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Guida alle birre d’Italia: intervista a Luca Giaccone ed Eugenio Signoroni

Luca Giaccone (a sinistra) ed Eugenio Signoroni (a destra)

Dopo le numerose polemiche di questi giorni (che stanno continuando tuttora), oggi finalmente esce in tutte le edicole la Guida alle birre d’Italia 2013 di Slow Food. E’ una pubblicazione unica nel suo genere per il settore, che in questa edizione ha cambiato molti aspetti della sua impostazione. Come già raccontato in passato, la novità più interessante è l’abbandono del sistema a stellette per la valutazione delle birre a favore di una serie di riconoscimenti assegnati ai birrifici e alle loro produzioni. Come prevedibile, proprio sull’attribuzione di questi riconoscimenti si sono concentrati i dubbi di tanti appassionati, quindi ho pensato di pubblicare in contemporanea con il lancio della guida un’intervista ai due curatori, Luca Giaccone ed Eugenio Signoroni. Lo scopo è chiarire alcuni meccanismi alla base dell’opera e offrire una panoramica generale della stessa. Li ringrazio sin da subito per la disponibilità.

Immagino che realizzare una guida del genere sia un lavoro mastodontico, che solitamente nelle attenzioni dei lettori passa in secondo piano rispetto ai premi che essa assegna. Perciò direi di partire dai numeri per dare un’idea del tipo di sforzo richiesto: quanti birrifici sono stati visitati, quante birre valutate, quanti collaboratori sguinzagliati in giro per l’Italia? Insomma, dateci qualche dato!

Grazie Andrea per permetterci di raccontare un po’ meglio cos’è la Guida che oggi esce nelle librerie. Troppo spesso infatti una guida viene letta limitandosi alle prime tre pagine in cui si raccoglie l’elenco dei riconoscimenti, senza cercare di cogliere, attraverso una lettura più estesa, quale sia la linea che la stessa vuole tenere, quale il suo punto di vista, quale anche il gusto che la guida vuole “premiare”.

Grazie alla preziosissima collaborazione di 62 collaboratori sparsi su tutto il territorio nazionale abbiamo visitato 370 birrifici. Di questi ne abbiamo selezionati 227 meritevoli di fare parte della guida. Come nella passata edizione infatti abbiamo ritenuto che un buon parametro fosse quello di mettere solo i birrifici che ci sentiamo di consigliare. Le birre assaggiate sono state nel complesso quasi 2.000. Durante le degustazioni “finali” sono state assaggiate 700 birre. Di queste 144 sono state segnalate in guida con un riconoscimento.

Molti lettori sono curiosi di sapere qual è stato il meccanismo messo in atto per giudicare le birre e assegnare i vari riconoscimenti. Potete fare chiarezza in tal senso? Esiste una particolare figura a cui è toccata “l’ultima parola” sui contenuti della guida?

Il meccanismo è il seguente: ogni birrificio è stato visitato da un collaboratore. La visita ha come obiettivo principale quello di conoscere più da vicino il lavoro del birraio e la sua idea di birra. In questo modo (essendo la nostra guida un prodotto che esce sul mercato ogni due anni) possiamo controllare direttamente se ci siano stati cambiamenti. Una volta che il collaboratore ha assaggiato le birre (nella migliore delle condizioni gli assaggi in questa prima fase sono almeno due: uno con il birraio e uno fatto dal collaboratore o da una commissione regionale); quelle che sono ritenute più valide vengono segnalate alla redazione che provvede a richiederle ai birrifici per le degustazioni finali. Va da sé che la visita è una conditio sine qua non per poter fare parte della guida.

Le degustazioni finali quest’anno hanno subito un’importante cambiamento. Si sono svolte in 5 fine settimana successivi e sono state suddivise per territori (Nord-Est, Italia centrale, Sud e isole, Lombardia, Piemonte). La suddivisione regionale è un aspetto molto importante in quanto le commissioni d’assaggio cambiavano di volta in volta ospitando i referenti regionali della regione che si andava ad assaggiare e alcuni collaboratori di quel territorio. Gli unici a restare fissi siamo stati noi curatori, Luca e Eugenio. La presenza dei collaboratori e dei referenti regionali è stata per noi fondamentale per riuscire a calibrare i giudizi, a inserirli in un contesto di assaggio più ampio rispetto alla singola degustazione alla cieca. Cerco di spiegarmi ancora meglio: dopo aver fatto gli assaggi (tutti rigorosamente alla cieca e assaggiando le birre per categoria stilistica) c’è sempre stato un importante momento di discussione dei dati emersi dalla degustazione che venivano raffrontati con l’esperienza del collaboratore (che ci è stato utilissimo per capire se una birra andata molto bene in degustazione ad esempio non fosse l’exploit di un momento).

Tutte le decisioni finali sono spettate ai curatori, ma tutte sono state discusse con i referenti regionali, persone fidate, conoscitori del proprio territorio, che hanno quest’anno svolto un ruolo fondamentale per orientarci. Questo perché pensiamo che il lavoro di una guida debba distinguersi da quello di un concorso. Nel secondo caso è il bicchiere che parla, stop. Se una birra fallisce quel momento viene giustamente punita. Una guida (tanto più se resta in commercio per due anni) invece non può fare questo ragionamento, ma deve avere uno sguardo più ampio, che tenga conto non della storia del birrificio, né del successo commerciale di una birra, ma della sua prestazione in degustazione unitamente alla sua storia recente (banalmente ai collaboratori o a noi stessi quando conoscevamo le birre in questione chiedevamo: come hai trovato questa birra ultimamente? come è nel complesso la costanza di questo birrificio in bottiglia? e in fusto?).

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La grande novità dell’edizione 2013 è la scomparsa delle stellette per le birre a favore di diversi tipi di riconoscimenti per birrifici e relative produzioni. Quali sono i motivi che vi hanno spinto a questa scelta?

Il primo motivo è che volevamo uscire dalla logica delle classifiche e dei premi. Una riflessione che non appartiene solo alla Guida alle birre d’Italia ma che coinvolge l’intera casa editrice e tutte le nostre guide. Inoltre, il vecchio metodo delle stelle non ci consentiva di dire il perché avevamo deciso di segnalare in modo particolare (vorremmo che non venissero considerati premi) la tal birra. Con il nuovo sistema invece, non solo riusciamo a dire al lettore (che è bene ribadirlo, resta il nostro unico giudice) che quella birra secondo noi va assaggiata, ma anche perché. Inoltre, sempre più importante è il giudizio sull’operato di un birrificio nel suo complesso al di là della singola produzione, tanto più in un settore come quello della birra artigianale dove la costanza qualitativa è uno degli aspetti più importanti. E qui intervengono i tanto discussi riconoscimenti ai birrifici.

Per quale ragione nei riconoscimenti ai birrifici non è stata prevista l’assegnazioni di più premi allo stesso birrificio? Non vi sembra inverosimile, ad esempio, che in birrificio ottimo per le spine non possa esserlo anche per le bottiglie?

Abbiamo deciso, anche in questo caso, di prendere una posizione, di dare un’indicazione precisa. Non c’è nemmeno bisogno di dirlo, così ci si espone ancora di più alle critiche, ma questo è il compito di una guida. In effetti ci possono essere situazioni in cui un birrificio eccelle in entrambe i formati, noi abbiamo però deciso di segnalare come secondo noi quelle birre danno il meglio. Nel caso della Chiocciola poi il problema non si pone perché quel simbolo racchiude in sé già anche il valore dell’eccellenza e della costanza sull’intera produzione sia essa in fusto o in bottiglia.

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In alcuni casi i premi hanno restituito risultati sorprendenti. Come devono essere letti?

Innanzitutto è bene sgombrare il campo subito da inutili e false dietrologie. Non c’è stata alcuna valutazione sulle posizioni “politiche” dei birrai, sul loro appoggiare o meno le nostre campagne, le nostre idee, o esserne apertamente in contrasto. Ci sono state invece valutazioni sull’operato del birrificio nel suo complesso che sono andate al di là della singola degustazione e per questo alcuni risultati possono essere sorprendenti. Prendiamo il simbolo della bottiglia. Questo simbolo viene assegnato a quei birrifici che esprimono con costanza un livello qualitativo molto elevato e si esprimono meglio in bottiglia. Questo è il presupposto. Non il numero di birre premiate. In guida ci sono birrifici con una sola birra premiata e la bottiglia e birrifici con tre birre premiate e senza bottiglia (e sono quelli che forse hanno fatto più scalpore). Il perché è semplice e non va cercato negli astri o nelle dichiarazioni di qualche birraio su qualche forum o social network…

La bottiglia viene assegnata – come detto – se la produzione nel suo complesso è elevata e costante. Un birrificio che presenta nelle varie fasi di assaggio della guida, birre che costantemente mantengono un livello qualitativo molto elevato (in questo i collaboratori svolgono un ruolo fondamentale) avrà senza dubbio la bottiglia, anche se poi una sola birra risulterà buona al punto da avere un riconoscimento assegnato al singolo prodotto. Un birrificio che invece presenti birre che risultano nella loro totalità molto incostanti, ma in cui alcune spiccano, avrà il riconoscimento attribuito alle birre ma non al birrificio. La stessa cosa si dica per un birrificio che presenti durante il percorso birre altalenanti. Come detto la guida si distingue dal concorso perché cerca di andare al di là del singolo assaggio e cerca di avere uno sguardo più ampio.

Così come nell’ultima edizione, anche in quella uscita in questi giorni alcune pagine sono dedicate alle birre industriali. Come hanno trovato spazio queste produzioni accanto a quelle dei microbirrifici? Non stona la loro presenza in una guida che per il 90% parla di birra artigianale?

Innanzitutto la scheda dei birrifici industriali è concepita in modo diverso rispetto a quella dei birrifici artigianali. Non c’è la tripartizione in birraio, birrificio, birra. La loro presenza però è necessaria in quanto la guida vuole avere uno sguardo sull’intera produzione italiana e non solo su quella artigianale.

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Siete soddisfatti della guida che sarà in libreria da oggi? Avete già in mente ulteriori migliorie per una prossima edizione?

Siamo molto soddisfatti. Il prodotto è decisamente ben fatto. Il gruppo di collaboratori è cresciuto molto rispetto a due anni fa, non solo nel numero, ma anche a livello qualitativo. Abbiamo in mente qualche piccola modifica… ma è un po’ presto per esplicitarle.

Spero che l’intervista sia stata di vostro interesse e abbia contribuito a chiarire alcuni aspetti che erano rimasti irrisolti. Credo che altre domande potranno essere rivolte direttamente ai curatori in occasione della presentazione ufficiale della guida, che avverrà a Roma domenica 10 giugno dalle 19,00 nell’ambito della manifestazione Vinòforum. Chiaro che ci vedremo lì.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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59 Commenti

  1. Quseti giorni mi sono quasi meravigliato dalla mole di commenti che hanno invaso i post che riguardavano la guida alle birre d’italia.Mi sono meravigliato perchè sono convinto che sia impossibile che un ente qualsiasi possa fare una guida assolutamente imparziale ed equilibrata sul mondo della birra.Uno dei motivi è il fatto che non c’è nessun parametro oggettivo misurabile ed inequivocabile che possa distinguere un birrificio meritevole da un altro non meritevole.Un altro dei motivi è che bisognerebbe pretendere che i collaboratori regionali vengano dalla luna o posti simili, non abbiamo amici e simpatie e non abbiano nessun interesse legato alla birra.
    Per la precisione,poi, conosco alcuni birrai che non hanno voluto essere menzionati nella guida.

  2. “Con il nuovo sistema invece, non solo riusciamo a dire al lettore (che è bene ribadirlo, resta il nostro unico giudice) che quella birra secondo noi va assaggiata, ma anche perché” Ho in mano le guide precedenti, quelle con le stellette. Per ogni birra c’è una descrizione di diverse righe (4-6, a occhio) che ne spiega le caratteristiche salienti. Le stellette stanno in un angolino in alto accanto al nome. Cosa siete riusciti a infilare in quel misero spazio che spiega anche “il perché” che prima, evidentemente, non riuscivate a comunicare?

    • Tutto ciò che sta dietro ai nuovi riconoscimenti. Vedere accanto ad una birra il simbolo “Birra quotidiana”, ad esempio, lascia intendere come la stessa sia stata premiata, oltre che per il livello qualitativo, anche per essere una birra di straordinaria bevibilità. E così via.

    • Non abbiamo inserito nulla in quello spazio… ma i tre riconoscimenti Grande, Slow e Quotidiana dicono molto di più delle 5 stelle. Lo ripeto per chiarezza. Una grande birra è una birra dall’elevato valore organolettico, una birra assolutamente da assaggiare; una birra quotidiana unisce a questo aspetto il fatto di avere tra le sue caratteristiche principali equilibrio e semplicità di beva; le birre Slow invece sono birre che oltre a essere da un punto di vista organolettico molto valide riescono riescono a raccontare la filosofia produttiva di un birrificio, di un birraio o il suo legame con il territorio. Questo intendiamo quando diciamo che le categorie ci consentono di dire molto di più.

      • “…ma i tre riconoscimenti Grande, Slow e Quotidiana dicono molto di più delle 5 stelle”

        No, non direi proprio. Intanto, le definizioni sono abbastanza vaghe (la birra quotidiana è abbastanza chiara, ma le altre?), e le birre inserite nei grupponi non aiutano a chiarire il concetto. Così capita che birre da beva non finiscano nella birra Quotidiana (non c’era più posto?) ma che finiscano allegramente sia tra le Grandi che tra le Slow (Wabi?). La bevo di corsa? La lascio durare mezzora? Ed è molto buona o non molto buona? Si diceva altrove che il riconoscimento vale le vecchie cinque stelle. E chi è senza riconoscimento quanto vale? Una stella? Tre? Quattro? Perplessità.

        • Vabbè ma questa ora è paranoia.
          Sticazzi del riconoscimento. Se una birra è buona me la trinco e buonanotte. O devo calcolare i tempi di bevuta calibrandoli sul “premio”? La Wabi, ad esempio, come tante altre, secondo me poteva andare in tutte e tre le categorie, solo che si è dovuta fare una scelta ed è finita solamente in una.

          • Se una birra può andare in tutte e tre le categorie allora la frase “i tre riconoscimenti Grande, Slow e Quotidiana dicono molto di più delle 5 stelle” non ha alcun senso.

          • “come tante altre, secondo me poteva andare in tutte e tre le categorie”
            “non può andare in tutte e tre le categorie”

            Tertium non datur.

          • E che sia una cavolata si può dire? La percezione che si ha da fuori è che in questa maniera si siano premiati più birrifici (alcuni abbastanza incomprensibili), poi se a queste premiazioni ci aggiungi delle esclusioni “eccellenti” credo ti renda perfettamente conto del perché tante polemiche.

        • “Come tante altre, secondo me poteva andare in tutte e tre le categorie” è una mia opinione.
          “Non può andare in tutte e tre le categorie” è la regola che è stata stabilita.
          Ratio non regalatur.

  3. Ho dimenticato di porre una domanda:Slow Food fa anche guide ai vini? In queste guide c’è anche il Tavernello o il Ronco o il Brillo? Per coerenza se non ci sono dovreste inserirli.

  4. Lungi da solite polemiche, qualcuno (dei curatori) può gentilmente spiegarmi il motivo di inserire l’industria in una guida di Slow Food?

  5. Bah….
    Solito “politichese”…….
    A me la visita l’ha fatta un ragazzotto appena uscito da Pollenzo che non sà nulla di birra e che si è limitato a prender su qualche bottiglia……un Venerdì alle 20.00…..col sottoscritto che doveva correre ad una degustazione….
    Poi tutto questo discorso sullla costanza qualitativa ed altro non mi convince…conoscendo bene sia i miei prodotti che quelli di altri birrifici….sono analisi che facciamo spesso…
    La validità di una guida come questa si gioca sulla neutralità e affidabilità di chi giudica (a tutti i livelli) …per cui i giudizi sui birrifici di una zona non dovrebbero essere affidati a persone che hanno interessi ed amicizie dirette nella zona specifica.. e sopratutto occorrerebbe sanare un chiaro conflitto di interessi per cui qualcuno sarà by default sempre al top delle classifiche solo perchè è parte integrante della struttura affaristico/economica di Slow Food…….
    La Guida è un pò fuori strada…..
    Sopravviverò anche senza…….

      • Vogliamo dirla tutta ? Baladin e Birra del Borgo da dove vengono …da Marte?
        I rapporti di amicizia e di di partnership dei patron di questi due birrifici con Farinetti/Carlin Petrini sono conosciuti da tutti ed evidenti nei fatti…..
        Il rapporto di Farinetti con Slow Food è altrettanto chiaro…..
        Tutto è legittimo e io non li condanno per questo ..anzi buon per loro….però dire che la cosa non condizioni i giudizi mi sembra un pò troppo…..basta prendere le due edizioni della guida per capirlo…..è come se io mi giudicassi da solo…
        🙂

        • Se vuoi uno meno diplomatico di Signoroni l’hai trovato.

          Ti ho spiegato per filo e per segno come avvengono gli assaggi della Guida quì in Emilia Romagna, citando testimoni oculari presenti agli assaggi e verificabili. http://www.cronachedibirra.it/media-libri-e-pubblicazioni/5817/e-dopo-i-riconoscimenti-ai-birrifici-quelli-alle-birre-guida-alle-birre-ditalia-2013/#comments

          Hai detto “Non credo a quel che dici”. Questo sarebbe sufficiente a far finire qualsiasi tipo di dialogo e così per me sarà d’ora in avanti. Se il tuo interlocutore non crede a quel che dici, stop.

          Mi limito per finire a ricordarti, e ricordare a tutti, che quando nella scorsa edizione della Guida hai ricevuto grande attenzione e punteggi elevati, non ti sei lamentato. Adesso non va bene niente e siamo degli “affaristi” (questa fa veramente ridere, noi non percepiamo un euro per il lavoro fatto). Per la scorsa edizione qualcuno ti ha chiesto soldi o qualcosa per il tuo posizionamento ai vertici? Parli di economia, ma quì chi deve fare economia con la birra sei tu, che la fai e la vendi. Questo solo fatto, per un minimo di decenza e stile, dovrebbe farti astenere da qualsiasi commento e giudizio. Il vero conflitto di interessi ce l’hai tu, non noi che di mestiere facciamo altro.

          • Se uno dice che la mia maglietta rossa è verde, un “non credo a quel che dici” ci sta tutto.
            Ma passiamo oltre, Carilli dice che non ti conosce, che non sei andato a fare tu la visita al birrificio ma che hai inviato un trafelato ragazzotto che è passato in tarda serata a ritirare le birre per la guida.
            Forse non ho capito bene, ma se sei il referente regionale della guida , ti sembra un atteggiamento corretto e professionale non visitare uno dei tre quattro birrifici al top della tua regione?
            come puoi valutare la sua attenzione al territorio, le aderenze alla filosofia slow assaggiando le sue birre e stop?
            non è andare contro la filosofia slowfood?avresti capito che forse meritava addirittura la chiocciola per il lavoro fatto con la Fortana o per le collaborazioni che ha in essere con tanti artigiani del territorio.
            ma questo come potevi saperlo?
            Io mi vergognerei un po’ per come hai gestito la cosa, altrochè fare il galletto…

          • Mirco…ma di quali vertici stai parlando?
            Anzi forse è andata meglio questa volta con 3 birre citate che la volta scorsa con 2 birre con 5 stelle……
            Forse non hai capito che non mi stò incacchiando per il premietto fine a se stesso che non mi interessa per nulla….ma della politica che gira intorno alla guida…..e del vecchio sistema all’italiana nello stilare classifiche in base a sudditanze evidenti nei confronti di alcuni birrifici e ad amicizie/simpatie/antipatie più che in base a dati di fatto ….
            L’esclusione del mio Birrificio dall’elenco dei “migliori” 51…..è solo preso come esempio eclatante…..
            perchè tutti in Italia (e non solo) sanno riconoscere il valore del lavoro che stiamo facendo….
            Io non voglio premi…..per fortuna non ne ho bisogno e non partecipo nemmeno più a concorsi…..però tutti sanno quanto io sia stato sempre critico nei confronti di comportamenti paramafiosi di alcuni personaggi che operano nel nostro piccolo mondo….
            E non ho voglia di stare zitto…

  6. Innanzi tutto va detto che con questo discutibile metodo hanno ottenuto il risultato di far parlare molto della nuova guida, non è un risultato da poco, anzi… In secondo luogo non dimentichiamoci che birrifici industriali hanno sempre fatto pubblicità sia sulle riviste di Slow Food che sulle guide stesse. Mica vogliamo davvero credere che queste inserzioni non debbano essere ripagate in qualche modo…

  7. >… volevamo uscire dalla logica delle classifiche e dei premi …

    >… In guida ci sono birrifici con una sola birra premiata e la bottiglia e birrifici con tre birre premiate e senza bottiglia …

    Bah…

    • osservazione seria. spesso cadiamo nel tranello anche noi… invece di premiata avremmo dovuto dire con una sola birra che ha ottenuto un riconoscimento, e con tre birre che hanno ottenuto un riconoscimento…. ci è sfuggito

      • Dai, però non è solo una questione semantica: non cambia molto se a “premio” sostituisci riconoscimento.
        Personalmente mi piacerebbe una guida SENZA bottiglie, stelle, cazzi&mazzi: aiuterebbe me consumatore a leggere le schede con attenzione, senza evitare le pagine senza riconoscimenti.
        Poi, per carità, lo capisco che commercialmente queste cose pagano…

      • Cioè…”diversamente premiate” !?!
        Lungi da me mancare di rispetto, ma a me consumatore sembrano risposte di circostanza “alla Papazian” a proposito del WBC. La confusione resta, almeno nella mia testa.

  8. Ho una domanda (probabilmente ho seguito poco): gli assaggiatori per la guida, degustatori che dir si voglia, al momento dell’acquisto/assaggio/visita in birrificio, si palesano? Cioe’ si presentano come: “assaggiatori che poi esprimeranno un giudizio per la guida sulle birre italiane di Slow Food?”

  9. Non sono del mestiere ma solo un curioso bevitore di birra che probabilmente a forza di berla ne capiro’ qualcosa ma come si fa’ a fare una guida sulla birre italiane e paragonare le artigianali con le industriali e nemmeno tutte ma solo quelle visitate dagli “esperti di slowfood” che meritano ma per forza dobbiamo sempre anteporre il denaro a tutto? perche solo i soldi portano avanti questo schifo di mondo. comunque per come se ne parla non mi e’ venuta curiosita sulla guida ma solo schifo le birre le voglio provare io e io solo diro se sono buone o meno allora si faccia un elenco di birrifici ma solo di quelli e non di nomi di birre a volte camuffate da nomi……….grazie

  10. Onestamente mi sembra di rivedere un po il discorso di qualche giorno fa su Brewdog vs Diageo.
    La guida non l’ho letta, ma penso che sia i giudizi e le scelte debbano sempre essere motivati in modo da dare al lettore la possibilità di condividere o meno. Dare un giudizio assoluto è, sempre secondo il mio modesto parere, inutile.

    • Allora cerchi la Treccani, non una guida. Se oltre alla storia del birrificio e del birraio, ad una descrizione della filosofia di produzione e alle note di degustazione delle singole birre, vuoi anche la motivazione del perchè e del per come, allora non bastano 1000 pagine.
      Una guida, comunque, a prescindere da ogni giudizio sulla qualità o meno della stessa, non è fatta per essere necessariamente condivisa, ma per stimolare curiosità e conoscenza.

        • La Guida non è uno strumento commerciale! È una guida, fa delle scelte, condivisibili o meno, ma non le fa per aiutare il mercato di un produttore o di un altro… lo fa per dire al pubblico (il grande appassionato no, quello come si evince dai commenti sa già benissimo cosa per lui è buono e quello è il vangelo) quale è il panorama birraio italiano, dal nostro punto di vista… poi chi vuole pensare che sia uno strumento commerciale penserà così…. quando mi verrà fornita anche solo una prova che questo sia vero…

        • D’accordissimo con Bruno… la guida serve a chi non sa e a chi forse non vuole sapere, quanto piuttosto fondare i suoi para-giudizi, il suo para-gusto, su giudizi altrui, di chi viene incaricato dalla famiglia della chiocciola a redigere elenchi, premi e punteggi. E’ successo anche a me, alcuni anni fa, di comprarne una copia. E’ successo perché in quel periodo la mia curiosità sul mondo birarrio era superiore alle poche conoscenze necessarie a discernere il buono dal non buono. Avvicinandomi poi con umiltà e pazienza alla degustazione ho imparato a capire alcune cose, ad apprezzare alcune sfumature. Ancora oggi cerco di imparare, di assaggiare quanto più mi si presenta davanti, senza pregiudizi, anzi no, qualcuno ce l’ho e non me lo leva nessuno. In definitiva: non ho guardato e non guardo la guida di quest’anno, ma mi pare evidente che non ci siano i presupposti per la più garantista imparzialità possibile.
          Ultima questione non mi verrete a dire che alcuni fiduciari partecipano alla giuria, vero? se no oltre all’opportunità si configura anche la truffa ai danni dei consumatori….
          grazie

      • bha! che razza di risposta…
        ….non penso che inserire a inizio guida una lista degli elementi in base a cui le birre/i birrifici sono state valutate (perchè almeno questi dovrebbero essere uguali per tutti o almeno fungere da linee guida) porterebbe ad avere un’enciclopedia. O i criteri sono talmente tanti da non poter essere elencati?!

  11. mi sembra ci sia un po troppa dietrologia nei commenti.
    se una vuole compra la guida e se la legge.
    se gli sembra una stronzata non la compra e quindi non se la legge.
    se può essere uno strumento che avvicina la gente alla birra vera non ci vedo tutto questo male.

  12. @ Signoroni (la cito testualmente) :”le birre Slow invece sono birre che oltre a essere da un punto di vista organolettico molto valide riescono riescono a raccontare la filosofia produttiva di un birrificio, di un birraio o il suo legame con il territorio.” Mi sa dire quale sarebbe il legame con il territorio nella birra artigianale (italiana s’intende)?

    • Molte possibilità caro Andrea… ed è uno dei temi più battuti sin dall’inizio del movimento dai birrai italiani.. utilizzo di materie prime di quel territorio come ingredienti caratterizzanti (castagne, frutta, uva, mosto); utilizzo di cereali tipici del territorio (farro su tutti, ma anche il grano duro – mai sentito parlare del Senatore Cappelli o del grano arso della Puglia?); utilizzo di botti e perché no di lieviti indigeni di un territorio; e infine, ma questo è un fronte ancora ai primi passi, orzo e luppolo coltivati nel proprio territorio… le pare poco? ovviamente non va bene mettere tutto all’interno della birra, lo si deve fare con un progetto serio alle spalle, con la piena consapevolezza di ciò che si sta facendo….

      • Si mi pare molto poco, si vuole per forza “vinificare” un prodotto che ha il suo grande pregio nell’essere riproducibile ovunque, la birra (a differenza del vino) non soffre tutta una serie di variabili non controllabili (come il meteo per esempio) e necessita di ingredienti reperibili a qualunque latitudine. LEI sa come lo so anche io che tutto questo parlare di “territorialità” della birra, il volerla legare necessariamente a un “terroir” è più propedeutico ai birrifici per penetrare un certo segmento di mercato (che poi è quello che molti birrifici hanno scelto come mercato di riferimento, vale a dire il mercato gourmet). Di birre fatte con lieviti indigeni (a meno che non si parli di Cantillon et similia che però stanno qualche chilometro più a nord) non ne vedo granché. Vedo molte birre acide (anche di ottimo livello), vedo anche parecchie birre infette spacciate per sour ale. Tuttavia non vedo una nostra identità come nazione birraria (sarà perché ci mettiamo a parlare di territorialità di una birra che viene prodotta si e no da 20 anni dopo una vita di lager industriali), ma forse vivo in un altro paese.

        • Grazie innanzitutto per la riflessione nel merito della questione. In effetti un’identità come nazione birraria forse non c’è ancora, si sta costruendo, ma come lei ha correttamente sottolineato il movimento è ancora giovane. Io non credo che il volersi legare al territorio sia dettato esclusivamente dall’esigenza di entrare in un mercato gourmet (sebbene concordi con lei sul fatto che molte di queste birre entrino in questo comparto più facilmente) ma anche e in alcuni casi soprattutto dalla volontà dei birrai di raccontare così il luogo in cui operano… ciò che abbiamo cercato di fare è segnalare quelli che DAL NOSTRO PUNTO DI VISTA lo riescono a fare meglio, in modo autentico (non spacciando una birra infetta come una sour ale per intenderci)…

          • Una birra (a meno che non abbia alle spalle una tradizione importante come quella delle grandi nazioni birrarie) cosa deve raccontare se non la passione del birraio per il suo lavoro e per ciò che fa? Parecchi dei birrai italiani aprono fuori dai grandi centri urbani per i costi che un birrificio o un brew pub avrebbe se fosse aperto all’interno di una città come Roma, Milano, Torino, Napoli ecc. e non per un particolare legame con il territorio. Le birre (a meno che non parliamo di casi particolari e circoscritti) NON HANNO in genere alcun legame con il territorio, volerlo creare a tutti i costi è propedeutico (a mio modo di vedere) per poter penetrare un certo segmento di mercato.

          • Beh…..Eugenio….l’ultima frase è grossa…… tutti sappiamo chi è l’inventore delle Sour Edition…… ed è tra i Birrifici con la chiocciolina….
            Apri la finestra e diglielo….

  13. Mi chiedo una cosa.
    Per condurre in porto l’enorme mole di lavoro necessaria sono stati necessari 62 collaboratori sul territorio, come si legge dall’articolo.
    Questi 62 saranno stati scelti su una preselezione di persone che già collaborano con Slow Food, mi sembra quasi evidente. Quindi assumendo per ipotesi assolutamente arbitraria che chi collabora con Slow Food sia un degustatore di birra su cinque esistenti in italia, si potrebbe pensare che in Italia siano presenti circa trecento degustatori esperti di birra. Ad alto livello.

    Mi fa ridere.
    Verametne vi meravigliate che su una guida fatta da chicchessia vengano fuori risultati un pelino distanti da quelli che vi aspettavate?

    Slow Food a me non entusiasma, nei suoi vertici e non nella base, e in passato ha già dimostrato di considerare il mondo della birra in estremo subordine rispetto a quello del vino.
    Ma in questo caso credo che sia quasi improbabile che in italia si possa fare una guida delle birre priva di sfilacciature.

    E le pietose scene personalistiche mi fanno veramente doler lo stomaco.

    • no, chi ha collaborato alla guida non era necessariamente un collaboratore di Slowfood, anzi penso che la maggior parte (o una buona parte) non lo fossero. Io per esempio non sono ne’ iscritto a SF ne’ ho fatto nulla per/insieme a SF (neppure da “esterno”) che non sia la Guida SF stessa. Io stesso ho suggerito ai curatori, su loro richiesta, alcuni nomi di persone che secondo me potevano essere validi e affidabili collaboratori, e in gran parte (se non tutti) sono stati accolti.
      Poi il tuo discorso puo’ essere valido lo stesso…

  14. Ma anche ammettendo che la guida sia stata fatta di parte.
    Chi è che in Italia si comporta in altra maniera?

    Il mondo birrario è fatto di guelfi e ghibellini. Fazioni che si osteggiano con tutti sistemi possibili. L’Unità Birraria storica ormai da tempo frantumata. Elementi completamente esterni che salgono sul carretto perchè ci vedono possibilità di lucro.
    Sceriffi partigiano che sparano a vista sul dissidente.
    Il tutto condito da un sotterraneo lavoro del preoccupato universo vinicolo che ha il dubbio che le sue disgrazie derivino dalle nostre fortune.

    Il problema è dentro di noi. Anche fuori, ma la nostra imperante divisione e litigiosità ci privano dei necessari anticorpi. Siamo una colonia facilmente conquistabile.

    Montezuma aveva perso contro Cortez ben prima che gli spagnoli sbarcassero nel nuovo mondo.

    • Livingstone….ma sei quasi risorgimentale…..del resto hai una certa età….

      L’unità storica non è mai esistita….io sono anarchico e non me ne faccio un problema….. mi danno fastidio i santarellini con gli scheletri nell’armadio…
      Non credo ai santi….. l’unica cosa di santo che mi piace è il vino…

      • Siamo d’accordo sul Vinsanto.
        Già il risorgimento mi vede un po’ scettico…

        Per il resto bisogna distinguere.
        Non dico che tu stia necessariamente sbagliando.
        Dico che la tua battaglia è troppo autoreferenziale per essere utile al movimento.
        E in tal senso non mi interessa.
        Dico anche che non c’è NESSUNO che pensi prima al movimento e poi a se stesso. In questo non sei solo.
        E concludo che in questo clima maravigliarsi di SF (ipotizzando giusta la tua condanna basata su sole prove indiziali) mi crea ulteriore meraviglia.

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