Nel 2017 pubblicammo su Cronache di Birra una rassegna delle birre italiane più influenti di sempre, divisa in tre puntate. Decidemmo di partire dalla Tipopils del Birrificio Italiano, un classico senza tempo che ha rappresentato un modello di riferimento di importanza imprescindibile. In pochi hanno realmente capito l’importanza di questo prodotto nelle evoluzioni del movimento italiano, derivante in primis dalle caratteristiche intrinseche della birra: una Pilsner elegante ma di carattere, classica ma innovativa, storica ma assolutamente moderna. La Tipopils è una birra che gioca fuori dagli schemi, ma che riesce allo stesso tempo a restare fedele allo stile di partenza. E che ricorre ad alcune soluzioni tecniche per esaltare le proprie peculiarità, puntando in maniera intelligente sul luppolo. È un prodotto che ha scritto la storia in Italia, ma che da qualche tempo ha iniziato anche a ricoprire un ruolo da protagonista nel mercato internazionale più all’avanguardia in assoluto: quello degli Stati Uniti. Grazie alla Tipopils, infatti, ora i birrai americani stanno cominciando a interessarsi alle cosiddette “Italian-style Pilsner”. Un riconoscimento importante per il nostro paese.
Ma cosa sono le Italian-style Pilsner? Lungi dal rappresentare un nuovo stile birrario (almeno per il momento), sono Pils concepite in maniera moderna e che rispondono all’identikit tracciato dalla Tipopils. Partono dunque dal modello delle German Pils – versioni più leggere, secche e amare di quelle originali della Boemia – e ne valorizzano le caratteristiche soprattutto con il ricorso al dry hopping, che accentua gli aromi derivanti dal luppolo. La parte maltata è meno accentuata e serve più da fattore d’equilibrio, ma l’aspetto interessante è che in genere utilizzano ingredienti tradizionali dello stile, senza ad esempio ricorrere a varietà moderne di luppolo. Il risultato è una Pils spostata volutamente sulla parte luppolata (sia in termini di amaro che di aroma) ma anche decisamente elegante, facile da bere ma dal carattere deciso, incisiva ma mai aggressiva. Si parla in generale di Italian-style Pilsner e non esclusivamente della Tipopils perché la creatura di Agostino Arioli ha ispirato molti prodotti analoghi, spesso realizzati da coloro che si erano formati presso il Birrificio Italiano. Come esempio possiamo citare la Via Emilia del Birrificio del Ducato (ormai non più artigianale), la Grigna di Lariano, la Ritual Pils di Ritual Lab, la Pils di Vetra e tante altre.
Un articolo pubblicato qualche giorno fa su Craftbeer.com ha ufficialmente acceso i riflettori sul crescente interesse degli americani per le Italian-style Pilsner. Il merito probabilmente è da ricercare nel Pils Pride, l’ormai storico evento che il Birrificio Italiano organizza ogni anno per restituire dignità allo stile birrario che più di ogni altro ha subito stravolgimenti da parte dell’industria. Da diverse edizioni il Pils Pride ospita alcuni birrifici stranieri (anche americani), ma soprattutto da un paio di anni è presente anche negli Stati Uniti in una versione “gemella” denominata Pils & Love, organizzata in collaborazione con il birrificio Oxbow del Maine. Certamente il Pils & Love non ha creato da zero interesse per questa variante di Pilsner, ma ha senza dubbio giocato un ruolo decisivo nell’attirare l’attenzione dei birrai locali.
Come ricorda l’articolo citato e ancora prima la pagina del Birrificio Italiano dedicato al Pils & Love, sono diverse le Pils americane che si ispirano dichiaratamente alla straordinaria creatura di Agostino Arioli. Possiamo citare la Pivo Pils di Firestone Walker, la STS Pils di Russian River, la Luppolo di Oxbow, la Terrfico Pils nata dalla collaborazione tra Wayfinder, Modern Times e Heater Allen, l’Italian Pilsner frutto della partnership tra Untitled Art e Fair State, l’Italian pILSNER di Lowercase + Georgetown Brewing, la Local Import di Green Cheek, l’Italian Pilsner di Working Draft e, appena fuori dagli Stati Uniti, La Pitoune di Trou du Diable (Canada). L’elenco è già sostanzioso e destinato a crescere ulteriormente nei prossimi mesi, moltiplicando il numero di Pils realizzate seguendo la strada tracciata dal Birrificio Italiano circa 20 anni fa.
Il successo delle Italian-style Pilsner negli USA non era così scontato. Agli americani piace che queste birre riescano a esaltare gli aromi di luppolo grazie a un profilo aromatico molto pulito e a una straordinaria facilità di bevuta. A pensarci bene è una via più diretta e meno arzigogolata di ottenere il risultato ricercato dalle Brut IPA, che non sembrano essere riuscite a imporsi sul mercato al pari di altri sottostili nati in tempi recenti. Rimane però inusuale l’interesse dei birrai locali (e quindi anche dei consumatori) per birre che comunque tendono a giocare sull’equilibrio e sull’eleganza, non certo sulla potenza e sui “muscoli”. In altre parole le Italian-style Pilsner, pur con le loro peculiarità, sembrano lontane dal gusto di un mercato in cui dominano ancora le IPA e in generale i prodotti “forti” (non solo in termini alcolici).
E invece qualcosa probabilmente sta cambiando anche negli States, se è vero che la collaborazione tra Untitled Art e Fair States è andata a ruba nel giro di pochissimo tempo. Il birraio di Untitled Art, Ben Knutson, ha spiegato l’exploit di queste birre così:
Sono valide gateway beer perché nonostante le IPA continuino a dominare il mercato, le Lager artigianali sono in crescita costante. Sono un ottimo compromesso per portare i bevitori di IPA verso birre quotidiane. Sono amare, sono dirette, possiedono aromi intensi. Lo stesso discorso vale al contrario, per i consumatori di Lager che cercano birre più luppolate del normale. Possono rappresentare un interessante punto d’incontro per persone che preferiscono stili differenti.
Una chiave di lettura ulteriore arriva da Lori Beck, proprietaria del locale Holy Grale di Louisville, che ammette di ordinare Tipopils tutte le volte che è disponibile:
La Tipopils mi ricorda la filosofia della cucina italiana: segue l’adagio “less is more” e dimostra un grande rispetto per le materie prime.
Oltre ad aver definito uno standard seguito da molti birrifici italiani, oltre a rappresentare un modello esportato con successo negli Stati Uniti – invertendo quindi la direzione d’influenza per una nuova tipologia – ora la Tipopils potrebbe persino contribuire a cambiare il gusto dei consumatori americani di craft beer, riuscendo a farsi apprezzare per l’eleganza e l’equilibrio invece che per la potenza e l’aggressività. Ecco perché da sempre consideriamo la Tipopils il prodotto più influente nella breve storia della birra artigianale italiana. Ma probabilmente neanche noi avremmo pensato a una simile evoluzione – e forse neanche Agostino venti anni fa…
Ciò che sta accadendo negli States è dunque l’ennesima consacrazione per il nostro movimento. È inoltre un modo per restituire giustizia a un sottostile che non ha trovato cittadinanza nell’ultima revisione delle Style Guidelines del BJCP (datata 2015), nonostante la parcellizzazione subita dallo stile delle Pils. Come racconta Alessandra Di Dio su Imbottigliamento, infatti, già nel 2010 alcuni esperti italiani sottoposero al BJCP l’introduzione delle Italian-style Pilsner, ma senza fortuna. Evidentemente però il peso della Tipopils e in generale di questa categoria brassicola a livello internazionale è più forte di ogni riconoscimento formale. E chissà che in futuro non arrivi anche la codifica della tipologia come stile birrario a tutti gli effetti. Intanto ci godiamo queste birre straordinarie.
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