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In Germania la birra artigianale è in pericolo

350_germanybeerdrinking-2Questa la conclusione di una sorta di inchiesta portata avanti da Charlie Papazian sul suo blog, dove, con una serie di post dedicati all’argomento, ha sottolineato il difficile momento della birra artigianale in uno dei paesi simbolo di questa bevanda. Crisi dovuta fondamentalmente a motivi di ordine culturale e di perdita delle tradizioni legate alla birra, a cui si aggiungono i soliti fenomeni di concentrazione del mercato, verso i quali non è presente alcun soggetto in opposizione.

L’assunto da cui parte Papazian è che la birra in Germania è ancora amata da tedeschi e stranieri, ma rispetto al passato si è persa la consapevolezza di ciò che si beve. Paradossalmente, proprio l’ampia popolarità di questo prodotto ha spinto gli abitanti a perdervi interesse, riducendo al minimo la cultura birraria personale. Questo è uno dei motivi per cui la grande industria ha avuto gioco facile nel mettere in atto le sue strategie di acquisizione, tanto che negli ultimi 15 anni il numero dei produttori è passato da 2.200 a 1.300. Un calo drammatico, aggravato dal fatto che mentre prima molti birrifici erano indipendenti, ora diversi sono legati alle multinazionali del settore.

Il fenomeno della concentrazione del mercato nelle mani di pochi gruppi dominanti non è una novità, ma, a differenza di altre realtà, in Germania non sta trovando ostacoli. Parallelamente, c’è disinteresse nella salvaguardia dei prodotti autentici della tradizione birraria locale. Molte specialità sono ormai limitate a pochissimi produttori regionali (Gose, Altbier, Rauchbier, ecc.), mentre i consumatori sono poco propensi a cercare le differenze tra una Pils artigianale e la controparte industriale. Un’associazione come il Camra, che nel Regno Unito lotta costantemente per preservare le tradizioni brassicole della nazione, in Germania non è presente, e la sua mancanza si avverte senza ombra di dubbio.

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Secondo Papazian il disinteresse verso un certo tipo di birra è sottolineato anche dall’assenza di qualsivoglia collegamento con la ricerca della qualità. Ad esempio non esistono ristoranti con una carta delle birre o che propongano abbinamenti birrari, non esiste varietà, non esiste cucina alla birra. Diversamente, proliferano angoscianti cocktail di birra, alcuni dei quali, per la verità, fanno parte della tradizione tedesca quanto le Helles o le Dunkel.

Ancora, questa apatia verso la birra di qualità sarebbe dimostrata dalla poca varietà di stili birrari disponibili. Su questo punto non sono completamente d’accordo, ma è indubbio che i gusti dei consumatori e la legge della purezza abbiano fatto adagiare molti produttori su un assortimento quasi mai originale. Clamorosamente sono i prodotti a basso prezzo ad ottenere i maggiori risultati di vendita, mentre i birrifici tradizionali rimangono in balia dell’industria e della congiuntura economica.

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Secondo i dati della Brauwelt International, ripresi da Draft Express, il primo quarto del 2009 ha rilevato un calo del 7% nei consumi di birra, mentre un produttore a basso costo come Oettinger (king of cheap beer) prevede un incremento della produzione del 5% nel prossimo anno. La conclusione è che, a fronte di questi dati, “la birra artigianale semplicemente non può competere”.

Il modo in cui i tedeschi si rapportano alla loro birra mi ricorda le parole di Evan Rail, che intervistai per Cronache di Birra quasi un anno fa. Anche lui in Repubblica Ceca avvertiva il contrasto tra una disponibilità incredibile di birra e un disinteresse della popolazione verso le produzioni di qualità. Tuttavia in questo paese c’è una riscoperta dei prodotti regionali, che ora vengono valorizzati da locali come il Pivovarsky Klub. In qualche modo il fermento sociale della Repubblica Ceca sta salvando la proprie tradizioni birrarie. In Germania la situazione è ben diversa, e il futuro della birra artigianale è più preoccupante che mai…

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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74 Commenti

  1. la germania paga il dazio di non aver mai voluto fare ricerca rimanendo fossilizzata ad un concetto di birra ormai antiquato.
    però questo è un campanello d’allarme anche x l’italia.

    che interesse ha assobirra a combattere per le birre artigianali?.

  2. Sembra quasi incredibile… In un paese dove la birra è sempre stata il simbolo della gastronomia il pubblico ha perso interesse per la qualità mentre in Italia (almeno a quanto sento dire) dove la bevanda simbolo è sempre stata il vino il pubblico sta lentamente cominciando ad apprezzare anche la birra artigianale (e infatti stanno nascendo diversi microbirrifici).
    Assobirra ha sempre solo sostenuto le birre industriali e ora inizia a sostenere anche quelle artigianali; spero non lo faccia con il seondo fine di far confluire tutta la produzione in poche grosse industrie o quel poco che si è guadagnato in questi anni verrà perso.

  3. Discutevo proprio con i due Jean (moeder Lambic e Cantillon) di questo l’altro ieri. Se ci si reca sul posto ci si accorge di come paradossalmente le nazioni con più tradizione (GB, Germania, Belgio o Rep.Ceca) siano stantie da diversi anni con il ricambio generazionale. Ad esempio è quasi impossibile trovare gente sotto i 50 anni a bere keller nelle gasthouse, oppure il visitatore di Cantillon è legato solo a una territorialità extra-belga. Questioni di cultura, da noi (dove la birra è esente di tradizione e quindi di “vecchi” che se la tracannano alle 10 di mattina) è un fenomeno nuovo, legato quindi a una diversa veste che coinvolge le nuove generazioni. La birra attecchisce infatti su territori “nuovi”: noi, scandinavi e ultimamente spagnoli, ovviamente noi siamo gli ultimi come consumi, altrimenti le “artigianali” sarebbero già sugli scaffali dei supermercati, accadrà. Fortunatamente il Belgio (con il Moeder) e la Rep.ceca (con il locale citato dal Presidente), stanno cambiando rotta e vedere il Moeder di Jean pieno di “pischelli” con in mano un lambic guidati dalle sapienti spiegazioni dei proprietari, significa dare nuova linfa vitale per il rilancio della birra in quel paese.
    In Germania non c’è nulla di tuto questo, e sta morendo…basta viaggiare, bere e capire che stavolta Assobirra non c’entra una ceppa

  4. Pistillone, alcune birre tedesche non sono affatto “antiquate”, perdonami ma stavolta definire negativamente delle splendide keller. bock. rauch o koelsch mi sembra un pò semplicistico e affrettato. Poi se ho inteso male perdonami, ma il problema come detto sopra è un altro.

  5. gia’ qualcosa gia’ compare negli scaffali..di qualche ipermercato della provincia di milano!! qualcosa di artigianale e italiano!! le trappiste belghe le trovo anche al super mercato vicino a casa mia!…aiuto!!!! la duvel in un posto ristoro di un parco regionale lombardo!!!!!!

  6. E’ il discorso globale sul prodotto artigianale che Slow Food porta avanti da anni che in italia è molto più avanti, anzi in questo l’Italia è eccellente e da guida per il mondo ; la birra a mio avviso è inserita in questo contesto e l’attenzione e la sensibilità della gente è stata preparata dal lavoro svolto su queste tematiche.
    Perciò a mio avviso è importante che Unionbirrai si consolidi, come parte di un discorso globale sull’alimentazione e su un modello di sviluppo alternativo.

  7. @paolomazzola
    lascia perdere slow food.
    come esempio proprio non calza.
    o credi davvero alla favola che siano i buoni in difesa del piccolo produttore?
    non è così. non più

  8. Marcos siamo alle solite ed il tuo estremismo aspecifico mi disturba, comincio a credere ci siano altre motivazioni, magari personali. Conosco molto meglio di te i limiti dell’organizzazione, ma è indubbio il lavoro di massa svolto e la sensibilità italiana verso questi temi. Sensibilità intesa come cultura di massa, perchè se sensibilità è quello che tu pensi probabilmente basterebbe ed avanzerebbe la produzione del birrificio Apricale a soddisfarla.
    Dove nascono i discorsi sui presidi ? dall’Italia sono stati poi esportati ed essi vivono perchè c’è mercato altrimenti sarebbero sepolti, e Terra madre non è nata in Italia ?
    Poi se il progetto è vincente, cosa significa oggi Slow Food è un altro post…..ma paragonare la cultura alimentare tedesca o anglosassone alla nostra è non voler vedere le cose.
    Quale televisione , pur nella merda dell’informazione odierna, dedica tanto tempo ( ahimè pessimo) ai temi dell’alimentare ?
    Il risultato di tutte queste azioni è la predisposizione diversa della gente verso i prodotti artigianali.
    Una università dedicata ti sembra poco ?

    Poi se vogliamo parlare di quello che non va ti cedo la parola, non riesco a competere con uno specialista della critica fine a se stessa

  9. Secondo me siete fuori strada…Ormai lo spettro e la sindrome di inferiorità sta prendendo strade alquanto demenziali…

    @Paolo: Aripunto il dito sulle diversità culturali e ricettive del prodotto birra nei singoli paesi. insomma: la birra in Germania è semplicemente considerata un prodotto per “vecchi” e le nuove generazioni si spaccano con altra roba. La vedo molto semplice.

  10. paolo quali sarebbero le solite? e se ti disturba il mio estremismo sono fatti tuoi.
    conosci meglio di me i limii di chi di slow food? denuncial se sono cosi importani.
    per quanto mi riguarda certo che sono motivazioni personali, nel senso che ho vissuto personalmente la realtà slow food.
    io sono stato uno dei sostenitori della prima ora di slow food. ma visto come funzionano i presidi (ed in particolare uno che mi ha visto coinvolto) e come SF non ha operato per tutelare il prodotto ed il produttore, sono portato a pensare che non sia tutto oro ciò che luccica.
    la questione è a conoscenza dei vertici di SF che però non se ne occupano.
    a me invece che da fastidio è che tu associ SF alla birra, settore nel quale la logica di SF fa acqua.
    ma forse siamo alle solite e tu ti offenderai e ti seccherai perchè qualcuno dice cose che non conosci e tu sei infastidito perechè non puoi fare più il solone eh?
    nei confronti ognuno dice la sua responsabilmente non si cura di dire ad altri che lo infastidiscono . altrimenti sta solo cercando di fare il censore.
    e merita di essre trattato come necessario

  11. @colonna
    spegati meglio. cosa intendi per “Ormai lo spettro e la sindrome di inferiorità sta prendendo strade alquanto demenziali”? a chi / cosa ti riferisci?

  12. L’ideologia di slow Food mi interessa poco e nel settore birra è certamente una parte del sistema comunicativo che si è creato. Unionbirrai, Kuaska e gli altri hanno anche loro largamente contribuito al successo che c’è stato.Questo successo a mio avviso è stato possibile per la situazione di base di elevata cultura alimentare che l’italia ha.
    Se pensate ai master , ai saloni del gusto, ai laboratori, senz’altro migliaia e migliaia di persone sono state coinvolte. l’obiettivo era di creare consumatori consapevoli, nulla di più, ma qui siamo nell’università della critica e quindi…….
    @ Emanuele , Io penso che alla base della diversa sensibilità nostra ci sia ciò, poi senz’altro le cause sono sempre molteplici e questa non è esaustiva, ma c’entra molto !!
    Per marcos, con slow food ci collabora più o meno dalla nascita.

  13. senti poichè continui a fare dell’ironia di basso conio non vale la pena perdere nemmeno un minuto a fare a chi l’ha più duro.
    seguirò con piacere e senza commentare le tue parole

  14. @Marcos: ti senti forse colpito da ‘sto pensiero? E’ quello che mi dai da pensare, anche perchè era un argomento interessante e co’ sta storia finisci con l’essere un pò pesante, le ragioni altra maniera.

    @Paolo: rimango ancora sulle diversità culturali e sulla semplicità dell’argomento. Tieni duro!

  15. no mi colpisce la pochezza delle tue argomentazioni.
    d’altra parte avevi già fatto capire di che pasta sei fatto.
    non mi sembra corretto tediare questo blog rispondendo a voi due su questo piano.
    se pensate che io non sappia una mazza di come funziona slow food, che critichi per il gusto di fare, che soffra di complessi di inferiorità vi lascio le vostre convinzioni.
    cosi potrete continuare a farvi belli con i vostri amichetti.
    quando e se avrete argomentazioni più concrete sarà un piacere disquisire con voi.
    non sono abituato a parlare con i sottoposti.

  16. @ Marcos
    Scrivi: “ma visto come funzionano i presidi (ed in particolare uno che mi ha visto coinvolto) e come SF non ha operato per tutelare il prodotto ed il produttore”, scusa eh, ma così, per curiosità, mi dici a quale presidio ti riferisci?

  17. @loris
    chinotto di savona
    @mazzola
    forse non sai che nel 2005 Hanssens ha accettato di produrre per noi tre birre “acide” (ma tanto questo era quello che ti interessava no?) e di etichettarle a marchio nostro. il tutto per dare il nostro piccolo sostegno al lambic. mentre slow food italia e belgio ha detto che non gliene fregava un beneamato del lambic.

    poi se magari ti poni in maniera meno presupponente trovi meno acidità anche tra gli interlocutori.
    argomenta e trovi risposte. se invece ti infastidiscono i commenti trovi quello che crchi.

  18. Conosco mooolto bene i presidi, anche il chinotto, prima del 2004, e comunque produttori (e non parlo solo di chinotto) furbetti non mancano, meno male che sono stati segati fuori…

  19. no loris l problema non sono i produttori ma chi gestisce il presidio.
    a questa è un altra storia. sicuramente, almeno per me, interessante e che coinvolge sia slow food che la birra (e non solo la mia e non solo quella fatta con il chinotto).
    spero che da qualche pte qualuno abia vogli di parlare senza remore ne pregiudizi ne tantomeno posizioni precostituite, di slow food e del rpporto con i piccoli produttori.

  20. E chi gestisce i presidi? Sono 4 gatti, (o gatte) il problema vero invece sono proprio i produttori, prima vogliono entrare tutti, poi, dopo un po’ di tempo, come dicevo, qualcuno, ripeto, solo qualcuno, inizia a fare “il furbetto”. Non voglio entrare nel merito “di furbetto” perchè andremo OT, ma purtroppo è così.

  21. Alla fine siamo finiti completamente O.T.
    L’articolo di Andrea,tanto interessante quanto preoccupante,non era sul rischio di declino di un prodotto secolare in uno dei paesi che da sempre ne è maggior estimatore?Slow food non c’azzecca niente. La situazione è veramente preoccupante.L’italia che ora si fa bella dei suoi 250 produttori è propropropropronipote alla lontana della tradizione brassicola della Germania.Se anche arrivassimo a un milione di produttori non potremmo mai avere neanche l’1% della tradizione tedesca.Temo,anzi sono quasi sicuro,che i gusti guidati dai rater siano buona parte della causa di questa situzione.Perchè in Germania si trova la complessità del prodotto sta proprio nella sua semplicità.Ma questo lo rende “meno cool” e inferiore rispetto al cugino yankee a 1000 IBU o al nipotino danese al luppolo de sta fava. Il fatto è che,a mia modestissima opinione,almeno il 50% dei produttori in circolazione avrebbe tutto da imparare,come saggiamente sottolinea Manuele,da chi produce ancora splendide Keller,koelsch o affumicate franconi varie.Non vorremo ancora insistere che l’editto di purezza è stata la rovina della Germania..?E’ la loro tradizione.Stop.E nonostante tutto guarda cosa sono riusciti a tirare fuori.Con limiti di quel tipo,oggi,parecchi produttori riuscirebbero a tirare fuori si e no un Santal.Comunque,io la Kloster-Urtrunk bevuta a Irsee la cambierei con poche birre in circolazione.Prost!
    Lorenzo

  22. @Colonna
    Concordo con “basta viaggiare, bere e capire “: sfondi una porta aperta…
    Comunque con Giorgione alle 2 di notte a Montegioco abbiamo sentenziato che il problema della birra in Germania è che non mettono il metal nei locali 🙂

  23. Caro Marcos,
    visto che critichi qualsiasi cosa che viene scritta o detta. Illuminaci su quale e’ la verita’ e soprattutto mostraci quale sia il retto esempio da seguire nel mondo della birra!
    Non mi dire pero’ il piccolo birrificio di apricale, primo perche’ sarebbe troppo scontato secondo perche’ non mi sembra proprio un grande esempio.
    Saluti

  24. @Marcos: sottolineavo, come scrive anche Lorenzo, che ormai ogni cosa si scriva metti sempre in mezzo ste problematiche, in questo caso assolutamente OT…Insomma…Vedi gente morta? Senti le voci??? Fortunatamente non mi conosci, altrimenti sapresti che non sono il sottoposto di nessuno (chi fa società con me o fa come dico io o gli c… in testa, chiedi pure…), io so chi sei e ci sono le tue birre che parlano per te, dai tuoi vaneggiamenti ora capisco il perchè di tanti “off flavour”…C’è grossa crisi ad Apricale, eh? Mi fai sorridere perchè magari hai pure ragione, magari se esponevi le tue argomentazioni con un pò più di criterio non saresti stato preso per un farneticante, almeno per quanto mi riguarda.

    Comunque ho appena avuto modo di parlare con il “commerciale” di Schneider, il quale ha dato la sua visione delle cose, parlando di distributori in germania che per ovvie ragioni economiche fanno girare sempre i soliti prodotti di multinazionali, un cambiamento del mercato per loro potrebbe essere assolutamente dannoso

  25. @Marcos: comunque Paolo Mazzola conosce benissimo le Hanssens di cui scrivi sopra, ne ho il locale pieno, ma a nessuno interessano gueuze di un assemblatore rietichettate al tuo birrificio. Io però le ho comprate, ora mi sentirò anch’io di aver dato un supporto al Lambic…

    Scusate l’OT

  26. concordo che siamo finiti OT. io volevo solo sottolineare che Sf come riportato da mazzola non fosse un esempio di limpidezza in quanto il discorso sull’artigianale che porta avanti pubblicamente poi viene contraddetto da alcune azioni. comunque questo è argomento per altro post e probabilmente ho sbagliato a riportarlo qui.
    @sandros
    non sta a me indicare cosa è corretto e cosa no ovviamente. io mi comporto con coerenza e non capisco cosa tu intenda quando dici che il piccolo birrificio non è un grande esempio. se vuoi criticare sono sempre disponibile. se invece vuoi solo denigrare ti lascio solo. non è che sei anche tu della congrega degli amichetti cui danno fastidio le cose che dico? se cosi fosse allora capirei
    @colonna
    per quanto mi riguarda ti ho visto al bidu completamente ubriaco ; non sei assolutamente un esempio. se mi ritieni farneticante lo posso solo interpretare come un complimento. elegante criticarmi adesso ed ovviamente si attacca la persona e le sue birre cercando di fare male. non si contestano le sue tesi che magari infastidiscono i tuoi capi. in perfetto stile mafioso. complimenti. se le mie birre fanno schifo dillo pure se credi che ad apricale ci sia crisi fallo ma vorrei che cosntestassi i fatti. e che tu sia un sottoposto lo si vede sia dalle società che fai (dalle quote delle stesse che hai) con chi le fai e da come ti comporti quando sei in pubblico.
    per quanto riguarda Hanssens mi fa piacere che anche voi sosteniate il lambic.
    e in merito all’interesse dimostri anora di non aver capito. la maggior parte delle birre sono state regalate o utilizzate in varie occasioni per spiegare a molte persone che la birra è altro della peroni. ed il costo delle 12000 bottiglie comperate non l’hai certo sostenuto tu.
    io non vedo morti non parlo con l’aldilà, sono solo abituato a dire ciò che penso e quando vedo una cosa che non mi va lo dico. e sono un pò in imbarazzo ad interloquire con un ragazzetto la cui cultura è misurata solo dal numero di bicchieri che ha bevuto in vita sua.

  27. Comunque, almeno per me, non valeva la pena di arrivare a questo punto, e faccio ammenda.
    Sovrapponiamo il personale a dibattiti interessanti.
    Ad agosto dovrei essere in Liguria, se ci sei mi farà piacere venirti a trovare, se ovviamente ti va.

  28. certo che mi va.
    fammi sapere prima.
    devo fare ammenda anche io.
    ho sicuramente esagerato nella reazione sia nei tuoi confronti che nei confronti di colonna.
    a presto
    Lorenzo

  29. ad essere sincero leggendo adesso gli ultimi due post sembriamo delle educande.
    forse eravamo più presentabili prima.
    ma ormai lo abbiamo scritto.

  30. Più che altro stona il contrasto tra il ringhio animale e il mellifluo finale…

    Ma si sa..”‘sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma…” 😉

  31. Più che altro è un peccato essere andati OT, era un argomento interessante questo. Mea culpa per non aver arginato subito la deriva extra topic

  32. @Marcos: chiudendo la questione ti ringrazio innanzitutto del complimento dell'”ubriaco al BiDu”, quando vado da Beppe cerco sempre di dare il meglio, spero solo che non hai scambiato le mie bolle perenni per uno stato di alterato alcolismo, la prossima volta berrò il chinotto Lurisia…
    Secondo poi ti ho detto anche che potresti aver ragione, ma magari era meglio esporre i pèroblemi in altra maniera, non attraverso i nick di tua moglie (eri sicuramente più divertente) sparando giudizi a raffica senza capire con chi hai a che fare.

    Dai, facciamo a chi ce l’ha più lungo: non sono certo un ragazzetto (magari nell’85 avresti avuto ragione…)e magari sono più vecchio di te, ma sicuramente vendo birra artigianale da quando probabilmente tu bevevi ancora Dreher. Non ho “capi”, anzi, comando pure troppo…E se intendi la “cosa” di Open, beh, hai ragione, ma qualcosa fra un locale e un altro dovevo pur continuare a fare, sono iperattivo, e poi sicuramente all’Open girerà più gnocca che in quel cesso del Macche…E non è detto che io partecipi come la pensi tu (te lo ripeto, o fai come dico o vai a cagare), ma quella è un’altra storia…
    Per quanto riguarda la “santa” vicenda di far capire alla gente la differenza di una birra con la Peroni…Lo faccio da 8 anni, quindi siamo simili, l’unica differenza è che non parlo di tutte le birre che offro per “far capire” la differenza, non mi ergo a buon samaritano, stamo a lavorà, io e te. Sono uno stronzo che lavora e cerca di portare a casa la pagnotta, e magari qualcosa in più…proprio come te…Ah, no, tu campi d’aria. Io non mi schiero, io so io e l’altri so quello che vonno esse.

    Sei comunque simpatico, ti chiedo l’amicizia su Facebook così continuiamo in privato e non intasiamo il blog, che tra l’altro aveva mosso un argomento IMPORTANTISSIMO.

    Pardon, Presidente, scusatemi.

  33. @marcos
    Il tuo commento non può passare per motivi che penso siano pacifici.
    Preferirei che futuri interventi su questa pagina rimangano prettamente on topic, grazie.

  34. non sono assolutamente pacifici.
    io posso essere offeso e non posso replicare?
    il luogo non è quello giusto concordo ma avrei preferito tu fossi intervenuto quando hanno mess in discussione la mia correttezza e sopratutto l’operare della mia azienda.
    come mai questa disparità di trattamento?
    comunque era sicuramente OT e me ne scuso.
    se però il mio commento non verrà approvato vorrà dire che non è un blog nel quale gli interlocutori partono tutti dallo stesso punto.
    non c’entra vero che gli amici di colonna sono anche amici tuoi?

  35. Complicare le cose semplici è un’arte difficile che non ho.
    Ricordo Luigi Serpe agli esordi, innamorato della Germania e dei prodotti tedeschi. All’epoca avevo un piccolo beershop e mi stupiva il fatto che le persone comuni acquistavano le sue birre fatte con impianto quasi da homebrewer e le preferissero ad artigianali blasonate e belghe rinomate. Poi ha cominciato con Noscia , Black Lizard ..tutte eccellenti, ma la purezza si stava contaminando…..
    Dove voglio arrivare ? A riaffermare quanto detto da Manuele e Lorenzo, una Keller, una Kolsch o una Alt e una Bock ben fatte spesso sono inimitabili e difficili da trovare, di grande qualità, anche nel panorama artigianale italiano.

  36. @ Paolo: la Rodersch ne è però un grande esempio, per non parlare delle “basse” di Agostino. Purtroppo credo che la situazione in Germania sia irrecuperabile..Tra vent’anni creperanno anche gli ultimi clienti degli stammtisch e non ci sarà più mercato…

    cit: “da quando so sparite le facce dalle banconote io non ho più amici”

  37. Ottimismo Emanuele, non credo all’estinzione, hanno un tempo di attivazione più lungo del nostro……
    Sai che comunque nel mondo industriale mi ha sempre stupito la grande diffusione in Germania di prodotti birrari addizionati di sciroppi e succhi di frutta, vere e proprie ciofeche e mi sono chiesto sempre come era possibile in un paese di così grandi tradizioni. Anche in Polonia, zona Poznan, quindi confinante con la Germania ne ho viste diverse….mah!!!

  38. @marcos
    Avrei avuto piacere di pubblicare il tuo commento che ho censurato, e lo avrei fatto, se solo ci fosse stato uno straccio di difesa “dell’operato della tua azienda”, piuttosto che una sfilza di insulti personali di bassa lega. Che poi difesa da cosa, visto che il precedente commento di Colonna non mi sembrava ne richiedesse, vabbè…
    Mi pare che hai sempre avuto spazio su queste frequenze per esprimere le tue idee, per “denunciare il marcio” nell’ambiente (secondo la tua visione, ovviamente), per insinuare, attaccare, colpevolizzare chi ti pareva. In risposta non hai mai ricevuto insulti come quelli che hai scritto.
    Il tuo commento non sarà pubblicato, per il resto credi quello che ti pare…

  39. Una considerazione piccola fa faccio pure io.

    Sono andato in Germania varie volte e mi sono sempre cheisto come diavolo facciano a sopravvivere se ogni volta che metto piede in una birreria (che non sia una cagata piena di fighetti) ci saranno al massimo 3/4 persone sul 50-60 anni!

    Misteri della fede.

  40. Ma se posso dire anch’io la mia, è un pò lo scotto di un paese con una forte tradizione direi più che cultura brassicola con elevatissimi consumi ma con pochi stili birrari a disposizione. Anche in Italia con il vino nel giro di 20/25 anni si sono dimezzati i consumi, si è toccato il fondo con il periodo del metanolo per poi risalire a vini di qualità bevuti con più moderazione anche e soprattutto dalle nuove generazioni. I nostri “vecchi” non credo conoscessero una cultura del bere, spesso bevevano tanto per bere elevate quantità di infimi vinacci senza neanche rendersene conto. Per la birra in Germania credo stia andando un pò così, acquisizioni e fusioni tra grandi gruppi, troppa birra a 360 gradi con la qualità spesso in picchiata, troppe bevande a base birra davvero terribili per cercare di trattenere le nuove generazioni. Mi lascia comunque sempre perplesso il fatto che il consumatore ( così come è successo per il vino in Italia ) premi il basso prezzo piuttosto che la qualità, soprattutto in questi paesi con così tanta tradizione.
    Non è così però dappertutto: in Repubblica Ceca ad un salone della birra qualche anno fa vedevo invece poco oltre lo stand dell’ainechen lasciare a terra parecchie lattine di birra appena assaggiate dai visitatori ceki tanto fossero poco gradite…

  41. Vorrei sfatare questo falso mito che si sta creando sulla cultura tedesca come “antiquata” e povera di stili: helles, dunkel, weizen, schwarz, bock, doppelbock, tutte le varianti delle keller (zwickel, urtrunk), rauch, oltre alle specialità regionali alt, dortmunder, dinkel, gose, kolsch… insomma mi pare che di varietà ce ne sia tanta.

    L’esempio della Rep Ceca è buono per capire il problema in cui versa la Germania. In Cechia c’è una timida riscoperta di prodotti regionali, probabilmente grazie ad alcuni esponenti illuminati e a un fermento sociale generale. In Inghilterra c’è il Camra che lotta strenuamente per difendere le Real Ale dall’oblio e dal sentimento neo-proibizionista. In Belgio c’è da sempre una voglia di sperimentare e una comunità attiva e attenta. In Germania niente di tutto questo…

  42. @Turco
    Il Belgio è sempre stato terra di birre di carattere. Penso che questa sia stata la loro fortuna: avere birre che escono dai canoni di bevibilità e di gusto canonici e che assumono quel gusto di “speciale” o comunque di qualcosa che spezza la routine del bevitore non belga.
    Di contro la Germania paga la sua vocazione di birra “popolare”, più easy, meno sorprendente e meno d’impatto.
    Nell’immaginario collettivo la birra tedesca è quella da Oktoberfest, da wurstel e crauti e da grigliata. E paga questa immagine della “bionda da battaglia”.
    E anche tra gli appassionati una Dulle Teve ha un fascino speciale, mentre una spina di Ungespundet spesso non ha lo stesso appeal.
    In Germania poi le birrerie che servono i prodotti migliori sono luoghi vecchi, agganciati a un passato scomparso, con sedie di legno, tendine di pizzo e avventori reduci della grande guerra.
    Questo perchè non c’è voglia, capacità o imprenditorialità per rinnovare il locale, mettere un po’ di musica, assumere una kellerina sotto ai 30 o mettere un paio di schermi per attirare nel locale i giovani o chi semplicemente vuole vedersi una partita bevendosi una birra buona e non una presa al discount. Le uniche che un po’ si salvano sono quelle che fanno anche cucina…
    Certo per noi che ci andiamo perderebbero il fascino che hanno, ma almeno la prossima volta non le troveremo chiuse. Definitivamente.

  43. Che poi uno dei locali più affascinanti che mi è capitato di vedere ultimamente è proprio il Pivovarsky Klub, giusto per sottolineare che c’è una strada alternativa per rimanere appetibili invece di guardare per forza al passato.
    Sul fascino delle birre in sè, forse anche per i nostri trascorsi siamo fin troppo belgiofili… e comunque se trovassi una Irseer Urtrunk me la tracannerei prima di tante blasonate colleghe belghe 🙂

  44. #colonna
    ci spiegheremo al cell, quando provi la birra che hai chiesto.
    io intendevo un altra cosa.

    per marcos e le altre discussioni..
    amare la birra non significa farsi le seghe dentro a un fermentatore, la vita è fuori dal nostro piccolo mondo…

  45. @Schigi:
    sconsigliare gli onanismi mentali piuttosto scomposti e palesemente OT a cui abbiamo assistito non mi sembra un consiglio così sbagliato da doverci addirittura intervenire appositamente per deprezzarlo.
    Se avete dei rodimenti interiori tra utenti per chissà che ruggini stratificate sono affari vostri: lasciate in pace i blog dove si discute di altro e cerchiamo di restare OT.
    Dalla Germania sono tornata di recente e ho visto tutto quello che è stato spiegato. Nessuno aveva carta della birra, rarissimamente si capiva addirittura di che marca fosse quella servita, impossibile trovare una stein, che ero piuttosto curiosa di provare.
    Ma credo che sia solo questione di tempo… o meglio, lo spero. Spero che come per tutto ci sarà un reflusso che spingerà qualcuno in Germania a rialzare la testa e riempire un vuoto nel mercato, quello di un prodotto storico nazionale che ha perso identità.
    Anche solo in nome del campanilismo, che magari per una volta darà frutti positivi invece di beceraggine, chi lo sa.

  46. eh si ma gli americani sono dei bravi nerdazzi… poi vorrei capire come si fa a fare una birra senza averla mai assaggiata…come cantava enrico ruggeri, mistero!

  47. @paolomazzola, il presidio slowfood è una sorta di riserva indiana, che dà il pretesto al produttore di raddoppiare i prezzi di listino, almeno nel mio campo.
    funziona solo in microrealtà e confonde le idee ai consumatori.

  48. Finalmente ritornati IT!!!
    ve la butto lì, d’accordo con Tyrser e Tedesco, ma mi sembra che la loro sia una visione soprattutto da “esterni”…In Belgio la situazione sul ricambio generazionale non è certo migliore, e al “pischello” non frega nulla della Dulle Teve, preferisce bere Stella se proprio se deve beve bira, o al massimo una bella Kwak al Delirium perchè fa figo il bicchiere.
    Vivere nell’interno quei paesi, significa entrare in posti dove anche a 40anni ti senti un bambino, dove per cultura la birra non ha subito uno svecchiamento, E’ UN PRODOTTO PER VECCHI!!!
    Ciò che si recepisce dal di fuori è diverso: quanti visitatori belgi ha Cantillon? Quante volte vi è capitato di ricevere sorrisi e domande tipo “ma davvero???” quando riferisci al tuo vicino di tavolo di una Gasthaus che vieni da Roma a bere la loro birra?
    Qualcosa cambia il Belgio, grazie al Moeder Lambic, e in Cechia con il Pivovarsky…Da noi è moda perchè la birra ha totale terreno fertile.

    @Danzucch: ma con tutta la roba che c’è in Germania tu vai a cercarti una Stein??? Sei mai andata in Franconia, o Colonia, o Dusseldorf, o Lipsia? Lì potresti capire che la birra ha ancora un suo campanilismo e una sua identità, soprattutto non chiederesti in quei posti una carta delle birre, ti siederesti, respireresti tradizione e berresti alla grande, senza cercare il prodotto che deve stupirti a tutti i costi, deformazione purtroppo quest’ultima che stiamo portando noi italiani.

  49. @ Pistillone.
    Dalla discussione con marcos sono stato etichettato come strenuo difensore di slow Food, tesi che non è vera, ma purtroppo i blog i forum sono luoghi dove puoi esprimere un’opinione ma non approfondirla.
    Conosco l’organizzazione quasi dalla nascita e ne sono socio da una decina d’anni. Collaboro con il progetto master of food dalla nascita, e nel sud, con una cultura della birra poco sviluppata ho avuto la possibilità di girare in lungo e in largo,per l’organizzazione di eventi, soprattutto Puglia, Molise e Campania , e di conoscere governatori e fiduciari. Anche centralmente ho tenuto qualche laboratorio del gusto nel 2002 al salone del gusto.
    A Roma sopratutto, ma non solo, mi sono reso conto dei giochi di potere che vi sono e ne ho colto tutti i limiti.Del resto non ho 20 anni e quindi un pò di esperienza di come gira il mondo ce l’ho.
    Detto questo, disconoscere l’operato dell’organizzazione per lo sviluppo di una cultrura dell’alimentazione alternativa è solo da ignoranti e stupidi, non a caso Carlo Petrini è considerato una delle 50 o 100 persone più importanti del 20.secolo ( non ricordo i dettagli della citazione ma consideratene il senso).
    Nel settore birra, il palcoscenico del salone del gusto, con spazi espositivi e laboratori in quantità, le diverse centinaia di master of food, la presenza in numerose manifestazioni regionali di laboratori dedicati alla birra( adesso, fra qualche giorno, avremo Maglie con la regione Puglia), i numerosi eventi sono stati un volano non indifferente per lo sviluppo del settore, certo non l’unico, ma nemmeno trascurabile.
    Capisco la percezione di Emanuele, ma a Roma la condotta a mio avviso non funziona e quindi, è giustificato che lui colga la manacanza di slow food nella regione.
    Che c’entrano i presidi con tutto ciò, è ovvio che ci sono sbavature, ma mi spiegate il nesso ? io non sto parlano di un’organizzazione perfetta ma sto cercando di fare una disanima sui diversi comportamenti e sensibilità fra italiani e cittadini europei nei confronti della cultura alimentare, e della cultura artigianale e Slow Food, è stata ed è una pietra miliare, con tutti suoi limiti.
    In Italia si può parlare e creare un business sulla cultura dell’artigianale nell’alimentazione, per la nostra storia e tradizione , ma anche perchè abbiamo avuto questi pionieri, che hanno reso possibile ciò . Punto

  50. @paolo, se vuoi continuiamo in pvt, ma ti faccio un piccolo esempio.
    è come se nel settore della birra slow food appoggiasse chi prende birra da piu produttori la mischiasse e poi la vendesse in tutto il territorio.
    stesso obrobrio può essere valido nel vino.
    quindi quando citi slow food come organizzazione che può aiutare la birra artigianale io ci andrei molto cauto, tutto qui.

  51. x Colonna: cavoli no… nessuno di quei posti, devo ammettere. A Colonia ci passai secoli fa ed ero minorenne e non bevevo birra, oltretutto!
    Ma sono partita un pò alla cieca sul discorso brassicolo. Mi sarebbe probabilmente bastato dare un’occhiatina sulle mappe dei birrifici.
    La stein la volevo assaggiare, non sei donna quindi non puoi capire il perchè dei moti di curiosità tipici di noi. E’ come se mi dicessi “perchè vuoi la borsetta grigio perla quando ce ne sono tante fumè o canna di fucile?”
    Perchè voglio quella! 😀

  52. @danzucch: beh, allora mi sa che la mia parte femminile mi sta divorando…

    Comunque alla mia “critica” hai dato involontariamente credito, cioè, è un pò come se avessi “bruciato le tappe”, cosa che capita a molti ultimamante (e su questo qualcuno mi può capire benissimo visti i discorsi affrontati recentemente…), praticamente di quella nazione non hai visto nulla…e allora perchè non affrontare la Germania (e tutto il mondo brassicolo) con un pò più di calma e consapevolezza? E ancora, perchè soffermarci su uno stile solo perchè difficile o impossibile da trovare quando non si ha la più pallida idea di cosa vuol dire veramente BERE in Germania???
    Allora sarebbe meglio girare un pò per la Franconia ad esempio, altrimenti si farebbe lo stesso errore di cadere nel luogo comune che vuole Monaco e l’Oktoberfest come luogo principale della birra tedesca, quando un vero amante birropate gira attorno al “ring” con la macchina e se ne và verso altri lidi…

  53. zucca…la prossima volta che ho bisogno di una maestrina pedante ti avviso…
    E smettila di occuparti di birra che sei ridicola 😉

  54. La parte femminile ha avuto il sopravvento…

    Purtroppo ormai in questi lidi chiunque si beva una bella AIPIEI pensa di essere arrivato al Valhalla birrario, saltando un pò di siepi sulla “strada della consapevolezza”.
    Questo provoca amarezza anche a me, ma così và la Birra di questi tempi..

  55. x Colonna: bè i miei giri in Germania non erano vacanze birrarie, sono stata trascinata da un amico come l’anno scorso: ci hai visto giusto, non ero partita con piani e idee chiarissime sul da farsi ma già che ero lì ho cominciato a cercare e chiedere un pò in giro dove potevo bere bene. Che faccio, resto ad acqua minerale? 😀
    x schgi: dai, non c’è bisogno di essere incivili, non ti ho detto santi, morti mamma, parenti e mi spiace per la bacchettata: è un pò un vizio di forma che ho; ho un discreto curriculum alle spalle di gestione creazione bla bla di roba su internet (siti communit forum ecc) e finisco per comportarmi come se fossi tra utenti esperti di netiquette e ligi ai regolamenti.
    La cosa non piace a me per prima, più che essere talebani dell’IT e della netiquette a volte è meglio tenere un dialogo un pò più slegato da certi meccanismi troppo rigidi, tanto alla fine non li conosce nessuno e o si finisce per passare troppo tempo a tirare le orecchie a chi va OT o scrive sms o tutto maiuscolo e non ci si gode le discussioni tranquilli.
    Quanto alla birra, non me ne occupo, la bevo. Se tu puoi reagire così piccato ad un richiamo all’ordine da utente ad utente su internet, io posso occuparmi di birra. Sennò se vuoi io passo ad altre bevande e tu vendi il computer e siamo pari. 😀

    Ovviamente scherzo, temo ne risulterebbe più triste la mia vita che la tua, quindi tieniti il computer e lasciami la mia birruzza, si scherza. ^-^

  56. @Colonna, forse stiamo andando un po’ OT, e non mi piace il tuo discorso io l’ho lungo cosi’ perché in Germania ci giro in bici da paese in paese per collezionare tutte le birre tedesche.,……. che senso ha sto discorso?
    Il punto centrale dell’articolo è che le birrerie Tedesche di piccole dimensioni o di stampo familiare stanno chiudendo, questo macro movimento, esula da ciò che dici tu, esula dalle microproduzioni o produzioni e mercati di nicchia tedeschi, e trova risposta nei gusti e negli interessi dei consumatori giovani.
    Per fare un esempio Se un ragazzo chiede una keller con cola, o con uno sciroppo di frutta, in Germania non si fanno tanti problemi , prendono la prima keller da 2 lire e ci buttano dentro un po’ di sciroppo fabbri, ha senso prendere un eccellente strafiga keller per poi storpiarla cosi’?… penso di no.
    Come penso che più flessibilità negli stili avrebbe aiutato non pochi mastri birrai ad andare incontro ai gusti dei giovani che sono sempre un po’ mutevoli.
    Questo è solo un piccolo esempio se poi vogliamo fare dei discorsi sulle tecniche di produzione e utilizzo degli ingredienti la finiamo tra 2 anni.

  57. Vorrei capire ‘sta cosa della flessibilità degli stili, poiché, come già illustrato, la tradizione brassicola tedesca non pecca certo di varietà…

  58. @Colonna
    Concordo. Anche in Belgio o in Inghilterra quasi sempre siamo i più giovani del locale.
    Ad un festival del CAMRA mi sento un ragazzino, al Macche mi danno del lei e mi lasciano il posto a sedere…La birra di carattere è una bevanda per vecchi. Rassegnamoci. SOlo Italia e USA, a mia esperienza, hanno un pubblico più verde. Ed entrambi i pubblici sono alla caccia del “famolo strano”.

    @Pistillone
    Il Colonna dice semplicemente che una causa della chiusura delle birrerie è il fatto che vengano sottovalutate e schifate dai locali e, purtroppo, anche da molti beerlovers nostrani.
    E comunque tu stai dicendo che se i birrai tedeschi avessero più ‘flessibilità degli stili’ , se a Geisfeld mi facesserouna bella Radler, una Cola Mix e una AiPiEi, avrebbero il locale pieno?
    E magari pure le cameriere in bikini. Sai che ressa.
    Se lo facessero avrebbero comunque chiuso, non la baracca ma la birra.
    Forse, semplicemente, sono un popolo che ha perso buonaparte dell’uso del gusto: loro hanno inventato la Lidel, noi [inserire qui la prima cosa buona da mangiare che ti viene in mente]. 😉

    • Il succo è tutto qui.

      Sono 5 anni che vado in Franconia (2/3 volte all’anno). E non ci vado certo per stare a Bamberg, che comunque merita, ad ubriacarmi di Mahrs o altro.
      Ho visitato innumerevoli Privatbrauerei franconi, dove il birrificio e la birra odorano di storia e cultura locale; volevo solo portare la mia opinione.

      1) è vero, i microbirrifici chiudono; quelli aperti vivono grazie ai “vecchi” del paese o a qualche sparuto turista che si avventura in un Bierweg (un giro turistico piedi/bus di alcuni birrifici dell’area di Waischenfeld e limitrofi). C’è pochissima gente nelle birrerie, e quei pochi non sono certo under 30.

      2) Al 90% dei giovani franconi non frega nulla della birra che hanno sotto casa. Si ammazzano di Beck’s o di porcherie alcoliche nei locali di Norimberga; c’è musica, ragazze, vita: loro vanno lì.
      Il grosso problema (ma questo direi che è un problema di tanti giovani in tutta Europa, Italia compresa) è che non hanno palato, ingurgitano a caso e non hanno il gusto per il buono/bello. Non voglio fare il nonno pontificatore, è solo la mia opinione.
      Nemmeno il vecchio del paese probabilmente riconosce che quella birra è “migliore” (concetto poi difficile da dimostrare) delle commercialate del supermercato; beve in quei posti per abitudine e lo sente parte della propria cultura. Il giovane, dal canto suo, non ha nemmeno questo.

      3) In questi tempi moderni il marketing crea le mode e le mode fanno vendere le birre. Non importa se c’è gente che fa birra da 200 anni nella stessa famiglia (magari UNA birra, non 250 tipi) o mastri birrai che hanno studiato anni in Germania per poi prendere in mano un patrimonio culturale centenario proponendolo ad un prezzo ridicolmente accessibile.
      Oggi l’importante è fare la bottiglia particolare, con l’etichetta accattivante, il nome trendy e riempirla di IBU e luppoli aggressivi (se non di cannella, spezie, castagne e quant’altro); una bella campagna di marketing e prezzi da “prodotto figo perchè c’è scritto artigianale” ed il gioco è fatto. Si crea il mercato e si vendono le birre; che siano tutte valide o no, non sta a me dirlo.
      I birrifici franconi questo non lo fanno: forse non ne sono capaci, forse non hanno voglia di farlo, o forse non vogliono “tradire” la propria storia birraria. Alcune risposte da mastri birrai le ho avute.

      Quello che posso dire è che per il Privatbrauerei francone la propria birra non è un prodotto da vendere a caro prezzo in bottiglie modaiole. Vogliono una birra beverina, accessibile, campagnola e con un carattere molto forte, tipico del paese dal quale proviene (può confermarlo chiunque abbia verificato le enormi differenze tra birrifici a pochi km di distanza).
      E’ vero, lo “stile” è sempre quello. Per cogliere le sfumature spesso bisogna essere abituati a quel genere di corpo e di sapore, e magari essere disposti a bere un paio di medie di una stessa birra per apprezzarne ogni sfumatura.
      Non è bevendone 10cl da un Teku (visto che se ne parlava ultimamente) che si assapora quel genere di birra. Anche questo forse frena molto gli entusiasmi di chi assaggia e non si sente travolto da odori e sapori d’impatto.

      Un saluto e un ringraziamento per i tanti spunti e le notizie.
      Un lettore.

  59. @pistillone: ho semplicemente risposto su ciò che era più logico…se mi parli di birra tedesca analizzando il mercato senza esserci stato, mi sembra quantomeno di dare un parere poco attendibile, non credi? Non sto facendo a chi ce l’ha più lungo, ma il tuo discorso non mi fila proprio…ti hanno risposto altri sulla questione degli stili e sui giovani mi vieni incontro…Ti ripeto che si tratta di una questione culturale, magari rimango fermo sulla questione “solo” perchè da cinque anni lavoro direttamente con un bel pò di birrai franconi, conosco molti distributori locali e vado in Germania molte volte all’anno per il semplice gusto di spararmi un pò delle loro “birrette”, non si tratta di averlo più grosso credo, no? Perchè ti inacidisci???
    Gli unici ventenni che ho visto entrare alla Hummel in venti volte che ci sono stato per esempio, erano una coppia di ventenni che hanno preso una coca e una sprite…Ti vengo contro semplicemente perchè un pischello tedesco non chiederà mai una keller, manco sa che è oppure pensa che lo chiudano in cantina, quindi manco gliela sciroppano.

  60. vado a berlino tra poco e sto cercando qualche birrificio artigianale ma ho trovato solo il brahuaus mitte e brauhaus lemke, ma nn mi sono sembrati nulla di che
    nn ci credo che nonostante questo crescente disinteresse dei tedeschi non sia possibile trovare quache pub con birre artigialnali, anche non di loro produzione, insomma un posto dove bere qualcosa di buono.

    qualcuno ha qualche buon consiglio??

  61. @valeria
    purtroppo Berlino non brilla per birrifici e pub. Oltre a quelli da te citati segnalo il Lindenbrau del Sony Center (www.lindenbraeu-berlin.de, ma non mi è piaciuto molto, per quanto sia un bel locale) e il Brewbaker (www.brewbaker.de)

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