C’è stato un momento nella storia della birra artigianale italiana in cui le beer firm, cioè i marchi birrari senza impianto di proprietà, ebbero un successo enorme. Era il periodo della grande espansione del segmento artigianale e l’idea di lanciarsi in un mercato in ascesa con investimenti ridotti era decisamente allettante. Gli anni successivi mostrarono però la fragilità di certi progetti, soprattutto quando non supportati dall’intenzione di trasformarsi subito in birrificio: la marginalità ridotta e l’impossibilità di gestire produzione e logistica portarono alla quasi estinzione del modello beer firm. Dopo la pandemia, tuttavia, questo format sta tornando di moda, probabilmente perché aprire un birrificio è oggi un’impresa titanica in termini economici: optare per un marchio senza impianto non è più un’alternativa, ma una scelta obbligata. Nel pezzo di oggi, allora, raccontiamo quattro recenti beer firm apparse negli ultimi mesi sul mercato italiano.
La Reale
È partita la scorsa primavera l’avventura de La Reale (pagina Instagram), nuova beer firm con le radici in Puglia ma dall’impronta cosmopolita, frutto dell’intuizione di Giuseppe Reale, classe 1994. Il rapporto di Giuseppe con la birra artigianale è cominciato una decina di anni fa, quando entrò nello staff dell’Artizen Ristopub di Altamura: il suo percorso professionale crebbe insieme alla passione per la birra, che lo portò a interessarsi successivamente alla produzione. Da quel momento cominciò a fare esperienza in alcuni birrifici europei (a Londra e ad Amsterdam) e persino in India, dove produsse birra per un paio di mesi. A marchio La Reale al momento è disponibile una sola birra: una Pale Ale (4,9%) realizzata presso l’impianto di Rotorcraft Brewery. Ottimo il debutto a livello comunicativo, con grafiche d’impatto e social molto curati. Azzeccata anche l’idea di scegliere come “mascotte” il cammello, ossia l’animale che beve più di tutti (quantomeno nell’immaginario collettivo).
Hooked Brewery
Da un cammello passiamo a una trota di nome Marmy, simbolo della giovanissima beer firm Hooked Brewery (pagina Instagram), con cui il fondatore Mattia Zanellato ha sugellato l’unione tra le due grandi passioni: la pesca e, ovviamente, la birra. Mattia ha alle spalle diversi anni di homebrewing, affrontati con grande devozione, e per la realizzazione delle birre (di cui scrive personalmente le ricette) si appoggia al birrificio Mr. Sez di Miane (TV). La gamma al momento consta di tre produzioni base: Toc Toc, Chi Czech? (5%), una Bohemian Pilsner piacevolmente amara con note di erba tagliata e crosta di pane; CTRL+ALTBIER+CANC (5%), una Altbier sui generis grazie a una luppolatura non convenzionale con Mandarina Bavaria; My Friend Nelson (4,5%), una Pale Ale leggera fermentata con Kveik e luppolata con Nelson Sauvin. A queste si aggiungono due Mild: l’Historical 1865 XX Mild, brassata in collaborazione con Urban Farmhouse per l’ultimo Historical Beer Festival, e la Mild Una Gioia (3,7%), fedele all’interpretazione moderna dello stile britannico.
Matraxia Brewing
Ha sede a Caivano, in provincia di Napoli, la beer firm Matraxia Brewing (sito web), le cui prime birre sono arrivate sul mercato la scorsa estate. Il nome deriva dal cognome del suo fondatore, Carlomaria Matracia, che ricopre anche il ruolo di frontman del marchio. La gamma al momento si compone di tre birre, prodotte presso i birrifici Radiocraft, Biren e Amerino: IPAradiddle (5,5%) è un’American IPA realizzata con un dry hopping di Azacca e Chinook, agrumata e resinosa; Karl Keller (4,6%) è una bassa fermentazione di stampo francone, luppolata con Perle; Tota Tripel (8,5%) è invece una Tripel muscolare e fruttata, ben bilanciata dall’elegante amaro del Saaz. L’avventura di Matraxia Brewing è appena cominciata, ma Carlomaria già sogna lo step successivo: diventare un birrificio a tutti gli effetti, sebbene ancora non ci sia alcun progetto concreto in tal senso.
Element Beer
E chiudiamo con un salto a Vimercate (MB), comune lombardo da dove proviene il marchio Element Beer (pagina Instagram), inaugurato lo scorso giugno. Come il nome suggerisce, questa beer firm incentra la propria comunicazione sul mondo della chimica e in particolare sulla tavola periodica degli elementi: la prima birra è la Oro #79 (5,4%), una Session IPA brassata con solo malto Pilsner e luppolata con le varietà Mosaic e Amarillo. Un paio di settimane fa la gamma si è allargata con l’arrivo della Platino #78 (6,1%), una IPA profumata e amara al punto giusto, secca e pulita. La grafica delle etichette è minimalista e inevitabilmente richiama la tavola di Mendeleev. Le birre sono prodotte presso il birrificio Hibu, mentre potete trovarle con una certa regolarità presso la Birreria Cassina di Merate (LC).









