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Una birra per sette birrifici (danesi)

D’accordo che negli ultimi tempi vanno di moda le birre nate dalla collaborazione di diversi produttori, ma in Danimarca hanno deciso di entrare nel Guinness dei Primati. Come riportato da Beernews, infatti, sarà presto disponibile sul mercato la SEVEN Russian Imperial Stout, che, come il nome suggerisce, nasce dal lavoro congiunto di ben 7 birrifici danesi.

Un numero record di partecipanti, nei quali si riconoscono birrai più o meno noti in Italia, oltre a un paio di amici: Shaun Hill (Nørrebro Bryghus), Peter Sonne (Ølfabrikken, Nørrebro, Halsnæs), Rune Lindgreen (Djævlebryg), Mikkel (Mikkeller), Jacob Storm (Amager Bryghus), Mike Murphy (GourmetBryggeriet, Ølfabrikken) e Christian Skovdal Andersen (Beer Here).

Ma come è possibile riuscire a unire tutti questi birrai per realizzare un’unica birra? Semplice: ognuno di loro ha creato una personale ricetta, poi tutte insieme sono state raccolte da Shaun Hill, che si è preoccupato di accorparle in una sola. Ogni ingrediente è stato mantenuto con le relative proporzioni, fino ad ottenere questa Imperial Russian Stout da 12 gradi alcolici, realizzata con 17 diversi malti e 5 qualità differenti di luppolo. Siete perplessi sul risultato di questo enorme “mischio” (per dirla alla Mike 😉 )? Non resterà che assaggiarla (se possibile)… oppure sperare che lo stesso Mike lasci un commento al riguardo su queste pagine 🙂 .

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Per la cronaca sono stati prodotti 1.000 litri di birra, un quarto dei quali sono già stati infustati. I restanti 750 litri sono stati lasciati ad affinare in botti di Bordeaux e Porto, per essere distribuiti tra diversi mesi in fusti e bottiglie.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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7 Commenti

  1. secondo il mio umile parere siamo alla becera deriva commerciale. ve lo immaginate un mix di xx bitter + bink blonde + zinnebir? o la rochfort 10 + WV tappo giallo? che senso ha? va bene mettersi intorno ad un tavolo e parlarne, ma una ricetta risultato di una media aritmetica di x ricette… non mi stupisce che come stile abbiano scelto una Imperial Stout, il che getta qualche ombra sul proliferare indisciminato di certi stili in repliche su repliche

  2. Eh sì, mentre scrivevo ho proprio pensato che ‘ste Imperial Stout e derivati ormai sono la tipolgia prediletta quando bisogna puntare su prodotti nati da idee “strane”. Che peccato, credo che si stia snaturando lo stile…

  3. a me inquieta pure il concetto di fare una media di ricette… se prendiamo le migliori 3 xxxx (scegli lo stile) del mondo e ne facciamo una media otteniamo la migliore xxxx del mondo? da un artigiano mi aspetto qualcosa di meglio…

    io negli States ho assaggiato una triple collaborazione fra birrai USA e danesi… allungami una Westmalle va… 🙂

  4. Che si tratti di un’operazione commerciale è innegabile… però credo (spero) che i birrai abbiano avuto “linee guida” da rispettare nell’ideare la loro versione di questa Imperial Stout… poi le perplessità rimangono, sia chiaro

  5. e i 750 litri in botti di Bordeaux e Porto a che servono? a coprire gli squilibri?
    cmq nn mi va di essere troppo critico, tutte le birre devono avere una possibilità (non che mi aspetti di poterne bere un sorso, aspetterò anche io qualche recenzione). E cmq guardiamo il lato positivo, nn si potrà dire che solo i nostri birrai fanno cose strane, presto avremo anche un paese brassicolo come la danimarca (oltre agli stati uniti che già come noi sono a volte “fuori dal coro”) a produrre cose fuori dal comune (anche se loro la loro base solida già ce l’hanno).

  6. Io non sono un profondo conoscitore della Danimarca birraria ma a quanto mi dicono persone più informate di me al di fuori di Imperial varie muscolari e l’oramai moda mondiale del legno (benvenuta, ma che a volte in tutta onestà sopperisce a tecnica non eccelsa, e che permette grossi margini sui mercati USA) non c’è molto altro. Penso che in quanto a creatività in Italia siam messi ben meglio

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