Se siete lettori abituali dei blog birrari, saprete che in questi giorni Stefano Ricci sul suo Italian Pint sta rilasciando varie tappe dell’intervista a Charlie Papazian, guru del movimento americano e uno dei personaggi più importanti della scena internazionale. L’intervista integrale è apparsa a fine febbraio sul nuovo numero della rivista MoBI, in cui spesso si trovano spunti interessanti di discussione. Tra questi ovviamente non si può non annoverare una chiacchierata sul mondo della birra artigianale italiana con Papazian, grazie alla sua capacità di non essere mai scontato e all’elevata conoscenza che può vantare del nostro mercato.
Tra le diverse domande ne ho trovata una molto interessante, riguardante la percezione che hanno gli americani del movimento italiano della birra artigianale. Ecco il passaggio secondo me più emblematico, che probabilmente riporterà molti di noi con i piedi per terra:
La maggior parte degli appassionati di birra americani non è consapevole dell’innovazione che si sta sviluppando in Italia. Non c’è nessuna associazione in Italia che stia comunicando un chiaro messaggio del complesso delle tendenze in atto in Italia. Sembra che ogni birrificio faccia marketing, cosa necessaria, solo per sé stesso mentre nessun messaggio riguardo alla cultura birraria italiana sta emergendo seriamente.
Bella stroncatura, non c’è che dire. Secondo me le parole di Papazian meritano una riflessione approfondita, perché pesano come un macigno su tutti i protagonisti del movimento nostrano.
Ciò che manca sarebbe una coesione generale, la capacità di esportare il concetto di “birra artigianale italiana” in tutte le sue declinazioni. Colpevoli sono sicuramente i birrifici, che non sono in grado di investire in progetti di comunicazione a lungo raggio. Una mancanza che non dipende solo da elementi puramente economici, ma anche dall’incapacità di ragionare oltre i prossimi cinque minuti. Come scriveva oggi Leo su Twitter, in Italia spesso si guarda al costo dell’investimento e non ai suoi potenziali ricavi. Ergo: se una cosa non fornisce un profitto nell’immediato, non vale la pena spenderci soldi. E da qui si arriva al fenomeno “dell’orticello”, oltre al quale raramente si guarda. Oppure ci si lancia in progetti sgangherati e amatoriali, che appaiono ridicoli agli occhi di chi è abituato a un alto livello di professionalità.
Ma Papazian non è tenero neanche con le associazioni, nessuna delle quali, a suo dire, è stata finora in grado di comunicare con chiarezza cosa sta succedendo in Italia. Della frammentazione di enti di promozione nazionali abbiamo parlato più volte, descrivendola come un possibile freno allo sviluppo del settore. Evidentemente era una visione più che corretta, poiché la prima conclusione che se ne trae è che la suddivisione degli sforzi è uno spreco di energie e poco altro. Penso che da questa accusa nessuno possa sentirsi dispensato.
Il punto è: stiamo costruendo qualcosa in Italia? Qualcosa di concreto intendo, non una base composta da qualche centinaia di appassionati. Oppure stiamo cavalcando un momento di estrema popolarità della birra artigianale – definitelo pure col termine “moda” – che tenderà a sgonfiarsi appena scemerà l’interesse dell’opinione pubblica?
Se non ci si da un svegliata, ecco cosa penso che succederà: finita l’ondata positiva, ci ritroveremo con pochi produttori accorti che saranno stati in grado di ottenere risultati, altri che si accontenteranno delle briciole e molti altri che rimarranno scottati. E questo al di là di fantomatici oligopoli che per alcuni rappresenterebbero il male ultimo del movimento. Ma il male ultimo è altrove, è nell’incapacità di costruire qualcosa nonostante il momento sia propizio come in poche altre occasioni.
Diamoci una mossa, cerchiamo di guardare oltre lo steccato del nostro giardino e smettiamola di convincere gli altri e noi stessi di quanto siamo fighi. Se non l’avete capito, a frequentare questo mondo siamo sempre gli stessi quattro stronzi. Agiamo di conseguenza…
Cosa si sta costruendo in italia? un grosso castello di carta destinato a crollare probabilmente.
Mi ha IMPRESSIONATO la conoscenza che Papazian ha del mercato italiano e le sue dinamiche. Roba che in pochi nel nostro stesso sarebbero capaci di fare con onestà e la stessa capacità
Da segnalare l’appunto sulla stabilità delle birre italiane che è davvero qualcosa su cui lavorare: fin quando si filosofeggia, bene, è anche questione di mentalità; ma la qualità spesso soffre di dilettantismo e fretta.
Penso che in italia ci vorrebbe qualcosa proprio come la BA per finalmente mettere un po’ d’ordine.
Il “MubI” magari.
Sarebbe l’ideale, oltre che necessario e logico!
Charlie, quando dice che il problema nell’esportazione è la stabilità delle birre artigianali, non si riferisce al caso particolare delle birre italiane. Su questo potremmo anche discutere, ma per favore smettiamo di utilizzare le parole di Charlie per sfogare i propri personali pruriti.
Hai ragione, in realtà parlava delle birre ungheresi! Come abbiamo fatto a non capirlo…
Il problema della stabilità delle birre artigianali è molto sentito negli USA. Da anni c’è confronto e sensibilizzazione su questo problema. Riferito alle birre americane e alla possibilità di esportazione.
Charlie si riferiva quindi ad un limite valido per tutti i produttori artigiani, italiani, americani o ungheresi.
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Sembra che ogni birrificio
faccia marketing, cosa necessaria, solo per sé stesso mentre
nessun messaggio riguardo alla cultura birraria italiana sta
emergendo seriamente. Sono molto poche le birre artigianali spedite negli Stati Uniti. Naturalmente ci sono buone
ragioni per tutto ciò. Non puoi costruire il giro d’affari di un
piccolo birrificio ignorando gli appassionati e la domanda
locali. Più semplicemente non puoi sostenere la tua attività
solo sull’esportazione. La maggior parte dei microbirrifici
non sono in grado di assicurare la stabilità delle loro birre
per lunghi periodi di tempo e con condizioni incerte di
spedizione e distribuzione e birre vecchie e stantie devasterebbero l’immagine dei microbirrifici italiani
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Davvero questa intervista ognuno la interpreta come vuole…a me sembra evidente che stia parlando delle birre italiane.
Pruriti personali, può darsi. Ma nascono da una persona che compra TANTISSIME birre straniere e ne trova una difettata (non parlo di forma) ogni 500, Quando poi ogni tanto compra qualche birra italiana (che avranno fatto 500km di trasporto max), ogni 5/6 bottiglie allo stappo viene inebriato da favoloso aroma di vomito.
Se poi vogliamo andare oltre i pruriti personali, questo è un parere ampiamente condiviso da appassionati e operatori del settore ancor prima che da me; papazian in testa.
Inoltre non crfedo che turco stesse attaccando nessuno in particolare.
Certo, sempre interpretando l’intevista, non credo che papazian dicesse cmq che le associazioni esistenti abbiano lavorato bene ed il problema è solo di chi abbandona la nave.
@ Indastria
Tu fai riferimento alla qualità, e posso essere anche d’accordo con te.
Per stabilità in genere si intende una cosa diversa. L’infezione non è (sola) instabilità. La variazione delle qualità organolettiche, anche in assenza di carica batterica importante, si.
Secondo me non parlava dell’Italia in senso stretto, anche se il fatto che sarebbe un discorso assai pertinente potrebbe confondere…
Scusate, vado a rileggere l’articolo perché l’ho in fondo letto quand’è uscito (15 giorni fa circa) e potrei essermelo dimenticato… mmm, vediamo. Ricci domanda:
Come sono considerate le birre italiane dagli appassionati di birra americani? Quanto è difficile stabilire il confine fra creatività e sperimentazione rispetto al marketing ed all’autoreferenzialità
Papazian risponde: […] Sono molto poche le birre artigianali spedite negli Stati Uniti. Naturalmente ci sono buone ragioni per tutto ciò. Non puoi costruire il giro d’affari di un piccolo birrificio ignorando gli appassionati e la domanda locali. Più semplicemente non puoi sostenere la tua attività solo sull’esportazione. La maggior parte dei microbirrifici
non sono in grado di assicurare la stabilità delle loro birre per lunghi periodi di tempo e con condizioni incerte di spedizione e distribuzione e birre vecchie e stantie devasterebbero l’immagine dei microbirrifici italiani.
Si sta riferendo alla stabilità delle birre artigianali in generale o a quella delle italiane? Via, un po’ di obiettività.
A me il riferimento sembra chiarissimo e scevro da possibilità di fraintendimento. E mi ritengo d’accordo con lui, INDASTRIA sotto ha spiegato che certe opinioni sono più che semplici pruriti…
io aggiungo una cosa:
potremmo anche parlare in generale, però:
non mi sembra che la BA alla fine si ponga il problema (se lo pongono singoli associati come stone per esempio) dell’esportazione in europa (e già in usa certe birre fanno 300km senza uscire dalla nazione); così come nemmeno il problema impedisce alle micro del resto d’europa di farlo.
L’appassionato medio forse non se ne accorge, ma le birre americane non sempre sono in gran forma sugli scaffali italiani. ma chi se ne lamenta? alla fine saranno solo meno buone. Si vendono meno flyin’ dog per questo? non mi pare.
Totalmente diverso è il discorso di “stabilità” vera e proprio; infezioni comprese.
E quello è un problema che nessun birrificio si può permettere e che pare riguardi soprattutto le birre italiane.
La the abyss (una delle birre più ricercate del mondo) nel 2009 è uscita infetta. Ma negli usa son eventi così rari che ne è nato un caso.
Son queste le cose che “fanno rimettere la faccia” ai birrifici.
Si sta riferendo alla stabilità delle birre artigianali in generale o a quella delle italiane? Via, un po’ di obiettività.
Si sta riferendo all’instabilità della birra artigianale in generale, inserendo il concetto nel discorso sulle birre italiane.
Non capisco poi cosa vuoi dire con “un po’ di obiettività” quando ho già dichiarato che se sostituiamo il termine “instabilità” con “qualità” si avrebbe una attinenza maggiore alle nostre problematiche.
Ma è un altro discorso e non è stato affrontato nell’intervista.
La forza della birra artigianale credo prescinda dalla coesione dell’Offerta che oggi abbiamo in Italia.
Io vivo in una zona di uve e vini. In ogni paese seppur piccolo, ci sono più di un produttore, i consorzi non sono di livello provinciale ma spesso interessano solo tre-quattro comuni. C’è spazio per tutti perché la cultura del vino c’è da anni ed anni ed è indiscussa. Il vino lo bevono tutti, nessuno però à tavola mette un cartone di tavernello, magari la bottiglia del consorzio meno blasonato, ma non il tavernello.
La birra industriale che impazza oggi è birra tavernello.
Bere birra vera piuttosto che birra tavernello ha delle differenze obbiettive: partendo dal gusto passando dalla digeribilita ed arrivando alla genuinità.
In Italia siamo semplicemente indietro nella cultura birraria, ma per i motivi sopra nn può che farsi strada prima o dopo.
E le birre tavernello troveranno lo spazio che oggi ha il vino omonimo…
Poi è vero che un movimento coeso catalizzerebbe l’affermarsi di questa cultura a noi cara. Ma che dobbiamo fare se in Italia siamo più coesi noi soliti 4 babbi consumatori che non i 100-150 produttori…
Non mi piace, con tutto il rispetto, questo articolo.
Rispetto quello che dice Charlie e sono sicuramente d’accordo con lui.
Non credo però che questa lettura sia del tutto corretta.
Si potevano trarre anche spunti un po’ più ottimistici dal constatare che manca la comunicazione di una sostanza che esiste.
Poi, tutto va bene.
Anche distribuire parte delle responsabilità ad associazioni che non esistono, se non come volontà (e direi NECESSITA’) e delle quali l’intervista a Charlie non poteva tenere conto.
Lettura un po’ strumentale quella del nostro bravo Andrea….ma forse mi sbaglio….
Strumentale Livingstone? A me pare strumentale la tua lettura, con tutto il rispetto, di un articolo che non ha preso le parti di nessuno…
Beh, può darsi che ti abbia frainteso, ma a me le tue conclusioni sono sembrate forzate. Certo, anche un po’ confuse, il che potrebbe spiegare il fraintendimento.
Mi spiego meglio.
Si parte da una constatazione estrapolata dall’intervista (e secondo me fraintesa). Le associazioni italiane non sono state capaci di esportare un messaggio unitario del mondo birrario nazionale negli states.
Il che lascerebbe presagire un auspicio della nascita di qualcosa di nuovo. Può essere un nuovo spirito ma può essere anche un soggetto che oggi non esiste.
– e, per inciso, di niente di tutto questo si fa cenno nell’intervista –
La lettura invece che fai è di accusa alle divisioni che apparirebbero come la causa e non la conseguenza del male originale.
La cosa non mi sembra logica.
Visti poi anche altri riferimenti che fai (fantomatici oligopoli e la riunione a fidenza) mi è sembrato che ci fosse una forzatura tesa a giustificare una tesi che con l’articolo non c’entra niente.
Perchè alla fine il punto è quello.
Si parlava del Papazian pensiero, non di altro.
Non escludo che l’articolo possa essere poco chiaro, a volte esprimersi con chiarezza non è facile. Però bisognerebbe anche leggerlo nel giusto modo, se mi posso permettere. Mi sembra cioè che qualcuno di voi (tu e Bruno) lo sta interpretando in modo un po’ troppo restrittivo.
In primis non ho parlato di alcuna riunione a Fidenza. Poi non ho fatto alcun riferimento a un’associazione in particolare, men che meno a una che – nonostante le chiacchiere – ancora non esiste.
Poi se vogliamo rimanere a ciò che dice Papazian, lui parla di associazioni, ma anche di singoli birrifici. Cioè offre una lettura di ampio respiro, nella quale sono coinvolti tutti i protagonisti del movimento italiano.
Il riferimento all’oligopolio è preso come esempio per un concetto: le frammentazioni interne all’ambiente possono nascere da concezioni più o meno legittime, ma probabilmente vanno a detrimento della capacità di comunicazione del settore, che può essere fatta solo in modo organico. Quello dell’oligopolio è un argomento piuttosto caldo, per questo l’ho preso ad esempio. E comunque è solo un passaggio tra tante riflessioni… che però diventa preminente perché interpretato come un affronto ai propri interessi.
Cit.
In primis non ho parlato di alcuna riunione a Fidenza. Poi non ho fatto alcun riferimento a un’associazione in particolare, men che meno a una che – nonostante le chiacchiere – ancora non esiste.
Cit./
Scusa, non avevo capito che il link alla pagina “Riguardo alla nuova associazione di birrifici…” fosse un errore di battitura.
Il link è nella frase “Della frammentazione di enti di promozione nazionali abbiamo parlato più volte”. Stai dicendo che non è pertinente?
“La maggior parte degli appassionati di birra americani non è consapevole dell’innovazione che si sta sviluppando in Italia. Non c’è nessuna associazione in Italia che stia comunicando un chiaro messaggio del complesso delle tendenze in atto in Italia. Sembra che ogni birrificio faccia marketing, cosa necessaria, solo per sé stesso mentre nessun messaggio riguardo alla cultura birraria italiana sta emergendo seriamente.”
Siamo sicuri che lo dice Charlie? Potrei averlo detto anche io…..(modestamente)..anche nella famosa riunione”segreta” che ha dato così fastidio ai soliti 4 soloni della “Birra Artigianale Italiana”.
Mi rivolgo ai miei colleghi Birrai ….datevi una sana svegliata e vediamo di collaborare su quei pochi ma importanti temi strategici che impatteranno sul nostro futuro (Comunicazione, Formazione sia Tecnica che Economica, Sviluppo della Cultura Birraria, Qualità).
x Andrea: “Della frammentazione di enti di promozione nazionali abbiamo parlato più volte, descrivendola come un possibile freno allo sviluppo del settore”….te lo dico in romano….ma che stai a dì? La tua sta diventando una vera ossessione….
Dove le vedi tutte queste Associazioni ? E sopratutto dove mai le avrà viste Charlie….? L’unica cosa che ha visto Charlie sono i soliti (pochissimi) personaggi che “rappresentano la birra artigianale italiana nel mondo” sempre quelli da 10-15 anni……….Sicuramente non ha avuto rapporti con organizzazioni di alcun tipo…e quindi lo dice….e questo dà ragione a chi come me vuole dare una scossa ai colleghi….e vuole trovare altri modi di agire…..
Il problema di base che vedo è la genetica….siamo italiani e per definizione non amiamo condividere alcunchè con gli altri…ci crediamo sempre uno più furbo dell’altro….
Chissà se nel mondo birrario si riuscirà a fare qualcosa di diverso ??
Me lo auguro….
-Quote Catalizzatore-
“Dove le vedi tutte queste Associazioni ? E sopratutto dove mai le avrà viste Charlie….? L’unica cosa che ha visto Charlie sono i soliti (pochissimi) personaggi che “rappresentano la birra artigianale italiana nel mondo” sempre quelli da 10-15 anni……….Sicuramente non ha avuto rapporti con organizzazioni di alcun tipo…e quindi lo dice….”
/Quote
Charlie conosce bene qual’è la situazione in Italia compresa Unionbirrai.
Ma conoscendolo non posso credere neanche che quello che ha detto fosse un attacco ad Unionbirrai stessa. Anzi, lo escludo con certezza.
Certo il mio pensiero poi finisce sempre alla stessa considerazione.
Si scrive un articolo che invoca l’unità del mondo birraio e al tempo stesso ci si schiera con/contro una fazione. Ma ha senso?
A Rimini peraltro non ho vissuto in nessun momento queste divisioni.
E’ possibile che ci siano differenze di vedute, ma alla fine tutti siamo sulla stessa barca.
Paradossalmente proprio questa pluralità di idee credo che abbia reso linfa vitale ad UB. Mia opinione personale, ma lungi dal dispiacermi.
E Pluribus Unum!
Perdonami, ma chi è che si sarebbe schierato con o contro una fazione in questo articolo? Sono proprio curioso di saperlo…
Anche a me piace Rimini e la sua atmosfera, che si ritrova anche in altre occasioni ed è il motivo per cui amo questo mondo. Però oltre alle adunate di vecchi amici, ci dovrebbe essere qualcosa in più ogni tanto.
“siamo italiani e per definizione non amiamo condividere alcunchè con gli altri…ci crediamo sempre uno più furbo dell’altro….”
Genio.
Grazie…! 🙂
Che sto a di’? Guarda, basta fare due conti, penso che siamo tutti capaci, senza neanche dover elencare nuovamente tutte le associazioni di settore. Da consumatore e appassionato secondo me è un problema, e stranamente non sono l’unico a dirlo, basta ascoltare le voci di chi bazzica l’ambiente – se se ne ha voglia, ovviamente.
In altre realtà la “birra artigianale” si comunica globalmente: dentro ci sono gli artigiani veri e propri come le grandi aziende, le beer firm, i birrifici a conduzione familiare e quelli portati avanti da imprenditori a tutto tondo. E lo si fa in modo professionale, con idee concrete e realizzate investendo soldi.
Da noi non solo di guarda al proprio orticello e si creano distinzioni in base a criteri fumosi, ma inoltre si ha la supponenza di farlo con le solite pecionate all’italiana.
Caro Andrea…..non mi risulta che in Italia esista ancora una Associazione Professionale di Categoria dei Birrifici Artigianali. C’è una pletora incredibile di Associazioni di Appassionati ed Homebrewers ma per i Professionisti esistono solamente Unionbirrai ed Assobirra. Assobirra ha una mission ed una “cultura” che chiaramente non è orientata allo sviluppo del mercato della Birra Artigianale e di Qualità per cui (attualmente) non la riconosco in grado di rappresentare le istanze dei Birrifici come i nostri. Con Assobirra al limite si pùò e si deve collaborare su alcuni temi specifici (campagne stampa comuni su temi politico/istituzionali, lobbing…).
Unionbirrai: cosa dire? La mia opinione personale è che uno status di Associazione culturale con obiettivi non chiari e che riunisca tutti senza definizione di campo e responsabilità ….non può essere efficace e a parte l’organizzazione di alcuni eventi non può portare da nessuna parte…a me sinceramente un coacervo indistinto non interessa. Io mi auguro che Unionbirrai possa diventare una sorta di Camra italiano……ed anche io in questo caso ne farò parte. Se permetti io e gli altri colleghi birrai facciamo gli imprenditori ed abbiamo esigenze specifiche (tutte nostre)…alcuni obiettivi possono essere comuni con gli appassionati ed i publicans…altri sono specifici della categoria ed in alcuni casi in contrasto con quelli di appassionati o distributori o publicans…..
In questo momento c’è ancora una discussione in atto tra noi …in modo molto serio e composto….su quello che possono essere le azioni da intraprendere.
A me dispiace quando vedo che in maniera del tutto “pregiudiziale” si fanno dei commenti o ancora peggio si danno dei giudizi….senza aspettare e senza sapere effettivamente quello che si vuole fare…..
Per quanto riguarda gli orticelli forse dà fastidio proprio il fatto che non si voglia partecipare a nessuno degli orticelli pre-esistenti (già divisi da tempo e con “pecionate” storiche alle spalle)….e che non si sia chiesto ai soliti soloni il permesso di dar vita ad una nuova iniziativa…….
Infine…a me le voci di chi “bazzica l’ambiente” non interessano…..le chiacchiere sono divertenti e danno un pò di pepe all’ambiente (meno male) ma poi occorre guardare alla sopravvivenza ed alla crescita della propria impresa e questa cosa la dobbiamo vedere “noi” tutti i giorni facendoci un culo triplo …..e non mi risulta che ci siano molti salvatori della patria in giro ……
E gli “operatori professionali” (per usare un brutto termine) devono diventare sempre più professionali…….e non possono certo continuare a fare gli homebrewers evoluti. Non ci sono appassionati od altri che possano dare a loro questa professionalità …ma se la devono costruire investendo tempo e denaro per dare alle proprie aziende e “famiglie” un futuro…..
Peccato che chi bazzica l’ambiente sia anche consumatore, quindi il non interesse nei suoi confronti mi sembra una scelta aziendale poco felice.
Comunque, torno sul punto centrale del tuo commento. Tu puoi avere tutte le ragioni del mondo a sentire la necessità di fondare un nuovo gruppo, associazione, organismo o come vogliamo chiamarlo. Il problema è che si tratta di un nuovo, ulteriore attore nel settore. E’ come per il discorso dei prezzi: puoi dirmi che i prezzi della birra italiana sono alti per mille motivi, ma ciò non toglie che per il consumatore finale sono alti, c’è poco da fare. Io sono un consumatore (appassionato) e analizzo le cose da questo punto di vista. E da questo punto di vista ho visto susseguirsi tante associazioni, troppe: UB, ADB, MoBI, Consobir, Assobirra, ONAB, nonché il nuovo gruppo X. Troppe perché secondo me creano confusione e disperdono potenziali energie comuni.
Andrea…il consumatore vero è quello che mi compra le birre tutti i giorni e le compra perchè gli piacciono…..o perchè gli danno soddisfazione…..ma dietro a questo c’è del lavoro nostro….Il consumatore vero non è quello che bazzica l’ambiente…..l’ambiente non lo conosce nemmeno….Poi ci sono i consumatori potenziali che sono quelli veramente numerosi ed importanti per l’evoluzione e la crescita del settore della birra artigianale….ed è lì che bisogna investire in cultura e comunicazione…
L’ambiente di cui parli tu è composto da appassionati che appartengono ad una piccola nicchia…..importanti, simpatici ma sono e rimangono i soliti 100 individui a cui piace bere bene…..ma dobbiamo andare oltre…… anche grazie agli appassionati (che possono essere le teste di ponte del movimento se riuscissero a scollarsi dai forum chiusi e facessero più iniziative per coinvolgere anche altri)…
Per quanto riguarda le Associazioni (mi ripeto), in questo momento, a mio parere, non esiste una Associazione in grado di fare compiutamente i miei interessi e di sviluppare in modo professionale un discorso serio…..che ci posso fare? Io la penso così….Poi se Unionbirrai si evolverà nella direzione che auspico si vedrà….ma sembra che si stia dirigendo da un’altra parte e l’unica cosa a cui tiene è aumentare la base “contributiva”……
ADB è l’unica che fà delle cose concrete, nonostante Polli sia stato per anni osteggiato dai famosi appassionati, in Italia è l’unica che organizza dei corsi e degli eventi seri (per quanto migliorabili) che fanno parlare di Birra Artigianale anche sui principali media (il Beppe Vento è andato sul TG5 in prima serata….e con chi altri avrebbe avuto questa possibilità?). Altri organizzano qualcosa solo pro Domo propria…..
Le altre associazioni per me non esistono……
Infine se Tu riuscissi ad organizzare (visto che sei uno dei pochi in grado di farlo) un evento apposito (tavola rotonda o simili) per parlare delle problematiche del settore (evoluzione, prezzi, competizione, etc.) io sarei ben felice di partecipare…..
Ultimo spunto di riflessione sui prezzi: il prezzo lo fà il mercato! Uno legittimamente può comprare o non comprare in funzione di quello che può o vuole spendere o del valore che dà alla soddisfazione di un proprio bisogno. Sta all’imprenditore decidere in quale mercato operare e correttamente operare con i prezzi che quel mercato è in grado di pagare. E’ tutto molto relativo…..
I consumatori possono legittimamente far notare delle distorsioni del mercato ed aprire delle discussioni serie …..ma non possono sparare cazzate fini a se stesse….perchè possono danneggiare un’azienda e delle persone che ci lavorano….
Mi piacerebbe inoltre che qualche consumatore evoluto parlasse delle distorsioni della Distribuzione (e non della minchiata dei prezzi allo spaccio che non servono a niente)….per cui noi Birrifici Artigianali Italiani rischiamo di essere cornuti e mazziati ….ci sono Birrifici Italiani che vendono la birra (al Pub) a prezzi molto più bassi di quanto lo stesso Pub compri birra industriale. Poi non ho mai sentito parlare nessuno dei consumatori evoluti dei ricarichi dei publicans…..Non credo sia giusto avere una visione monodirezionale….
Sì Bruno, noi appassionati siamo solo una piccola minoranza e il mercato vero è altrove. Tutto giusto, ma quando dico che troppe associazioni non sono un bene non penso solo alla mia situazione, ma cerco di mettermi nei panni di un consumatore medio e penso agli interessi del movimento. E se il movimento ha dei problemi, come quello di non riuscire a comunicare in modo organico la sua esistenza, allora forse la mia analisi non è troppo sbagliata.
Prima si dice
Cit.
“In primis non ho parlato di alcuna riunione a Fidenza. Poi non ho fatto alcun riferimento a un’associazione in particolare, men che meno a una che – nonostante le chiacchiere – ancora non esiste.”
Cit/
Poi si dice
Cit.
“Il link è nella frase “Della frammentazione di enti di promozione nazionali abbiamo parlato più volte”. Stai dicendo che non è pertinente?”
Cit./
Si, dico che non è pertinente, anzi, sembrerebbe strumentale….
Il link è all’ultimo post che ha accennato alla frammentazione delle associazioni. Se l’avessi scritto qualche mese fa, magari avrei linkato l’articolo della nascita di MoBI. O quello di ONAB. O quello di ADB. O quello dei micro in AssoBirra.
Com’era la storia del dito che indica la luna?
Cit.
Com’era la storia del dito che indica la luna?
Cit/
Flame Alert!
Ah no guarda, l’ho scritto proprio senza alcun astio. Se poi vogliamo restare al contenuto del discorso, spero che ora tu abbia risolto i dubbi su un’ipotetica strumentalizzazione…
@Andrea
Per favore correggimi un comando HTML nel mio intervento che visualizza tutti gli altri interventi “italic”.
Ma abbandoniamo la polemica e rientriamo in Topic.
Facevo una riflessione.
Pensate davvero che si conoscano le birre Americane in Europa per l’attività della Brewers Association?
Ma quanti veramente le conoscono…o meglio, quanti le conoscevano fino a due anni fa quando ancora nessuno in italia le importava?
Vero che c’è il programma di esportazione della BA la cui partecipazione è volontaria ed ha un costo a parte. Ma è una iniziativa di carattere economico che coinvolge una cinquantina di birrifici su 1500. Il tre percento.
Quale associazione in Italia potrebbe sostenere un programma del genere portando a giro per il mondo 9 birrifici che produrrebbero in totale forse un decimo del più piccolo birrificio facente parte del programma americano?
Ci sono altre attività della BA che hanno favorito questa diffusione (…taccio i dubbi su questo punto) del messaggio birrario americano?
Secondo la mia opinione ci sono altri fattori mooooolto più importanti e decisivi.
1) sono partiti vent’anni prima
2) tutti i forum e blog americani sono da noi fruibili mentre un bel blog come questo si può consultare solo se conosci l’italiano.
3) Tutti i libri che abbiamo letto per ampliare le nostre conoscenze sono scritti da americani che tra l’altro ci comunicano la cultura del loro mondo.
Forse ci sono anche altre ragioni.
Perchè allora Charlie ha puntato il dito contro le nostre associazioni?
Secondo me non l’ha fatto. Tutto lì. Ha solo cercato di completare con una ipotesi quello che stava sostenendo, ovvero che il mondo birrario italiano è molto interessante in virtù della sperimentazione e fantasia dei nostri birrai ed è un peccato che al di fuori dei confini non siamo più presenti.
Quindi tutti siete d’accordo che oggi conosciamo le birre americane per la capacità comunicativa della Brewers Association?
Sapete anche spiegarmi in virtù di quali azioni?
Sapete anche dirmi da quando siete a conoscenza dell’American Reinassance?
Non credo che nessuno possa, sinceramente, rispondere positivamente.
Che conclusione si deve quindi trarre?
Che l’interpretazione della frase di Charlie era…ponderata?
Io ricordo che qualche anno fa, quando le produzioni americane in Italia erano semplici chimere, una (la sola?) occasione per assaggiare qualcosa dei micro USA era partecipare a Pianeta Birra, dove al banco UB si trovavano le prime bottiglie “italiane” di Left Hand, Stone, Dogfish Head. Se non ricordo male, tale possibilità nasceva da una collaborazione tra UB stessa e BA. Quindi sì, secondo me oggi le conosciamo per merito di BA. Magari prima o poi sarebbero arrivate lo stesso eh, ma è innegabile che BA ha avuto un ruolo fondamentale.
E’ un po’ riduttivo dell’importanza che hanno avuto tanti autori americani e del grande lavoro fatto da importatori italiani e europei, ma ti voglio passare per buona questa tua affermazione.
L’evento al quale ti riferisci non può essere ricondotto a più di cinque o sei anni fa, visto che prima di allora non esisteva la Brewers Association, ma esistevano altre associazioni che poi si sono fuse nel 2005. E a Rimini nel 2006 c’era proprio la Brewers Association. Lo so bene perchè fin da allora ho partecipato come aiutante indigeno a far assaggiare le birre agli ignari italiani. Rispondendo ad un’appello Unionbirrai, alla quale all’epoca ero iscritto.
Insomma facciamo due conti.
Potenza economica dei birrifici Americani che già allora erano probabilmente più di mille. Quasi trent’anni di attività. Una base di associati molto amichevole e coesa che ha sempre fatto della collaborazione il cavallo di battaglia vincente. Un presidente giustamente venerato e conosciuto da tutti gli appassionati di birra del mondo….potrei andare avanti.
Pur con queste premesse in Italia si è iniziato a sapere qualcosa delle birre americane nel momento in cui è partito il “piano di sviluppo estero” che riguardava una ventina o trentina (so solo che oggi ne fanno parte una cinquantina) di birrifici intenzionati ad aprirsi un mercato oltreoceano…dopo trent’anni che era nato il fenomeno americano…con mezzi faraonici e, non scordiamocelo, un governo americano che finanzia, almeno inizialmente, l’iniziativa (proviamoci noi a sottrarre soldi destinati ai vinai e agli agricoltori!!!).
Ci saranno state anche le buone intenzioni ma la molla è stata non la grande organizzazione ma la semplice volontà di esportare un prodotto in un mercato quasi vergine. Finanziati da soldi pubblici.
Non voglio giustificare nessuno, nè tantomeno togliere meriti a Charlie e al mondo brassicolo americano, che adoro….
Ma non ho capito…. di che stiamo parlando? Ma sappiamo di cosa stiamo parlando?
indizi per dirimere la questione qua:
http://www.examiner.com/beer-in-national/how-does-internet-social-network-affect-beer-markets-preference
In particolare:
Cit. Charlie Papazian
I want to preface the interview and my responses with belief that what I said is relevant to any country’s small brewing and beer enthusiast community on any continent. Likewise Stefano’s excellent questions are questions any national beer community needs to consider.
Cit/
detto a posteriori suona proprio come una precisazione “dovuta”.
Vuol dire che non credi alla premessa di Papazian?
Penso che semplicemente abbia riletto l’intervista e che anche lui ha trovato che il tutto potesse essere equivocato o stampato -perfettamente- alla situazione italiana.
Andrea
Vorrei capire , se possibile, Te cosa proponi ?
Forse è un mio limite ma non l’ho ancora capito….
Quale potrebbe essere un modo fattivo per avere una unitarietà …..del cosidetto movimento?
In linea teorica io potrei essere d’accordo con te sul fatto di muoverci tutti insieme …ma praticamente lo trovo difficile…..anzi impossibile…..
Io sono entrato in questo settore solo due anni fà ma la situazione era già deteriorata….adesso far pensare che qualcuno che cerca di fare una Associazione che risolva i problemi che stanno a cuore ai microbirrifici è il responsabile della divisione del movimento mi sembra un tantino esagerato …anzi assolutamente fuori luogo….
Credo che la strada giusta sia quello di fare delle cose concrete con obiettivi condivisi e nell’interesse comune …… e che la partecipazione ad una Associazione non sia vista solo come una opportunità di business per il singolo birrificio che si sente poi il più furbo del cucuzzaro…..
Poi se questo sarà impossibile allora ognuno allegramente per la propria strada….avendo coscienza che ci sarà sicuramente più di uno che cercherà di appropriarsi più o meno indebitamente e furbescamente del “concetto” di Birra Artigianale Italiana”….
Un pò di lungimiranza….e lo chiedo ai miei colleghi…..
Ma dove sta scritto che Catalizzatore è responsabile delle divisioni? Magari fosse così facile… ho parlato di tante associazioni, nessuna nello specifico. Se ogni suo rappresentante si sente chiamato in causa e guarda solo il suo “mondo”, stiamo da capo a dodici.
Cosa fare non lo so, nel mio piccolo ho cercato di offrire una visione organica del movimento con la Settimana della Birra Artigianale, che – magari pecco di mancanza di modestia – secondo me da questo punto di vista è stata uno dei progetti migliori che ci sono stati fino ad oggi. E ciononostante c’è chi ha preferito non aderire, chi vi ha guardato con sufficienza e chi non ne ha capito gli obiettivi, forse perché non c’erano ritorni immediati quantificabili economicamente.
Quello che penso è che bisognerebbe iniziare a sacrificare un po’ di interessi personali e immediati per costruire qualcosa di più grande ed estremamente più remunerativo nel lungo periodo. Frammentare ulteriormente il movimento in nome di interessi estremamente specifici secondo me è senza senso e ci allontana sempre più da una visione collettiva di birra di qualità.
Secondo è innanzitutto chi produce che deve fare un salto di qualità, ma non (solo) in termini di livelli produttivi, ma anche di visione del mercato e di modalità di fare business. Cominciando ad esempio ad ascoltare i consumatori con cui un’azienda ha la fortuna di potersi interfacciare: se viene sollevato un problema “prezzi” – tanto per tornare su un argomento sempre caldo – un birrificio dovrebbe preoccuparsene, invece di bollarla come l’opinione solitaria di un appassionato… solo perché intanto il prodotto tira tra le masse. Magari tira oggi, ma domani, quando in molti si saranno stancati di pagare la birra a peso d’oro, chissà…
Ti devo fare i complimenti per la Settimana della Birra Artigianale, bellissima iniziativa alla quale ho potuto partecipare in piccolo anche io.
Comunque Andrea io non voglio fare polemiche sterili…..e non voglio fare guerre di religione….dovessero nascere in futuro iniziative che reputerò interessanti per il bene comune sarò il primo a parteciparvi…..con chicchessia…..
Io sono un pratico e proprio perchè sono abituato a pianificare e a prevedere (è stato da sempre il mio lavoro nelle aziende in cui ho lavorato) cerco di proporre soluzioni per poter gestire nel modo giusto la crescita del settore….
Mi ripeto ….io faccio l’imprenditore e quindi devo pensare al futuro della mia azienda….i consumatori sono liberi di scegliere….ma dobbiamo aiutarli a scegliere in maniera consapevole…basta con i messaggi fasulli……non possiamo dire che i prezzi sono alti per colpa dei produttori! I produttori artigianali italiani sono la parte debole della filiera pressati tra oneri causati dal parassitismo della burocrazia pubblica a tutti i livelli, tassazioni fuori dalla norma,costi del personale altissimi e clienti (distribuzione) a volte scorretti che dopo blaterazioni infinite e sboronate varie magari poi non ti pagano nemmeno….Poi ci sono le concorrenze più o meno leali di importatori di tutti i tipi che spacciano per artigianali produzioni che non lo sono affatto …..(che poi magari vengono anche vendute durante la settimana della birra artigianale come tali…)…o che non rispettano nemmeno indicazioni di legge….
Abbiamo il sacrosanto diritto e dovere di dire la nostra….
Anzi sono determinatissimo a far valere le mie e le nostre ragioni!
Ti ringrazio per i complimenti ed evito di continuare il discorso sui prezzi, visto che andremmo sicuramente OT… tanto poi si finisce sempre a parlare di prezzi, si spendono mille parole ma alla fine i consumatori continuano a pagare la birra italiana a peso d’oro 😉 .
Se è per questo anche la straniera….:-)
Mi obblighi a risponderti che spesso costa meno, anche se arriva dall’altra parte dell’Atlantico. Ogni tua obiezione richiede un commento approfondito, quindi eviterei 😉
Comunicazione all’estero dei Birrifici Italiani:
Il mio problema non è quanto ha fatto BA per far conoscere la birra americana all’estero (per me ha fatto moltissimo…)…ma quanto non abbiano fatto le organizzazioni/associazioni italiane……
Diciamo pure che ci si è mossi in modo del tutto individualistico ….partendo sull’onda di quanto di estremamente positivo è stato fatto da Kuaska, Teo, Slow Food, etc…
A livello di Associazioni assolutamente niente…..
Ci sono eventi come il GBBF dove non si riesce ad avere una partecipazione sensata…..c’è solo un grande impegno personale dei vari Kuaska (prima), Giacu e vari volontari…..ma non ci siamo mai presentati con un nostro stand e con una Associazione “rispettata” e rispettabile…..
Stabilità e Qualità della Birra:
Charlie ha pienamente ragione….le nostre birre, anche per un carattere di naturalità ed integralità non hanno la costanza qualitativa e la stabilità per poter sempre ben figurare all’estero…..Molto spesso dipende anche da una scarsa preparazione tecnica dei nostri birrai……..e su questo c’è molto da lavorare…
Però bisogna anche dire ai nostri appassionati che molte birre che arrivano dagli USA ed anche molte di quelle che vanno di moda nel mondo oggi (GB,B,DK,NL…..)subiscono dei trattamenti di “pastorizzazione” proprio al fine di garantirne la conservabilità e la stabilità nel lungo termine con condizioni ambientali variabili…..
Quindi mi sembra anche giusto dire …a chi afferma che la birra straniera è più costante dell’italiana …che in molti casi si tratta di realtà industriali che pastorizzano!
Allora cosa vogliamo?? Birre integraliste buone? Birre Pastorizzate buone? O solo birre buone?……..ma dopo non ci rompete con questioni talebane !!!
Cit.
Comunicazione all’estero dei Birrifici Italiani:
Il mio problema non è quanto ha fatto BA per far conoscere la birra americana all’estero (per me ha fatto moltissimo…)…ma quanto non abbiano fatto le organizzazioni/associazioni italiane……
Cit/
Per me l’importante sarebbe ancora di più capire cosa e quanto ha fatto BA nei propri confini e cosa è stato fatto le organizzazioni/associazioni italiane in Italia.
Solo che se guardiamo il problema in questi termini forse dobbiamo andare oltre la semplice denuncia delle divisioni degli ultimi anni.
Per il resto quoto.
“Cominciando ad esempio ad ascoltare i consumatori con cui un’azienda ha la fortuna di potersi interfacciare: se viene sollevato un problema “prezzi” – tanto per tornare su un argomento sempre caldo – un birrificio dovrebbe preoccuparsene, invece di bollarla come l’opinione solitaria di un appassionato…” Quoto in pieno Andrea, sarebbe quasi il caso di creare un’associazione dei consumatori di birra artigianale, per tutelarli (ma anche di beershop, ma su quello cistiamo lavorando). Prezzi e Qualità (e qui intendo anche stabilità e via dicendo) si muovono di pari passo e vanno tutelati, come vanno tutelati beershop, locali e consumatori e basta co sta storia qui:
“Mi ripeto ….io faccio l’imprenditore e quindi devo pensare al futuro della mia azienda….i consumatori sono liberi di scegliere….ma dobbiamo aiutarli a scegliere in maniera consapevole…basta con i messaggi fasulli……non possiamo dire che i prezzi sono alti per colpa dei produttori!”
Beh allora ci devi spiegare perchè alcune birre costano un paio di euro in più di altre, a parità di cl e diciamo pure di “qualità” anche se è un discorso difficile da affrontare…però quello che dici te non lo trovo corretto.
Poi ognuno fa come vuole, produce nicchie, produce birre, produce soprammobili, finchè c’è chi compra è ok, ma sta tutela deve essere al 100% su tutto,altro che
messaggi fasulli.
E basta con queste associazioni….ce ne sono già troppe….. 🙂
Mirko….non capisco cosa non trovi corretto…mi sa tanto che qui si va avanti solo a simpatia…..
Forse non ci sono messaggi fasulli? Forse non ci sono ricarichi a volte eccessivi anche da parte dei distributori e dei publican ? Forse non vengono spacciate per birre artigianali delle birre fatte su scala industriale che vengono persino pastorizzate? Forse non abbiamo i costi più alti in Europa ?
Qui si tratta di capire se si vuole avere una birra artigianale italiana o no…..finchè il mercato sarà in grado di pagare questi prezzi esisterà …altrimenti non si campa con i prezzi di cui parlate voi……….molti dei birrifici artigianali spariranno a tutto vantaggio dei pesci più grandi e dell’industria…….in Belgio sta avvenendo la stessa cosa …tanti birrifici piccoli e di medie dimensioni vengono fagocitati da gruppi più grandi (vedi Rodenbach, Chouffe, etc.) che poi cambiano i prodotti e la filosofia di produzione……corsi e ricorsi storici…….ma addio birra artigianale e movimento….farsi la concorrenza tra poveri è la cosa più stupida che si possa fare sopratutto quando un mercato è in crescita ……cerchiamo di allargare il mercato piuttosto che discutere di stronzate……controproducenti…….mi piacerebbe vedere una associazione dei consumatori che tendesse a salvaguardare il prodotto italiano come succede in Inghilterra invece che blaterare sui forum su questioni secondarie e con comportamenti a volte da lotta tra bande….
La polemica sui prezzi è sbagliata e fuorviante sopratutto perchè non c’è da parte di molti la “volontà” di fare una analisi seria del mercato ma si parla solo dei poveri Birrifici Artigianali Italiani…..di cui molti sono già alla canna del gas……
Quelli che hanno una sana politica commerciale si salveranno …gli altri saranno destinati a chiudere …..è una evoluzione normale…..chi vivrà vedrà……
Bruno, ti sei scordato di rispondere alla domanda di Mirko che per comodità ti incollo qui sotto virgoletatta:
“Beh allora ci devi spiegare perchè alcune birre costano un paio di euro in più di altre, a parità di cl e diciamo pure di “qualità””
Sarebbe anche carino però capire se la parità di cl è un metro di giudizio, o l’unico. Per dire, una Loverbeer la mettiamo sullo stesso piano di una golden ale o di una weiss per giudicare chi è caro e chi no?
Loverbeer ha probabilmente sostenuto costi superiori per i fermentatori, ha un processo un pelo più costoso per il tempo superiore di stoccaggio e forse di alcune materie. detto questo a me pare che esca a pezzi fuori mercato per un mercato di soli aficionados e non giustificabili in base al solo costo. Quanto i due euro che ballano di toccalmatto di cui sopra
“Quoto in pieno Andrea, sarebbe quasi il caso di creare un’associazione dei consumatori di birra artigianale, per tutelarli”
temo che esista già e sia una parte del mandato di MoBI…
“Beh allora ci devi spiegare perchè alcune birre costano un paio di euro in più di altre, a parità di cl e diciamo pure di “qualità” anche se è un discorso difficile da affrontare…però quello che dici te non lo trovo corretto.”
Mirko, ma non lo sai? te lo devo spiegare io? il luppolo costa caro! (icona che vomita) due euro in più è il valore del bollino giallo con premietto sul collo della bottiglia. non ce n’è come non comprarle
Sono d’accordo con il fatto che Loverbeer è un caso particolare.
È pur vero che i prezzi li fa il mercato, ma la maturità della birra artigianale italiana dovrebbe passare anche la calmierazione dei prezzi. Non solo attraverso il loro abbassamento (dal punto di vista dei consumatori appassionati soprattutto) ma anche decidendo, in generale, il range di riferimento degli stessi.
Purtroppo è una cosa che non accadrà mai perché non c’è e non ci sarà unità e ognuno vuole farsi i fatti propri.
di questo passo ne rimaranno in pochi e sicuramente c’è bisogno di professionalità, lungimiranza e sacrificio.
Spero però che a rimanere non siano solo coloro che hanno deciso che la birra italiana di qualità deve essere un prodotto per “fighetti” dalla spesa facile. È assurdo che il mercato italiano e il target dei birrifici sia più vicino come riferimenti a quello norvegese o danese piuttosto che a quello tedesco o belga (e non è una caso che poi si finisca a comprare mikkeller o nogne piuttosto che italiano)
Chiariamo che non c’è l’ho con qualcuno in particolare, sono tanti a fare così e si danno pure contro tra di loro dicendo cornuto all’asino.
Caro Stefano, appena si parla di prezzi ecco che con mio grande piacere spunti all’orizzonte…….. 🙂
Allora (a parte l’essere OT) faccio alcuni commenti poi mi taccio per sempre:
– il Prezzo lo fà il mercato di riferimento….non MOBI od altri, per fortuna non siamo in USSR ;
– la polemica prezzi (di questo si tratta) è stupida e controproducente per i piccoli birrifici …che se seguiranno unicamente la variabile Prezzo (le Leve di Marketing sono anche altre) saranno costretti a chiudere in breve tempo ….e così con vostro grande piacere rimarranno sul mercato solo i grandi e l’industria (sia Italiana che sopratutto straniera) ……;
– non c’è la volontà di fare un’analisi seria del mercato da parte di MOBI e questo mi sembra chiaro (siamo fermi ai prezzi allo spaccio :-))….non si vuole fare una analisi dell’evoluzione dei prezzi della birra nel canale di distribuzione….anche di quella industriale..;
– per quanto riguarda l’accusa diretta ad alcuni birrifici (come ad esempio il mio) Vi invito seriamente ad approcciare la cosa con maggiore professionalità…..andatevi a vedere i listini se ne aveta la possibilità….prima di sparare minchiate….avete messo a credere ingiustamente ad alcuni che siamo cari..poi quando quel qualcuno vede i nostri listini compra la birra a manetta…;
– mi dispiace Ricci ma non accetto queste polemichette da uno che poi vende le birre della concorrenza…….;
– l’invito a non comprare le birre di quel birrificio o di quell’altro non è corretto e può comportare anche reazioni non piacevoli. Lo dico non per minacciare querele (anche se potrebbero essere giustificate) ma ….ragazzi…non è un comportamento giusto…ve lo dico per il vostro bene…..a me non me ne frega niente ma qualcuno potrebbe incazzarsi;
– aveva ragione Teo quando aveva detto che MOBI si doveva concentrare sulla qualità delle birre e sulla cultura/filosofia birraria …..
– se volete parlare di queste cose in una tavola rotonda….ben volentieri…..ma non ad minchiam ma con considerazioni serie….
no, Bruno non tacere proprio adesso. devi ancora rispondere alla domanda di Mirko. certo che sei proprio distratto. per comodità te la reincollo qui sotto:
“Beh allora ci devi spiegare perchè alcune birre costano un paio di euro in più di altre, a parità di cl e diciamo pure di “qualità””
ti informo che il 50% delle considerazione che faccio non sono frutto originale della mia mente ma purtroppo copiaincolla di quanto mi dicono tanti publican, listini alla mano. alcuni pure tuoi clienti. veditela con loro
permettimi una considerazione: se ritieni concorrente uno che vendendo qualche cartone di birre Extraomnes realizza in 6 mesi la bellezza di 150 euro di commissioni, oltre che un barbone, sei pure un poveraccio
sempre che tu non voglia con questi attacchi ridicoli screditare… ma non preoccuparti, sui prezzi non mollo il colpo, almeno finché non arrivo a 2500 euro al mese
è il mercato. è il mercato non è una cosa astratta:: siamo io, te, tutti quelli che ci leggono e altri ancora. lasciamo che siano loro a giudicare. una volta me lo dicevi tu entusiasta, spero tu non stia cambiando idea
“l’invito a non comprare le birre di quel birrificio o di quell’altro non è corretto e può comportare anche reazioni non piacevoli”
??? senti, fai l’esempio del mercato pianificato USSR ma a me viene il dubbio che tu viva in Libia… cioè, se io suggerisco pubblicamente di non acquistare birre costose (cosa che peraltro poi faccio ogni tanto) sarei querelabile??? oggi sei un po’ sfasato mi sa…
per tua info, siccome conosco le teste calde, sono sempre molto attento a muovermi entro i confini del non querelabile. il che non esclude che qualcuno possa comunque farlo, avendo il cugino avvocato. peccato che ce l’abbia anche io, e nel caso, oltre a tanta pubblicità negativa, mi divertirei molto, una volta vinta la causa, ad incassare qualche soldino per acquistare birra con una bella controquerela
Altro che querela …io c’ho l’arma segreta……Allo !
Stai attentoooo………ho anche io mio cugino……
Quando si dice “come un Ricci attaccato ai coglioni”……. 🙂
Per i prezzi di Mirko: intanto Mirko alcune birre le compra da alcuni che le distribuiscono direttamente da molto vicino ed altre (come le mie) passano da un distributore….Poi ogni birrificio ha delle politiche proprie di posizionamento prezzo…probabilmente io avrò due euro in più di qualcuno (poi io ho un listino molto variabile in funzione delle birre….) e due euro in meno di qualcun’altro…..(sono sicuro di essere nella media di mercato con i miei prodotti più venduti…non sono mica un pirla)….
Per Extraomnes….non dico nulla….ho appena fatto la pace con Schigi ….non mi vorrai mica far litigare ancora……
occhio che con l’aikido sto facendo progressi…
provo a tradurre io la cortina fumogena: la Surfing Hop e la Zona Cesarini, che sono le mie birre più caratterizzate e caratteristiche e con cui forse ho vinto anche dei premi (non ricordo), le piazzo a due euri in più che tanto piacciono e me le comprano lo stesso
ci vuole davvero così tanto a dirlo? va che non è mica illegale. e forse ci saremmo risparmiati su Cronache almeno 1000 commenti. quello che da fastidio è venire presi sistematicamente per dei deficienti. se io avessi un birrificio e potessi piazzare la birra a 4 euro al litro, la piazzerei a 4 euro al litro. e se uno me ne chiedesse conto, farei una delle due cose a scelta:
1) non risponderei mai, come fanno in molti (e ti do atto di essere invece nella mischia, tanto di cappello)
2) risponderei: tanto me la comprano uguale e intanto ci guadagno di più
x Indastria
Prezzi Calmierati? …ma non diciamo stronzate !
Con queste polemiche stupide portate proprio i birrifici a voi più cari…ed i più piccoli….a chiudere perchè non riescono a coprire i costi…..una birra in fusto di una birra artigianale italiana (fascia normale) già costa al PUB meno di una Augustiner o di una Importata di qualità…….cosa volete ? Solo birra industriale?
Mikkeller (che produce delle grandi birre) …..si fà produrre tutto da De Proef …in Belgio ….De Proef è una grande realtà belga con un impianto di tipo industriale …… con una imbottigliatrice da migliaia di pezzi per ora (ecco perchè le 33 cl) ……e dulcis in fundo pastorizza…… oltre a non avere alcun costo fisso ed altri vantaggi….
Tutti allegramente a produrre da De Proef per il bene dei famosi consumatori evoluti italiani ….e affangala i piccoli produttori artigianali italiani (tutti miliardari…che non hanno bisogno di nulla)……
Per finire …è ovvio che così rimarranno solo quelli che produrranno per i fighetti tanto odiati……ma che hanno soldi da spendere ……
A proposito ….Ricci …quante bottiglie di birra mi hai comprato da quando siamo aperti???? Te lo dico io…………ZERO………
Salut……
Se per voi il problema sta (anche) nella distribuzione e nei publican (e sono d’accordo), prendetevela con loro non con chi non compra le vostre birre.
Di certo non è il cliente medio che si dovrebbe mettere a fare ‘ste battaglie.
Personalmente poi non mi interessa se le birre vengono fatte in uno scantinato o in fermentatori alti come un grattacielo.
Industriale per me non è =male se la birra è buona.
Cattive birre e prezzi alti=male assoluto.
Se le straniere costano (al dettaglio) uguali e sono più buone ‘sta discussione manco ha senso di essere per me.
Di certo non comprerei mai italiano per partito preso.
Ma infatti …io non sono incacchiato con voi…..ho un approccio un pò aggressivo ma sono fatto così……
Voglio solo aprirvi un pò gli occhi…..
Ci sono troppi ipocriti in giro in questo piccolo mondo e sono gli unici che mi fanno incacchiare…..
Anche io sono d’accordo sul fatto delle birre buone…infatti dobbiamo tutti crescere molto …..però non parlaimo di Birrifici Artigianali quando non lo sono….un pò più di informazione corretta…..
Bruno, fai uso di sostanze psicotrope la mattina presto per caso?
mi spieghi per quale motivo dovrei sentirmi in dovere di acquistare birre da te?!? che è, il pedaggio autostradale per discutere con te?
non mi piace il formato, le 0.75 lt le acquisto molto, molto di rado. non mi piace il prezzo, sono stato al tuo spaccio più di una volta e non condivido la tua politica di prezzo, ergo non acquisto. e non mi piacciono pure nemmeno tutte le birre che fai, soprattutto messe in relazione con le possibili alternative (sempre viste anche in rapport ai prezzi). disclaimer prima che ti parta l’embolo: non sto dicendo che sei uno zozzaro, ognuno ha i suoi gusti, delle tue stravedo solamente per la Zona Cesarini, al momento
se ti può consolare, ho versato comunque contante alla Sacra Causa della sopravvivenza tua e dei micro italiani acquistando la tua birra a festival e pub, prevalentemente alla spina ma a volte dividendo anche qualche bottiglia
che attinenza abbia tutto ciò col discorso che facciamo io e te ricorsivamente resta un mistero, ma vabbè…
@Catalizzatore: mica ce l’ho con te ci mancherebbe…io penso alle birre, soprattutto bottiglie e prezzi, il resto chi c’è dietro non me ne frega niente, basta che le fa buone.
@ Alessio.
“Sarebbe anche carino però capire se la parità di cl è un metro di giudizio, o l’unico. Per dire, una Loverbeer la mettiamo sullo stesso piano di una golden ale o di una weiss per giudicare chi è caro e chi no?”
Direi che fino qui ci si era abbondantemente arrivati a capirlo, è logico che non parlo di parità di una cantillon con una saison dupont, o per rimanere in tialia una loverbeer con una (a caso) tipopils. Per il resto esiste una forbice troppo alta tra i vari microbirrifici, e non quelli grandi. Io solo questo volevo capire…e ti posso garantire che esiste ed è molto ampia. Se poi la questione finchè c’è il coglione che la compra io la vendo ok, ma poi io che le vendo dico: finchè le vendo io decido io cosa vendere, e sicuramente NON metterò quelle che a parità di dimensioni, genuinità e via dicendo costano troppo di più. Poi per fortuna di chi le vende io sono piccolo e conto poco, ma se così facessero tutti sarebbe molto divertente.
“l’invito a non comprare le birre di quel birrificio o di quell’altro non è corretto e può comportare anche reazioni non piacevoli.”
Questo accade ovunque da sempre, per ripicche, per gelosia, per verità. Succede per i locali, per i birrifici, per tutto…siamo “mafiosi” italiani ed è stato sempre cosi. Finche io gestisco un mio locale giustificherò smpre l’assenza di un birrificio o per il prezzo esagerato o per la qualità non consona. Decido io.
“andatevi a vedere i listini se ne aveta la possibilità” su questo è meglio non parlarne, magari lo facciamo a 4 occhi.
Arrivedercelo, Mi.
Facciamolo……
anzi famolo….
Comunque ha ragione Charlie…..!!!
Invece di parlare di cultura birraria italiana e di comunicarla all’estero ….qui si và sempre a parlare di altro…..
Altro che associazioni …….
@ MIRKO “Se poi la questione finchè c’è il coglione che la compra io la vendo ok….”
Io quando posso compro e bevo italiano, e non mi sento un coglione!
Uso i MIEI soldi come meglio credo. C’è chi prova soddisfazione a comprarsi l’ultimo modello di telefonino, chi a farsi un nuovo tatuaggio, chi a fare altre cose che a me non dicono niente.
Bene. Io provo soddisfazione a bermi una boccia o un paio di pinte in compagnia, ad andare a visitare un birrificio e farmi spiegare l’utima birra fatta (cosa che non potrei fare, o non altrettanto facilmente, con un birrificio americano o belga o danese), a partecipare ad una degustazione, etc.
Questa soddisfazione vale 1 o 2 euro in più per una bottiglia.
Parlo solo di bottiglie perchè quando bevo alla spina i prezzi tra una “artigianale” italiana, una “semi artigianale” americana o belga, o una “industriale” danese, sono identici.
Non devo (dovrei) sentirmi dare del coglione solo perchè coscientemente, con i miei soldi, decido di godermela e allo stesso tempo sostenere chi mi sta permettendo tutto ciò
@Mirko “Poi per fortuna di chi le vende io sono piccolo e conto poco, ma se così facessero tutti sarebbe molto divertente.”
Veder fallire 250 o 300 aziende non mi sembra nulla di divertente.
Semplicemente sparirebbe il mondo per il quele noi tutti ci entusiasmiamo così tanto.
Luigi, tu davvero, ma dico davvero, credi che 250 o 300 birrifici falliranno se il prezzo della birra andasse a 2.70-3.00 euro al litro (in fusto)?
io credo che ne fallirebbero magari una 50ina, di quelli che lavorano male o che non hanno fatto un business plan credibile, e probabilmente altrettanti più avveduti ne nascerebbero. anzi, probabilmente ciò accadrà indipendentemente dai prezzi
io credo che il problema principale italiano sia il dimensionamento e la possibilità di avere cassa positiva nei 5 anni (in teoria…) necessari per all’ammortamento. il dimensionamento si raggiunge coi volumi. per fare volumi una delel condizioni resta il prezzo, lo ricordo, in un periodo storico in cui è lecito immaginarsi un decennio di progressivo impoverimento medio
ti racconto questa storia sentita recentemente. c’è un birrificio che investe 100 per prendere un tot di impianto. dopo un po’ che lavora si accorge che riesce a produrre 1000 in un mese, ma che per essere davvero redditizio dovrebbe produrre 1500. ma non può, perché anche se avrebbe capacità produttiva gli mancano dei maturatori. e quindi per stare dentro a spese e finanziamenti alla fine si vede costretto ad aumentare il prezzo della sua birra. mia domanda: ma perché non avete fatto un abbozzo di business plan? investendo 120 avreste avuto capacità produttiva per 1500 e sareste stati redditivi fin da subito. risposta: eh, ma, sai, boh…
ti pare normale? è giusto, come diceva una volta Marcos, che il consumatore sbagli per errori di business del produttore? io resto basito
ovviamente poi, ognuno coi suoi soldi ci fa quello che gli pare
caro il mio Ricci…siamo sicuri? Lo vedremo a breve chi ha ragione……
mai sei sicuro di sapere di economia ? secondo te il prezzo di vendita è solamente una variabile della quantità prodotta?
ma per favore……sai quante aziende al mondo sarebbero fallite……? chi fallirà nel nostro settore sarà proprio chi segue solo questa logica…..
è ovvio che la dimensione deve essere coerente con la dimensione del mercato….. viene prima il mercato che la produzione…..non siamo più nell’800……
a proposito visto che lavori in banca……sai cosa hanno fatto le banche italiane quando ho presentato un Business Plan ben fatto ? non lo hanno nemmeno guardato…..non gliene frega nulla…….5 anni ??? ma in 2 anni sei già morto e sepolto!
non mi occupo di credito ma la prossima volta se vuoi un consiglio (per te lo faccio aggratis) ti faccio parlare con un mio amico responsabile di ufficio crediti che di impianti per microbirrifici in leasing ne ha deliberati più d’uno
ah, rispondere a Mirko su quei 2 euro in più proprio no?
Carilli, non vorrei fare lo Sgarbi della situazione… ma forse prima di parlare a vanvera ti converrebbe rimetterti un po’ sui libri visto che confondi il marketing con la microeconomia…
ti rassicurerà sapere che quando affermi un po’ alla carlona la microeconomia l’ha formalizzato nel 1933 e presumo che negli ultimi 80 anni si sia anche andati un po’ avanti in letteratura
lo so che è il marketing che manda avanti la baracca. sono qua appunto per fare in modo che siano il meno possibile le persone che ci abboccano
Bruno, per cortesia, non farmi passare per scemo riportando cose che non ho detto. microeconomia 1: costo totale = costi fissi + costi variabili. visto che un impianto non costa 5000 euro, direi che la produzione di birra è piuttosto capital intensive. tradotto: ci sono un sacco di costi fissi. tradotto: finché produci poco l’incidenza dei costi fissi per litro è pesante e l’ammortamento si fa duro
tradotto: mi preoccuperei più di cercare di vendere più birra possibile piuttosto che posizionare piccole produzioni nel segmenti di chi ha il grano. anche se è più facile
Il Marketing manda avanti le aziende……
La microeconomia è un concetto un pò datato….
BMW ha una immagine ed una qualità ed un prezzo corrispondente e FIAT è un’altra cosa (forse Fiat produce più automobili di BMW ma dà meno gratificazione a chi la compra e guadagna di meno……).
Chi va meglio delle due ???
Ricci …esci dall’ottocento…o dalla cinquecento ?
🙂
@ Luigi: Scusa misà che mi son espresso male. A prescindere che ognuno utilizza i propri soldi come vuole e su questo non ci piove.
Intendevo se uno esagera con i prezzi e vende birre neanche a posto a prezzi esorbitanti e c’è chi le compra, fate pure. vale per alcune situazioni, non parlo in genere di chi spende per birre artigianali italiani, ci mancherebbe altro, anzi quando valgono e son buone io le vendo sempre volentieri dato che conosco pure i birrai e mi fa piacere che birre ottime possano esser bevute da tutti.
Sarebbe divertente vedere come “dato che il mercato fa il prezzo” se in tanti (pub, negozi e via dicendo) non comprano più da un birrificio causo prezzo troppo elevato, il mercato consiglierà al gestore di abbassare un po i prezzi, e quindi sarebbe moooooooooooolto divertente vedere le reazioni e le mosse future. Anche se questa è solo un speranza, perchè in italia non si fanno ste cose, ci vuole anche un po di “sacrificio” personale ed è troppo. Poi detto tra noi se uno fa birre male e vende male, se fallisce a me non frega niente, mica sono il Papa che deve soccorrere tutti. Ragazzi è il 2011 iniziato, sveglia.
“Veder fallire 250 o 300 aziende non mi sembra nulla di divertente.” Oddio qua è una catastrofe, chi l’ha mai detta sta cosa…
Ariciao.
come quotava PB in qualche altro post:
“The fact is that Italians love expensive things. The more expensive, the higher the perceived value. So be prepared to drop some serious cash on everything, including the beer.”
Ecco il target di riferimento
è vero !!! meno male…..
Vabbè ragazzi direi che con la questione prezzi siamo andati abbondantemente OT, quindi direi di chiuderla qui.
Qui ci vuole una Associazione…. 🙂
Associazione o non associazione, preferirei che ascoltaste i miei consigli 🙂
Grazie
Stavo scherzando, guarda che io (singolo birrificio) voglio collaborare con tutti…..quelli che hanno a cuore il Movimento dei Microbirrifici Italiani…..quindi sicuramente con Te ….
Se poi riusciremo a fare una Associazione un pò più professionale o mettere insieme i vari pezzi esistenti…sarà meglio….
Bruno avevo chiesto di chiudere l’OT e, insieme ad altri, te ne sei altamente fregato.
Adesso riaprirlo nuovamente andando a fare copia e incolla da un altro forum tanto per attaccare un utente del blog mi sembra eccessivo.
Commento cancellato, questo è quanto.
Idem per la risposta di Stefano
Altamente fregato….mah….non sono stato io a parlare di prezzi….è una polemica sterile e stupida….
Si….buana……
Era così divertente…peccato…..
Era un attacco affettuoso….