Il periodo primaverile è in genere molto vivace in tema di concorsi birrari. La settimana passata abbiamo scritto dei risultati di Birra dell’anno, mentre a inizio aprile avevamo raccontato l’ottima prestazione dei birrifici italiani al Barcelona Beer Challenge. In realtà negli scorsi giorni sono stati svelati anche i podi della World Beer Cup, che da molti è considerato il più importante contest birrario in assoluto. Organizzato ogni due anni dalla Brewers Association in una città sempre diversa degli Stati Uniti, l’edizione 2022 si è contraddistinta per la presenza di oltre 10.000 birre da tutto il mondo, divise in 103 categorie e valutate da 226 giudici internazionali (di cui 5 italiani). Nonostante i numeri straordinari e il prestigio del concorso, qui su Cronache di Birra non siamo stati ansiosi di riportare i risultati della World Beer Cup, per un motivo ben preciso: ancora una volta la prestazione dei birrifici italiani è stata ampiamente sottotono. L’Italia ha infatti conquistato una sola medaglia, peraltro del metallo meno nobile, confermando una tendenza che esiste da sempre e che curiosamente è in totale controtendenza rispetto ai contest europei.
Delle 93 birre italiane iscritte alla World Beer Cup solo una è dunque riuscita a piazzarsi su un podio di categoria. È la Collesi Rossa del birrificio Tenute Collesi, premiata con il bronzo tra le Belgian-style Strong Specialty Ale, denominazione con cui il regolamento presumibilmente si riferisce alle Belgian Strong Ale, senza distinzione di “colore”. La birra di Collesi è stata preceduta dalla storica Malheur 10 (argento) e dalla Anosteké Blonde del produttore francese Brasserie du Pays Flamand (oro). Proprio perché unica italiana premiata, il risultato di Tenute Collesi è ancora più importante e conferma una certa predisposizione dell’azienda marchigiana per i concorsi internazionali – il birrificio si autodefinisce la birra artigianale più premiata al mondo. Tuttavia è impossibile non sottolineare la deludente prestazione di tutte le altre produzioni italiane.
Come accennato però quanto accaduto quest’anno non è certo un’eccezione. Nel 2018 furono premiate solo due birre toscane (oro per La Mancina di Birrificio del Forte e bronzo per la Bruton del birrificio omonimo), mentre nel 2016 addirittura non arrivarono riconoscimenti. Nel 2014 ci fu la migliore prestazione italiana alla World Beer Cup, con quattro medaglie ma nessun oro. In quell’edizione uno degli argenti fu assegnato alla Via Emilia del Birrificio del Ducato (all’epoca ancora artigianale), che riuscì nell’impresa di confermare lo stesso risultato per la terza volta consecutiva (la Pils emiliana fu premiata con il secondo posto di categoria anche nel 2012 e nel 2010). Nello stesso 2010 la Vudù del Birrificio Italiano riuscì a conquistare un oro tra le Dunkelweizen, completando un medagliere tricolore composto da sole due medaglie. Tornando indietro nel tempo si trovano solo birre industriali, con Heineken che riuscì a piazzare qualche versione di Birra Moretti fino al 2004 – sì può succedere che in questi concorsi qualche medaglia sia assegnata a prodotti delle multinazionali.
Riassumendo, in oltre 25 anni e 13 edizioni della World Beer Cup i birrifici italiani sono riusciti a portare a casa solo 9 medaglie, di cui appena due d’oro (Vudù e La Mancina). Si potrebbe pensare che il gap rispetto alle performance nei concorsi europei risieda nel numero di produzioni partecipanti: inviare le birre oltreoceano è un impegno ben diverso rispetto a spedirle in Europa, soprattutto dal punto di vista economico. Tuttavia spulciando le statistiche dell’edizione 2022 ci si accorge che le cose non stanno propriamente così: come accennato poco sopra, le birre italiane iscritte alla World Beer Cup sono state 93, ponendo l’Italia all’undicesimo posto per numero di produzioni presenti sulle 57 nazioni rappresentate. Per fare un confronto, il Regno Unito e il Belgio ne hanno iscritte poche di più (rispettivamente 121 e 118) e Olanda, Francia e Spagna molte di meno (54, 53 e 49). Tra tutti i paesi che hanno conquistato almeno una medaglia, l’Italia ha la percentuale di vittoria più bassa (1,08%) rispetto al numero di birre iscritte.
Un aspetto interessante della World Beer Cup è che pubblica i nomi dei birrifici partecipanti, che per l’Italia sono stati 25 (limitando il calcolo solo a quelli artigianali). I nomi sono tutti piuttosto importanti, tra cui Ritual Lab e 50&50 che pochi giorni prima a Birra dell’anno avevano ottenuto insieme sette medaglie d’oro. Ma troviamo anche Crak, Lambrate, Birrificio del Forte, Bruton, Birra Perugia, Croce di Malto e tanti altri, giusto per spiegare il livello dei produttori italiani partecipanti. Una dote di tutto rispetto, che però non è servita al nostro movimento per chiudere la World Beer Cup con una prestazione soddisfacente.
Come si spiega tanta disparità rispetto ai concorsi europei? I motivi sono diversi. La distanza geografica ha sicuramente il suo impatto e far viaggiare le birre così a lungo non è certo irrilevante. Per questo e per altre ragioni le tante categorie luppolate sono quasi intoccabili per i birrifici non americani, nonostante un’interessante (e non inaspettata) intrusione di produzioni canadesi. A questo aggiungiamoci criteri di valutazione leggermente diversi da quelli europei, che forse penalizzano le nostre produzioni. Le 93 birre italiane infine possono sembrare tante in termini assoluti, ma vanno paragonate alle oltre 10.000 totali: la realtà è che la World Beer Cup rimane un concorso appannaggio per lo più dei birrifici americani, che infatti hanno iscritto la bellezza di 8.058 birre, conquistando 252 sui 307 riconoscimenti totali. Con questi numeri e certe modalità di partecipazione è difficile immaginare che l’Italia possa produrre risultati tanto diversi da quelli degli ultimi anni, ma possiamo auspicare che nelle prossime edizioni il bottino possa aumentare, regalandoci magari qualche nuova medaglia d’oro.
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