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Assaggio e neuroscienza: intervista ad Andrea Bariselli e Mario Ubiali (Thimus)

Una stretta di mano, qualche rapida indicazione e pochi secondi piĆ¹ tardi avevo un elettroencefalogramma piazzato in testa. Questo in sintesi il mio primo incontro con Thimus, azienda che si occupa di neuroscienza applicata. Non badai granchĆ© al contesto e nemmeno al tema, pensai piuttosto a quanto sarebbeĀ statoĀ interessante parlare del luogoĀ dove tutto diventa realeĀ (il cervello) con chi lo studia quotidianamente e che – visto il tema della rubrica – sarebbe stato utile farlo in questa sede. Lo avevo anticipato nel precedente post ed eccoci qui. Ringrazio Andrea Bariselli e Mario UbialiĀ (soci fondatori Thimus) per la disponibilitĆ  e Andrea per lo spazio. Buona lettura.

Bentrovati, ĆØ un piacere potervi ospitare su Cronache. Ci raccontate chi ĆØ Thimus?

Ciao Stefania! Thimus ĆØ la prima azienda italiana specializzata in customer neuroscience, vale a dire lo studio scientificamente fondato degli elementi che influenzano il successo di un prodotto, un brand, unā€™esperienza. Lavoriamo da ormai 7 anni su questo fronte, con clienti sia italiani che internazionali.Ā In buon sostanza ci chiedono di aiutarli a capire cosa passa nella testa del loro consumatori… ma non solo.

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Forma vs sostanza: il packaging ĆØ davvero determinante o sono le caratteristiche sensoriali del prodotto ad avere la meglio? Siamo davvero cosƬ infinocchiabili?

Il cervello ĆØ ancora una macchina troppo complessa per essere infinocchiata, fortunatamente. Esistono perĆ² una serie di strumenti e competenze che ci possono aiutare a rendere i prodotti piĆ¹ gradevoli e appetibili, anche per quanto concerne lā€™analisi sensoriale.

Assaggio e psicologia: tendiamo a scordare di non essere macchine. Quanta psicologia c’ĆØ nell’assaggio? E quanto puĆ² incidere nella scelta e valutazione di un prodotto?

Nella formazione finale dellā€™impressione contribuiscono diversi fattori: fisiologici, ambientali e psicologici. Questi ultimi pesano senza ombra di dubbio per un buon 70-80%, esistono unā€™infinitĆ  di bias percettivi che offuscano la visione nitida di un prodotto. Lo abbiamo dimostrato in un test condotto un paio dā€™anni fa con un panel addestrato, lavoro che ĆØ poi valso la vincita del premio internazionale Soldera (qui un articolo in pdf dello studio per chi volesse approfondire).

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Olfatto vs gusto/tatto. L’assaggio ĆØ l’esperienza multi-sensoriale per eccellenza, ma esiste un peso diverso rispetto alle sensazioni scaturite da cibo? Cosa fa godere di piĆ¹ il cervello? Cosa vi suggeriscono i test condotti?

Frammentare lā€™esperienza per singoli fattori ĆØ davvero molto complesso, ma per intenderci pare che alla fine il vero godimento cā€™ĆØ solo quando il prodotto viene degustato e non solo odorato: lā€™impressione definitiva arriva solo in bocca e azzera tutto quanto vissuto prima. Per dirla in altri termini, il gusto ĆØ in grado di correggere positivamente (o peggiorare) lā€™impressione pervenuta dai senso che lo hanno preceduto, olfatto compreso. La vista poi ĆØ il senso in assoluto piĆ¹ sopravvalutato in ambito sensoriale, eppure oggi molti ci fanno affidamento, vedi il comparto vini rossi ad esempio, dove sembra che un colore carico e ā€œmuscoloso” sia sinonimo di prodotto gradevole per il mercato.

Da stacanovisti dell’assaggio quali siamo ci prodighiamo per collezionare quante piĆ¹ esperienze possibili che ci consentano di scegliere con piĆ¹ facilitĆ , ma anche di descrivere meglio “quella pinta”. Mi chiedo spesso se l’esperienza non sia un’arma a doppio taglio: assaggio in base a ciĆ² che giĆ  so, o sono in grado di concentrarmi effettivamente sulle caratteristiche sensoriali del prodotto?

Lā€™esperienza ĆØ croce e delizia: se da un lato aiuta a districarsi velocemente nei meandri dellā€™assaggioĀ sui pattern giĆ  conosciuti, dallā€™altro spesso ĆØ un pantano nella quale non si ĆØ piĆ¹ in grado di uscirne. Per dirla in altri termini, il cervello ĆØ una macchina molto pigra, se vede o sente qualcosa che ā€œassomigliaā€ a qualcosa che giĆ  conosce, tenderĆ  ad associarlo senza volere spendere energie ulteriori per approfondire, diversamente da un novizio. Paradossalmente i fattori descritti e semantici dei meno esperti sono di gran lunga migliori e piĆ¹ raffinati se ben indirizzati.

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Immaginavate che lā€™impatto degli aspetti psicologici fosse cosƬ rilevante? E che lā€™esperienza ci rendesse in qualche modo ciechi rispetto alla descrizione del percepito? Potreste discutere di questo ed altro con i diretti interessati lunedƬ 10 Aprile, alle 14.30, allā€™interno di Sol&AgrifoodĀ (Pad. C)Ā in quel di Vinitaly, in area birre (cliccate sul programma per il dettaglio eventi).

Approfitto di questo spazio per invitarvi ad un incontro che mi vede (orgogliosamente) coinvolta: ā€œInside consumerā€™s brain: le neuroscienze del gusto, la controversia risposta dellā€™amaroā€ ĆØ il tema scelto per lā€™occasione con il team Thimus. Lā€™appuntamento avrĆ  un taglio divulgativo ma non solo. Indagheremo, attraverso assaggi e assaggiatori, la risposta ad alcuni amari. Il mio grazie vaĀ anche Mauro Pellegrini per l’invito e lo spazio concesso.

Vi si aspetta!

Stefania Pompele
Stefania Pompele
Veronese, un diploma agroalimentare e una sete atavica che si ripresenta in maturitƠ. Dopo una formazione nel mondo del vino (Onav e AIS), si specializza in meccanismi percettivi e analisi sensoriale al Centro Studi Assaggiatori. Panel leader, si occupa di formazione collaborando con istituti alberghieri ed enti privati. La birra? ƈ colpa di quella sete atavica e di un amico birraio. Dice che le riesca bene berla, ma ogni tanto ne parla/scrive anche.

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