Uno dei documenti birrari più attesi di inizio anno è il National Hop Report (qui disponibile in pdf) redatto dal National Agricultural Statistics Service (NASS), un ente americano che pubblica statistiche relative al settore agricolo. Il report si concentra ovviamente sulla coltivazione di luppolo negli Stati Uniti, che rappresenta un mercato importantissimo per la produzione brassicola a livello internazionale. I dati che emergono fungono perciò sia da cartina di tornasole per verificare la tenuta e lo stato di salute del comparto birrario, sia per comprendere quali potrebbero essere le future tendenze dell’ambiente. Inoltre è uno dei primi strumenti che ci permettono di capire, con numeri e dati certi, se il 2023 è stato davvero un anno nefasto e in quali proporzioni.
Cominciamo da una buona notizia, perché la produzione di luppolo nel 2023 è cresciuta rispetto al 2022. È un dato confortante, ma non bisogna dimenticare che dodici mesi fa fu registrato un pesantissimo -12% rispetto al 2021 e che l’incremento nello scorso anno è stato appena del 2%. L’aspetto interessante è che la produzione è cresciuta nonostante la superficie di coltivazione si sia ridotta sensibilmente, con un clamoroso -10%. Come spiegare quindi questo incremento? Se lo chiede anche Stan Hieronymus nella sua newsletter Hop Queries e la risposta è piuttosto logica: la resa delle coltivazioni è aumentata considerevolmente. Però aggiunge molti dettagli a questa banale conclusione, spiegando che il 2022 era stato pessimo in termini di efficienza e che il fenomeno è stato favorito sia da un incremento delle cultivar da amaro rispetto a quelli da aroma, sia da una maggiore resistenza delle piante a malattie e parassiti. Inoltre il rapporto tra le due voci statistiche non è stato uguale per tutte le varietà di luppolo – la produzione di Centennial è crollata del 19% a fronte di una riduzione di superficie coltivata di appena l’1%, quella di Cascade è cresciuta del 12% nonostante una contrazione di ettari pari al 12%.
Un altro dato da tenere d’occhio è quello relativo al valore complessivo della produzione, che è sceso del 9% rispetto al 2022. Un risultato inaspettato, ma che è facilmente spiegabile dal prezzo della materia prima: nel 2023 i birrifici hanno pagato “appena” 5,40 dollari per libbra rispetto ai 6,06 dell’anno precedente. All’epoca l’aumento di prezzo era stato giustificato dal calo della produzione e dalla pessima stagione meteorologica, dunque quello degli ultimi mesi è stato una sorta di ritorno alla normalità. Ma anche qualcosa in più, perché un prezzo così basso non si registrava addirittura dal 2015. Una statistica interessante, perché significa che tra i tanti incrementi di costi che i birrifici hanno dovuto sostenere nel 2023 – e che non perdono occasione per ricordare ai consumatori – non c’è stato quello del luppolo americano, che invece è calato sensibilmente. Ciò comunque significa che il giro d’affari per i coltivatori americani si è fermato a 562 milioni di dollari, cioè quasi 100 milioni in meno rispetto a soli due anni fa.
Sicuramente interessanti sono anche le tabelle del documento che mostrano i dati di superficie, resa e produzione delle varietà di luppolo per i tre principali stati americani del settore. Idaho, Oregon e Washington, infatti, coprono insieme poco meno dell’intera produzione nazionale, lasciando le briciole agli altri. In Idaho la cultivar più prodotta è stata il Columbus, seguito da vicino dal Mosaic e quindi dal Citra. Rispetto all’anno precedente le gerarchie sono cambiate parecchio, perché la produzione del Citra è calata in maniera drastica (era primo nel 2022) ed è cresciuta sensibilmente quella del Columbus (terzo nel 2022). Anche in Oregon il Citra ha sperimentato una pesante contrazione, ma è riuscito a mantenere la prima posizione, seguito dal Mosaic e dallo Strata – la produzione di quest’ultimo tuttavia è scesa nettamente negli ultimi dodici mesi. Citra in crisi anche nello stato di Washington, dove ha perso la prima posizione a vantaggio del Columbus, mentre il Mosaic è riuscito a mantenere il gradino più basso del podio ma ora è tallonato dall’inossidabile Cascade.
Il Citra sembra dunque una varietà piuttosto in difficoltà e già lo scorso anno aveva registrato un calo nella produzione per la prima volta dalla sua comparsa sul mercato (2008). Nel 2022 era riuscito a mantenere il primato come cultivar maggiormente prodotta negli USA, ma lo stesso non è accaduto nel 2023 (-20%): il Citra è stato superato dal Columbus, che nel 2022 invece aveva sperimentato un pesantissimo calo (-31%). La situazione dunque è molto variabile e incerta, del resto come lo stesso mercato birrario internazionale; alcune tendenze inoltre sono emerse come risposta strategica alle difficoltà affrontate negli ultimi anni. In terza posizione rimane il Mosaic, anch’esso vittima di una contrazione non irrilevante (-10,6%). Tra le cultivar emergenti invece appare l’Helios, che presumibilmente incontreremo in alcune nuove birre italiane nel corso del 2024.
Nel complesso il documento del NASS fornisce numeri molto interessanti, che restituiscono un andamento non così negativo nei dodici mesi appena passati. La produzione è leggermente cresciuta, i prezzi delle forniture di luppolo sono tornati a livelli accettabili (se non più che accettabili) e la resa è aumentata sensibilmente. L’impressione è che la situazione generale offra poche certezze ma sia tutt’altro che pessima, con alcuni spunti positivi in un contesto ampiamente variabile. Sarà interessante confrontare alcuni dati del report, soprattutto quelli relativi alle varietà di luppolo, con il nostro documento Italian Beer Trends che presenteremo nei prossimi giorni.