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Fermentazioni 2015: intervista a Cecilia Scisciani e Matteo Pomposini (MC-77)

L’ultimo appuntamento, certamente non per importanza, della serie di interviste realizzate per Fermentazioni è quello con il birrificio marchigiano MC-77, con sede a Caccamo di Serrapetrona, in provincia di Macerata. Il progetto, nato dalla mente di Cecilia Scisciani e Matteo Pomposini, prima appassionati, poi homebrewer e infine birrai compiuti, è ripercorso in un’intervista che parla del passato del presente e soprattutto dei progetti futuri di uno dei più interessanti birrifici italiani. Questo il motivo per il quale, senza indugi, vi auguro una buona lettura.

Ciao ragazzi, fareste una breve presentazione ai (pochi) lettori di Cronache di Birra che non vi conoscono?

Il birrificio MC-77 è nato due anni e mezzo fa, nel febbraio 2013, in provincia di Macerata. Prima eravamo brewfirm e producevamo presso altri impianti, in particolare presso il Birrificio Maiella. Siamo andati avanti con questo assetto indicativamente per 4/5 mesi, ma le produzioni erano poco frequenti, soprattutto perché svolgevamo un altro lavoro che ci teneva impegnati a Roma.

Quale mole di produzione raggiungevate come brewfirm?

Minuscola. Posso addirittura dirti il numero di cotte realizzate: intorno alle 8/10. Senza dubbio una cifra irrisoria. Abbiamo deciso di produrre da Maiella su consiglio di Leonardo Di Vincenzo (Birra del Borgo, ndr), che abbiamo incontrato prima di avviare l’attività. Leonardo ci ha consigliato di sondare prima il mercato, poiché, pur essendoci ancora spazio per poter lavorare in questo settore, la cosa migliore sarebbe stata iniziare gradualmente e con i piedi di piombo. Questa discussione avvenne nel lontano 2011 (ride, ndr).

Nonostante il periodo da Maiella abbia rappresentano una fase piuttosto sperimentale della nostra avventura, ancora oggi ci basiamo su alcune ricette realizzate all’epoca, poiché la risposta del mercato fu piuttosto buona.

A un certo punto, tuttavia, abbiamo capito che per consentire alle nostre birre di raggiungere la giusta compiutezza sarebbe stato ideale avere un impianto a nostra totale disposizione, così da poter seguire la produzione dall’inizio alla fine. Nel 2013 abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, dopo un paio di anni di assestamento e di organizzazione burocratica. Siamo partiti con le tre birre che facevamo da Maiella: Bastogne (American Pale Ale, 5,8%), Ape Regina (Blonde Ale, 6,4%) e la San Lorenzo (Blanche, 5,2%); dopodiché ci siamo sbizzarriti, con la Fleur Sofronia (Blanche con fiori di ibisco, 5,2%), ma anche IPA e Session IPA.

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Com’è cambiato, se è cambiato, il mercato nel passaggio da brewfirm a birrificio?

Le cose in effetti sono mutate parecchio. Prima puntavamo molto di più sulle bottiglie, un mercato prevalentemente da beershop o ristorante. Quando ci siamo accorti che il pub rispondeva in maniera migliore al nostro tipo di lavoro, abbiamo deciso di produrre massicciamente in fusti. I consumi sono stati senza dubbio maggiori, così come la qualità delle birre che potevamo proporre con questo formato. La scelta ad ogni modo è stata molto più del mercato che nostra. Noi abbiamo solo deciso di rispondere a questo cambiamento.

Seconda partecipazione a Fermentazioni, come ci si prepara ad un evento di questo tipo?

Sembrerà una frase fatta, ma noi cerchiamo sempre di tenere le birre a posto, sia per i festival che per i pub con cui lavoriamo. Non siamo mai alla ricerca del “lotto migliore” per un evento in particolare, perché vogliamo che ogni cotta sia quella più in forma. La cotta che portiamo è chiaramente l’ultima disponibile. Ed è uno standard che proviamo a mantenere 365 giorni l’anno. Se qualcosa non ci convince al 100%, non la infustiamo. Qualche volta all’inizio era capitato, per fortuna succede sempre con minore frequenza.

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Descrivici Visciole al sole, la birra che avete presentato in anteprima qui a Fermentazioni.

L’acida è una Saison, con la particolarità di avere una acidità più accentuata grazie alla tecnica del sour worting con utilizzo di lattobacilli prima della bollitura del mosto. Effettuiamo il classico ammostamento, poi prendiamo il mosto, lo filtriamo, lo raffreddiamo fino a temperatura di fermentazione lattica (cioè tra i 30°/40°) e aggiungiamo un ceppo selezionato di lattobacilli che abbassa il PH del mosto. Dopodiché facciamo come per la birra normale: lo bolliamo, lo portiamo in fermentazione con un lievito tollerante a PH bassi, e poi nel nostro caso aggiungiamo le visciole, una ciliegia selvatica tipica delle Marche.

Cosa vi aspetta per la fine del 2015 inizio del 2016. Darete vita a nuovi progetti?

Visciole al sole è la prima birra di una serie ideata in questo modo. Quest’anno penso che sperimenteremo prettamente con questo tipo di tecniche. Lattobacilli, sour wort, sour mash. Proveremo diversi lieviti e diversi ingredienti con questa base acida. Questo progetto lo porteremo avanti fino all’estate del 2016. Poi vedremo!

Niccolo' Costanzo
Niccolo' Costanzohttp://www.my-basket.it/
Romano. Occasionale scrittore, frequente bevitore, ha sfruttato la sua prima esperienza negli Stati Uniti per conto del suo sito di pallacanestro per iniziare a scrivere di birra. La patria del luppolo lo ha stregato, ma lo stile inglese rimane nel suo cuore. Ha smesso di bere acqua da quando ha scoperto la Framboise di Oud Beersel.

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