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Tutti all’attacco di Unionbirrai: critica legittima o ingiusta gogna social?

Il settore italiano della birra artigianale è ricco di paradossi e un esempio è quanto sta andando in scena negli ultimi giorni. Le due puntate di Report dedicate alla birra sono state un assist per il movimento, ma invece di compattarlo hanno finito per incrinarlo. Tutto è cominciato con l’errore di Unionbirrai, che ha rinunciato a partecipare alla trasmissione di Rai 3 con i suoi rappresentanti istituzionali, perdendo così un’occasione d’oro per raggiungere oltre un milione e mezzo di spettatori. L’associazione ha peggiorato la sua posizione prima con un comunicato sconclusionato, poi con un inconcludente post pubblicato sui suoi canali social. Da quel momento Unionbirrai è stata presa di mira da un inevitabile shitstorm, che se inizialmente ha preso di mira solo la sua scelta rispetto a Report, poi ha finito per colpire l’associazione nel complesso, mettendone in dubbio persino la sua utilità. Un accanimento comprensibile solo in parte, che però solleva un grande quesito: Unionbirrai ha aiutato la birra artigianale in questi anni? O, come vuole far intendere qualcuno, le ha solo tarpato le ali?

Ognuno può rispondere a queste domande come ritiene più opportuno. La posizione di chi scrive però è chiara: Unionbirrai è stata ed è tuttora una risorsa importante per la birra artigianale italiana; metterne in dubbio l’utilità (se non l’esistenza) è pura follia. Chiaramente non vogliamo convincere nessuno, ma solo valutare l’attività dell’associazione in questi anni, con i suoi traguardi e i suoi limiti. Un’analisi pacata e ponderata, con i toni che contraddistinguono Cronache di Birra sin dalle origini, mettendo i fatti davanti alle chiacchiere e alle dicerie. Cercando di evitare le inesattezze, le falsità e le strumentalizzazioni che si stanno accumulando in queste ore. E senza negare che, rispetto a Report, Unionbirrai ha commesso uno dei più grandi errori di sempre, perseverando nei giorni successivi con incomprensibili scelte comunicative.

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Quali devono essere gli obiettivi di un’associazione di categoria?

Unionbirrai nacque nel 1999 come associazione culturale e dal 2017 è una vera e propria associazione di categoria. Per valutarne l’attività, innanzitutto va considerata come tale, cioè una realtà che, come spiega Wikipedia, “rappresenta e tutela gli interessi di una specifica categoria produttiva o professionale”, in questo caso i birrifici artigianali. In particolare lo statuto specifica che:

Essa ha per scopo il coordinamento, la tutela, la promozione, la salvaguardia e la rappresentanza collettiva dei Piccoli Birrifici Indipendenti Italiani (PBII) associati, lo sviluppo della cultura birraria nonché ogni relativa attività di ricerca, di istruzione, di formazione professionale e culturale di alta specializzazione e perfezionamento, di insegnamento propri e/o concordati con Enti ed istituzioni pubbliche o private.

“UB” è organismo di tutela di categoria nei rapporti con le istituzioni pubbliche e private, nelle iniziative giudiziali e, più in generale, in ogni iniziativa, anche giudiziale, che possa perseguire un’utilità diretta od indiretta per i Piccoli Birrifici Indipendenti Italiani, singoli o nella loro collettività.

“UB” promuove la qualità e la crescita della categoria ponendosi quale piattaforma di scambio culturale, di consulenza ed assistenza, anche attraverso la prestazione di servizi afferenti ad una o più fasi produttive dei PBII.

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Lo statuto di Unionbirrai indica quindi una serie di obiettivi che, nel complesso, dovrebbero favorire l’attività dei birrifici indipendenti. È questo il suo scopo principale e bisogna tenerlo bene a mente, perché la promozione della birra artigianale in Italia (intesa a tutto tondo) è in linea di principio “solo” una conseguenza dell’obiettivo primario. Oggi l’attività di Unionbirrai è molto variegata e va dal rapporto con le istituzioni alla gestione di corsi di degustazione, dall’organizzazione di concorsi a tema al supporto legislativo e burocratico per i suoi associati.

Unionbirrai è utile per i suoi associati?

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In qualità di associazione di categoria, Unionbirrai dovrebbe curare innanzitutto gli interessi dei suoi associati, cioè facilitarne l’attività e la crescita. I problemi che i microbirrifici italiani devono affrontare sono tantissimi, ma spesso hanno a che fare con la burocrazia e con risorse economiche limitate. La battaglia sulle accise che Unionbirrai ha portato avanti in questi anni ha cercato proprio di eliminare questi ostacoli, sfruttando una situazione ingiusta per i birrifici artigianali – cioè un’aliquota uguale per tutti i produttori, indipendentemente dalla loro dimensione – e contraria alle direttive europee in materia. La battaglia è stata vinta in maniera definitiva proprio recentemente, ma ha richiesto un’interlocuzione lunga e faticosa con le istituzioni e la politica, durata diversi anni.

Fino a qualche anno fa le istanze e le esigenze del comparto erano praticamente sconosciute ai politici italiani. Unionbirrai, insieme ad Assobirra e al Consorzio Birra Italiana, è riuscita a creare un canale efficace e continuo con le istituzioni, ottenendo un risparmio sulle accise non indifferente per i birrifici italiani. In questo percorso è stata aiutata da una visione unitaria con le suddette associazioni, ma non bisogna dimenticare che solo Unionbirrai era interessata a imporre una disciplina delle accise a scaglione, con risparmi crescenti per i produttori più piccoli. I birrifici che oggi negano questo successo di Unionbirrai – che, attenzione, rappresenta il risultato strettamente in linea con l’attività di un’associazione di categoria – potrebbero tranquillamente tornare a pagare il doppio delle accise.

L’attività di lobbying peraltro non si limita al contesto nazionale, poiché Unionbirrai è in contatto continuo con le istituzioni locali. Partecipa ad esempio alla formulazione di disegni di legge regionali, che poi possono rivelarsi importanti per eliminare alcuni ostacoli burocratici e favorire lo sviluppo dei microbirrifici.

Un’altra cosa che ci si aspetterebbe da un’associazione di categoria è la facilitazione burocratica e un confronto continuo con gli organi di controllo, tutti servizi che Unionbirrai mette a disposizione dei suoi associati. Non sappiamo quanto sia efficace nello svolgimento di questa funzione, ma occorre notare che oltre all’esistenza di un help desk per risolvere dubbi su normativa fiscale, somministrazione e tecnologia alimentare, Unionbirrai offre anche assistenza stragiudiziale in procedimenti sanzionatori amministrativi.

Il caso Birra dell’anno

Nonostante le sue tante attività, spesso la percezione che ha l’ambiente di Unionbirrai è quella di un’associazione concentrata esclusivamente nell’organizzazione di un concorso, cioè lo storico Birra dell’anno. Ciò solleva un problema di comunicazione, sul quale torneremo più avanti, ma anche una domanda di più ampio respiro: ha senso che un’associazione di categoria organizzi un concorso birrario? Deve essere una sua priorità? Dipende.

Un concorso birrario, soprattutto quando ben strutturato come Birra dell’anno, ha una sua indubbia utilità: promuove la qualità, rafforza l’autorevolezza dell’associazione, offre un servizio ai birrifici e favorisce le relazioni. Sono effetti importanti, ma non fondamentali, almeno nella visione generale di un’associazione di categoria. Un concorso birrario dovrebbe essere un elemento marginale, al massimo il fiore all’occhiello di una realtà che si occupa primariamente di altre questioni. Birra dell’anno invece è estremamente centrale per Unionbirrai, con un peso specifico non indifferente nell’attività dell’associazione. Da qui i problemi di percezione dell’ambiente.

Quello che molti non capiscono, tuttavia, è che Birra dell’anno è purtroppo fondamentale per sostenere l’associazione. Non è Unionbirrai a finanziare in maniera esagerata Birra dell’anno, bensì Birra dell’anno a finanziare Unionbirrai. Peraltro organizzare un concorso significa avere a che fare con la classica “coperta corta”: non basta ridurre una voce di spesa, perché tutto si gioca su un fragile equilibrio tra birre iscritte, categorie previste e giudici partecipanti. Sono variabili in rapporto tra loro e l’unico modo per ridurre la complessità è limitare il numero di iscrizioni. Ma quindi anche gli introiti del concorso.

Birra dell’anno oggi rappresenta una delle principali voci di attivo di Unionbirrai, tanto che l’associazione negli ultimi anni ha creato altri concorsi verticali. Ciò però ha creato un rapporto di dipendenza molto pericoloso, perché si tratta di una stortura non superabile  facilmente. Almeno finché gli associati, cioè i birrifici italiani, non si convinceranno a pagare una quota d’iscrizione maggiore; ma questo è un altro problema atavico di Unionbirrai e della birra artigianale italiana.

Le iniziative di Unionbirrai

Come spiegato, le iniziative di Unionbirrai sono tante e di natura molto diversa tra loro. C’è una corposa attività di formazione, concepita sia come approfondimenti tematici e aggiornamenti per i birrifici associati, sia come corsi di degustazione per futuri degustatori. Se i primi rientrano effettivamente nelle attività che ci si aspetterebbe da un’associazione di categoria, i secondi dovrebbero essere un orpello, uno strumento marginale utile a sviluppare cultura birraria nel medio e lungo termine, ma senza che sia centrale nella vita dell’associazione.

Lo stesso vale per molte altre iniziative di Unionbirrai, più o meno centrate rispetto alla sua funzione primaria – che, come detto, non è promuovere la cultura birraria in Italia, bensì tutelare i propri associati. Ben vengano allora idee come il bollino Indipendente Artigianale e gli eventi Birrifici Aperti e Giornata nazionale della birra artigianale, purché non assorbano troppe risorse dell’associazione.

Il problema della comunicazione

Sin dalla sua nascita Unionbirrai è stata contraddistinta da un’ambiguità di fondo: si è mossa a metà tra un’associazione culturale e una di categoria, risultando inefficace in entrambi gli ambiti. Questa impostazione è stata superata nel 2017 con risultati evidenti: i traguardi raggiunti da quel momento sono stati tanti e preziosi, grazie anche a una ristrutturazione delle attività interne. Però l’ambiguità delle origini non è mai stata del tutto superata e oggi probabilmente la natura di Unionbirrai non è pienamente compresa. È un’associazione di categoria in senso stretto? Un promotore culturale? Un ente formativo? Un organizzatore di concorsi birrari? Se oggi molti si pongono queste domande è perché la comunicazione si concentra spesso su attività che dovrebbero essere marginali rispetto a quelle principali, sebbene più difficili da raccontare.

Il problema della comunicazione è anche verso l’esterno, ovviamente, come il caso Report ha evidenziato in maniera clamorosa. Un caso che probabilmente neanche sarebbe scoppiato se Unionbirrai non avesse pubblicato quel primo, confusionario comunicato. L’associazione commette l’errore che commettiamo tutti nell’ambiente: essere autoreferenziali, rivolgerci al solito gruppetto di operatori e appassionati, non guardare oltre il proprio naso. E mantenere spesso una posizione difensiva, chiusa, limitata e limitante. Posizione che, sia chiaro, non si limita solo alla comunicazione, ma include anche le strategie commerciali in generale.

In conclusione

Oggi Unionbirrai è al centro di una pesante polemica basata su considerazioni decisamente opinabili. In un momento di difficoltà è facile trovare in capro espiatorio e addossare tutti i problemi dell’ambiente a un solo soggetto. Tuttavia nessuno di chi oggi critica ferocemente Unionbirrai sta proponendo un’alternativa concreta, e spesso neanche ha un’idea chiara di cosa vorrebbe da un’associazione di categoria. Censurarne il comportamento rispetto alla vicenda Report è corretto, ma da lì a mettere in dubbio il lavoro di tante persone, che hanno portato risultati concreti per il movimento, non ha alcun senso.

Unionbirrai è una risorsa per il settore, non un problema, benché tutto sia migliorabile. E di cose da migliorare, come visto, ce ne sarebbero tante, senza dimenticare la realizzazione di progetti concreti per rendere la birra artigianale davvero reperibile dal grande pubblico. Ma chi mette in dubbio il valore (piccolo o grande che sia) di Unionbirrai dovrebbe portare argomentazioni a proprio favore, precise e documentate. In caso contrario sono semplici chiacchiere, peraltro dannose per tutto il comparto.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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