Molti report di settore, non solo in ambito birrario, vengono redatti a distanza di mesi dall’acquisizione dei dati. Accade quindi di valutare l’andamento di un anno quando il successivo è già in fase avanzata: in altre parole è solo da poche settimane che sono disponibili alcune analisi di mercato relative al 2023. Oggi ne riportiamo alcune che restituiscono un quadro a livello europeo per quanto riguarda i consumi di birra e la coltivazione del luppolo. Se il Regno Unito sembra finalmente in ripresa dopo le sofferenze del periodo post pandemia, il Belgio continua ad affrontare una crisi che coinvolge soprattutto l’export. I motivi sono molteplici, come dimostra anche la coltivazione del luppolo a livello globale, in forte contrazione. Vediamo queste tendenze nello specifico…
La timida ripresa del Regno Unito
Le testate generaliste di recente hanno dato spazio alle dimissioni di Amy Lamé, la “zarina della notte” che, a fronte di uno stipendio mostre, avrebbe dovuto rivitalizzare la nightlife di Londra dopo la devastazione subita a causa della pandemia. I risultati del suo operato sono contraddittori, ma con l’occasione i giornali italiani hanno (ri)scoperto la crisi dei pub inglesi, che – ammesso di considerare certe istituzioni espressione dello stile di vita notturno – in realtà va avanti da diversi decenni.
Che il Regno Unito non se la passi bene (anche) in termini birrari non è una novità, ma consultando i dati del 2023 si scoprono invece alcuni segnali di ripresa. Per la prima volta dal 2020 le vendite di birra hanno registrato un tasso di crescita triennale positivo, con il dato composto del 2023 in aumento del 5,17% rispetto a quello del 2022. L’andamento ha riguardato anche la birra artigianale, con le vendite che lo scorso anno si sono attestate sui 2,22 milioni di ettolitri (+2,7%).
Secondo alcuni osservatori il mercato della birra artigianale nel Regno Unito sta appena cominciando a riprendersi dal Covid. Le chiusure dei locali durante la pandemia e la successiva crisi del costo della vita hanno ostacolato le prestazioni del settore, ma la situazione sembra in via di miglioramento. Anche perché si nota una certa tendenza dei consumatori verso la “premiumizzazione”, fenomeno per cui si è disposti a spendere di più per un prodotto di qualità superiore, o quantomeno percepito come tale.
La crisi del Belgio
Per il Belgio il 2023 non è stato altrettanto confortante. Nel “Paradiso delle birre” i consumi totali sono diminuiti del 5,8%, continuando una tendenza al ribasso che si protrae da oltre 20 anni. Anche le esportazioni hanno subito una flessione, con una diminuzione del 7,5% – un dato negativo senza precedenti. Si tratta chiaramente di una situazione particolarmente delicata, che i produttori del settore attribuiscono a diversi fattori: non solo l’aumento di costi, come facilmente immaginabile, ma anche la concorrenza locale e il cambiamento dei modelli di consumo.
Relativamente alla prima considerazione, la diminuzione del potere di acquisto dei consumatori europei sta favorendo l’acquisto di birra nazionale, compromettendo l’export della birra belga nel continente, nonostante la sua reputazione. Inoltre i consumi si stanno riducendo a causa (o grazie) a una presa di coscienza dei bevitori, più sensibili agli effetti nocivi dell’alcol sulla salute dell’organismo. È un fenomeno che in realtà nasconde approcci diversi tra loro, ma che nel complesso pesa senza dubbio sui volumi totali.
Nonostante le difficoltà, il settore della birra mantiene un ruolo importante nell’economia del paese, come confermano diversi dati. I 417 birrifici belgi, che rappresentano circa 1.600 marchi di birra, nel 2023 hanno investito nel settore quasi 251 milioni di euro. Il loro contributo economico è dunque stimato in 4 miliardi di euro, pari all’1% del prodotto interno lordo (PIL) del Belgio. Il settore fornisce occupazione diretta a 6.927 addetti, mentre i posti di lavori indiretti sono addirittura 50.000. Infine la cultura della birra belga, riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, contribuisce al turismo e alla reputazione internazionale del paese.
La contrazione nella coltivazione del luppolo
Negli scorsi giorni Katya Carbone (CREA) ha riassunto sul suo profilo Linkedin alcuni highlights tratti dall’International Hop Growers Convention (IHGC), il convegno internazionale dei coltivatori di luppolo. Ne emerge una situazione molto delicata per il settore, perché nel 2023 la superficie totale di coltivazione negli Stati Uniti (leader mondiale del mercato) si è ridotta del 18%. Non è una tendenza inedita e in parte dipende dall’efficientamento delle coltivazioni, tuttavia il dato è così rilevante da alimentare più di qualche preoccupazione. Anche perché se si limita l’analisi alle sole varietà aromatiche, la contrazione tocca un’incredibile -29%. Si tratta probabilmente di un “rinculo” in parte fisiologico dopo il fermento degli scorsi anni, che peraltro ha contagiato anche i colossi dell’industria, anche perché – come sottolinea Carbone – le cause del trend sono diverse e non ascrivibili al solo effetto dei cambiamenti climatici.
Per quanto ancora in fase poco più che embrionale, la coltivazione del luppolo in Italia sembra seguire lo stesso andamento. Nel 2023 infatti le superfici coltivate hanno mostrato una contrazione, evidenziando le fragilità di un settore che ha cominciato a muovere i primi passi solo da qualche anno. L’analisi merita di ulteriori approfondimenti, che saranno affrontati giovedì 28 novembre a Roma durante il convegno “La centralità della ricerca per lo sviluppo di una filiera brassicola sostenibile e Made in Italy: l’esperienza del progetto LOB.IT”.