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Il segreto del successo delle NE IPA? Instagram e gli altri social media

Che vi piacciano o meno, le New England IPA (le birre “juicy”, per capirci) rappresentano senza ombra di dubbio la tipologia brassicola più controversa degli ultimi anni. Non c’è appassionato o esponente del settore che non si sia espresso in merito, a partire dagli stessi birrai del Vermont che si sono ritrovati, loro malgrado, a essere definiti inventori di un nuovo (sotto)stile birrario. Una delle ultime opinioni illustri, comparsa sul Morning Advertiser, è stata quella di Garrett Oliver, fondatore del birrificio Brooklyn di New York e uno dei padri del movimento craft americano. Seppure le sue idee siano state espresse con la solita classe ed eleganza che lo contraddistingue, non sono poi così lontane da quelle dei detrattori meno estremi della tipologia. C’è però un passaggio molto interessante che vale la pena approfondire e sul quale, non per niente, si è focalizzato il titolo dell’intervista: secondo Oliver le NE IPA sono il primo stile birrario costruito intorno alla cultura di Instagram e dei social media.

Per rendere più chiaro il concetto conviene riportare le parole dello stesso Garrett Oliver:

Ritengo che le NE IPA siano una moda passeggera. Cose del genere vanno e vengono. Ho visto molte di questi fenomeni nei miei oltre 28 anni di carriera; tre o quattro anni fa fu il momento delle Black IPA – chiunque ne realizzava una. Oggi sono difficili da trovare sul mercato.

Quello delle New England IPA è uno stile birrario che risulta molto piacevole quando è ben fatto, ma che non può restare sugli scaffali dei negozi per più di due settimane. Non ha la benché minima shelf life. È il primo stile birrario costruito intorno alla cultura di Instagram e dei social media.

È qualcosa che non ci interessa molto. Non seguiamo le mode del momento. […] Ho provato grandi versioni dello stile, e sono divertenti da bere, ma ho anche assaggiato un sacco di pessime NE IPA.

Secondo me la parte più interessante di questo estratto è quello in cui Oliver postula un legame tra la nascita e l’ascesa delle NE IPA e la loro attitudine al linguaggio dei social media e in particolare di Instagram. Questi strumenti alimentano un meccanismo d’interazione veloce e nevrotico, che modifica anche le aspettative concrete dei consumatori e le loro abitudini. L’hype cresce rapidamente, si diffonde a suon di like e condivisioni e lascia poco spazio alla riflessione. Ricordate? Nella birra, così come in altri campi, il senso dell’attesa si è perso da tempo e strumenti del genere non fanno altro che enfatizzare questo cambio di paradigma. Ma c’è un aspetto ulteriore, che risiede nell’importanza delle immagini. Oliver non cita a caso Instagram, social network foto-centrico per eccellenza e usato principalmente dagli utenti più giovani.

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E indovinate qual è la peculiarità che più di tutte emerge nelle New England IPA? Esatto, la loro estrema opalescenza, tanto evidente da farle sembrare alla vista dei succhi di frutta. Questa caratteristica ha delle profonde ripercussioni a livello visivo e permette di realizzare immagini birrarie intriganti e decisamente rivoluzionarie. Avete presente le classiche foto di bicchieri pieni di birra? Beh confrontatele con quelle di NE IPA e noterete la straordinaria differenza. Qui sotto ne riporto alcune prese proprio da Instagram.

Se cambiano gli strumenti di comunicazione, i prodotti devono adattarsi ai loro linguaggi. E quelli che ci riescono meglio sono destinati a emergere dalla massa. I birrifici di maggiore successo hanno sempre prestato grande attenzione alla loro immagine: dal logo alle etichette, dal packaging agli elementi di contorno. Ora però l’aspetto visivo sembra essere importante anche una volta che la birra finisce nel bicchiere, dove tradizionalmente perde la sua identità. Pensate allo svedese Omnipollo: un produttore che ha costruito gran parte del successo sulle foto delle sue birre, capaci di distinguersi per la loro sembianza, quasi solida, o per il metodo di servizio, con topping vari. Un modo molto discutibile di vendere un prodotto del genere – direi abominevole, per essere buono – ma che al giorno d’oggi paga ampi dividendi. Ecco qualche esempio preso dal profilo Instagram dell’azienda.

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Ciò che certe fattispecie suggeriscono è che in futuro l’importanza visiva della birra è quasi sicuramente destinata a crescere. In un Pesce d’aprile di qualche anno fa annunciai il lancio delle birre a nome Cronache di Birra, contraddistinte dal possedere colori inusuali: azzurro, arancio, rosso sangue. All’epoca scherzando affermai che era il modo per rendere i prodotti distinguibili anche una volta giunti nel bicchiere, in un momento del consumo in cui qualsiasi birra diventa anonima. Forse quella boutade non era poi così lontana dalla realtà che ci attende negli anni a venire: la prossima tendenza potrebbe essere quella di rendere una birra identificabile anche nel bicchiere. Perché l’immagine – intesa in senso stretto – sarà sempre più rilevante.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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