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Budweiser torna al Super Bowl con uno spot, ma i toni oggi sono diversi

Qualche ora fa negli Stati Uniti si è concluso il cinquantesimo Super Bowl, che sicuramente molti appassionati di birra artigianale avranno aspettato al di là dei suoi contenuti puramente sportivi. Lo scorso anno, infatti, la finale della NFL rappresentò per la multinazionale Budweiser l’occasione per lanciare il suo spot televisivo contro il mondo della craft beer: una scelta che sollevò un’infinità di polemiche per il modo umiliante e superficiale con il quale erano ritratti i bevitori di birra artigianale. Questa notte Budweiser è comparsa nuovamente negli spazi pubblicitari del singolo evento sportivo più mediatico al mondo, veicolando tre spot tutti abbastanza diversi tra loro. Ma uno di questi – in particolare il secondo trasmesso – ha proseguito sulla strada battuta 12 mesi fa, seppur con alcune sostanziali differenze.

Il video in questione può essere considerato un elogio a un certo machismo birrario dal gusto molto americano e abbastanza lontano dal nostro approccio alla bevanda – non intendo solo di noi appassionati di birra di qualità, ma in generale dei consumatori europei. Ecco allora che mentre sullo schermo si alternano immagini del duro lavoro in birrificio (e non solo), Budweiser esprime la sua idea di birra (e di produrre birra) con una serie di sentenze: “non è un hobby”, “non è piccolo”, “non si beve sorseggiando”, “non è una coppetta di macedonia”.

Il senso di continuità con lo spot dello scorso anno è piuttosto evidente e sebbene questa volta i riferimenti siano decisamente meno espliciti, Budweiser conferma la sua voglia di enfatizzare alcuni luoghi comuni legati alla birra di qualità. Di fronte alle “straordinarie eccellenze” rappresentate dal marchio industriale, gli homebrewer sono allora semplicemente dei bambini a cui piace giocare, i microbirrifici delle pulci non meritevoli di attenzione, i consumatori di craft beer gente che si diletta ad  analizzare nel dettaglio ogni birra e che impazzisce per strani prodotti aromatizzati alla frutta.

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Potrebbe allora sembrare un altro spot capace di rinfocolare le polemiche, ma la realtà è assai diversa. I 60 secondi di video mostrano una posizione molto più cauta rispetto a quella dello scorso anno, quasi che Budweiser sia costretta a rimanere in equilibrio tra la voglia di rimarcare le sue posizioni e il timore di rinvigorire la rabbia dei consumatori craft. Dalle accuse esplicite, sostenute da immagini inequivocabili, si è passati a riferimenti velati e a un’inversione del soggetto: sullo schermo non compaiono più improbabili nerd atti a dissezionare il contenuto dei propri bicchieri, ma al massimo un anziano signore al bancone che toglie dal suo bicchiere di birra una fetta di limone – e noi siamo tutti d’accordo con il suo gesto!

Come ultima sentenza dello spot di Budweiser appare quello che è anche il titolo della campagna: “not backing down”, che nel racconto “epico” della multinazionale può essere tradotto come “non tirarsi mai indietro”. Ma che – e qui bisogna capire quanto abbia giocato l’inconscio dei pubblicitari 😛 – ha anche il senso di “non cedere”: chissà che non sia un riferimento ai problemi che sta vivendo la birra mainstream negli Stati Uniti.

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Dodici mesi dopo lo spot delle polemiche, Budweiser torna quindi a battere sugli stessi temi, ma in modo molto più oculato. Il motivo può essere ricercato anche nelle recenti operazioni dell’industria nel mondo della birra artigianale, con acquisizioni e manovre che hanno mostrato un’invasione di campo senza precedenti. Continuare ad attaccare quelli che sono i primi sostenitori dei tuoi nuovi marchi brassicoli sarebbe un’idea poco intelligente, soprattutto perché – come dimostrato quest’anno – puoi continuare a sostenere i tuoi valori in maniera diversa.

Non è un caso che tra gli spot di questa notte sia andato in onda anche quello della birra Shock Top. Si tratta di un prodotto simil artigianale, considerato concorrente della più celebre (almeno da noi) Blue Moon. La particolarità è che, al pari del marchio Budweiser, anche Shock Top è di proprietà di AB Inbev. La multinazionale quindi prima esalta il “fierissimo” bevitore di birra da supermercato, poi si rivolge a un tipo di consumatore ben diverso e più vicino al prototipo che ha quasi dileggiato pochi minuti prima. Paradossi che solo l’industria è in grado di regalarci e che siamo destinati a incontrare sempre più spesso negli anni a venire.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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4 Commenti

  1. …e poi gran finale…
    Intervista post partita a Peyton Manning con tanto di Lombardi Trophy in mano che annuncia “Ora vado ad baciare la moglie, i figli e a bermi una Budweiser….”

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