giovanni Bernardini
Grazie per le precisazioni che sta fornendo sulla birra agricola.
L’unica cosa che non mi è chiara è questa:
l’impresa agricola deve svolgere “attività essenziali” (coltivazione, allevamento e silvicultura) e può svolgere “attività connesse” (manipolazione,trasformazione, conservazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti ottenuti dalle attività essenziali).
La produzione di birra e di altri prodotti non dovrebbe rientrare nelle “attività connesse”?
A VELLEITARIO
Con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 5 agosto 2010, non è più così infatti all’art.1 del decreto “….i beni prodotti e le relative attività agricole di cui all’articolo 32 del TUIR …. sono individuati nell’allegata tabella che costituisce parte integrante del presente decreto”
CIOE’ sostanzialmente non è più un’attività connessa ma è una’attività agricola vera e propria.
Il decreto lo trova qui:
http://www.api-online.it/italiano/documenti/nazionali/dm%205%20agosto%202010.pdf
@Andrea
però per la produzione dell’olio, nella stragrande maggioranza dei casi, l’impresa agricola manda le olive in un frantoio estraneo all’azienda agricola.
E’ vero, ma l’oleificio-frantoio fa solo un procedimento meccanico (almeno per le aziende agricole che vogliono fare olio di qualità) per estrarre l’olio dalle olive… non è la stessa cosa che consegnare l’orzo e riprendere il malto. Infatti la differenza e proprio qui chi ha un maltificio di proprietà o chi conferisce il proprio orzo (olatri cereali) ad un maltificio di cui è socio può dire che il prodotto che ne esce (birra) è un prodotto agricolo, ed usufruire delle agevolazioni fiscali come per chi produce il vino…. per tutti gli altri no, dovrebbero pagare le imposte come se fosse una produzione extraagricola.
Un suggerimento.
Perchè non intervisti l’artefice (a detta sua) di questa “rivoluzione”?
Il Sig. Landi Di Coopagri Marche?
Ho già provato a chiedere se all’apertura del calcio mercato viene a giocare nella nostra squadra.
Mi ha detto di no.
Peccato. Lui si che ha due palle grosse così!! (sincera ammirazione).
Ci stavo giusto pensando
qualcuno dovrebbe spiegare come mai la birra viene considerata un prodotto agricolo, cioè di “prima trasformazione di coltivazione agricola” quando è in realtà viene prodotto a valle di una “prima vera trasformazione”…..il malto è un prodotto agricolo, la birra è una trasformazione del malto……
se solo i coltivatori intravedessero cosa potrebbe essere fatto avviando i maltifici invece dei birrifici…..
Sulla prima parte sono d’accordo.
Per i maltifici direi che non è così semplice. La convenienza è legata a volumi relativamente alti e investimenti altrettanto alti. Le competenze necessarie (know how) sono molto maggiori rispetto a quelle necessarie per produrre una birretta agricola.
Certo, quando investi con finanziamente a fondo perduto, non paghi tasse e hai una efficace associazione di categoria alle spalle, è tutto più facile…tanto il culo non è il tuo!
Riguardo al post di ANDREA FLB sostanzialmente nel post che ho messo a VELLEITARIO c’è la risposta al motivo perchè la Birra può essere considerato prodotto agricolo (se l’agricoltore ha anche il maltificio, come nel caso del CO.BI.). In merito al post di Livingstone ti ringrazio per gli apprezzamenti su “efficace organizzazione di categoria alle spalle”….. Ma ti devo dire che anche con i contributi a fondo perduto non è facile realizzare un Maltificio, perchè come implicitamente hai detto tu gli investimenti sono molto elevati e legati a volumi di lavorazioni altissimi. PS. Ti assicuaro che quegli agricoltori (quelli soci del CO.BI.) il “culo” ce lo hanno messo…. 🙂
Se faranno birra buona, benvenuta Birra Agricola.
Le chiacchiere stanno a zero.
Quoto al quadrato
Amen
Fai finta di non capire, vero? Altrimenti c’è da preoccuparsi per te….
Mi rivolgo a Shigi…..dove è finita la tua proverbiale intransigenza ??
Mi piace che ti preoccupi per me.
Ti ho sempre amato!
quoto schigi, se la birra è buona serve alla divulgazione, per quanto riguarda il traguardo raggiunto, c’è da dire che loro avevano un unico obbiettivo, noi artigiani ne abbiamo tanti e non abbiamo consorzi in crisi alle spalle (l’agricoltura in italia è in crisi), e anche alla definizione direi che ci han messo anche troppo a trovarla se mai ad ottenerla ma immagino sia colpa della burocrazia italiana…paleolitica….cfr legge sulla birra italiana anche in riferimento a eventi recenti…(so già di colleghi che han cambiato le etichette mettendo “birra doppio malto”……………………………….)
Dal canto nostro ci stiamo mettendo tanto a trovare una definizione per birra artigianale perchè non è davvero così facile definirla, sto iniziando a pensare che non esista nemmeno…è droppo labile il confine…è troppo selettivo dire non filtra ad esempio…in belgio molti filtrano…
siamo sono all’inizio….studiamo studiamo…
Ciao Roberto,
a parte che anche tu sei un “diversamente uguale”, vorrei capire come, da neo eletto nel consiglio di UB, tu non abbia a cuore che la concorrenza si svolga su basi di pari opportunità.
Forse vi sfugge anche che l’agricoltura non è l’unico settore in crisi.
Ha solo le spalle più grosse.
Come la FIAT, ad esempio. Hanno potere contrattuale.
I poveri artigiani e piccoli imprenditori non hanno potere contrattuale.
Poche speranze per i birrai artigiani se i loro rappresentanti escono con queste affermazioni.
Tutto il resto che hai aggiunto su definizioni e filtraggio non ho neanche capito che c’entrasse…ma va be’…
BIRRA.AGRICOLA
Scusate una domanda:se io sono un contadino posso dare il mio orzo a qualcuno che lo malti ed inviarlo ad un azienda terza, non a me collegata, che produca per me birra? E se si questa e prodotto agricolo o no?
Ma soprattutto: io mando il mio orzo a maltare e poi mi torna indietro del malto a caso (quindi non necessariamente il mio orzo) e mi costa di più che comprarlo dal Signor Malto, chi me lo fa fare? Ah già gli incentivi…
Oltretutto potrei coltivare orzo a cdc tanto ho buone possibilità che mi torni indietro quello di un altro.
Non so ma mi sembra la tipica cosa troppo italiana…
Caro il mio Tyrser…..con i documenti fasulli che inizieranno a girare risulterà che l’Italia diventerà la prima produttrice mondiale di Malto….
Ormai ne sappiamo qualcosa….siamo maestri nell’arte della truffa (dall’Olio di Oliva, al Vino o alle quote latte taroccate……)….
Tutto quello che è agricolo ..diventa politico…..assistito….truffaldino….è storia!
No, nel caso che hai descritto non è un prodotto agricolo
Se la birra è buona è buona …..nessuna discussione, qui non c’entra assolutamente la qualità della birra.
Qui il problema è un altro! E’ la classica inventiva politica italiana…i birrifici agricoli non esistono in nessuna parte del mondo…..al limite esiste qualche fattoria o castello o convento…che ha una produzione interna di Birra….che ha e che rispetta le stesse regole di qualsiasi altro produttore di birra.
Il definire la birra un prodotto agricolo serve solamente ai soliti furbi italioti che così potranno sfruttare aiuti pubblici o pagare meno tasse …..questo è!
Basta vedere quello che si stà facendo nelle Marche o in Umbria con la nascita di Consorzi e Cooperative di vario genere e di dubbia serietà che hanno il solo scopo ed intento di trovare uno sbocco alternativo a materie prime agricole locali che altrimenti faticherebbero ad essere vendute con un ritorno economico valido.
Sò già di birre alla Cicerchia o Lenticchie o varie amenità simili…..ma per favore….
Allora io dico…volete i Birrifici Agricoli ? Bene…allora tutti birrifici italiani devono avere le stesse regole e condizioni operative/fiscali….altrimenti non vale …è un gioco con delle regole taroccate…dove entra la politica il gioco si sfascia….allora è meglio emigrare in qualche paese più serio.
E’ come la corazzata Potemkin di Fantozzi….dal punto di vista del movimento birrario nazionale è una “stronzata pazzesca”…….
quoto. Anche dal punto di vista qualitativo si introducono, oltre a quelle esistenti, delle variabili mica da ridere, che per essere ben risolte, richiedono competenze, che sono ancora più difficili da trovare di quelle necessarie alla normale produzione, che già scarseggiano.
Facilmente questo decreto introdurrà diverse birre pessime, che non facilitano l’espansione della birra artigianale, ma che anzi la ostacoleranno. Il tutto oltre al regime di concorrenza sleale implicita nel decreto.
Quoto. Regole uguali per tutti.
Non ci possono essere regimi fiscali diversi per produttori della stessa cosa.
Qui non c’entra la politica, ma dare la possibilità ad un produttore di arrivare fino al prodotto finito. Perchè mai un agricoltore non dovrebbe poter produrre birra, mentre deve e può produrre vino, formaggio etc.etc..? Per quanto riguarda il regime fiscale degli agricoltori…. ci sono dei motivi perchè essi hanno un’applicazione delle imposte sul reddito agrario non possono essere ridotti in una discussione su uno specifico prodotto.
In merito al fatto di considerare la birra un prodotto agricolo questo non implica che per realizzare il birrificio l’imprenditore abbia necessariamente dei contributi.. tutt’altro…. Infine ai tanti detrattori di questa conquista vi invito ad assaggiare le birre di cui stiamo parlando (la Imperiale di Collesi, la COTTA, la Cereale di Moretti) e capirete che non c’è furbizia o astuzie varie, ma solo la passione per un mestiere, quello dell’agricoltore, che oggi sempre più viene snobbato dalla nostra società. Si è vero fare l’imprenditore agricolo oggi non rende… anzi spesso si chiude a pareggio se non in rosso… dunque perchè dovrebbe essere letto negativamente su degli agricoltori si ingegnano per produrre qualcosa di buono che porta loro un reddito accettabile?
In merito alle cooperative che stanno nascendo non posso parlare, posso sicuramente parlare del CO.BI. Consorzio Produttori dell’Orzo e della Birra nato delle Marche e vi assicuro che il lavoro che sta facendo il consorzio i suoi soci e il presidente è un gran lavoro per il settore e per i consumatori sulla serietà dubbia non commento, ma su un portale che a me sembra interessante fare dei processi sommari senza conoscere le realtà lo trovo superficiale.
Giovanni..io non ti conosco e ti assicuro che non voglio fare processi sommari a nessuno …oltretutto mica sono un giudice….
Io sono uno che è nato nel mondo agricolo marginale ai confini tra Umbria e Marche…laureato in Agraria a Perugia …e ho sempre lavorato nel mondo dell’industria alimentare…con l’ultima esperienza in uno dei più grandi Consorzi Agrari d’Italia come Direttore Operativo…
Io amo l’agricoltura (oltre che Schigi)!
E’ proprio perchè conosco molto bene come si muove il mondo para-agricolo italiano che mi preoccupo. Ho visto troppe cattedrali nel deserto e fallimenti imprenditoriali in questo settore per avere un minimo di ottimismo su quello che pochi gruppi imprenditoriali con il business facile stanno cercando di fare nel settore della birra artigianale italiana. Tanti soldi pubblici andati in fumo perchè gestiti da politicanti e furbetti del quartiruccio e non da “agricoltori”.
Inoltre io sono un imprenditore che ha investito i propri risparmi cercando di far diventare una “vera e forte” passione personale il proprio lavoro.
Non ho usufruito di finanziamenti pubblici e cerco tutti i giorni faticosamente di produrre un prodotto valido e di far crescere il mercato in modo corretto.
Mi girano le scatole che in questo paese non si possa mai lavorare in un mercato libero, senza condizionamenti politici. Tu sai meglio di me che in Italia non è di per se conveniente coltivare orzo e sopratutto trasformarlo in malto senza avere aiuti pubblici. Oltretutto sappiamo come vengono pagate le tasse
in una azienda agricola (o meglio non vengono pagate). Insomma io pago le tasse che poi servono a far nascere e crescere la mia concorrenza , mi sembra qualcosa di assurdo dal punto di vista dell’equità (sia sul fronte fiscale che costituzionale).
Cosa sia giusto fare per un imprenditore agricolo non è mio compito dirlo (anche se qualche idea in proposito nel tempo me la sono fatta…..per esempio non farsi gestire da politicanti di dubbia fama….ed essere più market- oriented più che aspettarre sempre finanziamenti pubblici che servono per iniziative il più delle volte antieconomiche)….
Nel mondo degli appassionati di birra e di chi produce birra per il libero mercato iniziative fine a se stesse non possono essere viste positivamente.
Come sai in Umbria è nata una Cooperativa che si chiama Mastri Birrai Umbri….
a parte il nome che è abbastanza fuori luogo visto la mancanza di mastri birrai umbri nella storia della nostra regione ….ma che poi gli unici soci della cooperativa siano i 4 membri della famiglia Farchioni ….fà un pò strano….
A quando una birra con l’olio di oliva o con le cicerchie o con i mazzafegati di Foligno?
Comprendo il tuo punto di vista e lo rispetto. Ed ora capisco anche le perplessità sulle cooperative/consorzi. Io come dicevo nel mio post precedente non conosco cooperative umbre, conosco solo il CO.BI. che con grande fatica, con qualche errore e con qualche successo sta maltando l’orzo dei propri soci. In merito al non pagare le tasse mi piacerebbe confrontarmi con te in uno spazio più ampio, è riduttivo, dal mio punto di vista parlarne in questa fattispecie. Il pagamento delle imposte sul reddito agrario è nato molto tempo fa per dei motivi ben precisi…se tra le tue espeirenze lavorative c’è il Consorzio Agrario sicuramente conosci il mondo agricolo, ma mi permetto anche di dire che a volte proprio i consorzi agriri non hanno svolto e non svolgono il ruolo che la legge gli riconosceva (…forse per giochi politici??). Tuttavia conoscendo bene questo settore, almeno per quanto riguarda la mia regione (Marche) permettere agli agricoltori di fare attività con un maggior valore aggiunto forse ci consentirà di poter godere delle belle colline ancora a lungo. Scusa forse sembrerà banale… ma se non ci fossero più gli agricoltori avremo le nostre colline coperte da cosa?? impianti fotovoltaici, terrenti incolti.. non lo so… una cosa è certa che il 98% degli agricoltori ha più di 50 anni e credo almeno 50/60% abbia oltre 65 anni il motivo è presto detto coltivare cereali fine a se stessi non da reddito, produrre latte non rende (se non fai la vendita al dettaglio), la zootecnia è scomparsa…le barbabietole non possiamo più coltivarle perchè gli industriali hanno chiuso per prendere contributi….E’ un settore che se non viene aiutato nel ricambio generazionale andrà a scomparire. Queste iniziative possono essere utili anche a questo, ad avvicinare i giovani al settore. Poi riguardo al contributo per costruire l’impianto non so risponderti… si dal tuo punto di vista può non essere giusto; ma ci sono contributi anche per costruire Cantine, mattatoi, punti vendita, caseifici… ed anche in questi casi ci sono produttori che ne percepiscono ed altri no, quindi con dei costi di produzione per questi ultimi molto più alti. Ma questa è la politica comune dell’Unione che ha sicuramente i suoi limiti ma anche essa esiste per dei motivi ben precisi.
il problema è quello che si fà dei soldi dell’unione…..
se i soldi servissero ad indirizzare gli agricoltori verso iniziative che (una volta avviate) possono avere un futuro dal punto di vista economico …è OK….in sostanza una volta avviata l’attività con soldi pubblici l’attività deve essere in grado di autosostenersi …
Ma se il bagno di soldi pubblici deve essere destinato ad aprire attività che non si sostengono….allora è meglio chiuderla lì…..(produrre malto in Italia non è conveniente …punto e basta…e non è nemmeno un prodotto così legato al territorio o caratterizzante)….ma perchè gli agricoltori non seguono le cose che dovrebbero…ad esempio in Emilia hanno lasciato il Parmigiano Reggiano in mano a quattro commercianti e alla grande distribuzione quando di fatto potrebbero e dovrebbero controllare l’attività del Consorzio….invece si fanno infinocchiare dai propri rappresentanti politici….
ci sono immensi mercati per i prodotti alimentari tipici italiani all’estero….è quello di cui dovrebbero occuparsi invece di fare cose che non sanno fare…..e intanto la Lactalis si compra la Parmalat….
Giusto a fagiolo!
Sicuramente Bernardini può chiarirci un dubbio che avevamo.
E’ vero che l’azienda agricola, per produrre birra agricola, ha come unico vincolo la produzione del 51% della materia prima e sia maltazione che birrificazione possono essere svolte da terzi?
Grazie.
Beh in linea di principio sono d’accordo, tutti dovremmo esserlo, i contributi dell’unione europea devono servire per indirizzare le aziende agricole ad investimenti che poi riescano a reggersi con le proprie gambe, il problema è che non sono d’accordo con la generalizzazione aprioristica e cioè chi vi dice che il maltificio ancorchè con contributi comunitari poi non si regga da solo…secondo voi una cooperativa di 30 soci investe per qualche milione di euro, avendo un contributo di “appena” il 30-40% per una malteria che non si regge economicamente?? E quale sarebbe il vantaggio dei 30 soci? dover cacciare di tasca propria almeno 30-50.000 pro capite per un investimento fallimentare? La realtà è un’altra sono ormai quasi 10 anni che lavoriamo dietro questo settore e siamo stati in Germania, siamo stati in Belgio, nella repubblica Ceca nel nord-est italiano e abbiamo cercato di apprendere da chi di esperienza ne aveva certamente più di noi. Abbiamo cercato di fare un progetto che racepisse i consigli cercando per quanto possibile di non ripetere gli errori che gli altri avevano fatto e correttamente ci avevano detto. Chiaramente valo lo stesso discorso per la produzione di birra, certo non siamo nati “imparati” ma chi lo è? Chi di voi può dire di essere nato mastro birraio? Noi crediamo di aver avuto l’umiltà di farci insegnare da chi il mestiere lo sapeva fare, poi certo qualche cotta non sarà venuta ottima, ma quando si cerca la qualità si commette anche qualche errore e l’errore serve per migliorarsi. Oggi senza paura di essere smentito posso dire che le birre prodotte dai birrifici agricoli che conosco sono di una qualità di molto al di sopra della media… ma non sono un esperto assaggiatore.. sarà nostra cura a questo punto costituire una commissione senza pregiudizi aperta a tutte le rappresentanze (e questa si dovrà essere costituita da esperti) che per il festival che si terrà il 22 e 23 di ottobre dovrà “giudicare” queste birre agricole tanto discusse.
Per Livingstone
No, ne la maltazione ne la birrificazione possono essere svolte da terzi.
Il processo deve essere tutto interno salvo una parte che non influisca nella processo (ad esempio l’imbottigliamento).
La maltazione può essere fatta da una cooperativa, ma non esterna l’agricoltore deve essere socio di quella cooperativa ed a quella cooperativa deve consegnare almeno il quantitativo necessario di orzo per produrre il malto che ritira.
“….posso sicuramente parlare del CO.BI. Consorzio Produttori dell’Orzo e della Birra nato delle Marche e vi assicuro che il lavoro che sta facendo il consorzio i suoi soci e il presidente è un gran lavoro per il settore e per i consumatori sulla serietà dubbia non commento…” Caro Sig. Bernardini, ho lavorato personalmente lo scorso anno alla stesura del disciplinare per la birra agricola, durante un periodo di stage (per un corso FSE) in Copagri Pesaro. Dopo aver presentanto il mio lavoro a fine stage al Sig. Landi, Presidente della Copagri Marche, senza ricevere neanche un grazie, non ne ho più avuto notizia e non ha più risposto alle mie email (che serietà è?)….che fine ha fatto il tal signore? e il mio disciplinare almeno l’avete usato, visto il tempo e l’esperienza impiegata?
Per quanto riguarda i detrattori, mi associo a questi ultimi, visto che delle birre appena citate rifiuto cortesemente l’assaggio vista la qualità, ma questa è un’altra storia…
Egregio sig. Scotsman (E’ questo il suo nome??) come Lei stesso ha detto è stato ospitato presso la Copagri Pesaro per uno stage… quindi immaggino per apprendere qualcosa…d’altronde uno stage è normalmente il modulo finale di una attività formativa. Non ricevono “soddisfazioni” dipendenti che lavorano da 20 anni in aziende private o nel settore pubblico… forse lo troverà sarcastico ma il mondo va così. Mi permetto di dire che certe argomentazioni in questo contesto le trovo fuori luogo… esistono le sedi opportune. In merito al suo lavoro non so se è stato preso in considerazione, so per certo che è stato depositato il marchio con il disciplinare redatto da diversi esperti (tra mastri birrai e mastri maltatori) con la collaborazione del Sig Landi.
In merito alle sue affermazioni al sig. Landi, che è un mio collega, a prescindere dei rapporti che lei può aver avuto o delle “scortesie” che può aver ricevuto, è una persona che ha dato tutto il suo tempo sia di lavoro che personale per far sviluppare il settore agricolo con una lunga storia di innovazioni. Se siamo qui oggi a discutere sulla Birra Agricola è grazie alla sua passione ed alla sua determinazione. In merito alla qualità delle birre citate prima di emettere giudizi senza nemmeno assaggiarle e senza nemmeno conoscere le aziende la invito a fare una visita ai birrifici presenti nella sua provincia forse cambierà idea.
Per qualsiasi altro chiarimento SONO A SUA disposizione, sono sicuro che avendo partecipato ad uno stage nella Copagri Pesaro, sa benissimo come rintracciare il Presidente Regionale.
Max visto che fai accuse ben precise ti pregherei di evitare di scrivere dietro l’anonimato di uno pseudonimo, ma in modo tale da essere riconoscibile. Grazie.
Quoto.
Regole uguali per tutti!
Okkio Catalizzatore, non è educato generare dubbi su chi e su cosa non si conosce, la inviterei prima di scrivere i suoi eloqui e generare sarcastiche perplessità sull’uso di prodotti agricoli come la “cicerchia” e la “lenticchia”, di “informarsi bene” questo genera normalmente cultura e sapere.
Con grande cordialità e stima. Andrea (www.mastribirraiumbri.it)
Poi dove sono tutti questi contadini che vogliono produrre birra ?
Mi risulta che al momento ci siano solo dei grandi gruppi agricoli interessati alla cosa oppure dei multimiliardari in cooperativa…..
Tutti questio contadinelli poveri non li vedo….sì che per i miei trascorsi ne conosco un pò…..
La Nutella è un prodotto agricolo ! La Pasta è un prodotto agricolo! I corn flakes sono un prodotto agricolo! L’hamburger è un prodotto agricolo! L’energia è un prodotto agricolo!
Incece di concentrarsi sulla produzione agricola tradizionale e sui famosi giacimenti gastronomici nazionali ….Li stanno portando verso il “nulla”………
quanto costa una tonnellata (O MEGAKILO) di orzo?…ovvero quanto viene pagata al “contadino”………e il malto quanto costa?…….
fatevi 2 conti e poi vediamo quale può essere il vero “valore agiunto”……
cheers,
Andrea
n.b. lavori strutturali terminati 😉
Grande Andrea!
Però forse hai sbagliato mestiere. Dovevi fare il birraio contadino, non il birraio artigiano!
Alcuni animali sono più uguali degli altri!
la butto lì: ma se tutto si limitasse ad incentivi per la produzione di malto?
Sarebbe stato sufficiente anche incentivare l’USO di materia prima italiana, indipendentemente dalla qualifica di azienza agricola o meno del birrificio…ma sai che siamo in italia, no?
incentivare l’uso di malto italiano attraverso sussidi o simili azioni di sostegno credo andrebbe contro il principio di libera concorrenza che sostiene l’unione europea
@ Sig Bernardini
Forse mi sbaglio, ma da varie fonti leggo che:
Cut
“A tale ultimo proposito, nella successiva circolare n. 44/E del 15 novembre 2004, la scrivente (Agenzia delle Entrate ndr) ha ulteriormente precisato, che anche nel caso in cui una o più fasi del processo produttivo che fa capo all’imprenditore agricolo (manipolazione, conservazione, trasformazione commercializzazione e valorizzazione dei prodotti) vengano esternalizzate, ovvero affidate a terzi soggetti, l’attività svolta è sempre da considerarsi agricola” …cut
E’ sicuro di quello che ha affermato riguardo all’esternalizzazione?
http://www.fiscoetasse.com/upload/ris158_2007.pdf
http://www.regione.piemonte.it/tributi/irap/norma/dwd/cir44e_2004.pdf
Mi può fornire un link dove si possa leggere una disposizione che obblighi a svolgere tutto il processo di trasformazione in azienda?
Grazie.
@ Giovanni Bernardini del 12 maggio 2011 alle 11:58
Non potendo usare il tasto replica nel Thread in questione, altrimenti immagino andrebbe in frantumi il layout del blog di Andrea, rispondo di seguito.
Mi dice che per via del decreto “non è più un’attività connessa ma è una’ attività agricola vera e propria”. Tuttavia proprio nel link che mi ha segnalato c’è scritto come incipit:
“Individuazione dei beni che possono essere oggetto delle attivita’ agricole connesse di cui all’articolo 32, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi.”
Allego nuovamente il link:
http://www.api-online.it/italiano/documenti/nazionali/dm%205%20agosto%202010.pdf
Il Codice Civile distingue ancora attività essenziali e attività connesse.
Sul fronte coltivazione del Luppolo ci sono progetti in cantiere?
Ho risposto solo ora perchè a metà mese ho degli impegni da onorare e la birra per me è solo un hobby.
Grazie per la sua disponibilità.
Scusa Velleitario, sono stato impreciso. La birra è un prodotto agricolo ma va annoverata tra le attività agricole connesse di cui al D.lgs 228/2001 e successive modificazioni.
La distinzione è tra le attività agricole essenziali (sostanzialmente la coltivazione e la produzione) e quelle connesse (manipolazione, trasformazione e commercializzazione). Comunque su questo articolo di Terra e vita è spiegato abbastanza bene.
Il principio non cambia le imposte vengono calcolate sul reddito agrario e dominicale.
In merito alla coltivazione del Luppolo ci sono già diverse aziende socie del COBI che hanno fatto delgi impianti per la produzione… Chiedo di nuovo scusa per l’imprecisione
http://www.agriok.it/magazine/wp-content/uploads/2010/06/inquadramento-att-agricole-connesse.pdf
Esternalizzazione?
Si
No.
Barrare con crocetta (nel caso negativo citare una fonte, grazie).
@ Livingstone
Vi succede mai di sapere una norma da talmente tanto tempo da non ricordare l’atto che la introdotta? Ma lo sapete e lo date per scontato? E’ questo il motivo perché ancora non rispondo… Sto cercando la base normativa per non dire imprecisioni….non credevo che questi post mi assorbissero così tanto 🙂 …mi fa piacere ma faccio anche altre cose…. Ma non appena ritrovo la base normativa rispondo immediatamente e metto il link.
Devo ammettere che provando questa birra agricola ho riassaporato il vero sapore di una birra fatta in casa che i miei nonni facevano, nulla da invidiare a tutte le altre birre, ottima qualità, sapore corposo, e finalmente una Birra con la B maiuscola! Parlate pure di problemi e di interessi, ma quello che conta é che bevendola ne ho potuto assaporare i pregi! Forse voi che sopra avete parlato di questioni tecniche dovreste mettervi nei panni di un consumatore o di un appassionato di birra! Comprendereste appieno il vero senso di queste iniziative. Se invece volete ridurre tutto ad una conversazione di leggi e DPR…. Non credo che questo sia il luogo consono….
Comunque vada sono tutte occasioni per ottenere incentivi e/o fare progetti da farsi finanziare dal settore pubblico (italiano e/o europeo)……..
La birra non è cosi’ interessante di per se…..d’altra parte è opinione diffusa nell’ambiente che produrre birra è semplice e può dare facilmente grandi ritorni economici….
Basta prendere un ragazzotto …mandarlo a studiare dai grandi mastri birrai tedeschi e/ o cechi ed il gioco è fatto……cosa ci vuole…..
Fare il malto buono poi è una boiata pazzesca….
Non è mica come il vino…..
Se poi abbiamo anche contributi pubblici per fare impianti…..agevolazioni fiscali di varia natura….non paghiamo le tasse come gli altri…..cosa mai ci vorrà…..diventeremo tutti ricchissimi in poco tempo…..
Viva la birra con la cicerchia o con il dry hopping al ciauscolo!!!!
….beh, una birra alla cicerchia per accompagnare una zuppa di luppolo e seppioline, non è poi così male……è il ciauscolo che proprio non ce lo vedo per il dry hopping…….magari facendo un hop back….. :-))))
n.b. se solo venissero paragonate le esperienze dei GAS a quello che si potrebbe fare con un campo d’orzo…..
Sig. Giovanni Bernardini,
Non si dimentichi la risposta alla semplice domanda di Livingstone:
Si
No
Riferimenti legislativi del caso.
Grazie
Aspettiamo…
Sono abbastanza certo che il sig. Bernardini si sia sbagliato in merito al fondamentale punto dell’esternalizzazione.
Ma aspettiamo ancora un po’….
Cari amici, non mi sono sbagliato, purtroppo come dicevo sopra ci vuole tempo per rintracciare la norma originaria… oggi però un piccolo passo avanti l’ho vatto sotto vi metto un interpello all’Agenzia delle entrate dove nel rispondere al quesito (riguardo la produzione e trasformazione di funghi) ad un certo punto cito: “- l’imprenditore che svolge tali attività deve essere lo stesso soggetto che esercita la coltivazione del fondo o del bosco, ovvero l’allevamento di animali (requisito soggettivo)”
Quindi in linea di sostanza rispondendo ancora al quesito di Livingstone:
Esternalizzazione (maltazione, e birrificazione)
NO
(almeno se non è una cooperativa il soggetto terzo).
Buona serata…. quando trovo una norma ancora più cristallina (anche se questa non credo lasci adito a dubbi) ve la posto.
Scusate il link
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/6cdab880426e1f22b4e2bfc065cef0e8/158.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=6cdab880426e1f22b4e2bfc065cef0e8
ma se i consorziati conferiscono al consorzio l’orzo, il consorzio lo fa maltare conto terzi presso una malteria, per poi restituire il malto ai soci senza obbligo di corrispondenza tra orzo conferito e malto ricevuto, non ci dovrebbero essere problemi.
no non è la stessa cosa…. il Consorzio deve maltare l’orzo!… non un’altro soggetto ancora…..
Scusi, questo passaggio come si interpreta secondo lei?
“A tale ultimo proposito, nella successiva circolare n. 44/E del 15
novembre 2004, la scrivente ha ulteriormente precisato, che anche nel caso
in cui una o piu’ fasi del processo produttivo che fa capo all’imprenditore
agricolo (manipolazione, conservazione, trasformazione commercializzazione e
valorizzazione dei prodotti) vengano esternalizzate, ovvero affidate a terzi
soggetti, l’attivita’ svolta e’ sempre da considerarsi agricola a condizione
che riguardi i beni individuati da apposito decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze su proposta del Ministero delle politiche
agricole e forestali (cfr. decreto ministeriale 19 marzo 2004).”
Grazie per la pazienza.
Credo di aver trovato la norma “madre”.
La tassazione dei prodotti agricoli in base al reddito Agrario è disposta dal DPR 817 del 1986 in particolare agli articoli 29-30-31-32
Più precisamente l’articolo 29 comma 2 recita:
“Sono considerate attività agricole:
…….
c)le attività dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolte sul terreno, che rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che lo governa e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di esso.”
Questo dal mio punto di vista assieme alle altre norme citate sopra chiarisce che le operazioni di manipolazione, trasformazione etc. debbono essere fatte dall’agricoltore “ancorché non svolte sul terreno”.. e ricordo sempre che la trasformazione fatta da una cooperativa di cui l’agricoltore è socio per la norma è come se la trasformazione l’avesse fatta l’agricoltore.
Comunque il DPR 817/86 lo trovate nel link sotto.
http://www.unisi.it/ammin/uff-ragi/Fisco/DPR917-86.htm
Vi segnalo anche questo bell’articolo di Gian Paolo Tosoni che è un luminare come giornalista tributarista per il settore, anche se mi sembrerebbe che abbia citato erroneamente l’art.32 del 817 in luogo del 29 comma 3.
http://www.agricoltura24.com/attivita-connesse-pane-e-birra-sono-prodotti-agricoli/p_2627.html
Quindi riassumendo Esternalizzazione NO, almeno per usufruire della tassazione sul reddito agrario.
Ma il decreto madre è del 1986, mentre quanto riportato da Franco è del 2004 e temo sia il punto centrale di tutto questo castello di carte…
Tanto è vero che, finora, i birrifici agricoli che stanno vendendo i loro prodotti con l’IVA (mi pare) al 10%, la malteria non l’hanno, né diretta né consortile, ma anzi spediscono l’orzo in Austria o in Germania per la maltazione.
Caro Sig. Bernardini.
Ovviamente io scrivo a titolo personale.
Può chiarire, giusto per curiosità, a che titolo scrive lei?
Ricopre qualche incarico o posizione in Copagri o in COBI?
Grazie,
Franco Fratoni.
Purtroppo non posso fare REPLICA ad ANER73 quindi approfitto della risposta a Livingstone per rispondere anche ad ANER73.
Si la norma madre è del 1986, infatti cercavo di trovare la norma secondo cui un prodotto manipolato trasformato e commercializzato resta agricolo… era a prescindere dalla Birra…. per quanto riguarda la maltazione fuori… beh..se ci sono malterie che riescono a fermare l’impianto per maltare il solo orzo di un birrificio agricolo (parliamo di impianti di 10hl quindi sapete meglio di me quanto malto occorre) e con la tracciabilità questa malteria riesce a dimostrare che il malto che ne esce è effettivamente dell’orzo inviato dall’agricoltore, allora si in linea teorica è assolutamente legale. Nel caso di conferimento ad una cooperativa questo è un problema che non si porrebbe.
@ Livingstone
Io ho iniziato a lavorare nei progetti della COPAGRI dal 1993 ed oggi ricopro la carica di Presidente Regionale delle Marche (dal 14 aprile 2011). Nel COBI non ricopro alcun incarico, conosco molto bene la struttura, il Presidente Giangiacomi e il lvoro che stanno facendo.. e quando mi è possibile cerco di dare una mano nelle iniziative che promuovono.
Quindi parla a pieno titolo.
Complimenti per il lavoro svolto.
I risultati non possono essere discussi.
Il sistema italiano di sussidi e leggi speciali invece non mi piace e non riuscirò mai a convincermi che sia meglio di alternative più attinenti alle regole della libera concorrenza. Naturalmente non intendo la sola agricoltura. Industria di stato, contingentamenti di licenze e tante altre anomalie sono parimenti da condannare.
Vedo poi che nella risposta ad ANER 73 la esternalizzazione del processo di maltazione è magicamente diventata legale.
Ponendo la stessa premessa, almeno 51% di malto da orzo di coltivazione aziendale (o meglio, 51% del valore), vedrà che anche la trasformazione in birra sarà legalmente esternalizzabile.
Un saluto.
Franco.
Mi sembrava….apperò…
La politica è arrivata in birrificio……aiuto!
🙂
… si dimentica che con un 49% di orzo maltato ed un 51% di orzo “crudo” e l’aggiunta di enzimi sintetici si riesce (1° purtroppo) tranquillamente a birrificare.
Inoltre il contadino puo’ (2° purtroppo) autodichiarare una pseudomaltazione casalinga del 51% e chiamare cosi il prodotto ottenuto Birra.
(3° purtroppo) questa prassi e’ gia’ in uso 🙁
Quindi, dal mero punto di vista burocratico e cartaccie varie, il conferimento del cereale presso una malteria consortile o esterna, non e’ fondamentale per essere agricolo.
Quoto a piene mani Bruno, ergo “Avanti Savoia”!! 🙁
Sani, Paolo
Caro Paolo in tutte le categorie ci sono lavoratori onesti e lavoratori furbi, tenderei a dire che negli agricoltori la percentuale di lavoratori furbi è assai più bassa di altri settori. Gli agricoltori semmai sono più ingenui ma questo è dovuto alla media della loro età ed al fatto che spesso vivono lontani dal mondo di oggi. Infine in merito alle percentuali, mi sembra di averlo scritto in qualche altro post…. Per quanto ci riguarda nel disciplinare di produzione allegato alla registrazione del marchio birragricola c’è chiaramente scritto che quello autoprodotto deve superare il 95%. E le assicuro che la commissione del marchio questi controlli li farà. Poi che le percentuali imposte dalla legge (51%) siano troppo basse possiamo discutere, na ricordi sempre che quelle perc sono per tutti i prodotti e non solo per la birra.
Per me i punti fondamentali sono due.
Il contadino che produce cereale si fa maltare e produrre birra da terzi rientrando nella categoria di prodotto agricolo e quindi con agevolazioni fiscali…nonsense legislativo che può avere un senso per il funghetto sott’olio ma che è assurdo per una trasformazione complessa come la birrificazione.
Il contadino che produce cereale, lo fa maltare esternamente e produce birra su suo impianto immette in commercio un prodotto simile ad uno artigianale ma con pressione fiscale diversa…. Concorrenza sleale legalizzata.
Tutto il resto non conta.
Birra di qualità scadente può essere prodotta anche da birrifici artigianali.
Furbizie italiote sono praticate o praticabili anche da birrifici artigiani.
Livingstone
In merito al primo punto non è così in quel caso l’agricoltore non ha nessuna agevolazione fiscale.
In merito al secondo punto come detto in altri post non direi che si tratta di concorrenza sleale….semmai una categoria (gli artigiani ad esempio) potrebbero richiedere una maggior tutela. Infine riguardo alla qualità, considerato che dai post che ho letto sembri equilibrato…ti prego non generalizzare sulla qualità …. La qualità scadente può farla un artigiano tanto quanto un industriale tanto quanto un agricoltore.
CHIEDO SCUSA
In merito alla qualità eri stato più che corretto… Mi sono confuso con altro post scusa ancora.
Nel secondo caso citato ad esempio da Livingstone, il malto che si riceve dalla malteria, non è mai l’orzo trasformato dato dal coltivatore. Nemmeno del caso di una malteria del consorzio. A meno che possegga una malteria propria, cosa chiaramente senza senso.
Riguardo alla qualità, che resta comunque un discorso a parte, ma a mio parere imprescindibile, è vero che anche molti artigiani fanno birre pessime e proprio per questo la qualità della birra agricola è messa in dubbio. Fare birra di qualità è tutt’altro che facile e lo dico come fornitore d’impianti, fare birra agricola di qualità è ancora più difficile. E visto che le competenze necessarie, che nel caso agricolo si moltiplicano e non crescono sugli alberi………..
Oltre quindi ad una concorrenza sleale legalizzata, la scarsa qualità inevitabilmente insita nella maggior parte dei casi agricoli, non può far altro che danneggiare un settore in crescita, ma ancora troppo giovane per essersi definitivamente affermato.
Gentile sig. Bernardini…. esulo dalle questioni burocratiche e le chiedo secondo lei come dovrebbe fare un giovane (che purtroppo non ha un campo dietro casa) a mettersi a produrre della birra artigianale e rimanere nel mercato sapendo che a breve avrà da confrontarsi con un concorrente che gode di notevoli finanziamenti, che pagherà circa la metà delle tasse, che godrà di un aiuto implicito nel marketing e che molto difficilmente farà come dice lei le cose per bene???
Io sono mesi che cerco il modo per farlo e le assicuro che è molto molto molto difficile vederci chiaro!
Ho letto con attenzione tutto quello che lei scrive e non posso che essere veramente sconcertato!
O mi compro un campo o la birra la andrò a fare all’estero (magari vendendola per “artigianale Veneta” come gia fa qualche aspirante agricolo)
W L’ ITALIA
ciao a tutti , ho bisogno di una vostra opinione !! Credo di avere le strutture adatte e un pozzo per l’acqua particolarmente basso e con acqua particolarmente minerale , sono nella zona IGP Piemontese per prodotti ‘ cereali Orzo distico e grano saraceno, ma piu’ che produrre birra vorrei trasformare le strutture esistenti e creare un maltificio Piemontese, tenete presente che le struttutre sono moderne e pratiche e sono nella terra dei vini di Caluso Erbaluce, potrebbe funzionare.????
Potrebbe funzionare se fatto in modo professionale e non all’Italiana. Ciò comporterebbe il fatto di selezionare l’orzo da professionisti esteri, affidarsi a costruttori di malterie estere ed assumere mastri birrai maltatori laureati all’estero.
Ciò implica investimenti ingenti, tempi molto lunghi ed una riuscita incerta.
Oppure lo fai all’Italiana come i consorzi già esistenti, con macchine economiche e senza competenze. Ciò comporta investimenti ridotti e tempi molto più brevi, però la qualità te la scordi.
[…] il 95% della materia prima coltivata in loco – e il primo Festival della birra agricola, con la partecipazione di 10 birrifici rientranti in questa fattispecie. Nelle fiere di settore cominciarono a comparire produttori di […]