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Concorsi birrari: la proposta di Nicola Perra

Foto: HB Sardi

La scorsa settimana è stata quella con più visite di sempre per Cronache di Birra, complici anche le “chiacchiere” che si sono susseguite su Birra dell’anno. Poiché bisogna battere il ferro finché è caldo, oggi torno sull’argomento – sperando che sia ancora caldo 🙂 – per riportare l’opinione di uno dei grandi assenti dell’edizione 2012: Nicola Perra del birrificio Barley. Nicola mi ha scritto in privato nei giorni successivi all’evento organizzato da Unionbirrai per chiarire la sua decisione di non partecipare, che risiede principalmente nella non condivisione di alcune regole del concorso. Ne è nato un confronto “epistolare”, dal quale è emerso quello che Nicola considera un modello di concorso ideale. Vediamolo insieme e capiamo quanto è fattibile…

Ecco di seguito le regole che ha tracciato:

  • Le birre ammesse devono essere prodotte da soli birrifici italiani.
  • La birra che sale sul podio deve essere rappresentativa di una produzione che nell’arco dell’anno sia meritevole di un piazzamento nelle posizioni alte e non che sia l’espressione di una cotta “fortunata”. Per fare questo basterebbe che la quota per partecipare al concorso servisse all’acquisto almeno 2 volte in un anno (e relativa degustazione) presso locali in cui normalmente il birrificio che si iscrive vende (beer shop, enoteche, pub…etc etc).
  • Evitare l’iscrizione di aziende che non posseggono un loro impianto di produzione.
  • Stilare delle categorie completamente diverse da quelle di Birra dell’anno.

Riassumendo, si tratta di un meccanismo a iscrizione come Birra dell’anno, ma con una quota di partecipazione decisamente superiore per ogni birra iscritta. Le birre non arriverebbero all’organizzazione dal birrificio, ma sarebbe l’organizzazione stessa a procurarsele nei punti vendita specificati da ogni birrificio. L’approvvigionamento (e la relativa degustazione) avverrebbe più volte nell’arco dell’anno, al fine di avere risultati più realistici calcolandone la media.

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Sicuramente un meccanismo interessante e capace di risolvere molti problemi, che Nicola ha teorizzato prendendo il meglio dei 3 concorsi nazionali: CIBA, Guida alle Birre d’Italia di Slow Food (è una guida, ma il concetto è lo stesso) e proprio Birra dell’anno. Da qui a metterlo in pratica però ce ne passa, perché esistono diversi coni d’ombra che vengono considerati solo in parte. Questa è la mia opinione ovviamente, perciò mi aspetto di trovare obiezioni al mio pensiero, così come altri probabilmente ne avranno nei confronti di Nicola.

Il primo elemento che secondo me Nicola sottovaluta (e infatti non ne fa menzione nel “regolamento”) è la giuria. E’ indubbio che il concorso di Unionbirrai abbia nei tanti giudici internazionali il suo fiore all’occhiello, capace di dare lustro a un evento che necessita di prestigio e autorevolezza. Convocare giudici da tutta Europa credo sia difficile da fare già una volta l’anno, figuriamoci due o addirittura tre o quattro. E il problema non è tanto di convincere i giudici a partecipare – Nicola propone che siano pagati – ma riuscire a trovare la loro totale disponibilità. Penso che se la giuria cambiasse sensibilmente nei suoi componenti da una sessione all’altra ne risentirebbe il valore del concorso.

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Secondo punto. Per coprire le spese di un evento di tale complessità Nicola propone un innalzamento della quota di partecipazione per ogni birra iscritta. Lui mi assicura che sarebbe ben contento di sborsare cifre superiori per un concorso del genere, ma si può dire lo stesso anche per gli altri birrai? Verosimilmente ritengo che questa strada comporterebbe il crollo delle birre iscritte, con tutto ciò che ne consegue a livello di organizzazione e prestigio per l’evento.

Terzo punto, le categorie. Avendo anche partecipato da giudice, sono sempre più convinto che le categorie di Birra dell’anno, per quanto possano non piacere, sono la migliore soluzione per trovare un compromesso tra numero di birre iscritte e suddivisione delle stesse in classi diverse. E’ inutile pensare a una categoria per ogni stile birrario quando le birre partecipanti non bastano a coprirli tutti degnamente. Non nego che magari occorrerebbe modificare qualcosa a livello di “comunicazione” delle categorie, ma ripeto: è la migliore soluzione al momento.

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Queste le mie obiezioni all’idea di Nicola, che comunque considero molto interessante. Voi cosa ne pensate?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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105 Commenti

  1. il punto 1. e 3. sono indiscutibili

    al punto 3. aggiungerei che un birrificio non solo deve possedere un impianto di produzione, ma anche usarlo…..

    il 4. per me non è la questione, o meglio, solo con un numero di più ampio di birre presentate è pensabile affinarle. anche se, con le 62 di quest’anno per IPA e similari qualcosa di meglio di potrà già fare

    in ogni caso non rimpiango poi molto l’assenza di stili. secondo me sarebbe cosa intelligente mantenere le categorie flessibili ammettendone anche più rigidamente in stile per prodotti che trovano un riscontro sul mercato. non mi piace l’idea, ma alla fine ha ragione Papazian quando dice che deve essere il mercato a stabilire la categorizzazione

    e a questo proposito nessuno proibisce agli italiani di ridefinire lo stile del caso secondo le caratteristiche hanno preso piede in Italia, previo suffisso Italian(o). mi viene in mente ad es. le IPA all’italiana

    il punto 2. è quello che rende la proposta di Nicola irrelizzabile. o meglio: si tratterebbe di fare una competizione completamente diversa, di fatto copiando CIBA e Slow Food. e domando: meglio un concorso imperfetto in più o tre concorsi sostanzialmente uguali? mi si può anche rispondere “meglio un concorso in meno”, beninteso

    secondo me il problema del concorso UB è che è l’unico del suo genere in Italia e per questo attira troppe attenzioni. mica sempre ad un torneo di tennis vince il tennista migliore, ma il Grande Slam è fatto da 4 tornei, su superfici diverse. gli spettatori sono più contenti, gli sponsor pure, le televisioni pure e pure i tennisti

  2. Ci sono prodotti che si prestano ad essere giudicati in un concorso, chessò, le miss.
    Altri che sono impossibili da giudicare con le regole e con i sistemi di un concorso tradizionale.
    Uno di questi è la birra, ma penso anche al caffè espresso o alla mozzarella di bufala e molti altri.
    Facciamoceneuna ragione, le opinioni che riteniamo valide su una birra le ricaviamo nel tempo attraverso assaggi multipli.
    la prova?
    qualche persona sana di mente potrebbe affermare che la Slurp è meglio della Tipopils?
    Una giuria internazionale lo ha decretato.

      • Appunto, in quel momento, ma di norma penso che si sia tutti d’accordo sulla superiorità della Tipopils. Per questo l’idea di non limitarsi all’assaggio di una singola cotta secondo me è sacrosanto.

          • Tralasciando gli attacchi personali, il mio tavolo era composto da altri sette giudici e abbiamo scelto assieme la classifica, cercando di fare del nostro meglio nel giudicare le birre che avevamo di fronte.

          • La prima fase è individuale, ma quando arriva il momento di assegnare i premi si discute tutti assieme delle proprie impressioni (e votazioni) per arrivare ad un verdetto. Dopo aver formulato il proprio giudizio, ad un tavolo ci si confronta.

          • Comunque non era un attacco personale, ma più generale al sistema di selezione dei giurati.
            E non c’entra solo birra dell’anno.
            Un minimo di curriculum mi sembrerebbe necessario e spesso fatico a trovare i motivi per i quali dovrei far giudicare delle birre a persone che non hanno metodo ed esperienza di assaggio o che (peggio) ho visto all’opera e non sanno discriminare una birra buona da una infetta (figuramoci quando devono assaggiarne più di cinquanta in un giorno…)
            Sugli internazionali…mi sa che siamo affetti in questo campo da un pochino di esterofilia.
            Un po’ di quelli che erano in questa edizione li conosco…

  3. Trovo la proposta di Nicola Perra interessante e meritevole di riflessione.
    In particolare l’aspetto relativo alle “cotte” fortunate”.
    Mi permetto di suggerire un sistema poco costoso e credo capace di verificare la qualità della birra nel corso del tempo.
    Le birre presentate dovrebbero essere relative a cotte diverse. In questo modo si potrebbe verificare la capacità del birraio di essere fedele alla propria linea e anche la tenuta nel tempo della birra.
    Il numero del lotto sulla bottiglia potrebbe far fede. In caso di dubbi circa la correttezza dei concorrenti, ricordiamo che stiamo parlando di una gara, potrebbero essere coinvolti i distributori nazionali e locali o come detto beer shop nel ruolo di “sponsor”. Potrebbero essere loro, garanti sul territorio del concorso, a fornire all’organizzazione le birre magari in cambio di una piccola visibilità nel corso della manifestazione. Il risultato sarebbe un maggior radicamento sul territorio dell’evento, sull’esempio non competitivo della settimana della birra artigianale.
    Condivido l’idea dell’italianità del prodotto mentre credo che, visto lo scenario che si sta delineando a livello nazionale, debbano essere ancora ammessi produttori senza impianto. I limiti economici di un produttore non devono essere una condizione discriminatoria…
    Grazie
    Francesco Rossano

  4. Ritengo che Nicola abbia fornito alcuni spunti interessanti su cui valga la pena ragionare tutti assieme.

    Nello specifico: concordo sul fatto che le birre debbano essere prodotte da soli birrifici italiani e che debbano essere esclusi birrifici che non hanno impianti di proprietà.

    Per quanto riguarda l’approvigionamento dei prodotti presso beer-shop, enoteche, etc… è un idea che in linea teorica ritengo ottima, ma di fatto è una strada non percorribile. Ci si ritroverebbe ad acquistare prodotti in condizioni (parlo di scadenza, conservazione, etc…) del tutto differenti tra prodotture e produttore, e da qui scaturirebbero sicuramente discussioni e dubbi sui giudizi.
    Il sistema attuale del birrificio che manda le proprie produzioni è la strada migliore, sopratutto a livello logistico.

    Si potrebbe valutare di far inviare dai produttori, oltre al classico cartone di birra destinata ad essere assaggiata dalla giuria, anche campioni di lotti differenti per effettuare test-qualità nell’arco di più produzioni.
    In questo modo la giuria potrebbe stilare un primo giudizio di massima, basandosi sul lotto-campione iscritto, dopodichè aumentare/ridurre il voto in base alla quantità e qualità dei campioni-extra inviati (fino ad un massimo di X lotti)

    Ritengo inoltre che le giurie debbano obbligatoriamente redigere delle schede di degustazione complete, al fine di evidenziare pregi&difetti del prodotto, che debbano poi essere consegnate al produttore.
    Tengo a evidenziare che il produttore iscrive e paga quote di iscrizione onerose e infine si ritrova, sia che abbia o non abbia vinto premi, a non avere alcun feedback relativo ai prodotti inviati. Dato che l’occasione di essere valutati da giurie così di prestigio non capita spesso, il feedback al birraio credo sia più importante del premio vinto / non vinto. (questo è quanto capita a Birra dell’anno , negli altri non so)

    Infine sono in TOTALE disaccordo relativamente ad una quota di partecipazione più alta da pagare. Ci sono molti birrifici alle prime armi con già molti investimenti fatti e da fare. Un ulteriore innalzamento delle quote porterebbe ad una drastica riduzione delle birre iscritte (soprattutto dei giovani birrifici) e ci si ridurrebbe ad un concorso dedicato a “pochi eletti” o comunque a chi ha più possibilità di investire denaro in concorsi.

    Per quanto riguarda le categorie, credo sia l’ultimo dei problemi. Le 20 proposte da Unionbirrai mi sembrano al momento una delle migliori soluzioni possibili. A mio modo di vedere viene dato troppo spazio a categorie birrarie cui possono partecipare pochi produttori, quindi può essere un punto perfettibile, ma non credo possa essere stravolto più di tanto.

  5. 1 – Una decina di giurati italiani scelti in precedenza che monitorano determinate zone di riferimento;
    2 – Le bottiglie, almeno due, vengono comprate nel corso dell’anno nei vari punti di rivendita e non mandate dai birrifici;
    3 – Le birre vengono assaggiate dai giurati nel corso dei mesi precedenti a Rimini, dando se possibile un giudizio, degustativo e numerico;
    4 – Quando si arriva a febbraio, si tirano le somme ottenendo i parametri di riferimento per ogni birra. Ergo, se le due bottiglie di X provate a novembre e gennaio facevano cagare e la terza è una bomba, con tutta probabilità la X non è niente di che, soprattutto considerando che questa sarebbe l’opinione che si sarebbe fatto l’avventore medio del beershop/pub dove la bottiglia è stata comprata.

    • Do per scontato che a Rimini si svolgerebbe quindi una sorta di “recap” con l’intera giuria che riprova tutte le birre (già provate dai singoli) una terza/quarta volta, con calma. In mano, però, avrebbero uno storico fondamentale per ogni singola produzione.
      Ora, si potrebbe obiettare che non ci si può fidare dei singoli giudici nel lavoro da svolgere durante l’anno. Ma qui cadrebbe ogni concorso, o ci si fida o niente. Ed è per questo che è fondamentale che siano sempre tutti profondi conoscitori del settore, a partire, anche e soprattutto, dai publican.

  6. scusate, domanda da profano del meccanismo produttivo: ma riuscire a ridurre la “fortuna” nelle cotte a favore della costanza di prodotto, non è già di per sé un indizio delle capacità di un birrificio?

  7. Sinceramente non capisco la chiusura verso chi non ha un impianto di proprietà.Se la posso chiamare birra e la posso vendere come tale per la legislazione italiana non capisco perchè non dovrebbe poter competere in un concorso.
    Magari qualcuno può darmi una mano a capire….ci sono esempi all’estero di concorsi esistenti con questa norma?
    In fondo quando viene fatta birra su un impanto non di proprietà e solo un rapporto tra un soggetto che detiene una commessa e uno a cui viene affidata la produzione o parte di essa,non capisco cose centri la bontà o la legittimità di far birra in questo modo.

      • Ma perchè stefano scusa?
        La ricetta è del birraio,le materie prime sono sue,il proprietario dell’impianto è,in questo caso specifico,un terzista che viene pagato,consensualmente per l’uso che viene fatto del suo macchinario….o no??
        Io lavoro nel tessile abbigliamento e in questo settore è prassi comune effettuare lavorazioni esterne presso contoterzisti su nostre specifiche.
        Se ci fosse un concorso che premiasse il miglior tessuto non verrebbe certo assegnato al tessitore che lo ha tessuto(per conto del committente la lavorazione) o al rifinitore che lo ha rifinito,ma verrebbe assegnato a chi quel tessuto lo ha progettato,pensato e ha reperito le materie prime per realizzarlo.
        O mi sfugge qualcosa?

          • Spiegati schigi,insegnami aiutami a capire!!!!
            Sono stato io il primo a dire che forse mi sfugge qualcosa…ma perchè devi essere sempre cosi criptico??

          • io penso che le regole del gioco qua siano più importanti, per il bene del concorso

            parliamoci chiaro: se sono un gipsy brewer e vado al Bi-Du a fare una birra e mi faccio ampiamente consigliare da Beppe che è uno che sa, oltre a farmi assistere nella produzione col suo impianto, ho più probabilità di cavarci una buona birra che il Birrificio XYZ che ha rilevato con sacrifici economici e personali l’impianto usato del birrificio ABC che peraltro non era granché e con qualche problemuccio tecnico (ho in mente almeno un paio di esempio reali, ma sorvolo), a parità di mie capacità (buone o meno buone) sulla ricetta

            sei sicuro che la parte debole sia il giovane gispsy brewer e non il giovane birrificio partito fra mille sacrifici col proprio impianto?

            io penso che le regole debbano essere chiare: se sei l’Inter hai più mezzi del Brescia ed è normale che tu abbia maggiori possibilità di fare un buon campionato. ma magari finisce che fai schifo lo stesso. quello che non può accadere e vedere ogni domenica partite con giocatori che giocano in squadre diverse

            nulla poi impedisce al giovane gispy brewer di fare birre da cinema dove gli pare e farsi un nome sul mercato, che è poi ciò che conta davvero

          • Beh ma non stiamo parlando di farsi un nome sul mercato, ma di partecipare a un concorso.
            Non credo che abbia senso fare a gara a chi è più debole nella situazione, per questo penso che bisognerebbe tutelare i diritti di tutti i deboli, non solo di alcuni.
            Poi ci sono aberrazioni in tutti i casi… ma io conosco tanti bravi birrai che non hanno un loro impianto e mi sembra inconcepibile che non possano partecipare solo perché esistono alcune situazioni limite come quelle da te descritte.
            Vabbè, comunque sono punti di vista…

          • @Andrea

            non puoi tutelare tutti, semplicemente perché se tuteli un debole ne crei altri

            se io avessi il mio impianto da 4hl comprato indebitandomi fino al collo e con compromessi tecnici e vedessi vincere uno che fa la birra al Borgo o da Brewfist sotto la supervisione (ovvia) di qualcuno su quegli impianti a me girerebbero le balle

            il che non toglie che i tuoi amici possano essere eccellenti birrai. ma non sono birrifici

          • @ Mase: Schigi intende (o almeno spero) che la birra si fa in cantina, seguendo passo a passo la fermentazione e la maturazione. Il giorno della cotta crei il mosto, la birra “ha da venì”…

        • è lo stesso motivo per cui leggere Made in Italy su grandi firme che assemblano in Italia materiali prodotti in India fa ridere

          te chi te lo dice che le ricette sono sue? e se io che sono una schiappa vado da uno di quelli bravi che mi rifa la ricetta perché era una porcata e ha un impianto in cui devo giusto premere due bottoni, ma pure quelli me li preme il suo garzone? te che ne sai? e che ne sai che le materie prime non sono quelle che ti trovi in birrificio?

          quando ci sarò il premio per il birraio applicheremo il valetudo. a casa mia, se premio la “Birra dell’Anno” premio birraio + birrificio, in un tutt’uno indistinguibile, una chiara identità

          e se ti devo seguire, allora qualcuno mi deve spiegare per quale motivo le birre di Alex Liberati a marchio Revelation Cat, prodotte all’estero (e anche con lambic estero, ma non solo) non sono state ammesse al concorso in quanto non italiane. cioè, se mi faccio fare la cotta da Brewfist va tutto bene, se me la fa De Proef no? perchè?

          e sommessamente ribadisco… anche con le regole attuali, siamo sicuri che qualcuno non possa presentare una birra come prodotta col proprio impianto e invece realizzata altrove? tu chiamale se vuoi, dietrologie

          • Dietrologia per dietrologia, io posso avere un mio impianto di produzione, non sapere minimamente come funziona e chiedere la consulenza a un birraio che ha un altro birrificio. E’ giusto che io venga premiato?
            Di contro, è possibile che un birraio giovane e bravo non abbia i soldi per investire subito in un impianto di proprietà, ma debba appoggiarsi sull’impianto di un birrificio esistente. E’ giusto che le sue birre siano escluse?

            Discorso a parte: chi ti ha detto che le Revelation Cat non sono state accettate in quanto “birre non italiane”?

          • sì, è giusto che le sue birre siano escluse. altrimenti apriamo il concorso anche a tutti i valenti homebrewers che ci sono in Italia e che possono pagarsi una cotta

            se devo dirti che verità non me lo ricordo, ma era uno “interno”

            e cmq io spero che la mia sia *solo* una dietrologia

          • Punti di vista, io preferisco appoggiare tutte le soluzioni a favore della birra buona, quindi preferirei che il valente birraio possa partecipare anche se privo di impianto di proprietà. Anche perché avere un impianto di proprietà non è sinonimo di fare birra buona. Preferisco un meccanismo inclusivo, poi tanto saranno i giudizi a decretare la classifica.

            Le Revelation Cat sono state escluse come tutte le altre birre che contenevano percentuale di mosto prodotto all’estero (puoi facilmente dedurre quali birre rientrano in questo criterio)

          • io invece preferisco avere regole certe e soprattutto serie

            trovo ad es. che Oscar Pistorius sia un esempio favoloso per lo sport e le persone in generale. e comprendo che l’idea possa solleticare lo spirito buonista della gente ed avere un forte impatto positivo. nondimeno, trovo una puttanata colossale l’idea sostenuta da molti di farlo gareggiare in una gara con i normodotati. sarà brutto, ma una gara è una gara, e se fossi un atleta comune non saprei mai se le protesi lo hanno favorito o meno e mi girerebbero parecchio le balle. lo stesso, se segui il parallelo, vale per il discorso che stiamo facendo

            anche perché, se mi dici “avere un impianto di proprietà non è sinonimo di fare birra buona” caschi esattamente nella mia rete: è ESATTAMENTE per quello che è fondamentale che chi partecipa al concorso sia anche proprietario ed utilizzatore di un impianto. prova a chiedere a Colonna come era la Valeir Blond quando la faceva De Proef e com’era la prima cotta che avevano fatto col loro impianto di proprietà… ti piace vincere facile

          • Anche io sono per le regole chiare e non le sto certo negando. Ti ripeto, sono due interpretazioni diverse, una inclusiva l’altra esclusiva. Per te è importante la dietrologia e ti muovi di conseguenza, per me no

          • certe battute te le potresti risparmiare. le regole certe sono fatte proprio per prevenire alla radice la possibilità di comportamenti “antisportivi”. servono a dare prestigio e certezze ai partecipanti. non si costruisce un concorso sulla fiducia e sulla buonafede

            il concorso perfetto non esiste, tantomeno ce l’ho in particolare con Birra dell’Anno, fossi nei birrai li prenderei un po’ più sportivamente e per quello che sono, un potenziale strumento di marketing e nient’altro, ma quantomeno vorrei sapere se viene premiato il birraio o il proprietario dell’impianto, visto che è tutto da dimostrare che l’eccellenza di un birraio non si manifesti anche nella gestione dell’impianto, oltre che nella costruzione di una ricetta, soprattutto su impianti che non hanno il livello di qualità e automazione di quelli dell’industria. o ti sei scordato quanti mesi, se non anni, ci hanno messo blasonatisssssssimi birrifici per riaggiustare ricette al cambio di impianto? poi arriva il gispsy brewer bello bello e al primo colpo puff! ti fa la medaglia… magic touch!

            e le mie “dietrologie”, visto che vuoi fare ironia, sono indizi insistenti su casi specifici riportate da più campane. visto che sono solo voci, non ci spendo una parole di più, anche perché regole migliori aiuterebbero, ma non possono risolvere tutto

            io credo, per un consumatore, che sarebbe molto più efficace organizzare grandi festival stagionali con concorso delle birre presenti. alla fine dell’anno avresti 5 o 6 (ma anche di più) risultati di miniconcorsi con una fotografia ben più attendibile. certo, così fa meno grancassa, ma una modalità di concorso non esclude altre

          • Stefano guarda che non era una battuta né ironia. Sei tu che sei partito dichiarando dietrologia, quindi immagino che nel tuo ragionamento certe congetture abbiano il loro peso. Soprattutto perché su altri argomenti (non birrari) mi sembri allineato in tutt’altra direzione, segno che in questo caso probabilmente hanno la meglio dei pregiudizi nati da situazioni specifiche piuttosto che il concetto generale.

          • Ah, comunque nulla toglie che nei risultati si specifichi se si tratta di un birrificio o di una beer firm

          • ok, frainteso

            però mica ho capito che intendi con “perché su altri argomenti (non birrari) mi sembri allineato in tutt’altra direzione, segno che in questo caso probabilmente hanno la meglio dei pregiudizi nati da situazioni specifiche piuttosto che il concetto generale”…

          • Cioè che su discorsi generali mi sembri più indirizzato verso un orientamento inclusivo. In parole povere, se ti dico che a un giovane birraio di talento non viene permesso di esprimersi solo perché non ha i soldi per permettersi un suo impianto di produzione, non ti fa né caldo né freddo. Se lo stesso discorso venisse traslato ad altre realtà della vita quotidiana (nel senso di possibilità di accesso) forse la penseresti diversamente. Ma magari mi sbaglio…

  8. @ Nicola

    1) Nessun problema ad includere anche mezzi-italiani, a patto che Unionbirrai chiarisca la propria posizione: tutt’oggi sulla propria pagina web si riferisce a Birra Dell’Anno come ad un concorso per birre italiane.
    2) Citando i primi nomi che mi vengono in mente… World Beer Cup, European Beer Star, International Beer Challenge, Mondial De La Biere: tutti, come Birra Dell’Anno, stabiliscono che sia il birrificio a registrare le proprie birre al concorso; io sono sempre stato abituato a prendere come esempio, e se necessario anche a copiare, ciò che già esiste e funziona a dovere.
    3) Concordo. Oppure escluderle dal podio.
    4) Sono convinto che le categorie, anche se necessitano ancora di qualche aggiunta e migliorìa, siano sulla buona strada. Quali sono le tue proposte?

  9. Birra dell’Anno e’ una gara non un campionato. Quindi bisogna prenderla per quello che vale. Non e’ che alle Olimpiadi la medaglia d’oro venga sempre assegnata al piu’ forte. Ma il bello di questa manifestazione e’ il pubblico che riesce a coinvolgere e anche le sorprese che spesso avvengono… http://www.youtube.com/watch?v=u7wUockPJM0

    A me piace cosi’!

  10. Tralasciando quote partecipative e similari, mi sento assolutamente di condividere i punti evidenzianti da Perra.

    Le categorie di Birra dell’anno sarebbero da asfaltare del tutto IMO; pessime. Però non sono del tutto contrario a grossi raggruppamenti in modo da rendere più snello il concorso. Andrebbero giusto trovate formule migliori.

    Si potrebbe anche cercare di isolare le birre “single shot” in qualche categoria separata. Non sono del tutto convinto che non si debba dare la possibilità di far giudicare un prodotto di nicchia; alla fine i concorsi anche a questo servono.

      • Andrebbero studiate, sicuramente non è facile.
        La selezione che si usa attualmente è troppo penalizzante per alcune tipologia.
        Secondo me l’ideale sarebbe un raggruppamento o un restringimento delle categorie usate altrove.

        Non sono invece d’accordo sull’acquisto alla cieca delle bottiglie nei beer shop: anche la migliore birra del mondo puà risultare una ciofeca se trattata male.

        Che poi, suppongo, anche i birrifici esteri quando presentano le loro birre le tirano a lucido per l’occasione.
        Il problema dei birrifici italiani non è cosa presentano ai concorsi, ma cosa vendono sugli scaffali.

        • a me pare che quello che proponi in fatto di raggruppamenti sia esattamente quello è stato fatto con Birra dell’Anno. poi si può discutere se spostare un pedone a dx o sx, ma il senso è esattamente questo

          non c’è molto da girarci attorno: o fai una categoria per stile e in molte categorie ti ritrovi 4 birre da giudicare, o studi dei raggruppamenti tendenzialmente omogenei. poi di anno in anno adatti: ad es. se quest’anno c’erano 62 IPA-DIPA-APA e dintorni (non ricordo precisamente la definizione) il prossimo anno puoi farne due o tre fette

          io poi sono contrarissimo alla proliferazione incontrollata di categorie tipo Brewers Association: un concorso è un concorso, mica una pesca di beneficienza in cui tutti devono tornare a casa con un regalino

          • Ovvio che è così. Solo che è stato fatto malissimo. anche io sono contro la proliferazione di categorie, ma quelle di birra dell’anno sono davvero poche e mortificanti per la maggior parte degli stili.

          • cioè, scusami un attimo: il terrificante problema che rende Birra dell’Anno un concorso della mutua e le categorie “troppo penalizzanti per alcune tipologie” e *soprattutto* “da asfaltare del tutto” è che le APA e le IPA sono messe assieme? su un totale di VENTI categorie diverse? considerando che, se in UB circolano una manciata di neuroni, visto il successo di numero l’anno prossimo verrà scissa e soprattutto che questo successo non era prevedibile a priori?

            mah…

          • Ti ho fatto un solo esempio tra tanti, probabilmente uno dei più evidenti, ma quasi ogni categoria ha di questi limiti.

            Poi ognuno può continuare a difendere le proprie convinzioni.

            Se poi in UB non arrivano nemmeno a trovare utile differenziare IPA e DIPA, cosa che ina una semplice discussione su internet mette d’accordo tutti, ripeto tutti i miei giudizi di sopra

          • io non sto difendendo un bel niente. ti sto chiedendo spiegazioni

            se trovi che la categorizzazione di Birra dell’Anno sia “da asfaltare del tutto” vuol dire che ne hai in mente una migliore e FATTIBILE per le condizioni italiane

            diccela

            altrimenti stai solo facendo tiro al piattello. non ci vuole un genio a dire che è meglio fare una categoria per stile. poi però ho 4 birre per categoria. molto più onesto allora dire “per me un concorso per macrocategorie e sfalsato e visto che l’offerta di birra è così diversificata ma il numero non abbastanza elevato, meglio non fare nessun concorso”

            se ti pare una soluzione

  11. Sono d’accordo con Nicola Perra, soprattutto sul rendere la costanza di qualità un aspetto importantissimo che un birraio deve avere. A tutti sarà capitato di infatuarci di una birra al primo assaggio per poi rimanere delusi le volte successive. Personalmente preferisco una buona birra sempre costante ad una a volte strepitosa a volte ciofeca. Credo che questa ipotetica modifica al regolamento del concorso cambierebbe moltissimo la classifica (facile immaginare quali birrifici verrebbero maggiormente premiati) aggiungendo merito al lavoro dei birrai che si fanno il mazzo anche per mantenere costantemente alto il loro livello di qualità (cosa non scontata).
    La soluzione al problema proposta da fcrox mi sembra ottima!

  12. CIBA 2011
    Sono state degustate circa 1.100 birre alla cieca nel 2011 per selezionare le finaliste che verranno degustate dalla giuria l’8 marzo 2012. Le birre sono state acquistate direttamente da ADB in modo da valutare il prodotto così come viene immesso nel mercato, all’insaputa dei birrifici.

    Giuria
    Flavio Boero: Responsabile Qualità Carlsberg Italia
    Paolo Polli: Presidente ADB
    Andrea Reina: Degustatore UB
    Alessandra Agrestini: Degustatore ADB
    Alessandro Coggi: Degustatore ADB
    Stefano Cossi: Ex Birraio Thornbridge Brewery
    Ivano Epis: Degustatore UB
    Giada Maria Simioni: Degustatrice
    Derek Walsh: giornalista, birraio e giudice internazionale
    La giuria finale lavorerà singolarmente, in postazioni separate e lontane dagli altri giudici, in modo da non avere condizionamenti esterni. Tutte le birre che accedono alla fase finale verranno degustate da ogni singolo giudice che compilerà per ognuna delle finaliste una scheda a punti, aggiungendo commenti ed osservazioni che se richiesti, verranno consegnati ai birrifici finalisti. Per valorizzare al meglio ogni singola degustazione, le birre verranno proposte nel bicchiere che meglio si addice a quella specifica tipologia di birra.

    Verranno poi premiate le 3 migliori birre per categoria e le migliori 3 in assoluto.

    La premiazione avverrà sabato 10 marzo, all’interno dell’Italia Beer Festival, alle ore 21.30.

  13. Ritengo doveroso dover evidenziare alcuni dei punti che ho scritto ad Andrea e sui quali, a mio avviso, è bene soffermarsi.
    – Le quote di partecipazione di cui gli scrissi non sono insostenibili, ossia ad es. sui €150/birra iscritta.Questo servirebbe ad acqusitare le birre e a pagare una quota giornaliera più le spese fisse di viaggio e alloggio(eventualmente)per tutti i giudici. Se si iscrivono le stesse birre di quest’anno, fate un po’ voi un rapido calcolo sulla cifra che si metterebbe insieme…non sono di certo spiccioli e si potrebbero fare le cose per bene.
    – Ribadisco l’importanza del feedback redatto dai giudici, utile al birraio: con l’iscrizione delle birre sto pagando anche questo “servizio” e quindi lo posso pretendere, esattamente come accade nella WBC e nella EBS…visto che sono stati più volte citati come esempi di spicco.
    I giudici di un concorso si scelgono anche in base a questo e devono essere all’altezza di questo compito, non solo di mettere crocette(quando le mettono)! Chi non sarà in grado non dovrà essere invitato a fare il giudice.In altre parole, così come ci devono essere birre buone(o anche ottime) da premiare, ci devono anche essere giudici all’altezza di giudicare l’alta qualità…non ho mai visto arbitri di calcio delle serie amatoriali arbitrare partite di serie A!Quindi sarebbe il momento di prendere atto del fatto che in Italia ci sono molti birrai improvvisati, ma anche birre fatte come si deve, di altissimo livello, che meritano di essere giudicate in modo opportuno da chi è capace davvero.
    – Il concorso si chiama “Birra dell’anno”? Ecco allora, le birre dovranno essere valutate più volte nell’arco dell’anno…altrimenti dovrebbe essere chiamato “Birra dell’attimo”…o qualcosa di simile.
    E qui si viene incontro sia alle esigenze del consumatore, che così vedrebbe spesi bene i suoi soldi, giacchè acquisterebbe una birra con la quasi certezza di non trovarsi delle brutte sorprese, sia del concorso (che acquisterebbe prestigio per il suo rigore e formulazione,seppur inedita) e gli stessi premi avrebbero un valore diverso, di maggiore spessore…e quindi “spendibile” giustamente in termini di marketing dal birrificio premiato.
    – Partecipa al concorso solo chi ha l’impianto e produce nel suo impianto:chi no lo ha non partecipa, altrimenti chi si dovrebbe premiare…chi ha fatto la ricetta o chi ha prodotto la birra?
    Solo perchè sei solo titolare di un codice accisa e una partita IVA non sei di certo un produttore! E, giusto per sgombrare il campo da malintesi…se magari si ha un piccolo impianto da 100-150litri/cotta e ci si fa fare le birre in uno da 20-25 ettolitri/cotta, è certo che nel grosso impianto non ci si metterà le mani, ma lo farà solo il birraio che è titolato per lavorare in quell’azienda e non può di certo permettersi di far fare cavolate ad uno che molto probabilmente non sa neppure dove mettere le mani!

    • Io sono produttore di tessuto Nicola,eppure non sono l’operatore che manda il telaio dove il tessuto viene tessuto,non sono l’operaio che rifinisce il tessuto e non mando la macchina che gestisce questa operazione.
      Il birraio che manda l’impianto il giorno in cui il birrificio “presta” il suo impianto per fare la birra a terzi è (solo in quel momento e solo in quel caso specifico) un prestatore di manodopera,e il birrificio è in quel caso specifico un contoterzista pagato per una fase del processo di produzione.

      • no, mase….il proprietario del birrificio è l’unico responsabile del prodotto a prescindere dal fatto che la ricetta sia sua o cha abbia o meno macinato il malto.
        Prova a chiederti cosa potrebbe succedere se una bottiglia contenesse un pezzo di vetro…..chi pensi vadano ad incolpare (e non solo)?….sulle etichette non a caso c’è scritto “prodotto da xxxx per conto di abc” e non è solo una questione di accise…..
        come dice Schigi (posso?), la birra non è solo il giorno della cotta, è il cip dell’impianto (prima e dopo), è il controllo della fermentazione e la “regolazione” di tutte le componenti dell’impianto…….
        Detto questo ti posso però dire che quando viene qualcuno a fare birra da me, sono contento, mi diverto (cazzo ho ridetto che mi diverto :-)), mi confronto, mi bevo birre diverse e le discutiamo…….
        non parlo di collaboration….quello è un’altro discorso ancora più “ruffiano”…..

    • Il “servizio” che citi è obbligatorio nella WBC ma non nella EBS, e secondo me è più uno strumento con il quale l’organizzatore del concorso dovrà misurare l’abilità dei giudici che ha convocato. Nulla toglie al fatto che se un birraio vuole comunque ottenere le schede, è dovuto consegnargliele.
      Tralasciando i cavilli sul nome, un mio chiodo fisso è sempre stato che l’organizzatore del concorso debba proibire di far mettere in etichetta le medaglie vinte e il proprio logo: questo a favore del consumatore, che deve anche imparare a concepire un concorso per ciò che è e non per una garanzia di costanza.
      Perdona infine se insisto, che categorie proporresti?

      • @ Leo
        – Il feedback alla EBS te lo danno eccome! Se non vinci un premio(e quindi non ritiri le schede lì stesso), basta mandare una mail di richiesta. Conosco bene il regolamento, giacchè mi mandano ogni anno la cartelletta con tutte le categorie e le modalità di partecipazione etc etc…non me parlo di certo per sentito dire!
        – Come vedi siamo ancora lontani sulla possibilità che tutti siano d’accordo sul fatto che deve partecipare SOLO chi è italiano e che produce nel proprio impianto e solo con quelle birre gareggia…figurati se entriamo nel merito delle categorie che cosa viene fuori!!!
        Se devo dire la mia (che però non iguarda strettamente il concorso) su ciò che concerne il produttore…ebbene,non mi basta sapere che una birra è di qualità:da consumatore voglio leggere in etichetta chi la fa e dove: nelle mie etichette c’è anche il n. di telefono, oltrechè l’indirizzo del birrificio, non una dicitura tipo “prodotto e confezionato da: CODICE ACCISA xxxoooxxx”.
        Ma qui andiamo OT…

    • Ciao Nicola,concordo quasi in toto le regole che vorresti al concorso,ma tanti e me compreso per vari motivi,non posseggono ancora un proprio impianto e lo noleggiano per le proprie cotte,forse hai ragione quando ti riferisci a “birrai” che hanno delle ricette e se le fanno fare.Giuseppe….

  14. @Andrea Turco
    Quindi rispetto al modello teorizzato da Nicola il CIBA non prevede iscrizioni, giusto?

    Polliadb
    Giusto!
    La novità di quest’anno sono i bicchiere adatti per ogni birra.
    Come ti sembra il nostro regolamento?

    • Perché credo che in un concorso debbano essere i partecipanti a decidere di partecipare. E poi anche per trasparenza: così vengono scelte 1.100 birre a discrezione dell’organizzazione, quindi alcune (magari di produttori meno “conosciuti”) rimangono fuori in modo del tutto arbitrario. Con l’iscrizione se rimangono fuori delle birre è perché il birrificio non ha voluto partecipare. A livello concettuale cambia molto.

        • Tra l’altro l’anno prossimo per selezionare le finaliste che verranno degustate dalla giuria, saranno coinvolti tutti i giudici delle sedi regionali.
          Così facendo speriamo di aumentare il numero di birre per il campionato.

  15. Il nostro non è un concorso ma un campionato.Comprando più di 1000 birre abbiamo dato la possibiltà anche a dei Birrifci che non conoscono UB e che non sono del giro o che non vogliono spendere soldi di essere giudicati lo stesso.Inoltre abbiamo giudicato moltissimi birrifci diversi.
    ps.quando giudica la guida michelin o il gambero rosso mica si iscrivono o pagano i locali.

    • però se il campionato non è un concorso, non è manco una guida. mica pubblichi la graduatoria completa delle 1100 birre

    • Beh mica tanto vero, è un dato di fatto che se si fa pubblicità sulla rivista del Gambero difficilmente si avrà una recensione negativa del proprio locale o del proprio prodotto. Peraltro non prenderei Slow Food a modello dato che dei princìpi che ispiravano lo stesso è rimasto ben poco (basterebbe spulciare un attimo le sue guide per accorgersene, per esempio vedendo assegnate al Fontana Candida le fatidiche chiocciole, per fare un parallelo con la birra sarebbe come se al concorso Unionbirrai venisse premiata la Menabrea o sulla Guida dei vini dell’Espresso venisse dato un voto lusinghiero al San Crispino).

  16. visto che il Turco aveva messo anche una guida nei 3 concorsi di riferimento ho fatto un esempio.
    Secondo noi questa è la formula giusta.

  17. premetto che nonstantequanto scritto sotto ho massima stima per il birrificio barley e i suoi proprietari e collaboratori, sia ben chiaro.
    Italiana o di area italo-centrica cosa ti cambia? Nello sport é pieno di esempi di campionati regionali con ospiti di aree limitrofe.
    Perché uno é degno di partecipare ad un concorso solo se investe in ferraglia? Allora mikkeller fosse italiano lo escludiamo?
    Costanza delle cotte, fai un grande slam, inventati un concorso apposta, un premio dato dagli esperti riconosciuti ma ricorda che ad un concorso il giudice valuta solo ció che ha nel bicchiere in quel momento.
    Sugli stili lascio la parola a chi ha presente la logistica e i volumi correlati all’evento specifico

    • Ciao che tu chiami “ferraglia” si chiama azienda, nella fattispecie birrificio.
      Un’azienda è fatta di persone, strutture e, in questo caso, di birrai e collaboratori che preparano la birra,la confezionano e la vendono mettendoci la faccia…e se tutto questo lo fanno in Italia allora si può parlare di concorso ITALIANO di birre ITALIANE.
      Chi ha soltanto un codice accisa e una Partita IVA,ripeto, NON E’ un produttore, ma fa fare il prodotto da altri.E seppur vendere una birra fatta da altri non è affatto vietato, almeno sul concorso vorrei un po’ di trasparenza.E la vorrei nella veste di produttore e anche di consumatore.
      Non capisco come ‘sta cosa sia difficile da capire.
      La costanza qualitativa della produzione è una cosa molto utile al consumatore che verrà attirato, eventualmente, dall’acquisto di quella birra premiata in quel concorso.
      Anche qui…è così difficile da capire o ti sta bene una bella cortina fumogena al posto di un’etichetta bella chiara sulla bottiglia???
      Visto che dici di stimare il mio birrificio e chi ci lavora…non so chi tu sia,ma se passi da queste parti, ti esorto a fare un salto da me, così di faccio capire quanto vale per me quella che tu chiami “ferraglia” …e forse la birra che ci berremo insieme davanti alla ferraglia assumerà per te un sapore inaspettato.
      Ti aspetto, ma presentati,mi raccomando! 🙂

    • Si Mikkeller lo si dovrebbe escludere, anche perché in molti casi il premio non dovrebbe essere assegnato a lui ma ai vari Nogne, Brew Dog, De Proef ecc che spesso gli prestano impianti e birrai

    • Quoto e, senza far polemica aggiungo. In un concorso si premiano le birre. Giusto discutere di tutto, ma si premiano le birre.
      Capisco che a monte ci sono investimenti importanti per chi ha acquistato un impianto. Ma anche lì si potrebbe andare a sindacare se ci sono stati accessi a finanziamnti particolari non sempre corrispondenti alla realtà del birrificio, se siamo agricoli, se siamo “sociali”, se abitiamo in regioni a statuto speciale ecc.
      Peraltro non è sempre vero che chi non ha l’impianto non fa la birra come non è sempre vero che chi ha sborsato i soldi per l’impianto fa la birra…dove finisce l’analisi meritocratica? O per meglio dire, demeritocratica?
      Devo andare avanti?
      Se invece consideriamo il prodotto birra tutto diventa più semplice e le soluzioni per superare i problemi si trovano, come ampiamente dimostrato in questo thread.

        • Capisco che ciascuno parli “pro domo sua” però scusami il caso citato (Mikkeller) come anche il fratello (Evil Twin) sono casi emblematici di persone che hanno un ottimo palato ma sostanzialmente commissionano birre a terzi per poi etichettarle con il proprio brand, ci sono tanti birrai erranti di ottimo livello e molto preparati (oltre ad alcuni nostri di cui tu fai parte ci metterei pure Brian di Stillwater e tanti altri), tuttavia proprio la condizione di errante rende difficile stabilire il livello del birrificio in sé, data la poca costanza e reperibilità. Data per assodata la fallibilità di un concorso come Birra dell’anno o il CIBA (che pure sono strutturati in maniera diversa) credo che tutti concordino sul dato che gli erranti vadano esclusi da tali concorsi, dato che la sola responsabilità per la birra xyz del birrificio errante abc è da ascrivere al propietario dell’impianto presso cui viene prodotta (dato che in molti casi tali birrai erranti sono ottimi HB ma su di un impianto di produzione non saprebbero mettere le mani e per tali ragioni molto spesso le loro ricette vengono riviste profondamente dai birrifici ospiti per evitare problemi al proprio impianto ed una possibile figuraccia associando il loro nome alla birra xyz).

          • Non ho capito se quello che conta sia la competenza, e il fatto di avere del ferro non certifica una competenza.
            O il fatto di avere un rischio d’impresa maggiore, e ancora con la birra c’entra poco.
            O una qualità incostante, e abbiamo visto che il problema non è circoscrivibile ai soli Gipsy.

            Essere Gipsy comporta qualche vantaggio ma anche enormi svantaggi.
            E non credo che nessuno lo faccia per la medaglietta del concorso.
            D’altro canto se il concorso tii da delle indicazioni sullo stato di salute della tua birra indicandoti eventuali difetti e punti deboli (questo per me dovrebbe essere l’unico motivo di partecipazione ad un concorso) o aiutandoti a capire meglio come viene percepito il tuo prodotto, allora spiegatemi perchè si dovrebbe precludere la partecipazione a chicchessia? La voglia di migliorare va a vantaggio del consumatore. Ma temo che il pezzo di latta a certuni prema di più del cliente finale.

            Credo che tutta la discussione sia sintomatica di un malessere diffuso nel nostro mondo. Attenzione al nemico di turno, atteggiamento di chiusura, particolarismi che mai prendono in considerazione la propria anomala realtà.
            Eh si, perchè di casi normali ce ne sono veramente pochi.

            Una corte abitata da nani che difendono a spada tratta il proprio nanismo chiamandolo ora artigianalità, ora imprenditorialità…senza mai un vero progetto imprenditoriale, una programma di crescita. E se le cose non vanno proprio come vorremmo è sempre colpa di qualcun altro.

            Personalmente mi vergognerei a confessare pubblicamente la mia paura che un HB evoluto batta la mia fantastica birra. Devo cercare di fare piazza pulita. Via quelli grandi. Via quelli “diversi”. Alla fine se rimango solo io magari un premio lo porto anche a casa.

            Che dire. Complimenti. Si deve veramente essere fieri di essere colleghi di certi paladini del sottovuoto spinto. Ah, già, non siamo colleghi, scusate la distrazione.

          • se un concorso dovrebbe servire solo per dirti lo stato di salute delle tue birre e come viene percepito il tuo prodotto, a che servono consulenze e panel? ad assegnare medaglie?

            mettetevelo in testa: un concorso è un giochino che serve a dare premi e quindi in ultima istanza a fare marketing. lamentatevi se una medaglia non vi smuove il fatturato. se uno ha bisogno di giudizi di merito, si organizzi di conseguenza con strumenti più adeguati ed efficaci. o si accontenti di quel poco che un concorso può fornire, incidentalmente, visto che l’obiettivo è un altro

            e pure sulle ferraglia mi pare tanto semplice: i concorsi dovrebbero premiare i birrifiici, non i birrai che sono solo un pezzo di un birrificio. se si vuole fare un concorso per birrai, lo si faccia e lo si dica *chiaramente*, magari aprendolo anche agli homebrewers (non evoluti) che sono birrai pure loro. ma non si confondano le cose, ad ognuno poi (birrifici e birrai) la decisione di partecipazione

            è come in formula 1, io non vedo piloti cambiare squadra ogni due settimane, ed è per quello che un campionato può essere appassionante. mi chiedo a chi interesserebbe un campione del mondo che ha guidato su 10 vetture diverse, magari le più veloci a seconda del tracciato, magari quelle con i meccanici ed i materiali e le tecnologie migliori a seconda del punto della stagione

            con una differenza oltretutto: nella birra, birraio e birrificio sono un tutt’uno. nella forumula 1 a fine stagione puoi cambiare

            altro discorso poi il consumatore. quello sceglie il miglior prodotto al prezzo corretto che trova sullo scaffale, chicchessia il produttore. non mi si venga a raccontare che i concorsi vengono fatti per il consumatore, per favore…

          • e aggiungo, particolare non banale della metafora, che in F1 non sempre è il pilota migliore a vincere, ma di sicuro vince il team migliore (inteso come pilota + mezzo meccanico). lo stesso accade nei concorsi birrari

  18. Non capisco questa competizione a tutti i costi, il voler podizzare ed eleggere un superbrewer/beer che vada oltre tutto.

    Birre buone ce ne possono essere più di una e all’interno di una giuria spesso il “maschio alfa” può influenzare il giudizio degli altri a favore di lei, l’eletta a tutti i costi, la sopra tutto.

    Non credo questi concorsi siano il metodo giusto per classificare, esprimere indici di gradimento. Una slurp che vince il premio di miglior pils italiana è un insulto alla decenza. L’ultimo rating di IBF metteva belgian ales e barley wines nella stessa categoria, per non parlare di Bitter, Altbier, IPA tutte insieme a confrontarsi, appassionatamente, limitando la visibilità di produzioni più che interessanti.

    La soluzione? Meno podismo e più attenzione alle guide, imho.

  19. @Livingstone
    Una corte abitata da nani che difendono a spada tratta il proprio nanismo chiamandolo ora artigianalità, ora imprenditorialità…senza mai un vero progetto imprenditoriale, una programma di crescita. E se le cose non vanno proprio come vorremmo è sempre colpa di qualcun altro.

    Me lo spieghi, ciò che hai scritto e che ti ho riportato sopra,per cortesia?
    Magari facendo qualche nome (birrifici o birrai, fai tu…); altrimenti lo posso prendere per uno sfogo con ben poco senso.
    Così…giusto per capire…

  20. @ Livingstone

    Non vedo come il ritenere che i birrifici erranti vadano esclusi da questi concorsi li faccia automaticamente assurgere al ruolo di nemici di chicchessia, ti faccio troppo sveglio per ignorare che i concorsi servono più che altro a “creare” la domanda, la medaglia farà pure piacere ma la ragione per cui il 99% dei birrifici partecipano è formare un mercato e una domanda per le proprie birre qualora si voglia uscire dalla propria realtà locale. Per ottenere un feedback sulle tue birre esistono i panel, o se sono vendute in un qualche locale basta entrare in “incognito” e sentire quel che la gente ne pensa. Ma forse ti è più facile vedere nemici ovunque.

  21. @Nicola
    Senza bisogno di far nomi, ho ben presente la realtà dei birrifici americani e quella degli italiani.
    Agli italiani manca la prospettiva.
    Nel complesso banda di bottegai (non che si possa generalizzare nè è di per sè una cattiva cosa).

  22. Secondo me si sta parlando di cose diverse.
    IMO, in se non c’e nulla di disdicevole, di negativo a priori in una birra commercializzata da una beer firm e prodotta da un impianto di terzi. In questo approccio c’e’ tutto uno spettro di situazioni: da chi commissiona una birra con specifiche approssimative e si limita a metterci il nome; a chi elabora dettagliatamente la ricetta, si procura i materiali, fa materialmente lui la cotta sull’impianto terzo, magari sempre lo stesso e ben conosciuto. In mezzo a questi estremi ci puo’ essere di tutto, e quello che conta per il consumatore e’ la birra (e magari anche una certa trasparenza sull’effettivo produttore).
    Per un concorso le cose pero’ possono cambiare: la Pannepot e’ buona, ma il birrificio a cui darne il merito si chiama Struise o Deca? Magari un po’ tutti e due nel caso specifico, ma in altri casi potrebbe essere maggiormente uno oppure l’altro. Insomma, una cosa e’ dire che una pratica commerciale sia accettabile o anche benvenuta, un’altra e’ applicarla ad un concorso, che deve dare premi individuando chi se li merita con criteri inequivocabili.
    Pero’… il concorso di UB si chiama BIRRA dell’Anno, quello di Polli Campionato BIRRE ecc. L’oggetto dei concorsi sono le Birre, non i birrai ne’ i birrifici. Quindi mi sembrerebbe illogico che una birra eccellente, prodotta in Italia, disponibile per un consumatore italiano, sia esclusa dal suo giusto premio solo perche’ non si sa decidere se attribuirne il merito alla beer firm, al proprietario dell’impianto o un po’ a entrambi (chiaramente devono essere entrambi italiani): l’importante e’ che sia una Birra Italiana.
    Il titolo di Birrificio dell’Anno e’ secondario, la giuria giudica le birre, il premio al birrificio (che nel CIBA mi sembra assente) e’ un di piu’, ottenuto da una semplice somma dei punti. La soluzione quindi secondo me e’ *solo per questo premio* introdurre la regola che sia assegnato solo a birrifici con impianto proprio… o a limite abolirlo. In ogni caso il problema finora non si e’ mai posto, visto che i Birrifici finora vincenti non sono beer firm; direi che il problema al momento e’ solo potenziale…

      • beh, piu’ che semantica e’ sostanza: quello che ho nel bicchiere… 😉

        puo’ darsi che la faccio troppo semplice, ma quello che intendo e’ che il punto ora non e’ determinare se il merito di una birra sia piu’ della beer firm o del produttore fisico; il punto e’ vedere se determinare questa cosa sia importante per un concorso. Se il concorso ha lo scopo di proporre una vetrina della birra artigianale, dando rilievo ai prodotti che se lo meritano, quello che conta e’ la birra. Una Rosa!, per fare un esempio, e’ secondo me degna di questa vetrina (non meno delle altre, almeno) a prescindere che il merito sia del Fumagalli o di BABB (a margine, penso che comunque che se fosse stato solo per il BABB questa birra non sarebbe nata). Se il concorso ha (anche) altri fini, come disincentivare alcune pratiche o premiare realta’ importanti per il movimento, allora e’ diverso.

        • secondo me un concorso deve avere delle regole che rendano la gara riconoscibile, regolata per tutti e interessante. se vado a farmi fare la birra da Vinnie Cilurzo (oh, ma la ricetta è mia eh!!!) e vinco? o da De Dolle? o da Nicola Perra, visto che lui non partecipa magari mi permette di farla al Barley. o se faccio una Pils da Agostino (più facile che mi prenda a colpi di archibugio ma vabbè)? ne vogliamo parlare?

          ha senso una gara così? forse, non so. l’importante è saperlo, dirlo chiaramente e distinguere le formule. personalmente di un concorso dominato dalle beer firma me ne catafotterei, l’unica informazione che potrei ricavarci è quella cotta di birra è buona, senza ulteriori informazioni riguardo alla bravura di chi, cosa e dove

          la Rosa! è un’eccezione, come ce ne sono altre. ma da qualche parte bisogna tirare una linea, come per ogni legge ed ogni regola, e non esistono quelle perfette

          e come già detto, nessuno proibisce di organizzare concorsi con formule differenti. io mi curerei solo di quelli fatti in un certo modo

    • @ Andrea,
      Ok, Ma di che stai parlando?
      Sono io che vedo nemici ovunque o chi cerca di spaccare il capello in quattro per escludere BIRRE dai concorsi?

      Se una birra è commercializzata è degna di essere giudicata in un concorso.
      Questa è la mia opinione e credo che anche il resto del mondo la pensi e si comporti così.

      Non vedo nemici.
      Di partecipare a concorsi non mi è mai importato molto.
      Vedo però mediocrità.
      E’ quella che mi preoccupa.

      E’ quella che oggi ha fatto un’altra vittima.
      Per il giubilo di chi ha tanto lottato per escluderlo dai concorsi.
      Per la gioia di chi non potendo raggiungerlo voleva “eliminarlo”.

      Giornata triste.
      Triste, triste, triste…

      • @Livingstone

        Scusa Franco,ma stai esagerano davvero.
        Si parlava SOLO della partecipazione ad un concorso e non si sta certo spaccando il capello in 4.
        Per inciso, è da 2 edizioni ormai che non partecipo a Birra dell’anno.
        Ho fatto delle proposte senza voler danneggiare nessuno – o creare questioni di difesa del proprio orticello – e rimanendo nel merito di un regolamento da applicare, ripeto, ad un concorso.
        Stiamo parlando di un concorso, mica dei lavori sulla TAV!!!
        Se la tipica persona che se la prende col medico che ha diagnosticato una malattia, anzichè avercela col male…e magari ascoltare con attenzione la cura suggerita dal professionista.

        Le tue accuse di mediocrità ai “bottegai senza prospettiva” sono davvero tristi,in quanto banali ed inutili generalizzazioni che non portano a nulla, se non a mettere in evidenza il tuo livore personale nei confronti di un panorama e di un mercato brassicolo che non ti ha accolto come speravi.
        Per cui, ribadisco…se ce l’hai contro qualcuno fai i nomi e prenditi le tue responsabilità…altrimenti le tue parole sì che sono aria fritta!

      • Di cosa sto parlando? Dell’esempio citato, sarebbe a dire un Mikkeller italiano che voglia concorrere con le sue birre ad un concorso (o campionato). Dato l’esempio ho solo sostenuto che io sarei contrario perché non si capisce dove finisca il suo merito ed inizi quello del birrificio che le produce “per conto di” dato che Mikkel commissiona birre ai vari birrifici con delle specifiche generiche per poi etichettarle e commercializzarle con il proprio marchio, è un mostro nel fare marketing? si. è un grande mastrobirraio? a mio parere no. Poi è vero quello che dice Maxbeer che pure nel mondo dei birrai erranti non c’è solo Mikkel ma varie tipologie di birrai con diversi gradi di abilità, ma fino a che non vi sarà chiarezza sul punto fondamentale della questione (chi fa la ricetta e mette a punto la birra da produrre poi in un impianto terzo) la mia posizione è quella che ho illustrato. Spero di essere stato abbastanza chiaro.

  23. @ Nicola.
    Per inciso, non sono stati nè il mercato nè i birrai con impianto ad indurmi alla sospensione della produzione. Sono stati proprio i limiti da voi indicati come non pertinenti alla produzione gipsy la causa della mia decisione.
    E se permetti, avendo vissuto sulla mia pelle un ben concreto rischio d’impresa, pur senza la zavorra inox, sono convinto che non sappiate di che state parlando.
    NON SAPETE DI CHE COSA STATE PARLANDO.

    Mentre quando parlo di birrifici, io so di cosa sto parlando.
    So anche che non posso generalizzare e forse ti riverso delle accuse ingiuste, ma anche le tue considerazioni sono il festival della generalizzazione.
    So, per esempio, che arrivare a fine mese è durissima, che fare impresa in questo paese è da pazzi o da eroi, che la vita nel birrificio è massacrante e che il rischio d’impresa non viene mai adeguatamente ricompensato.
    Tutto questo però non c’entra direttamente con la birra e non vedo perchè in un concorso si debba lasciar fuori la birra di un Mikkeller (che per inciso sta facendo a Copenhagen cose da talebano extra spinto che assolutamente non condivido).

    E su come si fa la birra sono convinto di saperne molto di più della media dei birrai italiani con impianto. E questo vuol dire anche che Socraticamente so di non sapere tante, troppe cose.

    Però su una cosa hai ragione,
    ho calcato un po’ troppo la mano, non volevo offenderti.
    Per questo la chiudo qui.

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