Paese che vai, birra che trovi. Sicuramente l’assaggiare birre non è la ragione principale di un viaggio in estremo oriente, ma per noi beer hunters la tentazione di scovare birre anche a più di 10.000 kilometri da casa è troppo forte. E così zaino in spalla tra templi, pagode e grattacieli con viste mozzafiato, immerso in un clima tropicale mi sono ritagliato alcuni momenti dedicati alla ricerca di craft beers.
Partiamo da Singapore. Si tratta di una città stato, carissima e pulitissima (multe salate per chi fuma o mastica chewing gum in luoghi pubblici) ma molto interessante da visitare. La birra che va per la maggiore è la Tiger, birra della vicina Malesia di proprietà del colosso Heineken, mentre la scena craft autoctona non è molto sviluppata.
Sono stato al Level 33 (sito web), situato al trentatreesimo piano di un palazzo nel World Financial District. Dal menù si evince che si tratta, oltreché di un ristorante, del birrificio artigianale urbano più alto al mondo e, in effetti, la vista sulla baia di Singapore è veramente magnifica. I prezzi riflettono l’altitudine del locale quindi opto per il “beer paddle” che offre l’opportunità di assaggiare tutte e cinque le birre prodotte: una Lager, una Weizen, una Stout, una Pale Ale e un IPA. L’unica che merita la sufficienza è la Lager, quanto meno rinfrescante e conforme allo stile, le altre sono simpatici (ma costosi) esperimenti. Il locale merita per la vista e il 95% della clientela, internazionale come di consueto a Singapore, lo frequenta per quello.
Molto meglio lo Smith Street Taps (pagina Facebook), situato nella zona di China Town. Si tratta di un beer shop con 7 birre alla spina. La scelta è eccellente e mondiale (birre europee, americane, giapponesi e australiane) e i ragazzi che lo gestiscono sono dei veri appassionati. Unica pecca l’assoluta mancanza di birre “made in Singapore”. Vista la mancanza di produzioni locali ho scelto di assaggiare birre di paesi di cui ho una conoscenza decisamente scarsa: una Millenium Falcon (10,5%), Imperial IPA del birrificio australiano Holgate la cui amarezza è ben bilanciata dal forte aroma di agrumi, e un’eccellente Espresso Stout (7,5%) del birrificio giapponese Hitachino Nest.
Molte più soddisfazioni, dal punto di vista birraio, me le ha date Taiwan. Taiwan è un’isola indipendente dal 1945, nata dalla fuga dei nazionalisti di Chiang Kai Shek, a seguito della sconfitta contro l’Esercito di Liberazione Popolare di Mao Zedong. Da sempre filo-occidentale e principale alleato degli USA nell’estremo oriente, è salita alla ribalta mondiale come una delle quattro “tigri asiatiche” (insieme a Hong Kong, Singapore e Corea del Sud) protagoniste di una vertiginosa crescita economica negli anni ’90.
Taiwan non è mai stato riconosciuto come stato indipendente dalla Cina ma oggi i rapporti con la ex madre-patria, almeno dal punto di vista economico, sono molto migliorati e l’ingombrante presenza del gigante cinese è sempre più evidente. Allo stesso tempo il legame con gli USA rimane forte: l’inglese parlato è l’inglese americano e americani sono la stragrande maggioranza dei turisti che visitano l’isola. Tramite treni e bus ho viaggiato zaino in spalla lungo tutta la costa orientale. Dal punto di vista birraio ho trovato interessante la zona nord-ovest dell’isola, in particolare la capitale Taipei e la città di Hsinchu. Quasi nulla nel sud.
Taipei è una città vibrante come lo sanno essere le metropoli di questa parte del mondo. Le luci dei grattacieli fanno pensare a Manhattan, i templi e i mercati diffondono un fascino molto più cinese. L’inglese è abbastanza diffuso e la rete dei trasporti molto capillare ed efficiente.
A Taipei sono stato in due posti. Il migliore è senza dubbio il The 58 (sito web), un autentico gioiellino situato nella zona di Ximending, la “Little Tokyo” di Taipei e una delle zone più trendy della città. Il locale è un beer shop, piccolo, ma fornitissimo di birre artigianali taiwanesi e di liquori locali. Una lavagna, con disegnata l’isola di Taiwan, mostra la dislocazione dei birrifici nell’isola, mentre il dettagliatissimo menu offre l’imbarazzo della scelta. Clientela quasi esclusivamente locale con un’alta percentuale di beer geeks.
Qui ho degustato una Stout della Jolly Brewery, la Crop Circle Mania Pangu Ale del microbirrificio Crop Circle Mania e una Abbey Triple (10%) del North Taiwan Brewing. Tutte di buon livello e molto conformi allo stile a cui si richiamano. La tipologia di birra che mi ha colpito di più, e che non conoscevo, è stata quella della Tea Ale che sembrano essere molto in voga a Taiwan. Ho assaggiato la Guyu (6%) del birrificio Taiwan Head Brewers, una ale ambrata dal distinto sapore di tè (le cui foglie fanno parte della ricetta) e con un finale dolciastro e piuttosto complesso.
Il secondo locale dove sono stato a Taipei è The Tasting Room (pagina Facebook), tap room situata nel distretto di Daan, nella zona centrale della città. Si tratta di un locale piuttosto piccolo con un lungo bancone in legno e tavoli, sia interni sia esterni, anch’essi in legno. La zona fa si che sia frequentato sia da locali, assetati dopo una giornata di lavoro, sia da turisti. Presenta una ventina di birre alla spina, quasi tutte europee (inglesi e norvegesi) e americane con le sole birre del birrificio Taihu a rappresentare Taiwan. Qui ho provato una Porter (7%) e una Brown Ale (5%), ambedue del birrificio Taihu ed entrambe di livello medio.
La seconda città di interesse birraio che ho trovato a Taiwan è la già citata Hsinchu, definita dai locali la “città ventosa” per la brezza che la caratterizza ma che, sfortunatamente, si è presa una pausa durante la mia pur breve permanenza lasciandomi con un caldo umido tropicale. La città, a parte la zona sul mare che è molto carina, non presenta particolari attrazioni.
A Hsinchu segnalo l’interessante Ibeer (pagina Facebook), beer shop con un’ampia scelta di birre taiwanesi, americane e europee. Sono capitato in una serata dedicata al birrificio americano Stone ma ho degustato due birre locali: una Chocolate Stout (7,5%) del birrificio Taiwan Head Brewers e una Session IPA (4,5%) del 55th Street Craft Brewery.
Un’interessante scoperta è stato Boboli (pagina Facebook), wine bar gestito da due ragazzi italiani di Bergamo, la mia città, situato a una ventina di metri di distanza da Ibeer in cui, con mio grande piacere, ho scoperto che oltre ai vini importano anche birre artigianali italiane dei birrifici Lambrate e Montelupo.
Traendo un bilancio sono rimasto piacevolmente sorpreso dal movimento craft taiwanese: tante birre di buona qualità e tanti esperimenti. L’influenza americana, piuttosto presente nella società locale, si sente anche nel movimento birraio. Essendo stato anche in Cina devo dire che i cugini taiwanesi sono una spanna avanti. Giudizio negativo invece su Singapore, da cui, vista l’alta presenza europea e australiana, mi aspettavo qualcosa di più.