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Black Sheep a rischio fallimento: la storia del birrificio inglese “pecora nera” della famiglia

Quanti tra voi conoscono la Black Sheep Brewery? Si tratta di un birrificio del North Yorkshire, in Inghilterra, che fu fondato nel 1991 ed è considerato tra i più apprezzati produttori familiari del Regno Unito. Per un periodo le sue birre in Italia furono abbastanza reperibili in cask: eravamo nella seconda parte degli anni 2000, quando l’avveniristico progetto di distribuzione battezzato Real Ale Society stava muovendo i primi passi. Nel tempo la presenza di Black Sheep nel nostro mercato è andata avanti, tanto da essere uno dei birrifici stranieri regolarmente importati e distributi dall’azienda italiana Ales&Co. Come tanti altri produttori britannici, Black Sheep negli ultimi mesi ha dovuto affrontare un periodo difficilissimo, da cui purtroppo l’azienda non si è più ripresa: a inizio mese è finita infatti in regime di amministrazione controllata. Potrebbe essere questo l’ultimo atto di una storia avvincente, che vale la pena raccontare.

Come accennato poco sopra, l’apertura di Black Sheep avvenne nel villaggio di Masham (poco più di 1.000 abitanti) all’inizio degli anni ’90. Il suo fondatore fu Paul Theakston, che per quasi un quarto di secolo aveva ricoperto il ruolo di direttore generale presso il birrificio di famiglia, la Theakston Brewery, situato anch’esso a Masham. Theakston Brewery non era (e non è) un produttore di poco conto: fondato nel 1827, è oggi  sedicesimo nella classifica dei birrifici più grandi del Regno Unito per quota di mercato, ma addirittura secondo (dietro Shepherd Neame) se limitiamo l’analisi solo a quelli a conduzione familiare. Nonostante i successi, già alla fine degli anni ’80 non tirava una bella aria tra i membri della famiglia Theakston e gli azionisti, tanto che le forti divergenze portarono alla cessione dell’azienda. Nel 1984 le quote furono interamente cedute al birrificio Matthew Brown, che tre anni più tardi fu acquisito dal colosso Scottish & Newcastle. Fu allora che Paul Theakston ruppe i rapporti professionali con il resto della famiglia e decise di aprire un proprio birrificio, più fedele ai valori di indipendenza che erano centrali nella sua visione di birra.

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L’idea di Theakston era di ripartire dal nome della famiglia per riprendere le tradizioni brassicole del passato, ma Scottish & Newcastle, che nel frattempo aveva spostato la produzione di alcune birre nel suo impianto a Newcastle, aveva già registrato il marchio. Così optò per un nome associabile alla pecora, animale simbolo di Masham, chiamando inizialmente il suo birrificio Sheep Brewery. Scelta fin troppo banale, che la moglie propose di cambiare in Black Sheep Brewery: una trovata geniale, perché il concetto di “pecora nera” si adattava benissimo alle vicende che avevano portato alla nascita del birrificio. Theakston acquistò l’impianto di produzione dall’ex Hartley’s Brewery (Inghilterra nord-occidentale, al confine con la Scozia), mentre ottenne il lievito dal birrificio Hardys & Hansons di Nottingham, chiuso qualche tempo prima. La prima birra ad affacciarsi sul mercato fu la Black Sheep Best Bitter, proposta dal pub Bruce Arms di Masham.

Come accadde con Adidas e Puma nella città di Herzogenaurach – pur con le debite proporzioni – a inizio degli anni ’90 anche il villaggio di Masham fu il teatro di una sfida fratricida tra due aziende concorrenti. Per differenziarsi dalla gamma della Theakston Brewery, Black Sheep cominciò a produrre birre luppolate, senza tuttavia rinnegare gli stili classici della tradizione britannica.  Questa scelta gli permise di crescere in maniera costante per almeno 15 anni, raggiungendo una produzione di 70.000 hl annui e convertendo alcuni spazi inutilizzati della sala di maltazione in un centro visitatori da cui far partire i tour al birrificio. Fino a metà degli anni 2000 Black Sheep riuscì a pagare dividendi in costaste aumento ai suoi azionisti, tra cui c’erano diversi appassionati di birra. Nonostante le differenze di stazza tra Theakston Brewery e Black Sheep, la scelta di Paul Theakston apparve assolutamente azzeccata.

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Nel frattempo la Theakston Brewery subì altri cambiamenti. Nel 2003 Simon Theakston, che era entrato nel birrificio nel 1981, decise di acquisire la quota di maggioranza dell’azienda da Scottish & Newcastle. Il controllo della Theakston Brewery tornò quindi nelle mani della famiglia che l’aveva fondata in origine, riscrivendo gli equilibri nella sfida con Black Sheep. Nel 2005 il birrificio annunciò che la produzione della Theakston Best Bitter, l’ammiraglia della casa, sarebbe tornata entro pochi anni a Masham, dimostrando l’interesse a rinnovare un approccio familiare e tradizionale, almeno in termini formali. Queste trasformazioni societarie non hanno intaccato la crescita della Theakston Brewery, che sta continuando anche in questi giorni con l’ingresso nella società di due nuovi responsabili dello sviluppo delle vendite.

Il periodo attuale è invece nerissimo per Black Sheep. A partire da febbraio hanno cominciato a emergere i segnali di profonda difficoltà per l’azienda di Jo e Rob Theakston, i figli di Paul subentrati nel frattempo alla guida della società. A metà aprile è arrivato l’annuncio della necessità di rivedere le strategie interne. Il CEO Charlene Lyons in quei giorni dichiarava che:

Il birrificio ha piani stimolanti e ambiziosi per il futuro e progetti interessanti in cantiere. Il finanziamento anticipato è un problema per molte aziende operanti in un mercato ridotto a causa degli effetti della pandemia nel settore dell’ospitalità, a cui si è aggiunto il problema dell’aumento del costo della vita che incide sul potere di acquisto dei consumatori. Siamo fiduciosi che il mercato degli investimenti comprenderà le opportunità offerte dal nostro marchio, ben consolidato e molto apprezzato.

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Un paio di settimane dopo è arrivata la notizia che Black Sheep non era più in vendita, ma semplicemente perché non aveva trovato acquirenti. Così a inizio maggio la vicenda è evoluta nel modo peggiore, con l’entrata in amministrazione controllata della società – un passaggio che spesso è l’anticamera del fallimento. Le ultime dichiarazioni di Lyons sono meno speranzose rispetto alle precedenti:

Abbiamo deciso di proteggere l’azienda e i suoi creditori, durante questo periodo, presentando la richiesta di amministrazione controllata. L’azienda è stata colpita duramente dalla pandemia e dall’improvviso aumento di tutti i costi. I ristori per il Covid sono stati utili ma, alla fine, non hanno potuto compensare sufficientemente la riduzione del flusso di cassa a lungo termine.

Nel frattempo anche il Camra si espresso sulla vicenda:

Il fatto che uno dei più noti produttori indipendenti a conduzione familiare del Regno Unito sia entrato in regime di amministrazione controllata dimostra quanto sia grave la crisi dei costi aziendali per i produttori di birra e di sidro. Nonostante sia disponibile un certo sostegno, il CAMRA ritiene che il governo non abbia fatto abbastanza per garantire che i birrifici non siano costretti a chiudere a causa di eventi fuori del loro controllo.

Gli imminenti aumenti dei costi fissi, come le tariffe commerciali e l’imposta sugli alcolici, significano che i produttori di birra e di sidro di tutto il Regno Unito si troveranno ad affrontare la stessa “tempesta perfetta” del birrificio dello Yorkshire. […] Speriamo che si possa trovare una soluzione che garantisca il futuro di Black Sheep.

Curiosamente né Black Sheep né il Camra citano espressamente tra le cause dei problemi la Brexit, che invece, come abbiamo visto in passato, è forse il grattacapo peggiore per il settore birrario del Regno Unito. La speranza è che davvero si trovi una soluzione per il futuro di Black Sheep, perché la sua scomparsa sarebbe l’ennesima grave perdita non solo per il movimento brassicolo inglese, ma anche per quello di tutto il mondo.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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