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Quattro buone ragioni per diventare un homebrewer

Fare birra in casa non significa solo smanettare sul fornello con dei pentoloni. Significa anche e soprattutto avventurarsi in un percorso di conoscenza ed esplorazione. Spesso si sottovaluta questo hobby, classificandolo come un divertimento un po’ rozzo e a volte anche troppo impegnativo. Ma le soddisfazioni sono molte e non sono solo legate alla produzione in sé. Oggi voglio ragionare su come la produzione casalinga di birra sia utile per affinare le proprie abilità degustative e su quanto possa rafforzare la conoscenza degli stili birrari. Qualunque appassionato di birra dovrebbe provare almeno una volta a produrre birra in casa, magari anche prima di lanciarsi nella frequentazione di un corso di degustazione. Vediamo quali opportunità nasconde la vita da homebrewer.

Img01 - Materie prime

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Contatto diretto con le materie prime

Ovviamente non si deve per forza produrre birra in casa per poter assaggiare gli ingredienti base. È anche vero, però, che un homebrewer viene più frequentemente a contatto con luppoli, malti tostati e cereali vari rispetto a chi li assaggia nel mezzo di una visita in birrificio o durante un corso di degustazione. Assaggiare e annusare le materie prime è un’esperienza estremamente interessante e formativa per chi vuole imparare a conoscere la birra. Ogni malto ha un proprio ventaglio di aromi e sapori, spesso esaltati dal differente livello di tostatura a cui è stato sottoposto. Annusare e assaggiare i diversi tipi di malto aiuta a fissare nella memoria uno spettro di sensazioni olfattive e gustative di riferimento, fondamentale per apprezzare e descrivere con consapevolezza le caratteristiche organolettiche di una birra. Per i luppoli questo aspetto è meno evidente, dato che assaggiarli da “crudi” non serve e non è affatto piacevole; ma annusarli dopo averli sfregati tra i palmi delle mani è una buona pratica per prendere confidenza con gli aromi caratteristici di ogni tipologia.

Img02 - difetti

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Tanti difetti a portata di mano

Non tutti gli homebrewer si rendono conto di quanto siamo fortunati quando una birra fatta in casa ci riesce male. Non è un’esperienza piacevole, lo so, ma in realtà quello che abbiamo sottomano in questi casi è un preziosissimo campionario di difetti che i degustatori professionisti, per allenarsi, sono costretti ad acquistare sul mercato a caro prezzo. Certo, non tutti i possibili difetti si presentano all’appello (per fortuna) e ogni volta bisogna capire quale si è manifestato nella nostra birra, ma a forza di brassare in casa se ne incontrano parecchi e si impara a riconoscerli: diacetile (aroma burroso), acetaldeide (mela verde, vernice) e astringenza sono solo alcuni dei difetti che spesso finiscono nelle birre degli homebrewer. Non è detto poi che un birra prodotta in casa debba per forza venire male per poterne “apprezzare” i difetti: molti dei principali off-flavours si sviluppano normalmente durante il processo fermentativo (acetaldeide, uova marce, diacetile, solo per citarne alcuni) per poi essere riassorbiti dal lievito a fine fermentazione e scomparire dalla birra. Assaggiando le birre fatte in casa durante tutte le fasi della produzione si affinano enormemente le proprie abilità degustative. Questo è un grande vantaggio rispetto a chi non produce birra in casa e si affida ai soli descrittori presenti sui testi o ai singoli campioni annusati una tantum durante un corso di degustazione.

deluxe-beer

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Esperienza diretta del processo di produzione

In qualsiasi corso di degustazione, che sia dedicato al vino, alla birra o al whisky, viene insegnato, almeno a grandi linee, il processo di produzione. Per cogliere alcune sfumature organolettiche di questi prodotti è infatti importante avere almeno un’idea di quali sono gli ingredienti base e di come vengono utilizzati nel processo di produzione. Ma una cosa è leggere e studiare, tutt’altra è cimentarsi nella pratica. Nel caso della birra, abbiamo la grande fortuna di poter replicare in casa, su piccola scala, esattamente il processo di produzione che utilizzano i birrifici. Seguire in prima persona tutte le fasi della produzione, dalla macinatura dei grani, all’ammostamento fino alla fermentazione, offre un punto di vista di enorme vantaggio sul come e sul quando si sviluppano gli aromi e i sapori che troveremo qualche mese dopo nel nostro bicchiere. Si tratta di sensazioni che, di nuovo, andranno a fissarsi nella nostra mente ampliando il nostro personale bagaglio di memorie olfattivo/gustative. Questo ci renderà progressivamente  sempre più consapevoli e più sicuri quando cercheremo di gustare, capire e descrivere una birra.

Img03 - stili storici

Avere uno stile birrario come obiettivo e non solo come idea

Nella mia esperienza personale, questo è stato l’aspetto che più mi ha aiutato a padroneggiare le decine e decine di stili birrari in tutte le loro variazioni e continue evoluzioni. Come mai? Beh, da bravo homebrewer, ogni volta che mi accingo a produrre un nuovo stile mi lancio sul web o leggo libri alla ricerca di più informazioni possibile sullo stile. Cerco di capire gli ingredienti, la storia, il processo di produzione, i segreti dei grandi mastri birrai in modo da poterlo replicare in casa nel modo più fedele possibile. Allo stesso tempo cerco di assaggiare più esempi possibili dello stile: da quelli che lo incarnano fedelmente ai tentativi più estremi o azzardati. Alla fine, dopo vari assaggi e letture e, soprattutto, dopo aver acquistato gli ingredienti e averli messi insieme, è quasi inevitabile che le caratteristiche di un certo stile mi si fissino nella mente. C’è una enorme differenza tra studiare gli stili semplicemente per ricordarli e studiare per tentare di riprodurli. Quando ti ritrovi la tua birra nel bicchiere, la mente si accende.

Siete pronti a lanciarvi nel fantastico mondo dell’homebrewing?

Francesco Antonelli
Francesco Antonellihttp://www.brewingbad.com/
Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. È giudice certificato BJCP (Beer Judge Certification Program).

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5 Commenti

  1. Voglio aggiungere un parere spassionato dalla mia esperienza personale (mi denuncio: homebrewer da 13 anni, deformazione professionale da biologo molecolare).

    Innanzitutto partite pure con l’essenziale, pochi soldi, pochi oggetti scelti con attentissimo ordine di priorità, e tanto studio.

    Poi però potrebbe capitare che tutto questo diventi incredibilmente più grande di quanto avevate pianificato. Diventerete degli invasati cronici, ci sono buone probabilità fidatevi. E qui viene il mio consiglio. Vedo spesso che il percorso di upgrade di ogni homebrewer, sia tecnologico che teorico, è esclusivamente di stampo “automazione bricolage/ingegneristica”. Siano lodati gli ingegneri e ben venga il bricolage, che è una delle gioie di questa pratica, e ok. Però la disciplina scientifica di base per capire a fondo la birrificazione non sono l’elettronica e l’ingegneria meccanica, ma la biologia e la chimica. Ed è basandosi sulle nozioni biochimiche e biologiche che si derivano speculazioni sulle tecnologie più adatte, non il contrario. Insomma il bricolage deve essere al servizio della scienza della birrificazione, mentre spesso accade il contrario.

    Inoltre, quando vorrete spingere il vostro “hobby” in avanti, chiedetevi “avanti in quale direzione”? e il mio consiglio è di prendere in considerazione anche la direzione del “laboratorio”. I fondatori di Sierra Nevada fin dai primi 100 dollari spesi in attrezzature, 50 li destinavano al laboratorio. E partendo così da homebrewer sono diventati quel che sono.
    Se state spendendo 500/1000 euro per costruire il vostro herms e non avete mai fatto un test di fermentazione forzata (costo zero euro), a mio modesto parere dovreste rivedere le vostre priorità. Considerate che con pochissimi soldi potete raccogliere le attrezzature necessarie a condurre conte cellulari, analisi su mezzi di coltura selettivi per controllo qualità, selezione di colture pure, e non mi dilungo. Insomma, prima di studiare il “manuale di saldatura TIG”, prendete in considerazione di leggervi Yeast di Chris White 🙂

    Ecco scusate, questo era il mio invito personale a indirizzare la vostra nerditudine verso l’aspetto a mio avviso più interessante e un po’ sottovalutato.

    • Anche io mi trovo abbastanza d’accordo. Il punto, per la mia esperienza, è che per molti homebrewers fare birra in casa è un hobby più rivolto al fai da te che alla birra in sé. Mi sentirei quasi di dire che è cosi per la maggioranza dei casi, o almeno per una componente significativa.

      Anche per questa ragione è opinione diffusa che gli homebrewer si intendano ben poco di birra.

      Comunque, oltre ai tuoi consigli, io suggerirei anche e soprattutto di concentrarsi sull’approfondimento di tutto ciò che è legato al mondo birrario: storia, stili, degustazione. Anche perché facendo birra in casa si ha l’occasione per mettere in pratica le proprie conoscenze.

  2. ciao Andrea, ogni morte di papa esco dall’eremitaggio ma ti seguo assiduamente 🙂

    @francesco vero anche quello. Quando il panorama birraio italiano era molto piccolo era anche tutto un insieme integrato. Unionbirrai era un po’ la grande mamma che inglobava tutti. Birrai, homebrewer, degustatori professionisti e appassionati si ritrovavano continuamente negli stessi posti, sia virtualmente (it.hobby.birra) che fisicamente (Xmas, birra dell’anno, Salone del gusto, pochissime fiere specializzate). Va detto che il livello dell’homebrewing a quei tempi era scarsissimo rispetto ad oggi, però era un mondo a stretto contatto con il resto. Ora che la birra artigianale è una realtà enorme è molto più compartimentata e si possono frequentare solo alcuni aspetti senza venire a contatto con gli altri. Grossi forum, associazioni ed eventi esclusivamente legati all’homebrewing permettono di aggregarsi attorno questo hobby senza necessariamente incontrare il resto della cultura birraia. Credo sia una conseguenza naturale, non intendo fare il conservatore, però forse c’è bisogno di rompere il fenomeno dei suddetti “compartimenti stagni” e creare promiscuità.

  3. Ho avuto la mia esperienza qualche anno fa’. La trovai limitativa perché da bravo autarchico non riesco a piegare la mia visione del mondo all’acquisto continuo di materiale. Ora mi voglio riavvicinare ma guardingo come un cane e la mia deformazione da agronomo e enologo mi spinge alla sperimentazione. E in questo caso esistono solo due modi per sperimentare. Maltazione e selezione lieviti. Per il resto come aveva detto andrea qualche tempo fa in novemila anni di birra cosa vuoi fare in sala cottura di nuovo?

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