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L’aumento delle accise amplifica la confusione del settore birrario italiano

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La campagna di Assobirra contro l’aumento delle accise

Ormai lo saprete: da giovedì prossimo produrre (e bere) birra in Italia costerà di più. È l’effetto dell’aumento delle accise di cui vi ho parlato a metà settembre e che ormai è alle porte. Un intervento solo temporaneo, poiché già si ipotizzano altri due incrementi che dovrebbero portare a un rialzo impressionante delle imposte di fabbricazione, con ripercussioni pesanti per produttori e consumatori. Ma come ha risposto il settore da quando la notizia è diventata ufficiale? Probabilmente ve ne sarete accorti: sono partite campagne, petizioni, siti web dedicati. Il problema è che da dentro – cioè esaminando la situazione con gli occhi degli addetti ai lavori – si respira la sempre devastante confusione che è ormai diventata un triste leitmotiv dell’ambiente birrario. Ma andiamo con ordine…

Dopo un iniziale sconcerto da parte di professioni e appassionati, la prima iniziativa concreta è arrivata da Giovanni Puglisi, che ha lanciato una petizione online appoggiandosi alla piattaforma Change.org. Se non sbaglio era il 18 settembre, il giorno stesso in cui pubblicai la notizia dell’aumento delle accise sul blog. La petizione iniziò a girare nell’ambiente finché non arrivarono anche quelle delle due associazioni birrarie italiane: prima Assobirra, poi Unionbirrai. In pochi giorni ci trovammo con tre diverse petizioni, che stanno procedendo in parallelo: quella di Giovanni ha raccolto finora 1.126 firme, quella di Unionbirrai 1.978 e quella di Assobirra 33.273 (cifre aggiornate al momento in cui scrivo).

La petizione di Assobirra è stata accompagnata da una campagna di sensibilizzazione abbastanza martellante: è stato creato un sito apposito (Salva la tua birra), una serie di infografiche e dei comunicati stampa che, grazie all’ufficio stampa dell’associazione, sono stati ripresi da principali mass media nazionali. Così si spiega anche il divario di firme tra la petizione di Assobirra e le altre due citate. Di contro Unionbirrai sta sfruttando i suoi canali social (in primis Twitter) per pubblicare costanti aggiornamenti sulla situazione accise: sappiamo ad esempio che oggi nell’agenda parlamentare c’è un’audizione di Rete Impresa Italia, in cui sono presenti anche Unionbirrai e CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato).

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Insomma, ciò che si percepisce è confusione e dispersione di energie in più direzioni. D’altra parte quella delle accise è una questione che da anni vede fronteggiarsi Unionbirrai e Assobirra, con le due associazioni che rivendicano la propria supremazia sull’altra nella vicenda. A gettare legna sul fuoco, ieri è arrivata l’esternazione su Facebook di Agostino Arioli del Birrificio Italiano, che per allontanare ogni dubbio cominciava con un inequivocabile “sassolini nelle scarpe”. Ecco il pensiero nella sua interezza:

Sassolini nelle scarpe.

All’inizio c’era l’industria birraria. Stagnante e incapace di dare agli italiani quello che volevano. I consumi pro capite di birra sono al palo da molti decenni, e si può ben capire il perché. Poi nel 1996 siamo arrivati noi. Eravamo in cinque e oltre ad aiutarci e confortarci reciprocamente, abbiamo fondato un’associazione: Unionbirrai. Oggi ci sono 500 e più birrifici e il successo della birra artigianale italiana in patria e (ahimè) forse anche più all’estero, è sotto gli occhi di tutti. A un certo punto di questa evoluzione, qualcuno ha notato la ricchezza del movimento ed ha voluto farne cosa propria. Darsi lustro con il sudore e l’inventiva di altri per cercare di nobilitarsi e di ribaltare le proprie sorti. Per qualche motivo Assobirra, che è fatta di multinazionali, è riuscita a coinvolgere alcuni microbirrifici nella propria associazione di industriali cominciando così a mischiare le carte. Anche per questo oggi è sempre più difficile capire che cos’è veramente la birra artigianale: perché si stanno appropriando della nostra immagine e della nostra aura aurea.

Perché alcuni microbirrifici si sono associati a Assobirra? Credete che Heineken abbia voluto darci una mano perché siamo simpatici e piccoli? E’ il richiamo di stare con i grandi che attrae i microbirrifici in Assobirra o cos’altro?

Non è importante la risposta a queste domande ma è importante porsele.

Oggi, la mia posizione circa l’aumento accise è strutturata su due livelli:

1° come mai l’accisa sul vino è zero e quella sulla birra continua ad aumentare ? Se sul vino gravasse una accisa come quella che grava oggi (ante aggravi) sulla birra, su ogni bottiglia il produttore pagherebbe 50 centesimi, che tra IVA e ricarichi vari, al consumatore costerebbe almeno 1,50€ a bottiglia! Su questo piano la mia battaglia anti aggravi è comune a quella di Assobirra e per questo firmerò anche la loro petizione.

2° quello che mi fa veramente imbestialire è che lo stato non faccia differenza tra noi e Heineken. Noi, movimento della birra artigianale italiana (dal produttore fino al consumatore) siamo una delle poche realtà in luminoso fermento che si siano viste in Italia negli ultimi anni, e al contempo siamo piccoli. Crescere costa un sacco di energie e di soldi e quindi i piccoli, soprattutto quando sembrano promettere un futuro radioso andrebbero accuditi con particolare attenzione e non spediti nel branco e mischiati con le multinazionali. Insomma, la mia battaglia non è uguale a quella degli industriali che invece sfruttano la nostra immagine ad arte e con grande scaltrezza per nobilitarsi.

Io voglio che lo stato accetti una tassazione per scaglioni così come in uso in molti altri paesi. Che il piccolo sia lasciato crescere e che se proprio dobbiamo essere munti come mucche, che almeno ci lascino diventare grandi e fruttiferi. Meno accisa per i piccoli e semplificazione delle procedure che, essendo al momento estremamente complicate, ci costano tanto quanto l’accisa stessa. Ciò è semplicemente razionale, anche dal punto di vista del fisco.

Quindi, tutti facciamo birra, ma questo non significa che io sia disposto a farmi usare da multinazionali con le quali a livello di filosofia e approccio alla birra, non ho proprio niente da condividere.

Purtroppo queste parole mi hanno disorientato ancora di più. Voi ci state capendo qualcosa in tutto questo marasma? Che ne pensate?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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28 Commenti

  1. Credere nelle petizioni online è davvero ridicolo, purtroppo ogni occasione è buona per fare buonismo, vendere illusioni e far girare link virali (sempre più sport nazionale).
    La confusione è l’inevitabile frutto della dispersione a livello associativo che ha radici nel passato, per cui ora la voce del mondo artigianale non è che un sussurro inavvertito ancor prima che rappresentare un appello inascoltato.
    Assobirra che fa la vittima, poi, è il top.

  2. Dovrebbero andarsene tutti dall’Italia! basti pensare che già tutti i Micro sono tartassati dalla leggendaria burocrazia Italiana; ora questo aumento sarà un ulteriore batosta che farà calare notevolmente i consumi.
    Dovremmo avere l’accisa più bassa d’europa, facciamola pagare anche ai produttori di vino no? Invece no, nella repubblica delle banane funziona cosi: Ammazziamo tutto ciò che potrebbe crescere.

  3. Non potendo non essere completamente in linea con Agostino Arioli aggiungo che anche i media “non che sia una novità” aumentano il fumo negli occhi dei non appassionati.
    Nell’ultimo servizio sulle accise del TG5 è stato sottolineato come anche il vino sia sottoposto a tale tassa senza specificare che è pari a 0.
    L’Italia è un paese in cui le minoranze, di qualsiasi genere esse siano,sono continuamente vessate ed ignorate.
    Produrremo all’estero.

  4. Come non essere d’accordo con lo sfogo di Agostino, sopratutto su questa frase :
    “Io voglio che lo stato accetti una tassazione per scaglioni così come in uso in molti altri paesi.”

  5. Anch’io non credo molto alle petizioni, ma ho firmato sia quella di Unionbirrai che quella di Assobirra.
    L’ambiente è litigioso e chiaramente la progressività per scaglioni (scelta che condivido) proposta da Unionbirrai di sicuro non piacerà ad Assobirra. Dai sassolini di Agostino, si capisce che dia fastidio il “successo” della petizione di Assobirra che sta cavalcando un interesse per una birra che industriale non è.
    Secondo me potevano fare fronte comune, anche se leggendo le petizioni stiamo parlando di due mondi birrai (e non solo di birre) estremamente diversi.

  6. Credo che in quest’occasione si sarebbe potuto cercare di far quadrato attorno a una problematica comune. Sebbene sia d’accordo con la posizione di Agostino e l’accisa a scalare, sappiamo bene che questa strada non sarà percorsa. Con un pizzico di realismo in più si sarebbe potuta intavolare una trattativa seria e organizzata, invece di porsi domande sui social e bighellonare sui soliti siparietti basati sul “chi sono io e chi sei tu”. Purtroppo non siamo maestri della cooperazione e della salvaguardia del bene comune: la birra artigianale non fa eccezione. Pretendere la semplificazione burocratica, a fronte dell’ormai (quasi) inevitabile aumento delle accise, mi sembra atto dovuto da chi ha scelto di portare il vessillo della birra di qualità in Italia.

    • forse era il caso che anziché “stare sulla riva del fiume ed aspettare il cadavere del nemico” (citazione sua del 2007 in seguito alla nascita di consobir) queste parole, condivisibili ora come allora, le avesse pronunciate per tempo.
      all’epoca in CD di UB poteva fare qualcosa.
      oggi è solo pura demagogia.
      ah, la prossima battaglia che vedremo fare, sarà quella contro i distributori che si mangiano gran parte dell’utile.
      chi scommette con me?

      • Non intendo entrare nel merito dei fallimenti di Unionbirrai e Consobir, ma mi preme sottolineare che, a differenza di Teo Musso, il cui birrificio rientra nel novero degli associati ad Assobirra, Agostino Arioli è libero da simili e imbarazzanti vincoli associativi e ha sempre sottolineato la necessità di non confondere il prodotto industriale con quello artigianale.

        • a mio modo di vedere sia l’apertura strumentale di Teo agli industriali, che il defilarsi di Agostino quando chiamato ad esprimersi in merito, sono entrambi atteggiamenti colpevoli in relazione alla situazione odierna.
          poi se vuoi possiamo anche dire che i professionisti del settore sono poca cosa ed hanno sempre pensato al proprio orticello.
          oggi si trovano tutti di fronte ad un problema che si sarebbe potuto evitare facendo gruppo.
          a questo punto le petizioni sono inutili e sopratutto ridicole.
          mi spiace ma bisogna dirlo: chiuderanno molti birrifici. e sarà giusto così

          • Purtroppo la storia dell’orticello è sicuramente vera, ma non scopriamo niente di nuovo…
            Non c’entra niente col tema dibattuto, ma vorrei chiederti se ti è mai capitato di bere birre di Bad Attitude all’indomani del tuo addio al birrificio ticinese. Ne ho assaggiate tre o quattro e francamente le ho trovate pessime!

  7. Io ho firmato tutte le petizioni, ma credo serviranno a poco visto che la legge è già realtà. Io penso che il Governo potrebbe capire una sola cosa: ossia che, in ragione degli effetti penalizzanti sui consumi, avrà meno incassi (il 2% di 100 sarà sempre più del 3% di zero). Nel mio piccolo ho deciso di reagire con uno “sciopero del consumo” che mi porterà a NON comprare più birra in Italia e ordinarla on line su siti esteri: specie con ordini di grosso importo – ho già fatto i conti – il minor costo unitario delle bottiglie andrà a compensare l’aggravio determinato dalle spese di spedizione. So già che così andrò a penalizzare i produttori italiani ed i beershop di cui sono abituale cliente (e mi dispiace davvero !), ma forse così facendo lo Stato capirà che aumentare le tasse vuol dire solo uccidere i consumi ed incassare – a conti fatti – di meno.

  8. Se non si e’ uniti non si vince nessuna battaglia.
    Noi italiani siamo furbi e ognuno corre e si associa per il proprio interesse personale, e ci si divide per piccole diversita’.
    Invece bisogna essere uniti, e CAZZUTI.

    Le petizioni online sono delle cagate pazzesche, piume per il solletico.

    Qui bisogna tirare fuori le palle e dire basta, basta, basta, BASTA.
    Da oggi non si pagano piu’ le accise. TUTTI UNITI.

    Non lo fa il vino, non lo faccio anch’io.
    Le societa’ di videoPORKER hanno evaso 98 MILIARDI, e glieli hanno CONDONATI!!!!!
    La legge e’ uguale per tutti? Sappiamo gia’ di no, ma e’ ora di incazzarsi.
    Qui c’e’ da andare a Strasburgo alla corte suprema!!!!

    Io berro’ il triplo della birra artigianale italiana per contribuire a pagare gli avvocati!

  9. Il problema dell’accisa sul vino è quello dei controlli e degli accertamenti: le Dogane mi confermavano che a fronte di 500 produttori di birra nazionali, solo il Piemonte ha 6000 produttori di vino, tutti da accisare (come? manca la normativa, i registri, i misuratori etc. etc.). Le strutture provinciali sono sottostaffate e largamente incompenti (per loro stessa ammissione) per cui l’accisa sul vino è impraticabile al momento. Altre nazioni sono organizzate diversamente, con forfait o con regimi a scaglioni che alleggeriscono il carico burocratico sui piccoli e i relativi controlli.

  10. Dico la mia.
    Il problema dell’aumento dell’accisa a mio avviso è marginale rispetto a tante altre cose. Ho provato a quantificare il tempo che mi porta via la burocrazia strettamente inerente le comunicazioni alle dogane e tutto quello che centra con le accise. Se io potessi spendere quel tempo in maniera diversa (lavorando in birrificio) la mia produzione annua aumenterebbe del 10% con ovviamente maggiori guadagni per me e maggiore accisa versata allo stato. Quindi credo che prima di scagliarsi su aumenti vari dovremmo combattere per avere una semplificazione burocratica. Poi tutto andrebbe di conseguenza e un aumento accisa sarebbe meno impattante per le nostre economie.
    Tassare il vino inoltre non credo sia così difficile, si può fare in modo forfettario sull’estensione di terreni coltivati dalle aziende, oppure con un semplice conteggio delle bottiglie riempite (i contapezzi esistono già nei nostri birrifici…), senza tanti registri e cavolate varie, basta un po di volontà nelle istituzioni. Infine non pretendo che l’accisa sul vino sia alta come la nostra (un vignaiolo investe per un anno in vigna e ha un solo raccolto all’anno sul quale deve far sopravvivere l’azienda, tassarlo troppo significherebbe metterlo in ginocchio), ma se si applicasse un’accisa minima sicuramente a noi si eviterebbero tante notti in bianco!

    Noi produttori siamo disuniti e disorganizzati e la mancanza di semplificazioni e questi aumenti un pò ce li meritiamo, siamo 500 e sicuramente tutti assieme peso politico ne abbiamo, sarebbe ora di svegliarsi!

  11. @michele
    Non le ho più assaggiate.
    Se sono cambiate ha sicuramente poi a che fare con il fatto che dopo di me sia andato via Matteo (pipinoilbrewer su Twitter) che era l’anima produttiva.
    Dopo di me sono andati via Matte, AlittaM e Davide.
    Non è più la stessa azienda.
    Non so valutarla.

    • @michele @marcos
      Ho apprezzato la linea bad attitude sia fin dall’inizio con Marcos/Matte che ultimamente con Allo e devo dire che ho notato un progressivo miglioramento nel tempo che non si è interrotto con l’arrivo di Allo.

  12. Non è affatto vero che questo aumento del 13% dell’accisa sulla birra non incida sui produttori.Io ho fatto un calcolo velocissimo e ho realizzato che, continuando a produrre ESATTAMENTE quanto produco ora, mi verrà sfilato dalle tasche quasi €3000 in più all’anno, da dare alle Dogane.
    Pensateci un po’:solo questo aumento mi porta via
    quella cifra.
    E nel 2014 è previsto un altro aumento ancora della stessa tassa.
    E questi aumenti andranno ad accumularsi all’enorme catasta di tasse che un produttore fino al 9 ottobre pagava (oltre il 70%) e che ora sarà ancora più ingente.

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