Negli scorsi giorni mi sono imbattuto nell’edizione 2014 di Beer statistics, documento pubblicato lo scorso ottobre dall’associazione Brewers of Europe ma passato totalmente in sordina. L’ente no-profit, fondato nel 1958, si propone come voce del settore brassicolo d’Europa, comprendendo soggetti rappresentativi di tutti i paesi dell’Unione (Assobirra per l’Italia), oltre a Norvegia, Svizzera e Turchia. La ricerca analizza il mercato europeo della birra (di tutta la birra), suddividendo i dati tra le varie nazioni. Niente di nuovo, penserete giustamente, se non fosse che l’analisi si concentra anche sui microbirrfici: per la prima volta possiamo dunque confrontare il nostro comparto artigianale con quello degli altri paesi europei. E le conclusioni per l’Italia sono certamente sorprendenti…
Dei 17 capitoli di cui si compone il documento, quello che ci riguarda è solamente il decimo, con due pagine: nella prima viene stilata una “classifica” delle nazioni europee in base al numero dei microbirrifici attivi (i dati si riferiscono al 2013), nella seconda è presentata una tabella con l’andamento dei microbirrifici dal 2008 al 2013. Prima però è doverosa una premessa: lo studio considera “microbirrifici” solo quelle aziende che hanno una produzione annuale non superiore ai 1.000 hl annui. Il limite è davvero basso e passabile di parecchie distorsioni per realtà più consolidate di quella italiana (penso ad esempio alla Germania), di contro restituisce un valore semantico al concetto di “micro”. Al di là del condivisione o meno del criterio di analisi, questo limite può comunque essere un punto di partenza interessante per confrontare le realtà dei diversi paesi.
Così ad esempio scopriamo – non senza qualche sorpresa – che l’Italia è addirittura il terzo stato europeo per numero di microbirrifici attivi. La prima posizione è saldamente in mano al Regno Unito, con più del doppio di produttori (1.440) della Germania seconda (668). Come detto, noi ci piazziamo sul gradino più basso del podio (491), precedendo nell’ordine Svizzera (363), Francia (345) e Spagna (203). Purtroppo però l’analisi è parziale, causa l’assenza di dati per nazioni importanti come Belgio e Olanda – tuttavia, data la loro estensione territoriale, difficilmente il numero dei rispettivi microbirrifici potrebbe avvicinarsi a quello italiano. Da notare che la Germania è molto più vicina al Regno Unito per numero totale di birrifici (1.349 contro 1.490), tanto per ribadire ciò che abbiamo espresso poco sopra.
Forse ancora più interessante è la tabella seguente, che analizza lo sviluppo del comparto artigianale in ogni paese con il numero di microbirrifici attivi nel periodo 2008 – 2013. Qui chiaramente ha senso confrontare i due estremi per ricavare la percentuale di crescita (o decrescita) durante i sei anni. Purtroppo le realtà europee sono molto diverse fra loro e se in alcuni casi si analizza un contesto già ampiamente sviluppato (come per l’Italia), in altri casi i numeri sono così piccoli che le variazioni hanno poco senso (anche quando importanti in percentuale).
Nel primo gruppo possiamo inserire Italia, Regno Unito, Svizzera, Francia, Repubblica Ceca e Germania. Ebbene tra queste nazioni l’Italia è quella che ha mostrato il tasso di crescita maggiore, più che raddoppiando in sei anni il numero di microbirrifici attivi (da 206 a 491, +138%). Seguono il Regno Unito (+115%), la Svizzera (+ 63%) e la Francia (+ 30%), mentre per Repubblica Ceca e Germania l’incremento è stato abbastanza timido (+17% e +12%). I dati quindi confermano l’idea generale per cui Italia e Gran Bretagna rappresentino al momento due delle nazioni più interessanti in Europa in termini di rivoluzione brassicola.
Tra le altre nazioni meritano menzione Spagna e Svezia, che hanno mostrato tassi di crescita eccezionali. La Svezia ha più che quadruplicato il numero di microbirrifici, passando da 15 a 80, mentre la Spagna ha addirittura quasi sfiorato il 1.000%, passando da 21 microbirrifici a ben 203. Evidentemente in queste due nazioni il fenomeno della birra artigianale è arrivato con leggero ritardo rispetto all’Italia, ma questo non impedirà loro di proporsi come nuove realtà emergenti nei prossimi anni.
Se ci riferiamo al comparto artigianale, i dati del nostro paese sono quindi decisamente lusinghieri e confermano una delle crescite più interessanti in tutto il contesto europeo. I dati sono tanto più sorprendenti se consideriamo che, anche nel documento in questione, l’Italia si conferma all’ultimo posto in Europa per consumo di birra pro capite (solo 29 litri annui), escludendo la Turchia anche per motivi politico-religiosi. Questa discordanza solleva perplessità e dubbi, che poi sono gli stessi che ci stanno accompagnando da anni.
Diciamo che il comparto produttivo è in crescita perché si è sbandierata ai 4 venti da parte di organi di stampa, corsi professionali, la “opportunità imprenditoriale” come una grande novità. I 29 LT annuali parlano chiaro. O si beve o si chiude, semplicemente.
Dal documento è anche interessante notare come il consumo totale di birra in Italia dal 2008 al 2013 sia rimasto praticamente invariato. In molti paesi europei invece si sta contraendo.
Sì dato che avevo notato anche io. In effetti in tutti i paesi con grande tradizione e consumi c’è stato un ridimensionamento pesante, ma questo si sapeva. L’Italia si è mantenuta in linea di galleggiamento, anche perché fare peggio sarebbe stato difficile 🙂
Ci sono dati relativi alla distribuzione dei microbirrifici in Italia? Tipo in quale regione/città ce ne sono di più?
Enrico non ricordo se questo dato era presente nel documento che ho linkato. Comunque puoi farti un’idea tramite microbirrifici.org